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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE TERZA   LA RIVELAZIONE MORALE
      • Capitolo VI   IN QUAL MODO L'INTERESSE DETERMINA LA MORALE
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Capitolo VI

 

IN QUAL MODO L'INTERESSE DETERMINA

LA MORALE

 

L'interesse misura la morale; ci rimane a vedere in qual modo la misuri e lo mostreremo con due specie di casi; gli uni incontrastabili, gli altri dubbi.

Havvi una morale privata che non può essere contestata. Noi dobbiamo vegliare sulla nostra conservazione, mantener sano il corpo, fortificarlo, assecondare l'istinto, non resistere alla natura, non mutilare il nostro essere. Chi determina il dovere di conservarci? L'interesse: esso riconosce i nostri bisogni, li misura, mostra il modo di appagarli, prefigge lo scopo della conservazione, subordina i mezzi allo scopo, benchè l'ispirazione che traduce lo scopo in dovere sorga dal fondo del nostro cuore parallela allo sviluppo della nostra natura interessata. Noi dobbiamo perfezionarci: perché? L'interesse solo risponde; ci mostra che la nostra sorte dipende dal nostro sapere; che, fuori del vero, non havvi salvezza; che per conservarci dobbiamo perfezionarci. Insomma, l'interesse ci vuole prudenti nel deliberare, temperanti nel godere, forti nell'operare; la prudenza, la temperatura, la forza, sono utili, ci difendono, ci proteggono, ci perfezionano, benchè l'obbligazione provenga dalla nostra dignità, dal sentimento interno, da un ritmo morale, che ci avverte essere una violazione di noi stessi il darci sconsigliatamente alla intemperanza, alla paura, alla codardia. Siamo sempre consigliati dall'interesse, benchè sempre sostenuti dalla legge del sacrifizio; la morale privata è un'arte come la danza, come la pittura, è l'arte dell'egoismo, benchè confidata a un io ancor più interno dell'io interessato, per cui nel fondo della coscienza ogni nostro interesse deve essere difeso a costo della vita.

La morale pubblica che governa le nostre relazioni coi nostri simili si fissa alla volta sua coll'interesse. Quando la legge comanda di non uccidere, di non ferire, di non rubare, di non fare ingiuria, essa esprime l'interesse generale dell'umanità: quando comanda di fare agli altri quanto vorremmo fosse fatto a noi stessi, annunzia ancora un precetto d'interesse generale. Quando consiglia di soccorrere ai nostri fratelli, di istruirli, di propagare la verità, di non mentir mai per alcun vantaggio che ne possa ridondare, che altro cerca la morale se non la nostra felicità? Qui ancora l'interesse parla senza obbligare, ma la voce del cuore obbliga e traduce un calcolo in un comando imperioso. La voce del cuore può intervertirsi e consigliarci di sfidare l'umanità. Non hannovi forse uomini fatalmente proclivi all'omicidio? Il ladro non può forse darsi all'opera sua coll'entusiasmo di un artista? un governo perverso non è forse sollecito di spegnere il pensiero, di rendere inutile il genio, nulla la scienza? La voce del cuore è doppia. Per buona ventura havvi l'interesse naturale e universale: questo non si sviluppa al certo col furto, coll'omicidio, colla compressione del pensiero, coll'assopimento della ragione; e l'interesse fissa la virtù, e impone di combattere gli omicidi e i ladri.

Vi sono casi dubbi, abbiamo detto: essi dividonsi in due classi: riponiamo nella prima i casi di conflitto, nella seconda i casi di coscienza.

I casi di conflitto sono quelli della guerra, della lotta, della rivoluzione: quando le idee s'innovano, il diritto si rigenera. Abramo dimanda alla legge civile la libertà di trucidare il figlio; la nostra legge lo condanna per tentato parricidio: chi ha ragione? La soluzione è semplice: seguite la legge nella quale avete fede, seguite la verità, non havvi altro precetto, e se questo autorizza la guerra, si è che la guerra è voluta dalla natura. Però il conflitto non cade mai sul diritto propriamente detto, ma sulle idee, sul sistema sociale; Dio voleva realmente il sacrifizio d'Isacco? Vuole Iddio che il cattolico cresca nell'ignoranza i suoi figli? È necessario condannare al fuoco gli eretici? Queste sono questioni di fatto: il diritto rimane sempre lo stesso presso tutti i popoli: lascia sempre loro il diritto di difendersi, di salvarsi. S'io sono assalito da un fanciullo, ho il diritto di castigarlo; se da un uomo avrò forse il diritto di ucciderlo: la mia difesa è un diritto che senza mutarsi si attua solo nella proporzione dei mezzi necessari per proteggermi. La mia mano basta? o abbisogna la spada? È questione di mero fatto. Così ogni rivoluzione non diviene questione di giustizia se non perchè la verità medesima è messa in dubbio, contrastata da due tesi opposte: l'incertezza del diritto non è nel diritto, ma nella lotta di due sistemi meccanici, i quali, sotto forme opposte, esprimono l'interesse generale.

Nella seconda classe dei casi dubbi abbiamo posti i casi di coscienza: il duello è uno dei punti incerti della casuistica de' filosofi. È lecito il duello? Il dubbio non può essere sciolto se non dal principio dell'utilità naturale e generale. Da una parte il duello sembra utile per proteggere la dignità personale, per costringere ogni uomo a pesare le sue parole, le sue azioni: d'altra parte, sembra che riponga la moralità in un atto esterno, che l'abbandoni al caso, che favorisca l'audace, che tenda a sanzionare l'omicidio. La causa del dubbio risiede nel conflitto di due interessi opposti; l'uno sorge da un ordinamento antiquato della società, dalle tradizioni, dalla educazione; l'altro emerge da più alte considerazioni sui doveri e sui destini dell'uomo. Come toglierci al dubbio? Seguendo il sistema che ci domina: accettate la sfida o rifiutatela; ma non esitate. Se non avete fede nella legge più alta che ripone in voi la moralità, che disprezza le superstizioni del medio-evo, se non credete alla legge che vi impone di essere uomo e non cavaliere, se in voi l'uomo antico non è spento, se vivete coi pregiudizi dell'antica società adottandone gli usi, l'antica legge deve essere sacra per voi; invocando la nuova legge mentireste alla vostra coscienza; parlereste di virtù per mascherare una viltà.

Ho parlato del duello: il dubbio si riproduce sotto mille forme nelle epoche rivoluzionarie, ad ogni istante ci sentiamo tra due leggi opposte; e sempre figlio del conflitto di due opposti sistemi, come il dubbio sulla moralità di Abramo. La regola rimane sempre la stessa, convien seguire l'insieme del sistema adottato; nessuno ha l'obbligo di essere superiore alla rivelazione da lui ricevuta, e nessuno potrà mostrarsi superiore alla coscienza che lo ispira. Così se sorge un regicida, lo mirerò quando s'avvia al patibolo; il suo sguardo, il suo incesso, mi diranno se abbia tentato un colpo temerario o un fatto eroico: alle barricate guarderò gli uomini delle barricate; il loro contegno mi dirà se sono ebbri di chiasso e di polvere, o cittadini che compiono un dovere.

Il dubbio morale sorge adunque dal dubbio sugli interessi accettati; il qual dubbio sorge dal conflitto de' sistemi che si succedono nella storia. Se cessiamo di seguire l'apparenza dell'interesse e quella dell'abnegazione, ogni transizione ci renderà assolutamente perplessi; la morale cercherà un'uscita colla metafisica dei precetti. Sarà stabilito un dato dovere come primo principio; e la logica, volendo subordinargli tutta la serie crescente o decrescente dei fatti transitorj, ci condurrà alla negazione del dovere. Prendiamo un esempio: rispetto alla legge, ecco un assioma: havvi un momento in cui quest'assioma deve cedere ad un principio opposto: rispetto alla vera legge. I due assiomi siano posti a paragone; governino una serie crescente di fatti: la logica non troverà mai un istante in cui il rispetto alla legge debba cedere al rispetto per la vera legge. Voi siete giudice, dovete punire l'omicida; alcune circostanze possono attenuare la pena, altre circostanze possono cambiare la criminalità dell'atto; l'omicidio può divenire l'incidente di una rissa, di un combattimento, poi il combattimento può essere quasi politico o politico; può essere un tumulto, una sommossa, una rivoluzione. Istessamente il furto è delitto, ma l'intenzione può attenuarlo, la fame può assolverlo, la salvezza pubblica può renderlo necessario, può imporlo contro il monopolista: dove incomincia il monopolio? una libbra, due libbre di farina bastano a costituirlo? Perchè un'oncia di più o di meno renderà colpevole o innocente? Qui la logica scopre le contraddizioni eterne dell'alterazione: i giurisconsulti, che pretendono scioglierle con sottigliezze e distinzioni, cadono necessariamente nel movimento metafisico: sola l'apparenza deve decidere dell'interesse; solo il sentimento perviene dall'affermazione alla negazione morale in ogni precetto sempre contrastato da un contrario precetto.

 

 




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