Capitolo VI
IN QUAL MODO L'INTERESSE DETERMINA
LA MORALE
L'interesse misura
la morale; ci rimane a vedere in qual modo la misuri e lo mostreremo con due
specie di casi; gli uni incontrastabili, gli altri dubbi.
Havvi una
morale privata che non può essere contestata. Noi dobbiamo vegliare sulla
nostra conservazione, mantener sano il corpo, fortificarlo, assecondare
l'istinto, non resistere alla natura, non mutilare il nostro essere. Chi
determina il dovere di conservarci? L'interesse: esso riconosce i nostri
bisogni, li misura, mostra il modo di appagarli, prefigge lo scopo della
conservazione, subordina i mezzi allo scopo, benchè l'ispirazione che traduce
lo scopo in dovere sorga dal fondo del nostro cuore parallela allo sviluppo
della nostra natura interessata. Noi dobbiamo perfezionarci: perché?
L'interesse solo risponde; ci mostra che la nostra sorte dipende dal nostro
sapere; che, fuori del vero, non havvi salvezza; che per conservarci dobbiamo
perfezionarci. Insomma, l'interesse ci vuole prudenti nel deliberare,
temperanti nel godere, forti nell'operare; la prudenza, la temperatura, la
forza, sono utili, ci difendono, ci proteggono, ci perfezionano, benchè
l'obbligazione provenga dalla nostra dignità, dal sentimento interno, da un
ritmo morale, che ci avverte essere una violazione di noi stessi il darci
sconsigliatamente alla intemperanza, alla paura, alla codardia. Siamo sempre
consigliati dall'interesse, benchè sempre sostenuti dalla legge del sacrifizio;
la morale privata è un'arte come la danza, come la pittura, è l'arte
dell'egoismo, benchè confidata a un io ancor più interno dell'io interessato,
per cui nel fondo della coscienza ogni nostro interesse deve essere difeso a
costo della vita.
La morale
pubblica che governa le nostre relazioni coi nostri simili si fissa alla volta
sua coll'interesse. Quando la legge comanda di non uccidere, di non ferire, di
non rubare, di non fare ingiuria, essa esprime l'interesse generale
dell'umanità: quando comanda di fare agli altri quanto vorremmo fosse fatto a
noi stessi, annunzia ancora un precetto d'interesse generale. Quando consiglia
di soccorrere ai nostri fratelli, di istruirli, di propagare la verità, di non
mentir mai per alcun vantaggio che ne possa ridondare, che altro cerca la
morale se non la nostra felicità? Qui ancora l'interesse parla senza obbligare,
ma la voce del cuore obbliga e traduce un calcolo in un comando imperioso. La
voce del cuore può intervertirsi e consigliarci di sfidare l'umanità. Non
hannovi forse uomini fatalmente proclivi all'omicidio? Il ladro non può forse
darsi all'opera sua coll'entusiasmo di un artista? un governo perverso non è
forse sollecito di spegnere il pensiero, di rendere inutile il genio, nulla la
scienza? La voce del cuore è doppia. Per buona ventura havvi l'interesse
naturale e universale: questo non si sviluppa al certo nè col furto, nè
coll'omicidio, nè colla compressione del pensiero, nè coll'assopimento della
ragione; e l'interesse fissa la virtù, e impone di combattere gli omicidi e i
ladri.
Vi sono casi
dubbi, abbiamo detto: essi dividonsi in due classi: riponiamo nella prima i
casi di conflitto, nella seconda i casi di coscienza.
I casi di
conflitto sono quelli della guerra, della lotta, della rivoluzione: quando le
idee s'innovano, il diritto si rigenera. Abramo dimanda alla legge civile la
libertà di trucidare il figlio; la nostra legge lo condanna per tentato
parricidio: chi ha ragione? La soluzione è semplice: seguite la legge nella
quale avete fede, seguite la verità, non havvi altro precetto, e se questo
autorizza la guerra, si è che la guerra è voluta dalla natura. Però il
conflitto non cade mai sul diritto propriamente detto, ma sulle idee, sul
sistema sociale; Dio voleva realmente il sacrifizio d'Isacco? Vuole Iddio che
il cattolico cresca nell'ignoranza i suoi figli? È necessario condannare al
fuoco gli eretici? Queste sono questioni di fatto: il diritto rimane sempre lo
stesso presso tutti i popoli: lascia sempre loro il diritto di difendersi, di
salvarsi. S'io sono assalito da un fanciullo, ho il diritto di castigarlo; se
da un uomo avrò forse il diritto di ucciderlo: la mia difesa è un diritto che
senza mutarsi si attua solo nella proporzione dei mezzi necessari per
proteggermi. La mia mano basta? o abbisogna la spada? È questione di mero
fatto. Così ogni rivoluzione non diviene questione di giustizia se non perchè
la verità medesima è messa in dubbio, contrastata da due tesi opposte:
l'incertezza del diritto non è nel diritto, ma nella lotta di due sistemi
meccanici, i quali, sotto forme opposte, esprimono l'interesse generale.
Nella seconda
classe dei casi dubbi abbiamo posti i casi di coscienza: il duello è uno dei
punti incerti della casuistica de' filosofi. È lecito il duello? Il dubbio non
può essere sciolto se non dal principio dell'utilità naturale e generale. Da
una parte il duello sembra utile per proteggere la dignità personale, per
costringere ogni uomo a pesare le sue parole, le sue azioni: d'altra parte,
sembra che riponga la moralità in un atto esterno, che l'abbandoni al caso, che
favorisca l'audace, che tenda a sanzionare l'omicidio. La causa del dubbio
risiede nel conflitto di due interessi opposti; l'uno sorge da un ordinamento
antiquato della società, dalle tradizioni, dalla educazione; l'altro emerge da
più alte considerazioni sui doveri e sui destini dell'uomo. Come toglierci al
dubbio? Seguendo il sistema che ci domina: accettate la sfida o rifiutatela; ma
non esitate. Se non avete fede nella legge più alta che ripone in voi la
moralità, che disprezza le superstizioni del medio-evo, se non credete alla
legge che vi impone di essere uomo e non cavaliere, se in voi l'uomo antico non
è spento, se vivete coi pregiudizi dell'antica società adottandone gli usi,
l'antica legge deve essere sacra per voi; invocando la nuova legge mentireste
alla vostra coscienza; parlereste di virtù per mascherare una viltà.
Ho parlato
del duello: il dubbio si riproduce sotto mille forme nelle epoche
rivoluzionarie, ad ogni istante ci sentiamo tra due leggi opposte; e sempre
figlio del conflitto di due opposti sistemi, come il dubbio sulla moralità di
Abramo. La regola rimane sempre la stessa, convien seguire l'insieme del
sistema adottato; nessuno ha l'obbligo di essere superiore alla rivelazione da
lui ricevuta, e nessuno potrà mostrarsi superiore alla coscienza che lo ispira.
Così se sorge un regicida, lo mirerò quando s'avvia al patibolo; il suo
sguardo, il suo incesso, mi diranno se abbia tentato un colpo temerario o un
fatto eroico: alle barricate guarderò gli uomini delle barricate; il loro
contegno mi dirà se sono ebbri di chiasso e di polvere, o cittadini che
compiono un dovere.
Il dubbio
morale sorge adunque dal dubbio sugli interessi accettati; il qual dubbio sorge
dal conflitto de' sistemi che si succedono nella storia. Se cessiamo di seguire
l'apparenza dell'interesse e quella dell'abnegazione, ogni transizione ci
renderà assolutamente perplessi; la morale cercherà un'uscita colla metafisica
dei precetti. Sarà stabilito un dato dovere come primo principio; e la logica,
volendo subordinargli tutta la serie crescente o decrescente dei fatti transitorj,
ci condurrà alla negazione del dovere. Prendiamo un esempio: rispetto alla
legge, ecco un assioma: havvi un momento in cui quest'assioma deve cedere
ad un principio opposto: rispetto alla vera legge. I due assiomi siano
posti a paragone; governino una serie crescente di fatti: la logica non troverà
mai un istante in cui il rispetto alla legge debba cedere al rispetto per la
vera legge. Voi siete giudice, dovete punire l'omicida; alcune circostanze
possono attenuare la pena, altre circostanze possono cambiare la criminalità
dell'atto; l'omicidio può divenire l'incidente di una rissa, di un
combattimento, poi il combattimento può essere quasi politico o politico; può
essere un tumulto, una sommossa, una rivoluzione. Istessamente il furto è
delitto, ma l'intenzione può attenuarlo, la fame può assolverlo, la salvezza
pubblica può renderlo necessario, può imporlo contro il monopolista: dove
incomincia il monopolio? una libbra, due libbre di farina bastano a
costituirlo? Perchè un'oncia di più o di meno renderà colpevole o innocente?
Qui la logica scopre le contraddizioni eterne dell'alterazione: i
giurisconsulti, che pretendono scioglierle con sottigliezze e distinzioni,
cadono necessariamente nel movimento metafisico: sola l'apparenza deve decidere
dell'interesse; solo il sentimento perviene dall'affermazione alla negazione
morale in ogni precetto sempre contrastato da un contrario precetto.
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