Capitolo VIII
LA LIBERTÀ E L'EGUAGLIANZA
La libertà è
il principio stesso del diritto: difende la vita, il corpo, lo spirito,
la morale, l'uomo intero; i diritti non sono altro che le diverse forme della
libertà. A chi dobbiamo noi chiederla? alle cose? No, all'uomo. Perchè? Non lo
sappiamo; lo sentiamo, e sentiamo che la libertà dell'uomo è illimitata quanto
la sua perfettibilità. La morale implica la facoltà di scegliere tra il bene e
il male; se la scelta è forzata, la morale scompare. La libertà protegge adunque
tanto il male quanto il bene. Abbiamo diritto a tutti i vizi personali, come a
tutte le virtù; nessuno può imporci la gratitudine o la temperanza, perchè
nessuno può toccare alla responsabilità, al merito, al principio d'onde sorge
il nostro destino.
La libertà è
il diritto d'ogni uomo: collo stabilire la libertà, la rivelazione morale
stabilisce in pari tempo l'eguaglianza; la mia coscienza m'impone di rispettare
negli altri il diritto che reclamo per me; l'eguaglianza è moralmente
contemporanea della libertà. Ora, la logica mette alle prese i due diritti, e
li rende impossibili a vicenda. Credete alla libertà? Essa è illimitata; se la
limitate, non è più la libertà; la libertà sopprime adunque l'eguaglianza. Non
è egli moralmente e materialmente impossibile che più esseri liberi agiscano
rimanendo eguali? che l'ineguaglianza delle attitudini, libere di manifestarsi,
non violi l'eguaglianza? Al contrario, se stabilite l'eguaglianza, la
conseguenza sarà la stessa inversamente presa, la libertà sarà distrutta. Ogni
atto sarà subordinato all'operare di tutti i miei simili, ogni atto dipenderà
dalla libertà concessami dal genere umano; nè più mi sarà dato di pensare, di
agire senza prima avere in ogni cosa ottenuto il consenso dell'umanità. Direte
metafisicando che non deesi dimandare una materiale eguaglianza che il diritto
conosce solo l'eguaglianza formale, quella che si attua nei contratti?
L'antinomia si ristabilisce. Accettiamo l'eguaglianza formale: se due famiglie
approdano a un'isola deserta, se la dividono in due parti eguali: questo è il
primo risultato dell'eguaglianza che autorizza la divisione, e dimanda
l'eguaglianza delle parti. Una famiglia prospera, l'altra cade nella miseria,
l'eguaglianza formale esige che il primo contratto di divisione sia osservato;
ecco la distinzione del ricco e del povero creata dallo stesso principio
dell'eguaglianza. La famiglia povera contrae debiti, ogni anno vende
anticipatamente alla famiglia ricca la sua rendita, e finisce per saldare i
suoi debiti, cedendo a porzione a porzione tutto il suo patrimonio. Essa rimane
senza terra, è ridotta a vivere di lavoro, cade nella servitù del salario. Ecco
l'eguaglianza che dà per ultimo effetto la distinzione del padrone e del servo.
La famiglia povera è sempre stata libera, mai non ha subita alcuna violenza; i
suoi contratti, dalla divisione dell'isola fino all'ultima transizione della
servitù, furono stipulati sulla base della più perfetta eguaglianza, e
l'eguaglianza ha distrutto la libertà. Direte voi libero lo schiavo? In tal
caso la libertà e l'eguaglianza saranno una derisione: il diritto sarà
l'artefice della schiavitù; la logica distrugge l'una coll'altra le due prime
nozioni del diritto.
La libertà e
l'eguaglianza non devono esser considerate quali astrazioni: reali e viventi,
esse sono consacrate dal sentimento giuridico, e misurate dall'interesse. La
libertà astratta non è nulla; il diritto comincia nell'istante in cui siamo
assaliti; allora ci sentiamo liberi, e l'ispirazione giuridica della libertà
protegge le nostre azioni. Fino a qual punto? Fin dove i nostri interessi lo
esigono. Qual'è dunque la sfera della libertà? Essa abbraccia tutti i beni
possibili; misurarli è sommare tutti i valori del mondo visibile ed invisibile.
La libertà dà alla vita il diritto di vivere, alla mano il diritto di lavorare,
all'intelligenza il diritto di pensare, alla parola il diritto di istruire, al
cuore il diritto di soccorrere i nostri simili, all'egoismo i diritti
dell'egoismo. Ad ogni scoperta la sfera della libertà si estende; i cristiani
erano più liberi dei pagani; noi siamo più liberi dei cristiani. Il sentimento
e l'interesse, ecco adunque i due elementi della libertà; l'ispirazione
dell'uomo che si difende costituisce la forza morale del diritto, l'interesse
concetto ne dà la misura.
Fin qui non
sorge dubbio; la libertà è salva; il problema cade sul punto in cui
l'eguaglianza ferma la libertà. Qui la logica sovverte ogni diritto; la
metafisica aggiunge nuove antinomie a quelle della logica; convien seguire la
rivelazione, benchè impossibile, e la rivelazione decide la controversia col
sentimento che costituisce l'eguaglianza, e coll'interesse che la misura. In
altri termini, gli uomini hanno diritto all'eguaglianza che sentono e che
vogliono avere. Dunque se la libertà di due uomini si attua in gradi diversi;
se l'attività dell'uno sorpassa quella dell'altro; se l'uno acquista beni che
l'altro disprezza o ignora; se l'uno sentesi libero governando, mentre l'altro
sentesi libero lasciando ad altri la cura di governare, l'eguaglianza si ferma
là dove entrambi si sentono veramente liberi. Consentienti non fit iniuria.
Ma se l'uomo sommesso si rialza? reclama un più vasto campo d'azione? allora la
sua libertà si estende, l'ineguaglianza si scema, si procede all'eguaglianza
materiale. Gli uomini del medio-evo non erano eguali al modo nostro. Avrebbero
potato esserlo, ma non avevano nè il sentimento giuridico della loro parità, nè
l'interesse di reclamarla. Nel medio-evo alcun servo non si paragonava al suo
signore: che dico? Il servo e il suddito avrebbero insultato chi avesse negata
la supremazia del padrone: sentivano appena l'eguaglianza di tutti nel cielo di
Cristo. Nella vita reale l'eguaglianza riducevasi all'eguaglianza dei diritti
acquisiti, all'eguaglianza della libertà attuata, in guisa che il debito del re
obbligava come il debito del suddito: più oltre, il diritto spariva.
L'interesse alla sua volta dava questa misura all'eguaglianza: il popolo non
poteva chieder beni ignorati, e tutti i beni da lui posseduti trovavansi collegati
fatalmente coll'ordine gerarchico del feudalismo e della monarchia. Vedesi
quindi che la libertà è il diritto dello stato di natura; essa è primitiva,
spontanea; essa ha creato le caste, il predominio dell'uomo sull'uomo:
l'eguaglianza devesi conquistare, si attua lentamente. La libertà ha creato i
signori, i principi, i re; l'eguaglianza, attuandosi, ha creato i cittadini, e
s'avvia verso la costituzione dell'umanità. Ma siam lungi dalla meta.
Al certo, la
logica può afferrare la transizione per cui l'eguaglianza si estende, e può
giovarsene per sovvertire il diritto. Da che non potete scoprire l'istante in
cui il fanciullo diventa uomo e in cui acquista l'uso della ragione, dovete
soccombere al sofisma del cumulo e riuscite a negare il movimento dell'eguaglianza.
Ma il doppio progresso del sentimento giuridico e dell'interesse è un fatto, e,
come ogni fatto, deve soggiogare la logica. L'interesse cambia, si svolge colle
idee; col succedersi, i dogmi estendono di continuo il sistema de' nostri
piaceri e de' nostri dolori; la democrazia batte alla porta de' grandi, dei
senati, della chiesa. La ragione del popolo, un tempo rassegnata alla fatalità
della gerarchia. ripudia a poco a poco l'artificiosa combinazione che incatena
alla fortuna del ricco. Ecco l'eguaglianza sottoposta ad una misura certa
quanto i nuovi dogmi. Il sentimento giuridico rifiuta forse di far constare
l'eguaglianza che si attua? Vedete le rivoluzioni, la collera del popolo, che
copre di vergogna i giurisperiti della servitù, gli economisti dell'opulenza;
vedete i dottori che impallidiscono, che si rinnegano mentre il nuovo diritto è
attestato dalla santa audacia dei martiri. Se la voce di un popolo non è prova,
dove troveremo la prova della volontà generale? Forse nella metafisica?
Si risponderà:
«Ma guardate altresì alla guerra; essa strazia la società, il sangue scorre;
hannovi in conflitto due diritti, due dogmi; avrete dunque due pesi per
misurare la giustizia.» Sì, la guerra è un fatto, gli interessi e i sentimenti
si combattono, l'ispirazione morale può assistere egualmente le due parti che
si straziano. Che dedurne? Che vi ha la guerra, che nessun uomo è tenuto ad
essere superiore alla sua rivelazione, che noi possiamo avere solo la virtù de'
nostri interessi, e gli interessi delle nostre idee, e che la natura sarà
l'ultimo giudice del combattimento. E se m'inganno? La vaga possibilità
dell'inganno non può smuovere le ragioni determinate e positive del mio
pensiero e della mia fede.
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