Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE TERZA   LA RIVELAZIONE MORALE
      • Capitolo XVII   IL DELITTO
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

Capitolo XVII

 

IL DELITTO

 

Col delitto si viola il patto sociale, colla pena si difende: il delitto e la pena sono egualmente determinati dalla doppia rivelazione dell'interesse e del dovere.

Che è il delitto? In primo luogo è un assalto, una guerra, un danno; sconcerta la società, se non viene represso, interverte l'ordine sociale, annienta tutti i valori della legge. In seguito il delitto è una violazione dell'inspirazione morale; non si limita a danneggiare, provoca una vera indignazione giuridica, fa scandalo, tollerarlo sarebbe un tollerare l'ingiuria e venire a patti col male. Ogni delitto è dunque in pari tempo un danno e un insulto. La pena alla volta sua offre il doppio elemento dell'interesse e del dovere. Ogni pena è una difesa, un'opera politica; colla pena si un esempio, si minaccia un male maggiore de' vantaggi che il colpevole può sperare dal delitto. Ma il legislatore, misurando la pena, proporzionandola alla necessità della difesa, non considera l'assassino come suo eguale, non considera il delitto come uno sforzo individuale per stesso indifferente. Egli è ministro della indignazione universale, domina il colpevole dall'alto della sua virtù, e s'impadronisce del malfattore a cui fa espiare la violazione della legge morale. Il perchè Caino fugge lo sguardo degli uomini: nelle società antiche la famiglia della vittima poteva perseguitare il colpevole, il sangue sparso dimandava la riparazione del sangue: volevasi l'occhio per l'occhio, la mano per la mano; il figlio non aveva riposo finchè viveva l'assassino del padre. Questo era un sentimento giuridico; e in pari tempo la vendetta atterriva il malfattore, lo disanimava dall'assalto; e non si osava ferire la famiglia che le furie d'Oreste avrebbero resa implacabile.

Fu spiegata la pena coll'unico elemento dell'interesse: la vendetta e l'espiazione furono biasimate quali inutili elementi della penalità. La vendetta, dicesi, non è forse inutile? non è forse un delitto aggiunto al delitto che punisce? No; la vendetta espia, appaga, è reclamata dalla poesia del diritto; se non misurata dall'interesse, è male inutile; misurata dall'interesse, sola giustifica il male della pena. Si tolga al legislatore la dignità sacerdotale dell'uomo che impone un'espiazione, si tolga al giudice la dignità dell'uomo che amministra la giustizia; il legislatore, il giudice non saranno altro che aiutanti del carnefice, la penalità sarà trasformata in un giuoco di sangue; non vi sarà più delitto, pena, rimarrà la sola guerra degli interessi. Si sopprima nel cuore umano quell'istinto d'ira che lo sprona al momento dell'offesa; si tolga la tendenza irresistibile a far giustizia; in altri termini, si sopprima la vendetta che vuole espiato il delitto; si distruggerà nella sua origine la dignità del giudice, quella del legislatore: Caino sfiderà il genere umano.

L'errore che proscrive la vendetta e l'espiazione nel loro principio nacque da un pregiudizio metafisico, assecondato da un'ignoranza di fatto. La metafisica consigliava di dedurre logicamente la penalità da un principio unico; l'interesse presentavasi obbediente, facile nella pratica, pronto nelle deduzioni; l'interesse era dunque assunto quale apparenza prima, destinata a spiegare, a dominare tutte le apparenze; a nome dell'interesse si avversavano tutte le leggi di vendetta e d'espiazione lasciate dall'antica barbarie alla moderna Europa; si combattevano le leggi sulla tortura, sui supplizi, sull'inquisizione; si combatteva l'espiazione imposta al sacrilegio, alla profanazione, alla bestemmia, agli attentati contro le vuote divinità dell'Olimpo cristiano. Si trionfava, il popolo applaudiva redento e liberato dalla tirannia antica. Ma l'interesse valeva solo perchè sostenuto da un nuovo sentimento, solo perchè concetto in un sistema nuovo; e procedevasi vittoriosamente in teoria per la sola ragione che s'ignoravano gli interessi del medio-evo. A buon diritto i filosofi del secolo decimottavo opponevano gli interessi della civiltà a quelli del papato, i valori della terra a quelli del cielo, i diritti del popolo a quelli dei signori. Pure l'interesse in altri tempi aveva giustificato la tortura, la ruota, i più atroci supplizi. La giurisprudenza della tortura era dedotta dal principio della necessità per cui si torturava l'innocente nell'intento di togliere l'impunità al colpevole: ed era necessario torturare lo stesso colpevole confesso, perchè il suo silenzio non sottraesse i complici alla giustizia; il silenzio era una ribellione. Si freme, ma il ragionamento della difesa era spietato. Se il giudice condanna il colpevole ai lavori forzati, se lo condanna al supplizio della solitudine nelle celle del sistema penitenziario, perchè non potrebbe condannarlo al dolore della tortura per estorcergli un secreto? Lo stesso si dica di tutti i supplizi; se la prigione non bastava ad atterrire il colpevole, perchè il legislatore non l'avrebbe punito colla morte? se la morte non bastava, perchè non aveva il diritto di spargere un terrore più spaventevole? L'uomo sulla ruota, il malfattore squartato dai cavalli, i teschi umani esposti alle porte della città, nelle gabbie, ecco gli spettacoli del medio-evo, giustificati dalla logica dell'interesse. Nelle università dell'Austria ho inteso professori che insistevano sull'utilità delle bastonate; le loro dimostrazioni erano perentorie; secondo essi, l'interesse dell'esercizio consigliava un castigo breve e terribile, esemplare e non micidiale. Che rispondere? Nulla, a chi non intende se non quell'utile  che s'impone colla forza del bastone a profitto de' signori. Da ultimo, se la legge proteggeva Dio, i santi e la chiesa, si è che la chiesa difendeva i signori: la bestemmia scuoteva la società feudale, ne scuoteva la base. Opponete voi all'interesse dei signori l'interesse del popolo? Allora la tortura, i supplizi, il bastone, le leggi d'espiazione sono infamie che proteggono infami privilegi, l'impostura di una proprietà infeudata in poche famiglie e protetta col terrore. Ma perchè l'interesse del popolo deve prevalere a quello de' signori? perchè l'interesse universale deve trionfare su quello di privilegiati? perchè Voltaire, Beccaria, Filangeri e gli uomini del decimottavo secolo sono i nostri apostoli, i nostri profeti, mentre aborriamo i difensori della tortura, della ruota e del bastone, difensoriodiati che lo spirito del tempo disdegna di raccoglierne i nomi? Perchè siete cittadino, e non suddito? perchè volete essere uomo, e non servo? perchè proclamate l'interesse dell'umanità? Egli è perchè siete uomo nel vostro cuore, nella vostra vita, nel vostro sentimento; perchè quella vendetta che un tempo spingeva i Buondelmonti e gli Uberti, i Panciatichi e i Cancellieri a scannarsi a tradimento, quell'espiazione un tempo riservata a vendicare delitti che non erano delitti, colpe che oggidì sono meriti, sempre aderente, indivisa dal vostro cuore, indomita nella vostra coscienza, vi vuol vindici dei delitti di lesa umanità. Misurate pure questi delitti coll'utile; se non avete cuore, la misura stessa dell'utile si troverà falsata nelle vostre mani; per difetto di cuore, non avrete intelligenza.

In oggi la penalità deve essere misurata dall'interesse e dal sentimento dell'umanità; questa parola d'umanità, che qui scriviamo, dettata dalla scienza ci è imposta prima che concetta dal sentimento pubblico, dal linguaggio di tutti. Si vuol umanità nella legge, umanità nel giudice, umanità nella prigione. Perchè? Perchè ci sentiamo solidari del delinquente, ci sembra di esser complici del suo delitto; il delinquente nacque col diritto al lavoro, all'istruzione: gli abbiamo assicurato il lavoro, l'istruzione? sa scrivere? sa leggere? chi lo ha lasciato sui trivi? chi lo ha lasciato nell'ozio imprevidente della miseria? chi lo ha esposto al delitto? chi gli ha dato l'esempio di piaceri, di delizie insolenti che potevano godersi senza lavoro, senza titolo, senza giustizia? Si, siamo complici d'ogni delitto che si commette: quindi la pena reclamando espiazione, si ferma tremante; parla di prigioni penitenziarie, di case di lavoro; vuole istruire, emendare i giovani detenuti. Tentativi inutili, scempi palliativi a un male profondo, radicato nel riparto attuale della proprietà, ma pure testimonianze irrecusabili della giustizia de' sentimenti i quali reclamano la revisione del patto sociale che distribuì le fortune.

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License