Capitolo
IV
LA RIVELAZIONE CRISTIANA
Il cristianesimo
presenta tutti i vizi della rivelazione soprannaturale. L'elevazione del dogma,
la grandezza della dottrina non sopprimono in esso l'idolatria, il miracolo, la
favola, l'autorità, la dominazione, chè anzi quanto più esso è perfetto, tanto
più raggiunge la perfezione del vizio.
Il Dio
cristiano non trasporta più la vita all'origine delle cose, ma vi trasporta la
ragione; non divinizza più il vivere, divinizza il pensare. Nel cristianesimo
non sono più il maschio e la femmina che generano il cielo e la terra; la
generazione fisica è surrogata dalla forza dell'intelligenza, che divien
creatrice; l'ordine dei sessi e degli istinti è surrogato dall'ordine delle idee.
Il cristianesimo ha depurato i dogmi orientali, il suo verbo ha rigenerato la
Trimurti vitale dell'India, la sua trinità ha riassunto il lavoro filosofico
della Grecia, ha iniziato il mondo ai misteri della scienza. Pure il suo Dio si
rivela; e nel momento della rivelazione è un idolo; egli parla ad Adamo colle
passioni di un uomo, lo punisce coll'odio di un demonio; egli dirige da despota
il popolo eletto, governa la chiesa da re. Il Dio cristiano è una persona
infinita, degrada la natura all'infinito: il paradiso e l'inferno riducono la
terra a un accidente, la vita ad un sogno: la vita s'interverte, e il cristiano
trasporta nella morte l'intero suo destino. Un Dio, pura intelligenza,
rivelandosi, combatte tutti gli istinti.
La Bibbia è
avara di miracoli; il cristianesimo non imita le religioni dell'Oriente, non
isconvolge la natura coi prodigi; si direbbe che prevede, che teme lo sguardo
delle scienze positive. Cristo non discende sulla terra per combattere contro
le catastrofi cosmiche; il gran prodigio della redenzione, si compie nel mondo
degli spiriti; le sue conseguenze rimangono circoscritte nella sfera della
moralità e dell'ispirazione. Quando si dimandano prodigj a Cristo, egli si
sdegna, vuoi fede, dispensa la grazia, non il miracolo. Pure il Dio rivelato è
una persona, deve lasciarsi piegare dall'orazione; interessarsi all'uomo,
lottare contro la natura, deve accordare i miracoli che reclama il principio
stesso di una rivelazione soprannaturale. Di là tutti i miracoli della Bibbia,
i mille miracoli del vangelo, le leggende dei santi, in cui si accordano le
prove disprezzate dalla fede, i piaceri vilipesi dall'ascetismo. Benchè
ristretto a dispensare i prodigi della grazia, Cristo li unisce all'incanto dei
sacramenti; la sua redenzione si ferma là dove più non s'intende la vibrazione
meccanica della sua parola. Le regioni non visitate dagli apostoli non sono
redente, quelle in cui gli apostoli si stabiliscono seguendo i casi del
commercio e della guerra, trovansi rigenerate dall'accidente della loro presenza,
ed il miracolo alternativamente rifiutato ed accordato, temuto e ammesso dal
cristianesimo, finisce coll'essere il più assurdo tra gli incanti. Non è visto,
e bisogna accettarlo; non è verificato, e bisogna riconoscerlo: il battesimo
non ci muta, eppure dobbiam crederci rigenerati dalle sue acque; l'eucaristia
lascia il pane e il vino quali sono, ma il credente deve ammirare il prodigio
invisibile della carne e del sangue, deve vederlo. La chiesa non si cura delle
cose del mondo, più non ferma il corso del sole; eppure le nostre azioni
dipendono dalle sue operazioni invisibili e dobbiamo attribuirle le nostre
vittorie, le nostre sconfitte; ogni evento esprime la volontà divina. Il mondo
finisce per divenir magico, benchè Cristo abbia rinunciato alla magia.
Il miracolo genera
la favola. Malgrado il rispetto del cristianesimo per i fatti, la generazione
sacra si sviluppa coi miracoli visibili o invisibili, dunque il cristianesimo
deve coordinare i suoi miracoli, collocarli nella storia, e quanto più la
storia è rispettata, tanto più il miracolo infinito di Cristo la falsa in ogni
punto. La chiesa condanna l'antichità ad inchinarsi dinanzi i fasti ignorati di
un'orda di barbari; la chiesa disprezza il corso dell'incivilimento, e segue, a
dispetto della storia, il corso della grazia attraverso alcune tribù di
pastori. La chiesa sottopone tutto il mondo moderno alla propria storia. Il
carattere degli uomini, gli accidenti della natura, le invenzioni, le scoperte,
tutto deve cedere al regno della chiesa. Secondo la Bibbia, il sole non si leva
se non per illuminare la tentazione di Eva e la nascita del Redentore;
l'universo rientrerà nel nulla il giorno in cui il dramma sarà compiuto
coll'ultima scena del giudizio universale. Quindi la favola cristiana mente più
audace della favola indiana: vede le virtù della Grecia e di Roma, e le
dichiara splendidi vizi! vede le scienze, le arti, e le fa calpestare da dodici
pescatori; vede, studia le relazioni che ha piagiate, e le accusa di plagio.
Dappertutto il fatto è riconosciuto e negato; lo spirito distrugge la materia,
il pensiero uccide la vita.
La favola
fonda l'autorità, e noi troviamo nell'autorità cristiana tutti i caratteri del
miracolo cristiano. Il sacerdote cristiano non promette prodigi, non è signore
della creazione come i pontefici del paganesimo, non dispone degli elementi
come i capi degli Incas; la Bibbia non è un amuleto, nè una panacea, nè un
palladio. Pure la Bibbia è un'autorità; non s'inganna: qui la parola è
infallibile, il dubbio n on è lecito. Che fa l'autorità cristiana? Distingue il
bene dal male, regola i rapporti dell'uomo colla persona di Dio, amministra,
dispensa la giustizia coi sacramenti. Essa esorcizza di continuo la natura,
dispone dell'anima dell'uomo: non solo tiene in mano le chiavi del cielo e
dell'inferno, ma fa pesare sulla menoma tra le nostre azioni un'eternità di
pene e di ricompense. Che importa la libertà del corpo, se voi mi tenete
cattivo lo spirito? che importano, dice il Vangelo, tutti i beni
del Mondo, se l'anima è perduta? Anche nella politica non è
forse col cercare il regno de' cieli che tutti i beni ci sono largiti per
soprappiù? La chiesa non è indifferente in nessuna cosa, in nessun atto, in
nessuna guerra; essa interviene sempre a nome della sua fede, e la sua fede la
fa autrice di miracoli continui, le dà una pretensione infinita, un'autorità
senza limite. In presenza degli infedeli, degli eretici, dell'immensa
maggioranza del genere umano, dell'intero avvenire, la chiesa non può ammetter
dubbio nella sua vittoria; attenuate quanto volete il miracolo cristiano, esso
signoreggia l'eternità avvenire, e rende invincibile il potere de' suoi
rappresentanti. Qui il battesimo è più che l'acqua dello Stige, che rendeva
Achille invulnerabile; l'immortalità spirituale e materiale si estende
all'intera cristianità, ed essa dipende dal sacerdote, dalla Bibbia,
dall'autorità. Così l'autorità cristiana è come il miracolo cristiano; e tenue,
senza alcun potere sulle cose, senza alcun diritto positivo sugli uomini, ma
ingente, assoluta, universale. Collo spirito pretende signoreggiare ogni
evento, benchè spiegato dalla scienza, benchè assolutamente terrestre e
mondano.
Ci rimane a
dimostrare che l'autorità cristiana conduce alla dominazione dell'uomo
sull'uomo. Chi può dubitarne? L'autorità cristiana discende dal cielo imposta
dal più iperbolico miracolo, promette ai credenti il più gran prodigio: una
redenzione infinita. Il movimento della chiesa parte dall'alto, è Cristo che dà
la missione agli apostoli di predicare, sono gli apostoli che consacrano i loro
successori; il sacerdote è ordinato dal sacerdote. Chi è egli adunque?
Un'eccezione nel mondo, un miracolo vivo, un uomo divino predestinato a
riscattare gli abitanti della terra. Egli deve essere intollerante; questo è il
più sacro de' suoi doveri, questo è il principio della sua dominazione. Per sè,
egli non regna, non può regnare, non promette miracoli, non è mago, non è di
questo mondo, aborre dalla signoria, aborre dal sangue; non governa la vita, è
il re della morte. Ma è ministro di un Dio infinito, ministro del Dio di morte,
veglia sui fedeli che un pensiero può perdere; per lui il fedele è Adamo, che
vuol usurpare il regno di Dio, è la vita che resiste alla morte, è la terra che
si ribella contro il cielo: quindi il sacerdote cristiano è soldato di una
guerra disperata contro l'azione, il pensiero, l'intenzione, la natura d'ogni
uomo. Inerme, egli è pago di consigliare, ma il suo consiglio accende i roghi;
inerme, si limita ad additare lo scandalo; la sua delazione è una sentenza di
morte; egli non porta la spada, e il braccio secolare scanna le vittime; egli
rifugge dal sangue, e spinge i re corrono alla crociata: il sacerdote cristiano
non combatte, ma il cristianesimo è una guerra continua contro gli Ariani,
contro gli ebrei, contro gli eretici: il mondo pagano è vinto dal ferro e dal
fuoco; il mondo idolatra dell'America è trucidato in nome di Cristo. La chiesa
non è di questo mondo; ma consiglia la fede, e ogni guerra è una guerra della
chiesa: la chiesa lascia a Cesare ciò che è di Cesare, ma Cesare deve essere
cristiano: Cesare è ogni condottiere, ogni barbaro che serve gli interessi
della fede, e spetta al papato il distribuire le corone dei re.
Così il Dio
cristiano è il più ragionevole e il più malefico tra gli Dei: il miracolo
cristiano è il più umile e il più temerario tra i miracoli: la favola cristiana
è la più moderata e la più audace tra la favole: l'autorità che fonda è la più
mite e la più spietata: la dominazione che consacra è la più dolce e la più
terribile, perchè si estende al pensiero.
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