SEZIONE SECONDA
LA METAFISICA
Capitolo
I
STERILITÀ DELLA METAFISICA
È nota la
sterilità della metafisica. La metafisica nacque combattendo la religione, e
non ha mai riportato alcuna vittoria, la religione non ha mai sofferto alcun
interregno, i metafisici non hanno mai guidato, nè governata la società. Come
avrebbero potuto guidarla? Essi sono egualmente nemici della religione e della
scienza, del miracolo e del fenomeno, mentre assalgono la religione, rendono
impossibile il trionfo della rivoluzione naturale. Per essi il fenomeno non
vale, lo vogliono dimostrato, vogliono l'equazione del fenomeno, trasportano i loro
problemi nelle contraddizioni eterne, ripongono nell'impossibile ogni nostra
speranza. La religione trionfa.
Il metafisico
trovasi condannato alla solitudine dalle proprie idee. Nel fatto, la religione
è positiva quanto la scienza, è una falsa fisica, pure è una fisica; è una
falsa storia, pure è una storia; scioglie quindi un problema fisico, un
problema storico; in altri termini, un problema sociale, determinando ad un
tempo l'essere, la vita, la morale. La metafisica che assale la religione,
l'assale dal di fuori, trascendendo il problema stesso della religione. Negherà
Dio perchè dubita del tempo, dello spazio, del mondo; negherà il libro sacro
perchè nega l'esistenza delle cose esteriori; introdurrà un'eresia nel culto
perchè sfugge con una astrattezza alle contraddizioni dell'individuo e del
genere. La fisica, la storia non raccolgono alcun profitto immediato
dall'assalto, e il metafisico rimane senza influenza, la sua eresia, la sua
incredulità restano trascendenti. Se la metafisica giova, si è che cessa di
essere metafisica, diviene scienza, oppone fatti a fatti; il filosofo è
cittadino, il metafisico è uomo, il sofista è scienziato; vive della vita
generale, obbliga quindi le sue astrazioni a proclamare la verità della
scienza. Sia la metafisica vera metafisica la più ardita tra le sue rivoluzioni
non toccherà all'impero della religione, Empedocle potrà restare pontefice,
Malebranche potrà credere alla Bibbia. Rimanendo in presenza delle
contraddizioni eterne, non si sfiora il fatto, non si dan soluzioni che
tocchino il fatto; il falso metafisico, spostando ogni cosa, non sposta la
fisica, nè la storia, agendo nihil agit.
Il metafisico
trovasi isolato anche dal proprio procedere. La religione è sociale; il
sacerdote impara osservando, istruisce perchè è stato istrutto, scopre perchè
gli hanno trasmesso altre scoperte. Egli si trova nella condizione del fisico,
la rivelazione soprannaturale si stabilisce come la rivelazione naturale. Il
metafisico non dipende che da sè stesso, pone da sè il problema da lui creduto
solubile, la soluzione non può emanare che dalla sua mente. Chi potrebbe
apprendergli se il tempo è finito od infinito, se lo spazio differisce dal
corpo o si confonde colla materia, se il non-io esiste realmente, se la nostra
ragione c'inganna? Il metafisico non può riconoscere alcuna tradizione, alcuna
autorità: pensa, fatta astrazione da tutte le invenzioni, da tutte le scoperte;
l'astronomia, la chimica, la fisica non hanno nulla da insegnargli. I suoi
libri non hanno data; come metafisici, Platone, Aristotele, Leibniz, sono
contemporanei o piuttosto non sono di alcun'epoca, d'alcuna patria, d'alcuna
civiltà. Se i sistemi metafisici si seguono, si concatenano, i loro inventori
si seguono solo perchè si combattono. Possono ignorare le condizioni storiche
che presiedono all'origine de' loro sistemi, anzi devono ignorarle, perchè
credono alla sola dimostrazione, si fondano su dati che sono di tutti i tempi,
hanno in sè tutti gli elementi della loro scienza. Se riconoscono la tradizione
filosofica, se proclamano la loro dottrina quale risultato fatale, la cui prima
origine risale a Socrate o a Talete, non sono più metafisici, sono istorici,
sospettano il giuoco eterno delle contraddizioni, la metafisica tocca alla sua
rovina.
La morale de'
metafisici esce dal sillogismo, non è determinata dalla vita, nè dalla
coscienza; sarà sublime, ma non è vivente, non è possibile; quindi in presenza
dei credenti il metafisico deve fallire. La scienza gli manca. non può agire,
non è padrone di produrre effetti sensibili, di dar segni della sua missione,
non può esser giudicata dall'opera. Vede il culto onnipotente difeso dal
governo, dagli interessi dei potenti, dall'ignoranza dei popoli; non ha la
scienza che si sostituisce al culto, che oppone i fatti ai fatti, la storia
alla leggenda, gli interessi positivi agli interessi imaginari; non sente un
dovere imperioso, sente uno scoraggiamento profondo. Il perchè l'antica
metafisica proclamava tutti i doveri, eccetto quello che impone di dire la
verità, accada quel che sa nascere: essa predicava una morale di cui non
proclamava la verità. La verità era troppo terribile, il martirio troppo
inutile; a chi profittava? Quindi negavansi gli Dei e rispettavansi i
sacerdoti, negavasi la religione e non si pensava ad abbatterla, spegnevasi la
luce perchè troppe erano le tenebre.
La metafisica
non sapeva neppure rendersi ragione della propria sterilità, perchè si sapeva
solitaria, non si sapeva nemica della scienza e condannata a starsi inutile tra
la scienza e la religione. Quando i metafisici parlano della loro propria
impotenza, vaneggiano: accusano la bassa plebe dei mortali, a loro dire,
incapaci di reggere all'altezza dei loro concetti; si dicono esseri
privilegiati, sfoggiano i lunghi studi, il linguaggio tecnico, la sottigliezza
perseverante del riflettere, e van superbi della loro solitudine. Miseri
pretesti! La metafisica aspira al dominio del mondo, tale è la sua pretensione;
se non vince la religione, è vinta: perchè dunque la vediamo eternamente
sconfitta? Perchè il popolo non l'intende? Spetta ad essa di giungere fino al
popolo, il quale reca in atto le teorie dei fisici più sagaci, dei matematici
più astrusi. Accordasi che la metafisica deve essere coltivata dai metafisici,
come la chimica dai chimici; si lascia ad ogni dotto il monopolio inevitabile
della sua specialità: ma si obbedisce, si accettano le invenzioni, si applicano
le più difficili scoperte. Perchè non si applica la metafisica? Essa non è nè
più difficile, nè più complicata della religione, reclama minore studio, ma non
è positiva come la religione, ed essa deve rimanere nel vuoto. Questo le
dissero a buon diritto in due lingue diverse i teologi ed i fisici. I Padri
l'accusarono per tempo d'esser varia, inconsistente, contraddittoria ne' suoi
sistemi; dicevansi unanimi essi per la fede, infallibili, mentre le scuole
filosofiche predicavano or l'acqua, or l'aria, ora il fuoco, or l'idea, or
l'essenza, senza tregua nè posa, alle loro mutazioni. Che poteva rispondere la
metafisica, condannata ad un continuo errare da' suoi capi, sempre solitari,
senza tradizioni, confinati nelle antinomie, le quali spingevanli a cercare un
vero ch'era impossibile a scoprirsi? i Padri, i dottori, i teologi muovono a
nausea quando vogliono trarre dalle variabilità delle opinioni filosofiche la
necessità di accettare la loro favola; sono strani, quando si pretendono
infallibili per ciò stesso che altri erra, quando si vantano esenti da ogni
contesa, da ogni incertezza, essi condannati a contese eterne, e rappresentanti
di seguaci che si maledicono, si combattono e si abbruciano a vicenda: il punto
incontestabile si è, che la favola religiosa riunisce un popolo, il suo variare
fa variare i popoli, il suo lottare fa spargere il sangue, le sue modificazioni
modificano la civiltà; in una parola, rimane incontestabile, che la religione è
sociale, la metafisica solitaria. L'accusa de' teologi si ripete dai fisici in
altri termini: Bacone accusa i metafisici di cercare l'eleganza, non la verità,
di costruire il mondo colle categorie, d'appagarsi di parole, di trascorrere in
vane ipotesi, d'essere venduti, corrotti, prostituiti alla potenza, alla
ricchezza, all'autorità; e poteva dire più schiettamente, d'essere schiavi
volontari della religione, nemici ostinati della scienza, superbi disprezzatori
del popolo. Solo bisognava riconoscere la causa prima di questo continuo errore
attraverso le categorie, le ipotesi, il servilismo, le querele interminabili e
inutili alla società; la qual causa sfugge ai fisici quanto ai teologi. Ciò
perchè i fisici conquistano il fatto materiale senza poterlo difendere, senza
conservarlo; conquistano la natura, e dimenticano il pensiero; non sanno
estendere la rivelazione ai congegni della mente umana; non l'estendono alle
origini delle religioni, dei governi, delle leggi; non abbracciano la società;
sono operai, non architetti; materia, non principio del sistema sociale. Quindi
respingono fieramente la metafisica, che disprezza la brutalità dei loro fatti,
non sanno sostituirsi alla metafisica per combattere le religioni, rimangono
uomini di scienza, non divengono uomini della scienza.
Posto che la
metafisica sia l'intermediario eternamente inutile tra la religione e la
scienza, convien riconoscere qual sia stata la sua missione nel mondo. Tratta
dalla fatalità delle astrazioni, ebbe per missione di scoprire le antinomie
delle cose e del pensiero, e nel tempo stesso di svelare a poco a poco le
diverse regioni della rivelazione naturale. Per sè il metafisico cerca la
soluzione di una contraddizione eterna, per discoprirla cerca un mezzo
qualunque sfuggito alla penetrazione degli altri, ed offre questo mezzo come
un'invenzione che ferma l'antinomia. S'inganna, l'intento prefisso è fallito;
ma il mezzo proposto è una rivelazione. Egli è così che ogni gran metafisico è
rivelatore. Talete non discopre l'equazione dell'universo, scopre i fenomeni
dell'acqua; Anassimene osserva quelli dell'aria, Eraclito quelli del fuoco. La
scuola di Elea rivelava l'essere, Democrito l'atomo, Platone il genere,
Aristotele l'individuo. Zenone approfondiva i fenomeni della volontà, Epicuro
quelli della voluttà, Plotino quelli dell'estasi. Si segua passo passo la
filosofia, si seguiranno i progressi della rivelazione che si estende: presso
Descartes troviamo la rivelazione del pensiero; Locke è il rivelatore della
sensazione, Kant delle antinomie intellettuali. Gli astrologi apprendevano
l'astronomia cercando l'impossibile, la metafisica apprendeva la scienza
cercando ciò che sfugge ad ogni ricerca. L'errore era nella preoccupazione che
fissava nell'aria o nel fuoco o nel genere o nell'individuo o in un qualsiasi
fenomeno l'apparenza prima dominatrice di ogni spiegazione. La sterilità era
nello sforzo, che dimandava al principio ammesso l'equazione dell'universo;
sterilità che, d'altronde, ingrossava colle contese il tesoro delle
contraddizioni, preparando il giorno in cui, vinte dal proprio numero,
sarebbero generalizzate e riassunte per precludere ogni adito al divagare dei
solitari. Ma la verità era nel fenomeno scoperto, proposto quel principio
primo, che serviva così di criterio a sè stesso, e che doveva poi rimanere
quello che era, ed essere quello che appariva.
Hannovi
adunque due cose distinte in ogni metafisico, in ogni filosofia, e in generale
nella storia della filosofia. Havvi l'errore sterile: havvi la rivelazione
crescente: havvi la metafisica, che non ha mai regnato e mai non regnerà, e che
sarà sempre ostile alla scienza: havvi la scienza stessa, che si svolge, che si
rivolta contro la metafisica, che reclama il suo essere, il suo apparire, e che
combatte la religione per propagare l'umanità.
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