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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE TERZA   IL SISTEMA DELL'UMANITA'
    • SEZIONE SECONDA   LA METAFISICA
      • Capitolo III   LA SCONFITTA DEI METAFISICI
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Capitolo III

 

LA SCONFITTA DEI METAFISICI

 

 

Riassumiamo le accuse de' Padri della chiesa contro i filosofi della Grecia, traduciamole nel nostro linguaggio ci spiegheremo la vittoria dell'idolatria cristiana. «Voi volevate,» direbbero i Padri ai filosofi, «sottoporci alla rivelazione ineffabile della vostra estasi, noi abbiamo preferite le allucinazioni della Bibbia, che potevano raccontarsi: voi volevate ingannare coll'equivoco del simbolo, noi abbiamo preferito l'errore involontario di un popolo. Voi volevate rimescolare tutti i simboli con un procedere mezzo erudito, mezzo critico, e lontano da ogni regola, noi abbiamo accettata una tradizione, una, coerente, semplice, che risaliva arditamente a Dio senza smarrirsi nella notte de' tempi primitivi: il vostro verbo si faceva carne in un delirio scolastico, il nostro verbo si faceva carne nel delirio di una gente che attendeva il Messia. - Il cristianesimo ha fatto quanto volevate tentare, ed ha evitato ogni vostro errore. Esso ha dato l'estasi, meno l'ineffabilità, che la distrugge, ha dato i simboli naturali, senza ricorrere alle finzioni, che distruggono il simbolo. Ha dato il bene di Platone, personificato nel Cristo, l'uomo-Dio vivente nel Messia, il mondo invisibile che corrisponde all'aspettativa di Socrate, la repubblica della Chiesa che reca in atto la repubblica di Platone: e dappertutto si è sottratto alle antinomie della critica con un fatto positivo. Esso ha opposto alla legge, ai magistrati, alle legioni, ai prefetti dell'imperatore, a tutti i fantasmi della giustizia antica, la vera legge, i veri magistrati, le vere legioni, la vera politica, in una parola, il sacerdozio, che dispone di tutto perchè pensa solo al vero, e non è dominato se non dall'interesse del vero. Tutto era astratto nella filosofia, tutto divenne positivo colla favola biblica. - Vi abbiamo ridotti in servitù, ma il simbolo erapotente, la filosofiaimpotente, sì compiutamente assorta dal simbolo, che nella vostra servitù, voi che eravate un popolo d'individui perduti nella moltitudine, incapaci di interessare una città alle vostre dispute, incapaci di convertire un tiranno, quando la chiesa vi ha associato all'opera sua, avete partecipato alla signoria del mondo. Dominati dalla rivelazione soprannaturale, le vostre discussioni intorno a Dio, intorno alla libertà hanno sollevato una metà del mondo contro l'altra metà. Schiavi della religione, non foste mai più potenti che dal momento in cui avete perduta la vostra libertà; alcuni de' vostri furono da noi santamente esterminati, ma le vostre rivelazioni hanno trionfato».

E se i Padri fossero nel cielo di Platone potrebbero soggiungere scusandosi: «Che cosa fu il nostro Cristo? Fu la continuazione di Socrate, copiò Socrate, e ne fece un'iperbole. Socrate sdegnava le speculazioni intorno la natura, e non raccoglieva dagli antichi se non quanto bastavagli a viver libero nella natura redenta; Cristo disprezzava la filosofia e la scienza, non raccoglieva dalle rivelazioni del genere, dell'essenza, delle idee, della estasi se non quanto bastavagli a vivere sicuro nella natura. Cristo visse nella via pubblica, come Socrate; credette, come Socrate, alla verità; come Socrate disputò coi dottori; come Socrate mostrò che cercavano l'interesse nel falso. Imitando Socrate, Cristo fidò nell'ordine generale, lo vide compito in cielo, trascurò la terra, trascurò la famiglia, fu nemico di . Imitatore di Socrate, Cristo si circondò d'amici, fu accusato per aver voluto rovesciare l'antica patria; moriva rispettando l'antica patria, rifiutando lo scampo che tutte le potenze dell'universo combinate non avrebbero potuto impedirgli. Se il vero non fu potente, se l'antica patria rispettata si perpetuò, se la chiesa non ordinò l'eguaglianza degli uomini, se non fu di questo mondo, accusatene voi stessi; voi non avete rivelata l'eguaglianza, voi non l'avete ordinata, voi avete cercata la redenzione in cielo; la vostra metafisica giungeva per tutte le vie al suicidio, alla morte del redento; in tutti i modi fuggiva il vincitore, il conquistatore antico; lasciavagli la patria, e Cristo non potè essere superiore alla sua rivelazione naturale e alla potenza de' suoi amici; Cristo lasciò il mondo agli antichi signori e i suoi successori raccomandarono a un tiranno, a Costantino, la comunione della chiesa, in cui continuavasi il sacrifizio di Socrate

credasi che il cristianesimo ordinasse il regno della metafisica, errore proclamato da taluno pur nemico della metafisica. No; la metafisica non ha mai regnato, non regna, non regnerà mai; la sua essenza sta nell'impossibile, la sua rivelazione non è rivelazione, è soluzione di una contraddizione eterna. La metafisica non si vede, non si tocca, non fa vivere, non ispira la giustizia. Il cristianesimo non tolse agli antichi filosofi se non le vere rivelazioni prese in sé, non considerate quali soluzioni. La soluzione il cristianesimo l'aveva in , non la toglieva da veruna scuola e trovavasi nella Bibbia, nella aspettativa del Redentore, nella vita di Cristo, che travisavasi, combinavasi, e poi diveniva la storia d'un Dio. La potenza e impotenza del cristianesimo non si spiegano che colla soluzione, colla tradizione cristiana. Se il nuovo Socrate cede alla patria antica, si è che rispetta il Dio degli antichi antropofagi; è redento, ma gli crede ancora; vuol redimere, ma alla condizione di soddisfare l'antico mostro, alla condizione di accettare il patto di Abramo, la storia degli Ebrei, i profeti, i miracoli. Se il cristianesimo crede al cielo, il suo cielo non è metafisico, non sorge dalla logica necessità del suicidio e della morte, non si dimostra cogli argomenti del Fedone: si dimostra positivamente colla storia di Adamo scacciato dal paradiso terrestre, colla vocazione di Abramo cui Dio promette il riscatto, coi taumaturghi e coi profeti che non cessano di rinnovare la promessa, in una parola con una narrazione che vera o falsa scende dal cielo per risalirvi. Se predica la fraternità degli uomini senza distinzione di razza o di nazione, la fonda ancora su di una serie di promesse e di minaccie e si ferma dinanzi all'antica patria che non assale colla forza colla cospirazione e non deve la sua moderazione ad una equazione o ad un sillogismo ma a' suoi stessi antecedenti istorici per cui l'espulsione dal cielo, il sacrifizio di Abramo e tutta la storia degli Ebrei impongono di lasciare a Cesare ciò che è di Cesare e vien pure da Dio. Il cristianesimo non impegnavasi d'altronde in alcuna tesi, in alcuna antitesi. Ne sia testimonio la somma ignoranza, l'estrema inferiorità de' Padri, ove si paragonino come metafisici agli antichi maestri: i Padri erano ottimi fondatori di religioni precisamente perchè poco iniziati nelle teorie filosofiche. Non affidavano la salvezza al verbo, ad alcun sistema in particolare, ma prendevano all'ingrosso il rivelato, e non mai il pensato, il supposto, il dedotto, quanto apparteneva all'impossibile. Il cristianesimo non crede al verbo come Platone, come Plotino, non crede alla libertà come questa o quella scuola, non accetta la virtù come Zenone o come Diogene: il cristianesimo scorre sulla rivelazione naturale, vitale e morale del genere umano; la travolge ove faceva d'uopo, nel soprannaturale, e il soprannaturale continua a scorrere sulla base della rivelazione naturale. Se le diverse sette del cristianesimo vengono alle prese, senza dubbio il metafisico sarà servo del teologo, l'amico dell'impossibile gioverà all'amico del miracolo: in fondo la discussione religiosa resta religiosa, oppone fatti a fatti, rivelazione a rivelazione; il perchè ogni lotta religiosa è la guerra civile della cristianità. Da ultimo, il cristianesimo e lo stesso cattolicismo tollerano nel loro seno la metafisica: e come potrebbero proscriverla? Essi sono la rivelazione, sono il prodigio, sono il miracolo e il fatto; e purchè l'apparente sia rispettato, riverito, comentato alla maggior gloria di Dio, non si teme la discussione metafisica e il miracolo si rassicura finchè non vede fuori di se non l'impossibile.

 

 

 




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