Capitolo
II
LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI
DELL'UOMO
Dimentichiamo gli
uomini, gli eventi, le vicissitudini accidentali; seguiamo solo i principj
della rivoluzione; vedremo che la rivoluzione vuol recare in atto i due
principj dell'irreligione e della legge agraria.
La prima
iniziazione rivoluzionaria comincia colla Costituente e sta tutta nell'idea di
pubblicare una dichiarazione dei diritti dell'uomo. «Noi abbiamo pensato come
voi,» dice Necker all'assemblea costituente, «che la costituzione doveva essere
preceduta da una dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino; non
perchè tale dichiarazione avesse lo scopo di dare ai primi diritti la forza, la
quale essi traggono solo dalla morale e dalla ragione, ma perchè essi fossero
sempre presenti agli occhi ed al pensiero.» Secondo Meunier il relatore: «Ogni
governo deve proporsi lo scopo di conservare i diritti dell'uomo... la
costituzione deve cominciare dalla dichiarazione dei diritti naturali e
imprescrittibili dell'uomo. - La natura ha fatti gli uomini liberi ed eguali; -
il principio di ogni sovranità risiede nella nazione; - il governo non deve
mettere al libero esercizio delle umane facoltà altri limiti che quelli
evidentemente necessari per assicurarne l'esercito ad ogni cittadino». Giusta
Durand de Maillane, la dichiarazione «doveva essere affissa nelle municipalità,
nè tribunali, nelle chiese.» Tutti gli uomini della rivoluzione erano unanimi
sul punto di partenza; trattavasi di aprire una nuova era nella storia del
genere umano. Alla volta sua l'antico regime era unanime nel respingere la
dichiarazione: essa è inutile, dicevasi; essa è pericolosa,
metafisica; essa incoraggia la ribellione. –«No,» replicava
Castellane; «è utile perchè i diritti sono disconosciuti nel mondo, perchè la
storia del governo francese, da Carlomagno in poi, è la storia della violazione
dei diritti dell'uomo.» – «La dichiarazione è necessaria,» concludeva Mirabeau,
«per la ragione che l'ignoranza e il disprezzo dei diritti naturali sono
l'unica causa delle pubbliche sventure e della corruzione dei governi.»
La
dichiarazione fu variamente discussa, poi modificata in altre costituzioni; ma
stiamo all'idea sola di dichiarare i diritti dell'uomo: ma imponeva di attuare
i due principi supremi nella misura permessa dagli eventi. Tutte le leggi
rivoluzionarie ne furono le conseguenze ragionate.
In primo
luogo, la dichiarazione legalizza Voltaire e Rousseau, li riassume, li impone:
senza la dottrina de' due capi, a che dichiarare i diritti dell'uomo? Tanto
valeva ascoltare Mirabeau il maggiore, che consigliava di sostituirle il
decalogo; tanto valeva seguire il vescovo di Chartres, che proponeva di
surrogarla con alcuni pensieri religiosi nobilmente espressi.
La
dichiarazione dirige tutti i colpi della rivoluzione contro il feudalismo.
Quando si sopprimono le servitù rusticali, il diritto di primogenitura, le
distinzioni onorifiche, i titoli di nobiltà, le genealogie, si dichiara che si
sacrificano ai diritti dell'uomo violati dalla feudalità.
Più tardi, si
abbattono gli ordini monastici per due ragioni, perchè inutili e perchè
contrari alla legge naturale: di fatto la natura, il lavoro, la libertà
proscrivevano i tre voti di castità, di povertà e di obbedienza.
La
costituzione civile del clero è anch'essa una conseguenza della dichiarazione
dei diritti dell'uomo. Lo si dice espressamente: il sacerdote si reputa più
dell'uomo; si pretende delegato dall'Altissimo, si vanta superiore al popolo,
non riconosce eguali: che subisca la legge dell'eguaglianza, si assicuri la
società contro le pretensioni del sacerdozio.
La sovranità
del popolo sorge dalla sovranità umana; essa arma tutti i cittadini, la nazione
armata trovasi superiore al governo, che diventa risponsabile: diviene
impossibile il potere regio; tosto o tardi la nazione deve giudicarlo, e lo
giudica in forza della dichiarazione che scopre l'uomo celato sotto la vetusta
e mostruosa finzione del re.
La
dichiarazione sottrae ogni popolo al dominio dei re: quando si tratta della
Spagna, si proclama che il patto de' Pirenei non è un patto nazionale, e che le
liti dei re non possono più essere quelle de' popoli. Avignone sfugge al
pontefice, e si riunisce alla Francia, a nome della dichiarazione dei diritti
dell'uomo. «Appena dichiaraste voi,» dicevano i deputati avignonesi, «che tutti
gli uomini sono liberi, abbiamo voluto divenirlo noi pure. Forse il tempo non è
lontano in cui il popolo francese detterà leggi all'universo, in cui tutte le
nazioni vorranno riunirsi ad esso per fare di tutti gli uomini tanti amici,
tanti fratelli. Il popolo avignonese ha voluto essere il primo.» La Francia si
collega contro l'Europa. «Lo scopo dei re,» dice Brissot, «è d'impedire che si
propali questa dichiarazione che minaccia tutti i troni. Ma noi possiamo
lottare,» soggiunge egli, «perchè la libertà non fallisce contro l'oro e con
essa torremo ai re gli eserciti e i popoli.»
La guerra
della rivoluzione ha il suo programma, e lo riceve dalla dichiarazione dei
diritti dell'uomo contro la cristianità. In qual modo hannosi a governare i
generali della repubblica ne' paesi conquistati? «Lo scopo della guerra,» dice
Chambon, «è la distruzione di tutti i privilegi; guerra ai palagi, pace ai
tuguri. Tutto ciò che è privilegiato, tutto ciò che sente di tirannia,
dev'essere trattato da nemico. La Francia si dichiara potere rivoluzionario nei
paesi conquistati; quindi la Convenzione decreta: l° che nei paesi conquistati
le decime, i diritti feudali sono aboliti; 2° la sovranità del popolo è
proclamata con la convocazione delle assemblee primarie, da cui sono esclusi i
preti e i nobili; 3° per la prima volta gli agenti del cessato potere rimangono
pure esclusi dall'assemblea nazionale e da ogni officio politico; 4° tutte le pubbliche ricchezze sono poste
sotto la salvaguardia della repubblica francese; 5° i commissari della
repubblica cessano dà ogni officio nell'atto stesso in cui il governo è
definitivamente constituito.»
Così la Francia, trasfigurata dalla
dichiarazione dei diritti dell'uomo, è condannata ad essere la nazione
liberatrice. I primi lesi dal nuovo diritto sono il papa in Avignone,
l'imperatore nel Belgio; poi il trono e l'altare trovansi minacciati in ogni
Stato, poi la lega europea riunisce contro la Francia tutti i principi, tutti i
sacerdozi dell'Europa. Da una parte la rivoluzione deve combattere ogni
religione armata; dall'altra deve combattere ogni privilegio: che cos'è adunque
la rivelazione, se non la guerra dell'irreligione e dell'eguaglianza? Essa
vuole la giustizia presagita da Campanella, essa atterra il pontefice,
l'imperatore, Cristo e Cesare, le quattro tirannie che Machiavelli aveva
additate all'odio dell'Italia.
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