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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE TERZA   IL SISTEMA DELL'UMANITA'
    • SEZIONE TERZA   LA RIVOLUZIONE
      • Capitolo IV   LA GUERRA ESTERNA
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Capitolo IV

 

LA GUERRA ESTERNA

 

 

Napoleone succede alla dittatura di Robespierre, la continua; egli pure vuole la religione, la proprietà, meno l'antico governo; egli pure sorge dall'idea che la patria è in pericolo. Non la difende? Non combatte? Non è il rappresentante della democrazia francese? Qualunque sia la sua intenzione, egli continua la guerra liberatrice del 92; egli è terribile, come Robespierre, nella grande repubblica della cristianità. Quando pensiamo a suoi nemici, quando lo vediamo accusato, odiato, vilipeso da una mano di re che guidano alla strage popoli di bimani, retti col bastone; quando vediamo l'esercito francese vittorioso contro sei coalizioni europee, e due milioni di francesi che muoiono gridando: viva l'imperatore; quando leggiamo i libercoli della vilissima reazione che oggi ancora scrive, vocifera, tradisce, uccide e s'inebria di sangue in tutta Europa; quando pensiamo alle innumerevoli infamie dissipate in Italia, in Piemonte, al solo apparire di Napoleone; quando pensiamo che Napoleone, nemico fatale dell'antico regime della cristianità, conquassava il papato, l'impero, e redimeva l'Italia, e la destava a farsi nazione, ed esiliava i vetusti suoi principi, e creava una generazione nuova che sapeva combattere senza tradire; come mai non riconoscere in lui il secondo dittatore della rivoluzione?

Ma Napoleone combatteva l'antico regime, meno la religione e la proprietà, quindi riproduceva nel seno della cristianità, sotto forme grandi e strane, la contraddizione che aveva spento Robespierre. Napoleone combatte gli antichi re della Francia; dunque gli basta essere al governo per assicurare la vittoria, quindi ordina la reazione, dunque deporta i giacobini, sottoscrive il concordato con la chiesa, sopprime il tribunato, s'incorona imperatore. Parimente all'estero, volendo rispettare la proprietà e la religione, Napoleone mira solo ad esser governo per vincer gli antichi governi.. Dunque è conquistatore, dunque innalza nuovi troni, infrange le corone, arrogasi il diritto di Carlomagno, ristaura l'impero a suo profitto. Ne nasce che colla guerra imperiale Napoleone in Francia è capo e nemico della rivoluzione, all'estero è liberatore e conquistatore; dovunque riassume la rivoluzione e Carlomagno, Voltaire e Cristo, la legge agraria e i feudi, la libertà individuale e la Bastiglia, l'uomo di genio e il re. La guerra imperiale sfuggiva di continuo alla contraddizione prorogandone lo scioglimento; pure la contraddizione era patente, continua, ingrandiva ad ogni passo: colla vittoria deificava il successo, e l'immenso successo non aveva fondamento. Napoleone era aborrito dal re quanto Robespierre, e dai popoli quanto i loro principi naturali, a cui la guerra imperiale lasciava gli antichi sostegni della proprietà e della religione. I popoli non erano più associati alla rivoluzione, e questa era travisata a tal punto, che gli stessi re potevano imitarla promettendo le costituzioni. Quindi Napoleone scompare a Waterloo, oppresso da tutti i re che parlavano in nonne di. Dio, e abbandonato dagli uomini che parlavano a nome della ragione. Ne risulta però questo doppio insegnamento: cioè, che il trono e l'altare si fondano sull'ingiustizia e sull'errore, in guisa che il deismo metafisico, la guerra imperiale può sradicarli. In secondo luogo, dopo Napoleone, l'Europa apprende che l'iniziativa della rivoluzione sta in Francia, in guisa che ogni nemico della iniziativa francese riesce amico della reazione europea; da Napoleone in poi ogni moto francese è moto immediatamente europeo; la supremazia francese cresce ad ogni giorno, cresce talmente, che in Italia, in Germania, dappertutto, il medio ceto, già nemico dei re, si collega col trono e coll'altare per difendere l'ineguaglianza e l'eredità.

 

 

 




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