Capitolo
V
I GENERI E GLI INDIVIDUI SI
ESCLUDONO
I generi si
mostrano nello stesso tempo che gli individui e classificano gli oggetti
secondo le loro somiglianze. Il genere esiste realmente: quando io guardo un
uomo, io vedo un uomo: il genere è un fatto certo, come la nostra esistenza,
come la nostra scienza, come il nostro linguaggio. Questo fatto è logico? Il
genere e l'individuo differiscono, oppongonsi l'uno all'altro, e sotto l'impero
della logica finiscono per contraddirsi.
Esaminiamo il
genere: dov'è desso? negli individui, è in essi che si appalesa; ma secondo la
logica è possibile che il genere sia unito agli individui, è impossibile che ne
sia superato.
Se il genere
si unisce coll'individuo, vi saranno due cose in una medesima cosa; lo stesso
essere sarà in un medesimo tempo un uomo e l'uomo; non sarà uno, sarà doppio.
Il genere che è intelligibile, che non occupa alcun punto dello spazio, si
troverà nel luogo delle cose che si rassomigliano, seguirà l'individuo che
cammina, si fermerà quando l'individuo si ferma, giacerà quando l'individuo
giace. Inalterabile il genere, si troverà compenetrato coll'individuo che si
áltera e perisce; unico ed indivisibile, si troverà nel medesimo tempo tutto
intero in una moltitudine di cose distinte; il genere uomo sarà nello stesso
momento in tutti gli uomini, in Atene, in Roma, in Parigi. Il numero degli
uomini varia ad ogni istante: l'uomo dovrà subire questa variazione senza
variare, dovrà moltiplicarsi, diminuire e rimaner sempre uno e invariabile.
Anche qui troviamo la contraddizione dell'uno e del multiplo che abbiam veduto
sorgere in ogni individuo coll'opposizione del tutto e delle parti.
Se il genere
non può stare unito all'individuo, non può neppure separarsene. Se vi fossero
esseri come l'uomo separato da tutti gli uomini, la bianchezza separata da
tutto quello che è bianco, simili esseri formerebbero un mondo a parte, senza
rapporto alcuno con il mondo materiale. Quindi se il genere fosse indipendente,
cesserebbe di contenere l'individuo; nessun uomo sarebbe uomo, nessuna sostanza
sarebbe sostanza, le somiglianze sarebbero separate dagli oggetti che si
somigliano, tutto svanirebbe in un'alterazione, in una differenza per noi
inconcepibile ed ineffabile. Le somiglianze sarebbero in un altro mondo; e di
che sarebbero esse somiglianze? di nulla. Così, separando i generi dagli
individui, creansi due mondi opposti, l'uno generale, l'altro individuale;
l'uno eterno, l'altro variabile; ciò che sarebbe vero del genere sarebbe falso
dell'individuo; la verità dell'individuo sarebbe l'errore nel genere.
Nell'ipotesi de' generi indipendenti, invece di sparire, la contraddizione
ingrandisce.
Dimentichiamo gli individui: anche tra loro i generi
non possono nè combinarsi, nè separarsi. La natura ci mostra che essi si
combinano, formano una gerarchia; i più astratti contengono i generi inferiori;
e ogni nostra scienza si fonda sulla gradazione conc atenata dei generi. Pure,
secondo la logica, ciascun genere essendo uno ed indivisibile, non può trovarsi
in altri generi: l'animale non potrebbe scendere nell'uomo, nel cavallo, nel
gallo, senza essere uno e multiplo, senza riprodurre nella sfera delle
generalità quella contraddizione del genere e dell'individuo per cui l'uomo è
ad un tempo tutto intero nell'abitante di Roma e in quello d'Atene. Il genere
animale unito al genere dei mammiferi, poi a quello dei cavalli, ci
presenterebbe l'identificazione di tre generi distinti, la compenetrazione di
tre esseri in un essere, e sempre un essere uno e multiplo, e però
contraddittorio. Supponiamo che i generi non si combinino, che restino separati
gli uni dagli altri; allora i generi superiori non saranno nei generi
inferiori; allora l'uomo non sarà un animale, l'animale non sarà un corpo, il
corpo non sarà un essere. La contraddizione si presenta sotto una nuova forma.
Senza traccia
d'indiscrezione potrei domandare se i generi sono qualità o sostanze, attributi
o cose. Nel primo caso, se i generi sono qualità, allora le sostanze si
somiglieranno in forza di esseri che non sono sostanze; i generi non staranno
da sè, dovranno aderire ad una sostanza: qual sostanza? non la sostanza in
generale, perchè essa pure è una qualità; non le sostanze in particolare,
perchè particolarizzate dalle loro qualità determinate dai generi. Quindi i
generi saranno raminghi nell'universo, incapaci di stare da sè e di trovare un
punto d'appoggio. Se i generi sono sostanze, vorrei sapere come potrà esservi
un genere uomo, mentre io non sono uomo che in forza delle mie qualità tutte
generiche, come i sensi, la ragione, la statura, l'organismo. Potrei ancora
domandare se il genere è bello: dato che io accordi la bellezza al genere,
corro pericolo di aver contro di me tutte le persone deformi, che resteranno
maledette dal genere, poi, in sì strana posizione che i deformi non potranno
più rassomigliarsi tra loro. Se il genere non è bello, allora domando mi si
conceda di creare un genere di più per la bellezza: nel tempo stesso non si
rifiuti neppure ai ciechi ed ai deformi un genere a loro immagine, perchè
possano somigliarsi. Qual'è il rapporto fra il genere dell'essenza e quello
della bellezza? tra il genere della bellezza e quello della deformità? Quanto
più m'inoltro, più i contrari si moltiplicano: io mi fermo. La prima volta che
la filosofia si innalzava, col genio di Platone, nel cielo dei generi, fu
creduto che i destini della scienza fossero assicurati per sempre, e che i
principi del mondo sensibile sarebbero tolti alle contraddizioni che li
straziano. Il giorno dopo, Aristotele applicò la logica ai generi, e mostrò che
raddoppiavano tutte le contraddizioni.
Per mettere
un termine alla contraddizione fu imaginato di negare i generi e di
considerarli come semplici illusioni del nostro spirito. Ma il tentativo è
inutile: lo ripetiamo, il genere è dato nello stesso tempo che l'individuo e i
due termini devono essere accettati o negati nel tempo stesso. Ammettiamo noi
che ci sia dato di considerare l'uno o l'altro dei termini siccome erroneo;
quale di essi sarà il vero? L'individuo? allora ogni genere sarà un errore, il
più alto de' generi, l'essere, sarà il più grande degli errori: allora ciò che
sarà più lungi dall'essere sarà ciò che esiste di più, vi saranno soli
individui; saranno e non si potrà più dire che sono: non si potrà più ragionare
di ciò che esiste o non esiste: l'essere, il non-essere non avendo più senso,
la realtà dello stesso individuo cadrà nel nulla. Vogliamo noi preferire il
genere come vero, accusando l'individuo d'essere un'illusione? la realtà sarà
in ciò che v'ha di più vago, di più indeterminato; l'individuo sarà eguale al
nulla; bisognerà non essere nè uomo, nè animale, nè albero; bisognerà sparire
per godere la pienezza dell'esistenza. Ecco il dilemma che si offre quando si
pretende stabilire un'alternativa fra il genere e l'individuo; dilemma falso,
perchè due fatti simultanei devono essere egualmente accettati; dilemma senza uscita,
perchè ci manca il motivo per la scelta. Sotto un aspetto l'essere è tutto, e
tolto l'essere nulla è possibile; Sotto un altro aspetto l'individuo è tutto,
l'essere senza qualità, senza determinazione, non ha tampoco l'esistenza. I due
punti di vista sono egualmente necessari, essi esigono la preferenza per lo
stesso titolo: quello di essere inevitabili.
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