Capitolo
VIII
LO SPAZIO E I CORPI SI ESCLUDONO
Secondo la
natura lo spazio è la condizione del corpo, il mondo è nello spazio; secondo la
logica lo spazio rende il corpo impossibile, la natura esclude lo spazio che
occupa.
Analizziamo
lo spazio. È desso una qualità? non offre punto la apparenza delle qualità; ma
sta da sè e basta a sè stesso. È desso una sostanza? la sua natura è di non
essere sostanziale; esso è vuoto, accessibile ad ogni cosa, esiste come se non
esistesse. È desso il nulla? Dacchè si parla della sua esistenza, dacchè le due
nozioni dello spazio e del nulla sono distinte, lo spazio deve pur essere
qualche cosa, e bisogna che vi sia un principio che spieghi il suo apparire. Lo
spazio non è dunque nè la qualità, nè la sostanza, nè il nulla; condizione
apparente di tutto ciò che è materiale, si lascia invadere da ogni cosa, ed è
immateriale. In qual modo sarà dunque condizione del corpo? Lungi dal supporlo,
il corpo deve escluderlo. La cosa è semplice. Il corpo occupa lo spazio,
dunque, giusta la logica, il corpo che occupa lo spazio ci offre due fenomeni
compenetrati in un solo fenomeno: il corpo e lo spazio; i quali uniti avranno
due volte le tre dimensioni: una volta nel corpo, una volta nello spazio. Due
cose, due termini distinti, formeranno un sol termine: uno e doppio,
contraddittorio.
L'opposizione dello
spazio e del corpo è la stessa di quella del vuoto e del pieno. Il vuoto si
oppone direttamente al pieno, nessuno lo nega: è impossibile che il vuoto sia
pieno, il pieno vuoto; l'uno e l'altro si escludono a vicenda. Ma che cosa è il
vuoto? è lo spazio. E il pieno? lo spazio occupato dalla materia. Dunque dire
che lo spazio è la condizione dei corpi torna lo stesso che dire essere il
vuoto la condizione del pieno e che afferma la necessità contraddittoria di
collocare un termine nel seno del suo proprio contrario.
La
contraddizione prende nuove forme quando si confrontano i caratteri della
materia con quelli dello spazio. La materia è contingente, lo spazio è necessario;
e la contingenza non può supporre la necessità, non può prenderla per
condizione, ancor meno compenetrarsi con essa, senza che la contingenza occupi
la necessità, senza che si metta un contrario nel suo proprio contrario. - La
materia è limitata, lo spazio è infinito: come mai lo spazio infinito può
accettare i limiti della materia che lo occupa? come mai può lasciarsi dividere
dai corpi? L'infinito non si divide, non si limita; e mettere un corpo nello
spazio è dividere, limitare; è mettere un fine all'infinito: affermare che lo
spazio è la condizione de' corpi, è un affermare che l'infinito deve essere e
non essere ad un tempo. Dunque, a dispetto dell'apparenza che riunisce di
continuo il corpo e lo spazio, a dispetto della nostra convinzione che lo spazio
sia la condizione del corpo, la logica ci mostra che i due termini sono
distinti, che si escludono, che l'uno è necessario, l'altro contingente, che
l'uno è infinito, l'altro finito, e che non possono essere ravvicinati ed uniti
se non dall'assurdo. Lo spazio vieta alla natura di esistere.
Per rendere
possibile la natura si tentò di distruggerlo, di considerarlo come un non
essere, un'illusione, si ridusse alla materia e alle dimensioni della materia.
Inutile sotterfugio! Il corpo e lo spazio sono due fatti distinti, egualmente
evidenti, come la causa e l'effetto, come la sostanza e la qualità; non vi ha
ragione di preferire l'uno all'altro, non motivo di negare lo spazio piuttosto
che il corpo. Poi converrebbe sempre spiegare l'illusione dello spazio: nè la
logica potrebbe ammettere che il corpo prenda l'apparenza dello spazio per
ingannarci, senza ammettere nello stesso tempo un'alterazione nel corpo
portentosa quanto l'esistenza dello spazio. Il corpo diverrebbe ciò che non è;
acquisterebbe la necessità, l'immensità, creerebbe l'infinito; e le
contraddizioni muterebbero di posto senza diminuire. Infine, anche lo spazio
avrebbe il diritto di rivendicare i privilegi del corpo, potrebbe alla sua
volta negare il corpo, trattarlo come un'illusione, volerlo spiegare, come se
opponendosi a sè stesso potesse creare l'apparenza del corpo, l'apparenza del
proprio contrario.
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