Capitolo
V
L'ORDINE È MORALE ED IMMORALE
L'idea
dell'ordine offre un nuovo pretesto per forzare la ragione a scegliere
nell'alternativa dell'interesse e della giustizia e si disse: la ragione non è
soltanto contemplativa; dal momento che ci proponiamo uno scopo, essa diventa
artista, ci addita i mezzi per raggiungere lo scopo, ci dà l'idea dell'ordine,
che consiste nella disposizione de' mezzi necessari a raggiungere lo scopo. Si
volle dunque presentare la giustizia sotto la forma dell'ordine necessario alla
felicità dell'uomo; si disse che chi vuol essere felice deve esser giusto; che
i doveri sono i mezzi indispensabili per giungere alla felicità, i sacrifizi
necessari al nostro proprio interesse. Fu tolta la contraddizione tra il dovere
e l'interesse, trasformandola nella differenza tra il mezzo e lo scopo.
La logica
ritorce l'idea dell'ordine contro lo stesso dovere. Da che dipende, in ultima
analisi, l'idea dell'ordine? dallo scopo, dall'interesse, dalla nostra propria
felicità, la quale richiede una serie di mezzi per attuarsi. A che si riduce la
giustizia identificata colla idea dell'ordine? All'arte di essere felici.
Qual'è il dovere da essa imposto secondo l'idea dell'ordine? è l'obbligo
tecnico di servirci di certi mezzi per giungere ad un fine; l'ordine consiglia
al pittore di prendere il pennello, allo scultore di prendere lo scalpello;
l'ordine suggerisce al savio di fare alcuni sacrifici apparenti per ottenere il
maggior numero di benefici reali. Ora, la necessità che subordina le nostre
azioni alla natura delle cose, alla forza degli stromenti, ai mezzi di cui
possiamo disporre, la necessità, dico, tecnica e razionale che collega il mezzo
col fine, si applica egualmente alla virtù ed al vizio, alla giustizia ed
all'interesse, all'arte della libertà e a quella dell'oppressione. Questa
necessità traccia egualmente i doveri della virtù e quelli del vizio. Sono essi
veri doveri? No, certo; incatenano la mano senza toccare il cuore. Se vuolsi
che l'ordine ci obblighi, bisogna stabilire la giustizia come scopo; allora
soltanto l'obbligazione morale si estenderà ai mezzi, i doveri saranno doveri,
i sacrifici sacrifici; ma se lo scopo è l'interesse, io sono l'autore del mio
destino, sono libero di concepirlo come voglio; l'ordine dipenderà dal mio
volere, ciò che è l'ordine per Bruto è il disordine per Tarquinio. Il dovere
dettato dall'ordine ripete la contraddizione dell'interesse e della giustizia,
del vizio e delle virtù; se viene disconosciuto, vi è errore senza peccato; se
viene violato, vi è demenza senza delitto. Da ultimo, il dovere identificato
coll'ordine riduce la giustizia all'abilità, la santità alla destrezza: quindi
la virtù passa tutta nel successo; biasima la sventura come un vizio, il
martirio come una follìa: eccoci alla apologia de' fortunati, alla morale dei
condottieri.
Il vizio radicale
della teoria dell'ordine consiste nello scambiare il dovere morale col dovere
tecnico, il dovere che obbliga col dovere liberissimo di ogni artista che si
propone uno scopo. I moralisti della teoria dell'ordine pensarono di sottrarsi
all'equivoco sostituendo lo scopo della natura allo scopo personale, l'ordine
dell'universo all'ordine del mio interesse; essi esigono che l'uomo dimentichi
sè stesso per immolarsi al bene generale. Si dica adunque perchè io dovrò
preferire l'ordine universale all'ordine individuale? perchè dovrò sacrificare
il mio interesse all'interesse del mondo? Vien risposto, che il nostro
interesse trovasi implicato nell'interesse universale, nella stessa guisa che
la salvezza del cittadino suppone la salvezza della patria; vien risposto in
altri termini, che, parte integrante dell'ordine universale, io sono costretto
di cercare il mio bene cercando il bene di tutti gli esseri. Io voglio
crederlo; di buon grado ammetterò che un mio peccato possa oscurare lo
splendore del sole, che un mio delitto possa turbare le leggi della natura. Si
spieghi dunque l'ordine della natura; qual'è lo scopo, il pensiero
dell'universo; si sveli il segreto della creazione; nulla havvi di più urgente
se il mondo dipende dall'opera mia. Infine, suppongo che venga rivelato il
secreto dell'universo, e che, nuovo Atlante, io sia destinato a sostenere il
cielo sulle mie spalle; perchè dovrò io portarlo? Io sono libero, l'interesse
non obbliga; io sarei il ministro dell'Altissimo; il bene ed il male della
creazione dipenderebbero da me; con un sacrificio minimo potrei salvare tutti
gli uomini; un mio capriccio potrebbe perderli perdendo me stesso; io sarei
come Adamo nel paradiso terrestre dinanzi all'albero del bene e del male, che
per costringermi a scegliere tra me e l'umanità, bisognerebbe sempre un motivo,
una prova, una ragione. Nè la mia ipotesi si dica esagerata e mostruosa; è
l'ipotesi dell'umanità che si prosterna innanzi a divinità le quali potevano
salvare il mondo con un pensiero, e, preferendo sè stesse ad ogni cosa,
abbandonarono la terra al genio del male: e appellavansi Dei di
misericordia. Dunque l'ordine nulla c'impone, non determina alcun dovere;
se individuale, ci raccomanda la virtù di Macchiavelli; se universale, dà nuova
forma al dilemma del bene e del male.
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