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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE PRIMA   CRITICA DELL'EVIDENZA
    • SEZIONE QUARTA   IL DESTINO DELL'UOMO
      • Capitolo V   L'ORDINE È MORALE ED IMMORALE
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Capitolo V

 

L'ORDINE È MORALE ED IMMORALE

 

L'idea dell'ordine offre un nuovo pretesto per forzare la ragione a scegliere nell'alternativa dell'interesse e della giustizia e si disse: la ragione non è soltanto contemplativa; dal momento che ci proponiamo uno scopo, essa diventa artista, ci addita i mezzi per raggiungere lo scopo, ci l'idea dell'ordine, che consiste nella disposizione de' mezzi necessari a raggiungere lo scopo. Si volle dunque presentare la giustizia sotto la forma dell'ordine necessario alla felicità dell'uomo; si disse che chi vuol essere felice deve esser giusto; che i doveri sono i mezzi indispensabili per giungere alla felicità, i sacrifizi necessari al nostro proprio interesse. Fu tolta la contraddizione tra il dovere e l'interesse, trasformandola nella differenza tra il mezzo e lo scopo.

La logica ritorce l'idea dell'ordine contro lo stesso dovere. Da che dipende, in ultima analisi, l'idea dell'ordine? dallo scopo, dall'interesse, dalla nostra propria felicità, la quale richiede una serie di mezzi per attuarsi. A che si riduce la giustizia identificata colla idea dell'ordine? All'arte di essere felici. Qual'è il dovere da essa imposto secondo l'idea dell'ordine? è l'obbligo tecnico di servirci di certi mezzi per giungere ad un fine; l'ordine consiglia al pittore di prendere il pennello, allo scultore di prendere lo scalpello; l'ordine suggerisce al savio di fare alcuni sacrifici apparenti per ottenere il maggior numero di benefici reali. Ora, la necessità che subordina le nostre azioni alla natura delle cose, alla forza degli stromenti, ai mezzi di cui possiamo disporre, la necessità, dico, tecnica e razionale che collega il mezzo col fine, si applica egualmente alla virtù ed al vizio, alla giustizia ed all'interesse, all'arte della libertà e a quella dell'oppressione. Questa necessità traccia egualmente i doveri della virtù e quelli del vizio. Sono essi veri doveri? No, certo; incatenano la mano senza toccare il cuore. Se vuolsi che l'ordine ci obblighi, bisogna stabilire la giustizia come scopo; allora soltanto l'obbligazione morale si estenderà ai mezzi, i doveri saranno doveri, i sacrifici sacrifici; ma se lo scopo è l'interesse, io sono l'autore del mio destino, sono libero di concepirlo come voglio; l'ordine dipenderà dal mio volere, ciò che è l'ordine per Bruto è il disordine per Tarquinio. Il dovere dettato dall'ordine ripete la contraddizione dell'interesse e della giustizia, del vizio e delle virtù; se viene disconosciuto, vi è errore senza peccato; se viene violato, vi è demenza senza delitto. Da ultimo, il dovere identificato coll'ordine riduce la giustizia all'abilità, la santità alla destrezza: quindi la virtù passa tutta nel successo; biasima la sventura come un vizio, il martirio come una follìa: eccoci alla apologia de' fortunati, alla morale dei condottieri.

Il vizio radicale della teoria dell'ordine consiste nello scambiare il dovere morale col dovere tecnico, il dovere che obbliga col dovere liberissimo di ogni artista che si propone uno scopo. I moralisti della teoria dell'ordine pensarono di sottrarsi all'equivoco sostituendo lo scopo della natura allo scopo personale, l'ordine dell'universo all'ordine del mio interesse; essi esigono che l'uomo dimentichi stesso per immolarsi al bene generale. Si dica adunque perchè io dovrò preferire l'ordine universale all'ordine individuale? perchè dovrò sacrificare il mio interesse all'interesse del mondo? Vien risposto, che il nostro interesse trovasi implicato nell'interesse universale, nella stessa guisa che la salvezza del cittadino suppone la salvezza della patria; vien risposto in altri termini, che, parte integrante dell'ordine universale, io sono costretto di cercare il mio bene cercando il bene di tutti gli esseri. Io voglio crederlo; di buon grado ammetterò che un mio peccato possa oscurare lo splendore del sole, che un mio delitto possa turbare le leggi della natura. Si spieghi dunque l'ordine della natura; qual'è lo scopo, il pensiero dell'universo; si sveli il segreto della creazione; nulla havvi di più urgente se il mondo dipende dall'opera mia. Infine, suppongo che venga rivelato il secreto dell'universo, e che, nuovo Atlante, io sia destinato a sostenere il cielo sulle mie spalle; perchè dovrò io portarlo? Io sono libero, l'interesse non obbliga; io sarei il ministro dell'Altissimo; il bene ed il male della creazione dipenderebbero da me; con un sacrificio minimo potrei salvare tutti gli uomini; un mio capriccio potrebbe perderli perdendo me stesso; io sarei come Adamo nel paradiso terrestre dinanzi all'albero del bene e del male, che per costringermi a scegliere tra me e l'umanità, bisognerebbe sempre un motivo, una prova, una ragione. la mia ipotesi si dica esagerata e mostruosa; è l'ipotesi dell'umanità che si prosterna innanzi a divinità le quali potevano salvare il mondo con un pensiero, e, preferendo stesse ad ogni cosa, abbandonarono la terra al genio del male: e appellavansi Dei di misericordia. Dunque l'ordine nulla c'impone, non determina alcun dovere; se individuale, ci raccomanda la virtù di Macchiavelli; se universale, nuova forma al dilemma del bene e del male.

 

 




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