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Giuseppe Ferrari Filosofia della rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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SEZIONE PRIMA
LA RIVELAZIONE DEGLI ESSERI
Capitolo I
NELLA RIVELAZIONE L'ESSERE E IL PARERE SONO IDENTICI
La rivelazione è tutta nelle apparenze, che sono tutte indistruttibili, che la critica combatte senza annientareTutte le apparenze sono egualmente forti: le immagini de' sogni sono incontestabili quanto lo spettacolo della natura. Dunque ogni apparenza è una realtà. A torto si dice che l'apparenza c'inganna; non può ingannarci: l'errore nasce precisamente quando vogliamo oltrepassarla colle induzioni, colle congetture, colle ipotesi. Io m'illudo sulla grandezza del sole, l'errore sorge perchè non mi fermo alla sua grandezza visibile, perchè gli suppongo una grandezza tangibile, paragonata a quella svelatami dall'occhio, una materia solida corrispondente alla visione. Quanto appare è vero, quanto suppongo è falso. In qual modo rettifichiamo noi gli errori? coll'osservazione, col moltiplicare gli esperimenti, coll'aderire ai fatti; è adunque l'intuizione, è l'apparenza che c'instruiscono. Non contesto la possibilità dell'errore; no, certo; contesto la possibilità di separare l'apparenza dalla realtà. L'errore non cade se non sull'ordinamento delle apparenze, non si sviluppa se non col lavoro dell'intelletto, che pretende oltrepassare il fenomeno. Non alteriamo le apparenze, prendiamole quali si presentano all'intuizione, saranno tutte infallibili; l'essere e il parere si troveranno identici. Chiedere se le apparenze sono la realtà, se sono ciò che appariscono, se possono ingannarci, torna lo stesso che il chiedere se gli oggetti sono oggetti, se lo spazio è lo spazio, se il tempo è il tempo. Con tale indagine noi trasportiamo ai fenomeni una distinzione che non è legittima, se non quando noi compariamo le nostre ipotesi e le nostre congetture coi fenomeni stessi. Possiamo paragonare le nostre supposizioni cogli oggetti ai quali si riferiscono; possiamo verificare l'idea che ci formiamo di una nave, guardando la nave: ma a che paragoneremo noi l'apparenza stessa? la nave che si guarda? Col pretendere di verificar l'apparenza si finisce a considerarla come il segno, come l'indizio di una cosa sconosciuta: si pone così un problema artificiale; per iscioglierlo si interroga la logica, e la logica risponde cercando l'identità, l'equazione, il sillogismo tra il noto e un ignoto imaginario. Quindi le assurdità metafisiche, le apparenze che non appariscono, e da ultimo le contraddizioni eterne. Se non si deve distinguere l'apparenza dalla realtà, la ragione vuole che non si abbia a cercare onde vengono le apparenze. I fenomeni appaiono, dunque sono. Così i problemi sull'origine del mondo, sulla nostra propria origine, ci conducono a cercare i fenomeno al di là dei fenomeni, e per conseguenza ci conducono a supporre un fenomeno ignoto, imaginario, che si suppone al di sotto di ciò che appare. In questa ricerca noi siamo vittime della dialettica, perchè non abbiamo verun dato, verun punto d'appoggio. Donde viene il mondo? bisognerà dedurlo da ciò che non è il mondo, da Dio o dal caos o dal nulla e in ogni modo generarlo assurdamente. Or bene, dite che il mondo viene da sè; appare, dunque è: la ragione non ha nulla a cercare, nulla ad apprendere al di là dell'apparenza. I fenomeni bastano a sè stessi, si provano da sè, in essi tutto è vero. Si cessi adunque dal cercare un criterio della verità. Che sarebbe esso? sarebbe un principio, un'idea, un fatto, una regola unica, che dovrebbe dominare tutte le cose e tutti i pensieri. Tale dominio supporrebbe la possibilità di trovare qualche cosa d'identico in tutti i fenomeni, di passare logicamente dagli uni agli altri, e ogni criterio finirebbe a condurci sotto l'impero della logica, nel regno della contraddizione. No, non havvi criterio; ogni apparenza serve sè stessa di criterio: la sensazione giudica le sensazioni, la vista giudica la visione, la ragione giudica la ragione, le verità non si verificano e son tutte irreducibili. Ogni apparenza annunzia da sè la parte che sostiene in mezzo alle altre apparenze: un fenomeno è qualità, l'altro è sostanza; la luce illumina, i corpi sono illuminati: perchè? non lo sappiamo, conosciamo solo il fatto, e dobbiamo fermarci nel fatto. La qualità s'annunzia come qualità, la sostanza fa le funzioni di sostanza, la causa si dice condizione dell'effetto, lo spazio si dichiara condizione del corpo, il tempo, del moto; ciò pare, ciò è.
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