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Giuseppe Ferrari Filosofia della rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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Capitolo II
DEL METODO
Le regole del metodo devono ridursi tutte al precetto di accettare le apparenze, di non parlare nè del possibile, nè dell'impossibile quando siamo in presenza de' fatti. Da che si oltrepassa una sola apparenza, l'azione della logica si sviluppa, guadagna, e sovverte uno a uno tutti i fenomeni; la contraddizione si fa universale. Accettiamo adunque il fato delle apparenze, restiam servi del fenomeno; è assurdo, pure dobbiam ripetere con Tertulliano: credo quia absurdum. L'idea di fermarsi al fatto, di non chiedere la dimostrazione del vero, di non cercare di risalire al di là delle verità primitive non è in alcun modo idea nuova. È antica quanto la filosofia: Aristotele la raccomanda; Bacone non cessa di predicare l'osservazione; Reid non si stanca di accusare i filosofi che pretendono di spiegare i fatti primitivi della ragione e del senso comune. Pure il nostro metodo non è il metodo di Aristotele, nè quello di Bacone, nemmeno quello di Reid; se questi filosofi annunciavano un principio vero, pure non sapevano, non potevano farlo valere. Per soffermarsi al fenomeno bisogna conoscere il momento in cui si sta per oltrepassarlo, il momento in cui la logica ci trascina nel suo vortice; in altri termini, bisogna conoscere la critica e sapere che il fenomeno è assurdo nella sua essenza, nella sua origine, nelle sue trasformazioni, nelle sue combinazioni. Chi ignora la critica, incomincia a dare dimostrazioni legittime, fisiche; l'equazione e la deduzione scoprono in qualche modo la contraddizione: allora il filosofo resta sorpreso e sconcertato. Che importa il predicare l'osservazione quando si ignorano tutte le insidie che l'attendono? Non havvi filosofo che non voglia fondarsi su alcuni fatti presi in un punto qualsiasi della rivelazione, e da lui dichiarati non doversi dimostrare. Ma quando la critica è ignorata, i fatti che il filosofo adotta trovansi, per così dire, sfidati a dare l'equazione dell'universo, sono fatti primi, universali, e ne risulta che devono spiegare o contraffare ogni cosa e ogni pensiero. Così Aristotele non vuole dimostrare nè la materia, nè il moto, nè l'essenza, nè il fine: e nondimeno, assumendo questi fatti come primitivi, li trasforma in principj primi d'ogni essere; deve derivarne la costituzione delle cose; dunque cerca in essi e per essi l'equazione di tutti i fatti; dunque lascia il terreno dei fatti nel tempo stesso in cui si propone di rimanervi; dunque i suoi quattro principj devono essere eguali al tempo, allo spazio, all'alterazione, alla vita, alla morte, ec.; dunque ogni essere deve scomporsi e ricomporsi in modo da obbedire alla matematica dei quattro principj. Che più? i quattro principj di Aristotele subiscono nella mente stessa di Aristotele la reazione dell'universo previamente alterato, per ricevere la spiegazione. I quattro principj non sono più apparenze, sono fenomeni mezzo imaginati, mezzo falsati. La materia di Aristotele non è la materia de' fisici, la sua essenza è un'ipotesi, il suo scopo, Dio, è un'altra ipotesi; il moto stesso, che pur dovrebbe restare nel regno delle apparenze, nel sistema di Aristotele si scompone, e per obbedire alla teoria dell'atto e della potenza diventa l'atto del possibile in quanto è possibile. L'oscura definizione rende il moto eguale all'atto e al possibile combinati insieme, e l'evidenza del modo per tal modo scompare, benchè Aristotele si fondi sull'osservazione Anche Bacone vuoi osservare i fatti, vuol essere positivo, e le sue opere sono la prefazione di quella filosofia che ai nostri tempi si potrebbe dire positiva. Ma ad essere osservatore e positivo non basta volerlo. Bacone non conosce la critica, non la sospetta nemmeno; e ciò vale a dire, che non sa fermarsi nei fatti. nè. Il suo metodo è interamente fisico, non è dunque abbastanza positivo, non esplora quei fatti che Bacone chiama sottili come le tele del ragno; non esplora nè i generi, nè il pensiero, nè la vita. Il suo metodo pretende dare a tutti l'arte di inventare, di fare scoperte; in altri termini, pretende di rendere quasi inutile il genio stesso. Bacone non è dunque osservatore, non ha osservato nè il genere, nè l'istinto, nè il pensiero; e la conseguenza sarà che i discepoli di Bacone cercheranno l'equazione della vita, della morale e del pensiero prendendo il loro punto di partenza nei fatti esteriori e fisici. Invece di osservare, saranno i falsari dei fatti più importanti. Finalmente ho citato Reid, il filosofo dei collegi, il patriarca dei luoghi comuni, l'uomo caro agli accademici; Reid ha il merito di aver proclamate alcune comunissime verità; volle seguitare l'osservazione, e spinse la mania dell'osservare fino a ridursi ad un sistema di minuti particolari tecnici, rinserrandosi nella sfera della psicologia. Possiamo noi considerare come un filosofo osservatore Reid, che non sospettò mai la critica, e che propose il senso comune puro e semplice come l'ultimo limite della scienza? No; Reid non è stato più che un onest'uomo, una specie di Petrarca filosofico, un professore eminentemente classico amico dell'equivoco e della confusione. Per difetto di critica, fu spinto verso le equazioni metafisiche; per difetto di critica, volle procurarsi un fatto primitivo, al quale dovessero ridursi tutti gli altri; scelse la percezione come il il termine primo del suo sistema, ne volle dedurre il pensiero, la morale, il bene, il male; schivò con inaudita prudenza mille scogli; rifiutò come lavori spurj della mente tutti i grandi sistemi tormentati dalla critica; poi, spinto esso stesso dalla critica che ignorava, ci diede un deismo vago, senza carattere, senza forza, e certamente fuori della percezione, che Reid proclamava come suo principio. Era pensiero di Reid di mettere tutti d'accordo e di fondare la filosofia del senso comune, ed il suo senso comune non è un fatto esatto, non è un fatto determinato, è un fenomeno immenso, complesso, inconsistente; contiene in germe il vero ed il falso, lascia passare tutte le religioni, non ne rettifica alcuna, e riceve la mentita più solenne dall'eucarestia, dalla trinità, dal cristianesimo e dal Buddismo che il genere umano accetta ad onta degli assiomi del dottor Reid e senza che il dottor Reid vi ponga mente. Tolta la critica l'osservazione non basta.
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