Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE PRIMA   LA RIVELAZIONE DEGLI ESSERI
      • Capitolo IV   LA CRITICA NEGATIVA E LA CRITICA POSITIVA
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

Capitolo IV

 

LA CRITICA NEGATIVA E LA CRITICA POSITIVA

 

Negando le conseguenze della logica sottoposta alla rivelazione, cadiamo, non più in una contraddizione critica, ma in una contraddizione positiva, che ci rende insensati. Se affermasi che un albero è nel tempo stesso a Parigi ed a Vienna, l'albero, il fenomeno è materialmente distrutto; la contraddizione lo rende positivamente impossibile, l'impossibilità distrugge persino l'apparenza.

Possiamo tollerare la contraddizione critica; essa è insolubile, eterna, senza uscita, senza speranza; pure essa è senza risultato; trovasi nella natura, vi resta, noi l'imputiamo alla fatalità. Al contrario la contraddizione positiva è in noi, l'imputiamo a noi stessi, non è mai nella natura. Nella natura il fenomeno non cambia se non per dar luogo ad altro fenomeno; l'apparenza succede alle apparenze; se il gelo scompare, l'acqua appare; se l'acqua svanisce, diventa vapore; che se il vapore si annullasse, gli succederebbe almeno la nuova apparenza del vuoto. La rivelazione è una cosa o l'altra. Ignorate voi se quel fenomeno è tale o tal altro, se quel punto che appare all'orizzonte è nave o scoglio, accusate voi stessi; sarà nave o scoglio. Che se voi vi trovate a fronte di contraddizioni critiche, l'affermazione e la negazione sono contemporanee, coesistenti negli oggetti, i quali saranno finiti e infiniti, possibili e impossibili. Accusate la natura, siete giustificato.

Accusandoci, la contraddizione positiva diventa intollerabile, ci opprime, ci rende insensati e ci costringe a cercarne la soluzione. Se un monte pare alto, basso bisogna investigare se è alto o basso, le due apparenze non sono contemporanee; esse si succedono; ciò basta a spiegarle. Se nell'osservare gli oggetti la terra pare immobile, se nell'osservare gli astri essa par mobile, vuolsi aderire all'apparenza, la quale non mancherà di mostrare che la contraddizione è in noi, nei nostri giudizi. La natura cambia di continuo; essa s'invola, per così dire, alla contraddizione positiva; ne rende successivi i due termini nella serie delle sue trasformazioni, è sempre nuova nella sua forma. Il nostro tardo intelletto non può seguirla, e indietro si rimane; i due termini successivi della contraddizione positiva diventano contemporanei nella nostra mente; e allora la contraddizione positiva ci accusa di demenza. E così ci condanna a metterci in cerca del vero.

La scienza nasce dalla soluzione delle contraddizioni positive; la falsa scienza nasce dalla soluzione imaginaria delle contraddizioni critiche: le due specie di contraddizioni non possono distinguersi compiutamente se non quando si esamina il modo con cui si formano. La contraddizione critica esce dalla logica, che domina la natura; l'altra esce dalla natura, che domina la logica. Dimenticate questa formola, non saprete più distinguere le due antinomie; gli errori di un chimico, le contraddizioni di un politico avranno il diritto di figurare tra le contraddizioni dell'individuo, del moto e del rapporto: voi cercherete una conciliazione, e nascerà, per natural conseguenza, che il dubbio positivo e il dubbio eterno saran confusi, che i problemi positivi e i problemi insolubili saranno messi insieme, scambiati gli uni cogli altri, e che le ricerche sulla natura si troveranno in balia d'altre ricerche, nelle quali la scoperta è impossibile. La metafisica sorge da questo procedere. Non è nella sua origine altro che una fisica ignorante: immersa in errori di fatto, spera dominarli; non sospettando la logica, intravede nuove oscurità nel fondo de' suoi errori: al di là del dubbio fisico vede un nuovo dubbio, e crede di uscire perfetta dalla lotta se vince ad un tempo i due nemici. Ma l'uno è effimero, l'altro eterno. Trascinata ad oltrepassare l'apparenza, la metafisica prende un termine qualunque, che penetri o sembri penetrare a traverso tutti i dilemmi, veri e falsi, solubili e insolubili: per meglio raggiungere lo scopo, deve porsi prima o dopo, al disopra o al disotto dei fenomeni, mai nel fenomeno stesso. Errante, estravagante, vedesi avviluppata da contraddizioni ognora crescenti; ignorandole eterne, le confonde colle contraddizioni di un giorno, colle contraddizioni positive, figlie de' nostri errori; ed è così che si addentra in un errore senza fine, transportando le nostre speranze nell'impossibile.

Gli antichi e i barbari del medio-evo dovevano la loro ignoranza nelle scienze fisiche alla confusione delle due specie di contraddizioni. Le verità della natura erano velate da fantastici problemi; gli alberi, gli animali dovevano germogliare nelle astrazioni, uscire dal fango delle nozioni scolastiche. La natura involavasi all'uomo che voleva dimostrarla. Il mondo moderno non cominciò di fatto che quando si sentì la necessità di separare la fisica dalla metafisica, separazione che i filosofi moderni non si stancano di consigliare questa separazione. Galileo e Newton seguirono felicemente il consiglio: pure non distinte le due specie d'antinomie, la distinzione tra la fisica e la metafisica non è possibile, non è scientifica, è un tentativo empirico.

Si possono staccare dalla metafisica alcune teorie, alcuni frammenti di scienza; si può dissimulare per prudenza l'intervento temerario della metafisica nel regno dell'esperienza: finchè le due antinomie restano confuse, la critica lasciò una speranza, anzi ci condanna a sperare una soluzione, e conviene che la metafisica s'intruda nella fisica. Lo stesso vero, a contatto col falso, diventa errore. Perchè la fisica possa vivere, la metafisica deve perire; e non si spegne, se non colla generalizzazione compiuta della critica, che distingue per sempre le antinomie critiche dalle positive.

Se l'apparenza svela la verità, ne consegue che all'apparenza sola spetta di combattere l'errore, che nella sua sterilità la critica non combatte, non distrugge alcun errore, alcun'illusione, non si applicando se non a un dato fenomeno; per essa questo fenomeno è materialmente incontestabile, per ciò stesso che è concesso. Lo si pone come, e la critica lo accetta evidente; lo analizza, e ne cerca l'identità, l'equazione, il sillogismo. Il fenomeno esiste realmente? è veramente evidente? La critica lo ignora, non appartiene ad essa di verificare materialmente i fatti. Sia sottoposta alla critica l'esistenza di un animale, come l'aquila, la troverà contraddittoria; siale sottoposta la esistenza della fenice, la troverà egualmente contraddittoria, cioè finita e non finita, una e multipla, identica e variante, in relazione e senza relazione cogli altri esseri, ecc. Trattasi poi di verificare se la fenice esiste? Interrogate, non più la critica, ma i fatti; paragonate il testimonio dei poeti con quello dei naturalisti; la contraddizione si mostra, e questa volta è positiva, le si deve un'uscita; e la logica, soggiogata dalla rivelazione, arriva alla scienza.

Non havvi pregiudizio che non possa resistere alla critica. Vi sono gli angeli, gli arcangeli, i troni, le dominazioni? Per la critica tutto è possibile, tutto è impossibile; gli angeli possono esistere come gli uomini, contraddittorj quanto gli uomini. Il Cristo è egli incarnato? La stessa risposta; il fenomeno dell'incarnazione non è più assurdo che non lo sia l'unione dei generi cogli individui. L'eucarestia ci amministra la carne e il sangue sotto le forme del pane e del vino? Questo miracolo non è più prodigioso, che il miracolo della qualità che si unisce alla sostanza. Sotto l'impero della logica non si nega nulla, perchè si nega tutto; non si prova nulla, perchè si prova tutto. Il Cristianesimo potrebbe essere materialmente vero, benchè logicamente impossibile; è l'apparenza, è la storia, è la natura che distruggono il Cristo del pari che la fenice.

Gli enti stessi inventati dai metafisici sfuggono alla critica. Essa ignora se i numeri di Pitagora esistono, se l'idea di Platone è un sogno; se devesi accettare il mediatore plastico di Cudworth o l'armonia prestabilita di Leibniz o l'esistenza di Dio. Se la critica sembra competente, se lo diventa di fatto, si è che le invenzioni metafisiche sono trovate per isciogliere le contraddizioni eterne. La critica vi prende in parola, accetta i vostri trovati, il vostro Dio, solo si restringe a continuare la sua azione. Pensate voi evitare le contraddizioni dell'alterazione attribuendola ad una causa divina? La critica vi dimostra: 1° che l'alterazione è contraddittoria; 2° che, imputata ad una causa, resta ancora contraddittoria; 3° che la causa stessa è una nuova contraddizione, perchè si áltera producendo l'effetto. Se vi sforzate di togliere quest'ultima contraddizione replicando che la causa non s'áltera perchè infinita, la critica accetta ancora il vostro infinito, e si limita a dimostrarvi: 1° che l'alterazione è assurda, 2° che la causa lo è alla volta sua, 3° che l'azione della sostanza infinita è assurda quanto l'alterazione, quanto la causa, quanto il passaggio dalla causa all'effetto. Egli è certo che la critica produce in voi l'effetto di distruggere la credenza a una causa infinita, e di obbligarvi ad abbandonare un'ipotesi concepita per evitare la contraddizione vedendola inutile. Ma quest'effetto non è dovuto direttamente alla critica, è dovuto a voi stesso: dunque se la critica distrugge gli enti della metafisica, il risultato è indiretto, dipende dall'essere questi enti inventati per mettere fine alla mia contraddizione, che rinasce sempre più forte.

Dunque non la filosofia, ma la fisica dei filosofi spegneva gli Dei del paganesimo. Quando la scuola di Elea dimostrava che tutte le cose erano una cosa unica, e che la distinzione degli oggetti riducevasi ad un'illusione, combatteva la distinzione degli Dei, e dava la prima scossa all'Olimpo di Omero. Ma l'assalto era inutile; gli uomini che credevano impossibile e incontestabile la distinzione delle cose della terra, dovevano credere la distinzione degli Dei incontestabile, benchè impossibile nel cielo. L'assalto di Platone è più decisivo. Platone accusa gli Dei d'essere ingiusti, di essere inferiori ai savi e condannati nella coscienza dell'uomo. Pure sussistono ancora, sono malefici, quindi temuti. Epicuro si spinge più innanzi studia la fisica per liberarsi dal timore degli Dei, e la mitologia è atterrata dalla rivelazione naturale.

Possiamo fare le stesse riflessioni sul Cristianesimo; non havvi obbiezione critica contro la Bibbia, che non si trovi nei dottori: e, certo, gli scolastici non ignoravano le contraddizioni della trinità, dell'incarnazione, dell'eucarestia. Anzi la scolastica è la critica del Cristianesimo sottoposto alla logica; critica alla quale i dottori rispondono con una metafisica semi-astratta e semi-istorica. Qual'è il risultato della scolastica? le sue credenze sussistono; le antinomie dei miracoli inventati si confondono colle antinomie dei miracoli naturali, cercasi nel tempo stesso di conciliare le contraddizioni della trinità, e quelle dell'individuo in genere; tentasi di spiegare ad un tempo l'eucarestia e l'universale. La metafisica cristiana si compenetra colla metafisica profana; la lotta è sterile, la fede trionfa. Più tardi Pomponaccio e Vanini erano i primi a scuotere realmente il Cristianesimo; essendo fisici, sono potenti: e questa volta dinanzi alla natura la tradizione cessa di mentire, la leggenda è surrogata dalla storia, e la contraddizione positiva annienta l'errore cristiano.

Così vi sono due critiche, l'una negativa, l'altra positiva; la prima ci getta in un'eterna irresoluzione, la seconda ci sforza di continuo a prendere una decisione; nella prima non si fa che distruggere, la seconda edifica nel tempo stesso in cui distrugge. Dinanzi alla critica negativa la natura si confessa contraddittoria, dinanzi alla critica positiva la natura ci accusa di contraddizione; e ci accusa di aver resi contemporanei nel nostro spirito i fenomeni successivi fuori di noi.

Due sole cose ci sono: il dubbio e la scienza: la critica negativa e la positiva: la contraddizione universale e la contraddizione fisica. La è l'illusione dei filosofi che vollero conciliare la critica e la fisica, e sciogliere fisicamente le contraddizioni critiche. Noi evitiamo l'illusione della metafisica, distinguendo le due specie di antinomie, esaminando se la contraddizione è nella natura o nell'intelletto, se è figlia della logica che domina la natura, o figlia della natura che domina la logica, e per noi l'apparenza sola decide, perchè ogni fenomeno si spiega da sè.

 

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License