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Giuseppe Ferrari Filosofia della rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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Capitolo XV
LA SOCIETÀ E UN SISTEMA
Nell'uomo isolato la rivelazione è limitata, fugace; ma l'uomo non nasce solitario, vive co' suoi simili; e la rivelazione si sviluppa nella società. Se dimandate alla logica l'origine della società, troverete che non può essere dedotta nè dal pensiero, nè dalla volontà dell'uomo. La società non può essere dedotta dal pensiero, perchè l'uomo, per desiderarla, avrebbe dovuto conoscerla prima, per imaginarla avrebbe dovuto provarne i vantaggi; quindi l'origine della società diventa impossibile su tutti i punti, mercè l'assioma che non s'impara se non ciò che si conosce. La parola non è forse la prima di tutte le condizioni della società? La stessa parola suppone la società, suppone la parola, essendo il linguaggio necessario all'invenzione del linguaggio. Istessamente, la società non può essere dedotta dalla volontà dell'uomo: corrisponde essa ai nostri bisogni? Ci resta a sapere se i nostri bisogni hanno creata la società, o se la società ha creati i nostri bisogni; se la società è figlia de' nostri istinti, o se ha falsato i nostri istinti. Il selvaggio la respinge con orrore; per lui la società è una servitù senza limite, i nostri campi sono luoghi di pena, in cui l'uomo è avvinto alla terra come il bue, le nostre città sono prigioni, le nostre scuole sono fabbriche dove si preparano le catene della civiltà; invece per l'uomo incivilito è lo stato selvaggio che ci rende servi, la società emancipa, la libertà nasce sui campi coltivati, nelle città popolose; il ben essere è ben creato e governato da quella dura disciplina della scienza che il selvaggio respinge qual tortura. L'incivilimento è desso un bene o un male? il pensiero è desso il privilegio naturale, o la malattia artificiale dell'umanità? Ecco il dilemma; è il dilemma di Tacito quando opponeva i Germani ai Romani; di Machiavelli quando opponeva la Svizzera all'Italia; di Rousseau quando opponeva la natura primitiva alla civiltà; di tutti gli uomini quando vogliono optare tra la pace e la guerra: di tutti i filosofi che vogliono interrogare il possibile per sapere se la natura doveva essere più avara d'uomini o più prodiga di viveri, onde non costringerci a combattere l'indigenza coll'associazione forzata e sanguinosa dell'incivilimento. La logica non dà risposta; risponde la fatalità soggiogandosi prima d'essere interrogata: essa ci fa nascere nel seno della famiglia, sacrifica di continuo una generazione all'altra, i parenti vivono per immolarsi a posteri ignoti, che loro succederanno nel lavoro senza fine, che disciplina il genere umano nell'atto stesso che lo moltiplica. La fatalità ci vieta la solitudine, ci anima colla presenza de' nostri simili, ci dà la parola per manifestare i nostri pensieri; ci impone i nostri stessi pensieri dominando la nostra intelligenza, quasi fosse un istrumento che non ci appartiene né dovesse mai appartenerci. Da ultimo, la fatalità fa nascere ogni popolo sotto una data rivelazione, lo congrega sotto la verga di una medesima legge, e spinge tutte le famiglie che lo compongono ad attuare nel mondo uno stesso principio. La società forma dunque un sistema unico, indivisibile; non è se non la ragione di un popolo fatta serva di una rivelazione, la logica sottoposta ad alcuni dati, diretta ad uno scopo da tutte le forze della natura e dell'uomo. La società non è dunque una agglomerazione d'uomini; è l'uomo che non tollera la contraddizione, che lotta di continuo per escluderla, e che vuol l'ordine nelle idee, l'ordine nella propria rivelazione. Le cieche ribellioni dell'istinto, le passioni sfrenate, e quanto non coincide col sistema della società, non conta se non come la follìa, come il male che bisogna reprimere. Spesso ne' dogmi de' popoli hannovi misteri e contraddizioni che ripugnano alla ragione: nondimeno la società rimane sempre un sistema: i misteri e le contraddizioni che figurano nelle religioni sono le stesse antinomie che sovrastano alle origini di tutte le cose, e che la ragione umana materializza e compendia nei suoi simboli. L'assurdo del simbolo non viene ammesso se non per meglio combattere la contraddizione; poichè indicata e accettata d'un tratto una contraddizione, evitansi meglio le innumerevoli incoerenze della natura. Il mistero religioso riducesi ad un fatto come l'alterazione, ad una storia, ad un prodigio; esso è la trinità divina, la passione del Cristo, il miracolo dell'eucaristia; fa solamente l'ufficio di un fatto storico; e una volta stabilito, tocca alla logica a difenderlo, a distinguerlo dagli altri fatti, a dedurre le conseguenze che contiene. Dunque, a malgrado de' misteri, ogni religione è un sistema; sarà erronea senza cessare d'essere logica; travolgerà nelle sue favole la vera rivelazione, senza che il suo errore sorga dalla vuota possibilità di tutto ammettere; falserà materialmente i fatti, senza mai negare la rivelazione naturale nel principio.
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