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Giuseppe Ferrari Filosofia della rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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Capitolo XIX
LA CORRUZIONE DE' SISTEMI
La terza antitesi che la logica oppone al sistema sociale consiste nella corruzione de' sistemi, per cui ad un tratto la società si ferma, si strazia, si scioglie, benchè la rivelazione persista, benchè nulla sia mutato nella natura, benchè il sole non cessi di splendere sulla terra, e lo stesso genio delle scoperte non cessi di illuminare il popolo. La lotta tra i popoli e l'umanità assale il sistema sociale dal di fuori, la corruzione l'assale interiormente: in qual modo havvi unità, armonia, movimento progressivo, e l'unità del genere umano in ogni società, se d'un tratto vien meno, quasi colpita a morte dal suo proprio procedere? L'antitesi della corruzione è in pari tempo rozza e sottile. È rozza perchè nasce da un errore di fatto; suppone falsamente che le società si corrompano, attribuisce ad un male interno l'opera degli accidenti esterni, rende ragione dei disastri accidentali considerandoli quali effetti naturali. E gia inteso che la forza del sistema sociale è interiore, umana, intellettuale; tolte le catastrofi fisiche ed esterne, nessun popolo muore, nessun disordine può turbare il suo progresso. Il progresso del sistema, il corso della tradizione verso l'umanità suppone un dato fisico, che concede ad ogni popolo la terra, il numero degli abitanti, la prosperità, la forza reclamate dallo sue idee e da' suoi dogmi. Le condizioni esterne mancano? I popoli si fermano; e se vengono sacrificati dalla fortuna, le loro tradizioni devono scomparire. Quindi hannovi nazioni in ritardo; il suolo veniva meno agli abitanti delle isole, il ferro all'America, i fiumi mancavano ad alcune parti dell'Asia, le pioggie ai deserti dell'Africa. Hannovi popoli compressi dalla vicinanza di nazioni terribili, altri sorpresi dalle guerre, dalle invasioni nel momento delle loro crisi: il chiedere ad essi che procedano verso l'unità universale torna lo stesso che l'esigere un progresso dagli Atlantidi sommersi negli antichi cataclismi della terra. Al contrario, accordasi il dato fisico supposto da ogni popolo in progresso? accordansi le condizioni reclamate, il suolo, la temperature, i metalli, in una parola i mezzi fisici correlativi alla vita intellettuale? Non solo il popolo sarà immortale, ma dovrà esaurire la serie de' sistemi fino a confondersi coll'umanità. Hannovi adunque disastri nella storia, un popolo può essere conquistato, svenato, sommerso nelle acque; può soffermarsi per più secoli in un sistema da altri popoli a capo di pochi secoli respinto; pure l'umanità trovasi sempre in germe presso ogni nazione, nelle stessa guisa che ogni nazione trovasi in potenza presso ogni famiglia. In qual modo un germe potrebbe corrompersi naturalmente? La sua natura lo sollecita a svilupparsi, le cause esterne possono sole paralizzarlo o distruggerlo, Se l'antitesi della corruzione è rozza e falsa, in seguito si fa sottile, nessuno la sfugge. Ogni cittadino combatte per un principio, al quale vede vincolata la salute della patria: che accade il giorno in cui la sua fede è vinta? Egli deve credere vinta la patria: deve lodare il tempo antico, gemere sui tempi in cui vive, celebrare i primi legislatori, maledire i novatori; quanto più grande e la loro forza, tanto più terribile si presenta l'avvenire della società. In balia di un falso dato, il cittadino che ha pronunziato una sol volta questa parola: la mia patria si corrompe, non rimane coerente con se stesso finchè non è addotto a intervertire tutte le tesi della nuova civiltà, finchè non ha dato il nome di male ad ogni bene, finchè non ha negato la stessa civiltà, celebrando, come Tacito o Rousseau, i benefizi della barbarie. L'antitesi varia di forma col variar degli eventi e delle fasi sociali, pure riman sempre in sostanza la stessa. Cattolici o filosofi, regii o repubblicani, siamo sempre addotti al dubbio momentaneo che esce dalla doppia apparenza del bene e del male: nè si sfuggirebbe al dubbio senza cessare di esser uomini. Perchè ogni evento non corre a nostro grado, ogni fallo non coincide colla nostra previsione, le grandi guerre nelle quali viviamo suppongono dai due lati grandi sconfitte. Si può sperare, si può sfidare la sorte, si può accettare il martirio; però la cieca fede, sempre plaudente ad ogni evento, quasi fosse una certissima vittoria, un segno evidentissimo di progresso, si confonderebbe coll'idiotismo che celebra i fatti compiuti, e ammette ogni vittoria. Se possiamo innalzarci alle regioni di un'altissima fatalità, se per astrazione possiamo contemplare il corso della società quasi fosse inevitabile come il corso d' un fiume, nell'azione dobbiamo imputarci scambievolmente il nostro agire, vederlo figlio della libertà; dobbiamo attribuire ad una causa umana le nostre sconfitte; e qual sarà questa causa, se non cercasi nell'egoismo e nelle misere passioni per le quali ci confessiamo degradati? Al cospetto della metafisica il dilemma pende tra l'organizzazione e la corruzione della società: se ammettesi che il sistema sociale tende naturalmente a costituirsi, la corruzione diventa impossibile: viceversa, ammessa la corruzione qual tendenza naturale, devesi negare l'organizzazione. Per transire da una tesi all'altra, la metafisica cerca un termine medio: due ne furono proposti, coll'uno imputasi la corruzione alle idee, coll'altro alle passioni. Machiavelli rappresenta la prima teoria, che spiega la corruzione colle idee. In sentenza di Machiavelli ogni popolo passa a traverso due epoche, l'una di credulità, l'altra d'incredulità. Nella prima, dice egli, le religioni si formano per ordinare la società, per sottrarre l'individuo al suo naturale egoismo. Nel secondo periodo, la scienza infrange le catene delta superstizione, l'errore utile della religione svanisce, e vinta l'impostura benefica del cullo, l'egoismo riappare per dissolvere la società. Hannovi realmente epoche d'incredulità sociale nella storia? Non se ne trovano: la mera incredulità e un fenomeno individuate come l'impostura; la società sta nella comunanza delle idee, fondasi sui dogmi; non havvi fede sociale che possa venir distrutta senza venir supplita da un'altra fede. Qual'è la società che abbia inaugurato il dubbio come principio? Si imaginò che gli ultimi tempi del paganesimo fossero tempi d'impostura e d'egoismo; erano i tempi de' primi cristiani; e d'altra parte, il paganesimo era sì forte, che la potenza devastatrice degli imperatori cristiani fu necessaria per distruggerlo nei villaggi. Si irnaginò che il risorgimento fosse un periodo d'incredulità: certo, i Medici e i Borgia non anelavano at martirio; pure il protestantismo era fervente, il cattolicismo avventurava tutto per difendersi secondo lo stesso Machiavelli anche a Firenze potevasi fondare una nuova religione. L'incredulità dell'uomo senza fede, senza legge, non è se non malvagità, non è sociale, non tocca la società, muore nell'individuo, il quale muore all'umanità. Quanto all'incredulità critica, spesso viene applicata a distruggere la religione; dissolve in pari tempo il dovere, la felicità, il mondo, ogni cosa, ogni pensiero; negasi da sè, resta nella scuola, nel filosofo, nell'individuo. Al contrario, quando appaiono gli uomini meritamente odiati quali increduli dai ministri del culto, essi trovansi sottoposti alla rivelazione naturale, sostituiscono fatti a fatti, principj a principj, calpestando i sofismi della ragione individuale che spira ne' propri dilemmi. Dunque. se è naturale il nascere delle religioni, è impossibile il loro perire; se i fondatori delle religioni erano credenti, ogni capo della società sarà sempre un credente, dato anche che i fondatori delle religioni fossero impostori (ed è l'opinione di Machiavelli); perchè la loro incredulità era un secreto personale, solo per la loro impostura erano in relazione co' popoli, la religione sola costituiva il sistema sociale. Il secondo espediente col quale la metafisica vuoi conciliare logicamente la generazione e la corruzione del sistema sociale consiste nell'imputare la corruzione alla volontà degli uomini. Questa è la teoria che Vico perfezionava nella Scienza Nuova, dove vedeva i fatti quali offrivansi a Machiavelli; pensava che la fede fonda le società, che l'incredulità le scioglie: era convinto che ogni popolo passa per le due fasi della credulità e della incredulità: ma giudicando le due fasi al rovescio di Machiavelli. Secondo Vico la credulità è santa, l'incredulità empia; la fede fonda la società, l'impostura la distrugge: al primo costituirsi i popoli subiscono il dominio del vero; fidando nell'intelligenza e nel vero, sarebbero immortali; ma le passioni dei popoli inciviliti pervertiscono ls ragione e distruggono i dogmi; la società si perde.Vico dava così la forma di una teoria a tutti i luoghi comuni della retorica, contro il lusso, la mollezza, generati dalle corti, contro le passioni infiammate dal commercio, contro l'egoismo raffinato dalla civiltà. Vedendo crescere l'incivilimento attendevasi ad una dotta barbarie, a una guerra universale, che avrebbe restituita la prima barbarie nel seno delle società moderne. Timori chimerici! Non vi è mai stato un popolo di Messaline e di Tiberii, come mai non vi è stato un popolo che dubitasse della propria esistenza. La volontà generale segue fatalmente l'intelligenza dei popoli, cerca solo il bene, non può vederlo che là dove lo mostrano i dogmi: accusiamo noi un popolo di esser corrotto? Siamo in errore, e l'errore consiste nell'esigere dal popolo il coraggio, la virtù de' principj che non professa; vien franteso; gli si domanda d'esser protestante quando è cattolico, di esser rivoluzionario quando è monarchico: interrogatelo sulla sua vera fede, sarà eroico quanto i Romani. Se hannovi popoli senza coraggio quando il nemico li minaccia, sì è che sono indifferenti sulla persona del signore, si è che spesso desiderano il nemico qual liberatore; in una parola, si è che la vita de' popoli risiede nei principj, e non nella terra, nelle cose materiali, nel fatto personale del governo, o nella configurazione accidentale dello Stato. La storia ideale de' sistemi che si sviluppano ne' popoli è più forte della terra: per progredire invocherà, se occorre, i nemici della patria; emigrerà forse per cercare una nuova patria al culto che deve trionfare. La storia ideale sottrae il buddismo al bramismo che l'opprimeva nelle Indie; essa sottraeva la democrazia protestante dell'America all'aristocrazia che la opprimeva in Inghilterra: in generale, ogni rivoluzione religiosa sposta i governi, i centri, altera la geografia politica, per fondare nuove nazionalità e dalla China agli Stati-Uniti vediamo schierati nei diversi paesi i diversi momenti della storia eterna de' sistemi, che si succedono nella mente di ogni uomo. Coosì la corruzione dei sistemi non è se non il movimento della storia; non degrada l'intelligenza, nè la volontà de' popoli; non può essere funesta se non in una catastrofe fisica o guerriera dove periscano le condizioni esterne dell'incivilimento. Come l'albero, come la quercia, la società tende a svilupparsi; la ghianda cade essa in terreno sterile? al primo germogliare vien essa sradicata dai venti? Perisce senza che la legge colla quale la quercia si sviluppa si trovi falsata. I filosofi antichi rendevano ragione dei dei fenomeni della società colla legge della generazione e della corruzione; fermavano l'attenzione sulle circostanze esterne delta patria, e però dovevano trasportare al movimento interno delta società l'idea della nascita e della morte, fornita da tutte le circostanze esterne. Platone subordinava ad un numero misterioso e fatale l'esistenza e la perfezione della repubblica, e doveva prevederne la caduta perchè la repubblica, naturalmente alterandosi, cessava di stare nell'equazione voluta dal fato. Aristotele credeva pure al numero di Platone; e però vedeva in ogni governo giunto all'apice delta perfezione un'opera fragile, presto travolta nel moto generate della vita e della morte, che dispone di tutti gli esseri. Pomponaccio e Vanini affrontavano la storia col mezzo dell'astronomia, subordinavano le rivoluzioni dei popoli a quelle delle sfere, e qui pure il movimento circolare della generazione e della corruzione comunicatasi alla storia, e signoreggiava tutti i popoli per mezzo delle condizioni esterne della loro esistenza. Anche Machiavelli, sedotto a metà dal sistema astronomico di Pomponaccio, trasportava fuori della ragione delle moltitudini l'origine della società che attribuiva ad un miracolo trasmondano e al fatto d'una grande e provvida impostura. Anche in Vico trovasi l'ultima traccia di quest'impulso esterno, che chiede uno scoppio di tuoni, un terribile ardere di fulmini per riscuotere le menti dei primi uomini, e svegliarli al sistema sociale. Tutti poi i filosofi del risorgimento guardavano attoniti alla grande catastrofe dell'impero romano; fermavano l'attenzione sui governi più che sui principj, affrontavano la storia dal lato della politica, della pace, della guerra, delle conquiste; concentravano l'umanità nello Stato, lasciandola così aggirarsi nel circolo fatale della vita e della morte. Pure, se si dimenticano le evoluzioni degli astri, le circostanze materiali, se si pon mente alle idee, il circolo scompare, il progresso appare, e ogni famiglia mostrasi avviata verso lo Stato, ogni Stato verso l'umanità. Quanto ai dubbi che ci assalgono al momento delle nostre sconfitte, quando crediamo di decadere, restano compenetrati colle antinomie della fallibilità e dell'infallibilità; la soluzione astratta riproduce le antinomie dell'origine della società, dei criteri del vero; la soluzione positiva sta tutta nel già esposto sulla prima costituzione del sistema sociale.
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