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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE SECONDA   LA RIVELAZIONE DELLA VITA
      • Capitolo VII   LA RIVELAZIONE DELLA VITA DETERMINA E DOMINA LA SOCIETÀ
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Capitolo VII

 

LA RIVELAZIONE DELLA VITA DETERMINA

E DOMINA LA SOCIETÀ

 

Non siamo governati dall'ispirazione, non dalla logica; non havvi un'arte astratta di vivere; non havvi una scienza della natura la quale ci dimostri che l'universo corrisponde alla nostra aspettativa. Il nostro destino sorge dagli istinti della vita. In qual modo dovrà esso attuarsi? I nostri istinti si sviluppano in due sensi opposti, l'uno angelico, l'altro satanico: chi sceglierà nell'alternativa? Ancora il ritmo della vita che determina e domina la società.

Nell'individuo le funzioni istintive si armonizzano senza ch'egli se ne accorga per vegliare alla sua conservazione; mangia per soddisfare alla fame, e le sue forze si rinnovano; ama per amare, e la sua specie si propaga; la collera è involontaria, ma ci difende: l'amicizia è disinteressata, ma ci procaccia difensori. Ad ogni momento il problema della nostra esistenza viene sciolto dalla vita, che dirige l'intelletto verso uno scopo da esso ignorato. Lo stesso fenomeno si ripete nella società; la natura l'abbozza nella famiglia, l'estende colla propagazione della specie, e dispensa le diverse funzioni sociali colla varietà delle inclinazioni; si va alla caccia per cacciare, si inventa per la passione d'inventare; ogni lavoro si attua in forza di un vezzo istintivo: il poeta non pensa che alla poesia, il dotto non pensa che alla scienza, e la società trovasi così improvvisata, conservata dall'impulso delle vocazioni. Non ispetta alla intelligenza il fondare la società, nè il formare le diverse funzioni dell'industria, nè il distribuire le vocazioni, nè il creare i caratteri; l'intelligenza si limita ad accettare la rivelazione dell'istinto. Le passioni, i sentimenti traduconsi ad ogni istante in forze meccaniche; le quali variano indefinitamente nella direzione, nell'intensità; bisogna evitare gli urti, bisogna coordinare fisicamente tutte le azioni, bisogna dirigere il moto, assegnargli una formola meccanica, e l'intelletto si limita a cercarla. E qual'è? Deve fondarsi sulla realtà; e pertanto si riduce al sistema sociale che abbraccia tutta la realtà alla quale i nostri istinti diedero un valore.

La stessa ricerca della formola sociale o religiosa, benchè sia meccanica, viene suggerita dalla rivelazione interiore. Mentre tutti gli artisti obbediscono ad impulsi speciali, hannovi uomini la cui ispirazione si applica, non alle cose, ma agli uomini stessi. Signori naturali de' loro simili, sentonsi predestinati al comando; non sono poeti, nè dotti, nè inventori; ma sentono il bisogno di dare a ciascun istinto la sua funzione, a ciascun uomo la sua missione. Vogliono attuare l'ordine occulto che trovasi in potenza nel fondo delle moltitudini; lo divinano per una specie di seconda vista; lo presentono per un privilegio del loro organismo; affascinati dal suono di una musica intima che la folla non intende, dimenticano sè stessi perchè la città si fondi, e perchè ogni pietra vivente prenda il suo posto nell'edifizio della civiltà.

Non havvi adunanza sì piccola, sì due che non trovi il suo Orfeo. Ogni festa, ogni ballo campestre scopre l'uomo che si consacra ad essere il legislatore del momento; da ogni moltitudine in tumulto esce sempre una voce positiva, imperiosa, la quale determina l'azione. Nelle insurrezioni il capo vedesi riconosciuto colla rapidità del lampo; dimanda il suo posto, e l'ottiene immantinente: Masaniello sorgeva a Napoli in pochi istanti. L'apparizione del genio politico è il fenomeno più costante d'ogni popolo che si agita; quanto più la scossa è profonda, tanto più l'ispirazione politica, violentemente interrogata, erompe in prodigi. Wallenstein è generato dalla guerra dei trent'anni: Castruccio Castracane, Braccio Montone, Sforza Attendolo lo sono dall'anarchia italiana; l'Italia del medio-evo non si stanca di produrre uomini sempre nuovi nel mezzo delle sue rivoluzioni. Dalle rivoluzioni inglesi esce Cromwell; Napoleone sorge dai battaglioni della Francia rivoluzionaria con un corteggio d'eroi.

Il politico opera come il poeta; i suoi atti cadono nella sfera del ragionamento; vengon discussi, sono meccanici; ma quanto sfugge al ragionamento, al meccanicismo si è il politico stesso; la rapidità del suo imaginare, la prima vista, il giudizio, la fermezza del carattere: intendesi la sua parola, e non s'intende dove egli prenda la forza che lo ispira; accettasi l'ordine da lui imposto, e non si può scoprire la prima fonte onde sgorga. Istessamente il sacerdote, il profeta, sono i politici dell'universo; cercano l'ordine nell'immensa repubblica degli esseri visibili ed invisibili; sono ispirati dalla rivelazione, ma s'impongono in forza della realtà.

Scoperta la formola dell'ordine, il legislatore ed il profeta non possono attuarla senza lotta, nè comprimere le ribellioni senza combattere, nè conservar l'ordine senza antivedere l'insurrezione, senza cercare di renderla materialmente impossibile. L'ordine, suggerito dall'ispirazione, viene dunque attuato dalla forza. Strana miscela di spontaneità e di violenza, di poesia e di brutalità, esce da una ispirazione che vuole liberi tutti gli istinti, felici tutti gli esseri; e nell'attuarsi diventa un'opera di guerra, si fonda sugli eserciti, sui tribunali, sulle prigioni, e non si conserva se non coordinando i suoi mezzi di offesa e di difesa contro i traviamenti individuali. Così la società è doppia: violenta e spontanea. Esteriormente la società opera coi mezzi meccanici, muovesi materialmente nello andamento, nello scopo, in ogni cosa; pure chi dispone degli eserciti, dei tribunali, delle prigioni? La forza invisibile della vita, che comanda alla logica, quindi distrugge i dilemmi critici, e che spegne nel nascere l'interversione degli istinti.

Se si trasanda la rivelazione della vita, è forza chiedere alla ragione l'origine della società; la ragione deve dedurla da un principio, svolgerla logicamente, e si arriva non alla scienza sociale, ma alla metafisica della società. Così Montesquieu crede spiegata la società dicendo che l'uomo vi nasce: ma tutti gli animali nascono in società; perchè l'uomo rimane associato? Non gli mancano cause d'ostilità co' suoi simili. Un'altra teoria risponde, che i nostri bisogni ci chiamano alla società, e vi ci fanno rimanere: non v'ha dubbio; pure il consorzio è forse l'opera de' nostri bisogni, o i nostri bisogni non son piuttosto il suo risultato? Il dubbio è permesso; ignoti nulla cupido; il selvaggio non ha i bisogni di un cittadino. D'altronde, tra i bisogni e i beni, tra i desiderj e i valori da cui sono soddisfatti, havvi un abisso; il desiderio di camminare senza stancarsi non inventa la carrozza. Donde scaturisce l'invenzione? Dalla ragione, risponde un'altra teoria; ed eccoci dinanzi ad un nuovo ostacolo. La ragione è vuota, e i ragionamenti sono l'opera della società; la ragione è nulla, o, identificata colle nostre cognizioni, essa ignora quanto non le venne insegnato; qual'è dunque il maestro della società? Per ordinare bisogna educare gli uomini, e l'educazione suppone la società già stabilita: d'indi le conclusioni, che la società era necessaria per inventare la società; che le lingue erano necessarie per inventare le lingue: il che torna quanto il dire che Socrate non poteva nascere, che il moto è impossibile, che non si può nulla apprendere; e il più strano si è che i teologi s'impadroniscono di questo ragionamento precisamente per provarci che la società, la lingua, le arti furono insegnate dal loro Dio.

Sembrò naturale che la società si fondasse sull'unico principio della sociabilità. L'uomo, dice la scuola scozzese, somiglia agli animali che vivono in gregge; l'uomo cerca l'uomo, come il cavallo cerca il cavallo. Ma potrebbesi domandare se la socievolezza, invece, di essere la causa della società, non ne sarebbe piuttosto l'effetto. Trascuriamo questa obbiezione. La società non è una greggia, non un semplice adunarsi d'individui; essa è ordinata, i suoi lavori s'intrecciano, le sue funzioni si suppongono, formano un tutto unico e indivisibile: potrebbe l'ordine esser generato da un fortuito incontro? D'altronde, la sociabilità delle gregge è ciecamente benevola: ma l'uomo non è sempre benevolo per l'uomo; nella società cerca onori, vantaggi: nella più innocente brigata non ride se non deride; si sollazza alle spalle degli assenti, non è contento se non domina i suoi eguali. L'uomo è nemico dell'uomo, viaggia armato, chiude la sua casa con ispranghe di ferro; le città sono circondate di bastioni; i popoli assicurano la pace addestrandosi alla guerra. Tra gli animali non hannovi dispute di onori, di precedenze; l'interesse pubblico e l'interesse privato trovansi d'accordo; il pensiero dell'animale non è novatore, non sedizioso; ma la lingua dell'uomo è una tromba di guerra. Il legislatore imagina profonda perversità nei cittadini, si studia prevederne tutti i delitti, contrappone il terrore alla astuzia; la sua legge può essere santa, non può essere innocente. Noi tutti, per renderci tollerabili gli uni agli altri, dobbiamo dissimularci, illuderci a vicenda colle regole della decenza, della creanza, della prudenza; non è lecito di palesar tutto il pensiero; guai alla cieca confidenza; maledictus homo qui fidit in homine. E si vuol spiegare la diffidenza colla confidenza? l'odio colla bontà? la società colla sociabilità?

Hobbes e Mandeville, espositori di questa critica, rendevano ragione della società colla guerra; in loro sentenza si è per combattere che gli uomini si sono riuniti; si è la dissociazione che ha prodotto l'associazione. Il problema rimane intatto; per riunire la società guerriera e conquistatrice, per fondare la prima riunione armata, abbisogna una lingua, un riparto di funzioni, un ritmo; e questo ritmo non s'inventa, non si deduce d'alcun fatto materiale ed esteriore. Hobbes e Mandeville hanno afferrata l'origine esteriore e meccanica della società, hanno avvisata l'azione politica, senza conoscere la politica ispirazione, senza indicarla, senza sospettarla.

 

 




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