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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA   DELLA RIVELAZIONE NATURALE
    • SEZIONE TERZA   LA RIVELAZIONE MORALE
      • Capitolo III   LA RIVELAZIONE MORALE DETERMINA LE CONDIZIONI DELLA MORALITÀ
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Capitolo III

 

LA RIVELAZIONE MORALE DETERMINA LE CONDIZIONI

DELLA MORALITÀ

 

 

Il dovere suppone tre condizioni: la libertà, il merito e la sanzione: le tre condizioni sono fissate dalla ispirazione giuridica, che rivelandosi ci dichiara liberi, responsabili delle nostre azioni, e degni d'essere puniti o ricompensati.

La libertà si svela nella coscienza; ivi appare inseparata dal dovere, e immanente ad ogni azione morale. Fuori della coscienza, la libertà svanisce. Togliamo noi lo sguardo dalla rivelazione morale per recarlo sullo spettacolo della natura esteriore? Dinanzi alla storia, dinanzi alla politica, la fatalità delle cause e degli effetti trae seco gli uomini e le moltitudini, disponendo dei vizi e delle virtù. In noi l'uomo è figlio delle sue opere, fuori di noi è figlio della natura; finchè noi operiamo immedesimati coi nostri cittadini, dominiamo la fatalità; se ci osserviamo noi stessi quali spettatori, siamo servi delle circostanze. Nella sua coscienza ogni popolo tiranneggiato deve accusare la propria corruzione. Vuole osservare sè stesso qual mero spettacolo di vitalità? Può accusare il clima, la tradizione, il governo, la conquista, tutto, fuorchè la sua volontà, figlia delle circostanze che la fanno nascere. Sarebbe questa una contraddizione? Sì, quando si voglia passare matematicamente dal mondo reale al mondo morale; no, se vien rispettata la misteriosa distinzione che ha sottoposto i due mondi a due leggi contrarie. Ogni atto è moralmente libero e fisicamente fatale: per la logica lo stesso atto, come libero e non libero si palesa assurdo. Ma qual'è quest'assurdo? Quello che vieta agli oggetti di mutare, di subire le leggi contrarie dell'atomismo e della chimica, della chimica e dell'organismo, dell'organismo e del pensiero; se si ascolta la logica che dichiara impossibile l'azione moralmente libera, fisicamente fatale, bisogna negare, in Un colla libertà, tutte le cose della natura e tutti i pensieri dell'uomo. E così, la libertà appare, dunque esiste: non appare se non nel mondo morale, dunque rimane nella sfera della morale.

Il merito segue la sorte della libertà. Posto il sentimento della libertà, sentiamo le nostre azioni libere e spontanee; intuita la libertà ne nostri simili, più non possiamo considerarli come automa. Qualunque siano le nostre teorie, le nostre convinzioni, noi non possiamo rimanere indifferenti all'ingiuria e all'elogio; la rivelazione morale ci sforza a stimare o a disprezzare i nostri simili. Dimandiamo conto del merito alla logica? Essa vorrà transire dal morale al fisico, dal merito alle forze meccaniche; riporrà il merito nell'organizzazione, nel temperamento, nelle circostanze, il merito svanirà. Secondo la logica, Nerone, Socrate, Ulisse, Tersite sono creazioni egualmente fatali, egualmente meritorie, o piuttosto egualmente irresponsabili. Ma hannovi due rivelazioni, due mondi, due serie di fenomeni schiettamente separate ed opposte; la logica, che non può riunirle, deve esserne dominata e vinta dalle due rivelazioni, essa afferma il merito nel mondo interiore, distruggendolo nel mondo fisico. Così nella serie fatale dei fenomeni storici, Socrate doveva apparire, e soccombere; la Grecia doveva produrlo e sacrificarlo; Melito era predestinato a condannarlo, e Platone a celebrare la sua morte. Qui il merito sparisce. Se c'identifichiamo coll'azione di Socrate o di Melito, la fatalità si trova surrogata dalla moralità; stimiamo il sacrifizio, disprezziamo l'egoismo, e la logica stessa ristabilisce quella nozione del merito ch'essa nega nella serie delle cause e degli effetti.

La sanzione è la conseguenza inevitabile del merito. Stando alla logica, la sanzione si ridurrebbe ad un premio, ad una pena; essa pagherebbe la virtù, multerebbe il vizio, trasformerebbe la morale in un traffico mercantile, la dissolverebbe. Ma se si rimane nella coscienza, nel campo della rivelazione morale, al fenomeno del merito succede necessariamente quello della sanzione. L'uomo morale si sacrifica senza sperare alcun premio, rifiuta il prezzo del suo sacrificio, vuole star solo colla sua responsabilità, vuol essere quello che è. Questo è il merito nella sua grandezza tragica. Ma noi, spettatori del sacrifizio altrui, sentendo il merito, sentiamo il dovere di premiarlo; lesi dal misfatto, il diritto di punirlo. Sotto l'aspetto esterno le leggi formano il sistema materiale dei dolori e dei piaceri; sono dettate dall'utile, governano cogli interessi, si spiegano colla forza; la società si fonda sui tribunali e sugli eserciti. Sotto l'aspetto esterno, il codice penale è, come fu detto, il commentario del codice civile; e il codice civile è un'opera di guerra, bellica meditatio. Sotto l'aspetto esterno vediamo i popoli fatalmente sottoposti alle loro leggi, formati dai loro legislatori; cambiano di costumi e d'abitudini, s'innalzano, cadono sotto l'impulso meccanico del piacere e del dolore. Ma sotto l'aspetto interno, dinanzi alla coscienza, il sistema della forza è un sistema di libertà; l'opera materiale dipende dalla potenza invisibile del merito; la guerra suppone il coraggio de' soldati; e la sanzione del trionfo suppone la forza di una abnegazione tragica che non cura mercede.

 

 




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