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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE TERZA   IL SISTEMA DELL'UMANITA'
    • SEZIONE PRIMA   LE RELIGIONI
      • Capitolo IV   LA RIVELAZIONE CRISTIANA
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Capitolo IV

 

LA RIVELAZIONE CRISTIANA

 

Il cristianesimo presenta tutti i vizi della rivelazione soprannaturale. L'elevazione del dogma, la grandezza della dottrina non sopprimono in esso l'idolatria, il miracolo, la favola, l'autorità, la dominazione, chè anzi quanto più esso è perfetto, tanto più raggiunge la perfezione del vizio.

Il Dio cristiano non trasporta più la vita all'origine delle cose, ma vi trasporta la ragione; non divinizza più il vivere, divinizza il pensare. Nel cristianesimo non sono più il maschio e la femmina che generano il cielo e la terra; la generazione fisica è surrogata dalla forza dell'intelligenza, che divien creatrice; l'ordine dei sessi e degli istinti è surrogato dall'ordine delle idee. Il cristianesimo ha depurato i dogmi orientali, il suo verbo ha rigenerato la Trimurti vitale dell'India, la sua trinità ha riassunto il lavoro filosofico della Grecia, ha iniziato il mondo ai misteri della scienza. Pure il suo Dio si rivela; e nel momento della rivelazione è un idolo; egli parla ad Adamo colle passioni di un uomo, lo punisce coll'odio di un demonio; egli dirige da despota il popolo eletto, governa la chiesa da re. Il Dio cristiano è una persona infinita, degrada la natura all'infinito: il paradiso e l'inferno riducono la terra a un accidente, la vita ad un sogno: la vita s'interverte, e il cristiano trasporta nella morte l'intero suo destino. Un Dio, pura intelligenza, rivelandosi, combatte tutti gli istinti.

La Bibbia è avara di miracoli; il cristianesimo non imita le religioni dell'Oriente, non isconvolge la natura coi prodigi; si direbbe che prevede, che teme lo sguardo delle scienze positive. Cristo non discende sulla terra per combattere contro le catastrofi cosmiche; il gran prodigio della redenzione, si compie nel mondo degli spiriti; le sue conseguenze rimangono circoscritte nella sfera della moralità e dell'ispirazione. Quando si dimandano prodigj a Cristo, egli si sdegna, vuoi fede, dispensa la grazia, non il miracolo. Pure il Dio rivelato è una persona, deve lasciarsi piegare dall'orazione; interessarsi all'uomo, lottare contro la natura, deve accordare i miracoli che reclama il principio stesso di una rivelazione soprannaturale. Di là tutti i miracoli della Bibbia, i mille miracoli del vangelo, le leggende dei santi, in cui si accordano le prove disprezzate dalla fede, i piaceri vilipesi dall'ascetismo. Benchè ristretto a dispensare i prodigi della grazia, Cristo li unisce all'incanto dei sacramenti; la sua redenzione si ferma là dove più non s'intende la vibrazione meccanica della sua parola. Le regioni non visitate dagli apostoli non sono redente, quelle in cui gli apostoli si stabiliscono seguendo i casi del commercio e della guerra, trovansi rigenerate dall'accidente della loro presenza, ed il miracolo alternativamente rifiutato ed accordato, temuto e ammesso dal cristianesimo, finisce coll'essere il più assurdo tra gli incanti. Non è visto, e bisogna accettarlo; non è verificato, e bisogna riconoscerlo: il battesimo non ci muta, eppure dobbiam crederci rigenerati dalle sue acque; l'eucaristia lascia il pane e il vino quali sono, ma il credente deve ammirare il prodigio invisibile della carne e del sangue, deve vederlo. La chiesa non si cura delle cose del mondo, più non ferma il corso del sole; eppure le nostre azioni dipendono dalle sue operazioni invisibili e dobbiamo attribuirle le nostre vittorie, le nostre sconfitte; ogni evento esprime la volontà divina. Il mondo finisce per divenir magico, benchè Cristo abbia rinunciato alla magia.

Il miracolo genera la favola. Malgrado il rispetto del cristianesimo per i fatti, la generazione sacra si sviluppa coi miracoli visibili o invisibili, dunque il cristianesimo deve coordinare i suoi miracoli, collocarli nella storia, e quanto più la storia è rispettata, tanto più il miracolo infinito di Cristo la falsa in ogni punto. La chiesa condanna l'antichità ad inchinarsi dinanzi i fasti ignorati di un'orda di barbari; la chiesa disprezza il corso dell'incivilimento, e segue, a dispetto della storia, il corso della grazia attraverso alcune tribù di pastori. La chiesa sottopone tutto il mondo moderno alla propria storia. Il carattere degli uomini, gli accidenti della natura, le invenzioni, le scoperte, tutto deve cedere al regno della chiesa. Secondo la Bibbia, il sole non si leva se non per illuminare la tentazione di Eva e la nascita del Redentore; l'universo rientrerà nel nulla il giorno in cui il dramma sarà compiuto coll'ultima scena del giudizio universale. Quindi la favola cristiana mente più audace della favola indiana: vede le virtù della Grecia e di Roma, e le dichiara splendidi vizi! vede le scienze, le arti, e le fa calpestare da dodici pescatori; vede, studia le relazioni che ha piagiate, e le accusa di plagio. Dappertutto il fatto è riconosciuto e negato; lo spirito distrugge la materia, il pensiero uccide la vita.

La favola fonda l'autorità, e noi troviamo nell'autorità cristiana tutti i caratteri del miracolo cristiano. Il sacerdote cristiano non promette prodigi, non è signore della creazione come i pontefici del paganesimo, non dispone degli elementi come i capi degli Incas; la Bibbia non è un amuleto, nè una panacea, nè un palladio. Pure la Bibbia è un'autorità; non s'inganna: qui la parola è infallibile, il dubbio n on è lecito. Che fa l'autorità cristiana? Distingue il bene dal male, regola i rapporti dell'uomo colla persona di Dio, amministra, dispensa la giustizia coi sacramenti. Essa esorcizza di continuo la natura, dispone dell'anima dell'uomo: non solo tiene in mano le chiavi del cielo e dell'inferno, ma fa pesare sulla menoma tra le nostre azioni un'eternità di pene e di ricompense. Che importa la libertà del corpo, se voi mi tenete cattivo lo spirito? che importano, dice il Vangelo, tutti i beni del Mondo, se l'anima è perduta? Anche nella politica non è forse col cercare il regno de' cieli che tutti i beni ci sono largiti per soprappiù? La chiesa non è indifferente in nessuna cosa, in nessun atto, in nessuna guerra; essa interviene sempre a nome della sua fede, e la sua fede la fa autrice di miracoli continui, le dà una pretensione infinita, un'autorità senza limite. In presenza degli infedeli, degli eretici, dell'immensa maggioranza del genere umano, dell'intero avvenire, la chiesa non può ammetter dubbio nella sua vittoria; attenuate quanto volete il miracolo cristiano, esso signoreggia l'eternità avvenire, e rende invincibile il potere de' suoi rappresentanti. Qui il battesimo è più che l'acqua dello Stige, che rendeva Achille invulnerabile; l'immortalità spirituale e materiale si estende all'intera cristianità, ed essa dipende dal sacerdote, dalla Bibbia, dall'autorità. Così l'autorità cristiana è come il miracolo cristiano; e tenue, senza alcun potere sulle cose, senza alcun diritto positivo sugli uomini, ma ingente, assoluta, universale. Collo spirito pretende signoreggiare ogni evento, benchè spiegato dalla scienza, benchè assolutamente terrestre e mondano.

Ci rimane a dimostrare che l'autorità cristiana conduce alla dominazione dell'uomo sull'uomo. Chi può dubitarne? L'autorità cristiana discende dal cielo imposta dal più iperbolico miracolo, promette ai credenti il più gran prodigio: una redenzione infinita. Il movimento della chiesa parte dall'alto, è Cristo che dà la missione agli apostoli di predicare, sono gli apostoli che consacrano i loro successori; il sacerdote è ordinato dal sacerdote. Chi è egli adunque? Un'eccezione nel mondo, un miracolo vivo, un uomo divino predestinato a riscattare gli abitanti della terra. Egli deve essere intollerante; questo è il più sacro de' suoi doveri, questo è il principio della sua dominazione. Per sè, egli non regna, non può regnare, non promette miracoli, non è mago, non è di questo mondo, aborre dalla signoria, aborre dal sangue; non governa la vita, è il re della morte. Ma è ministro di un Dio infinito, ministro del Dio di morte, veglia sui fedeli che un pensiero può perdere; per lui il fedele è Adamo, che vuol usurpare il regno di Dio, è la vita che resiste alla morte, è la terra che si ribella contro il cielo: quindi il sacerdote cristiano è soldato di una guerra disperata contro l'azione, il pensiero, l'intenzione, la natura d'ogni uomo. Inerme, egli è pago di consigliare, ma il suo consiglio accende i roghi; inerme, si limita ad additare lo scandalo; la sua delazione è una sentenza di morte; egli non porta la spada, e il braccio secolare scanna le vittime; egli rifugge dal sangue, e spinge i re corrono alla crociata: il sacerdote cristiano non combatte, ma il cristianesimo è una guerra continua contro gli Ariani, contro gli ebrei, contro gli eretici: il mondo pagano è vinto dal ferro e dal fuoco; il mondo idolatra dell'America è trucidato in nome di Cristo. La chiesa non è di questo mondo; ma consiglia la fede, e ogni guerra è una guerra della chiesa: la chiesa lascia a Cesare ciò che è di Cesare, ma Cesare deve essere cristiano: Cesare è ogni condottiere, ogni barbaro che serve gli interessi della fede, e spetta al papato il distribuire le corone dei re.

Così il Dio cristiano è il più ragionevole e il più malefico tra gli Dei: il miracolo cristiano è il più umile e il più temerario tra i miracoli: la favola cristiana è la più moderata e la più audace tra la favole: l'autorità che fonda è la più mite e la più spietata: la dominazione che consacra è la più dolce e la più terribile, perchè si estende al pensiero.

 

 

 




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