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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE TERZA   IL SISTEMA DELL'UMANITA'
    • SEZIONE SECONDA   LA METAFISICA
      • Capitolo I   STERILITÀ DELLA METAFISICA
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SEZIONE SECONDA

 

LA METAFISICA

 

 

 

Capitolo I

 

STERILITÀ DELLA METAFISICA

 

 

È nota la sterilità della metafisica. La metafisica nacque combattendo la religione, e non ha mai riportato alcuna vittoria, la religione non ha mai sofferto alcun interregno, i metafisici non hanno mai guidato, nè governata la società. Come avrebbero potuto guidarla? Essi sono egualmente nemici della religione e della scienza, del miracolo e del fenomeno, mentre assalgono la religione, rendono impossibile il trionfo della rivoluzione naturale. Per essi il fenomeno non vale, lo vogliono dimostrato, vogliono l'equazione del fenomeno, trasportano i loro problemi nelle contraddizioni eterne, ripongono nell'impossibile ogni nostra speranza. La religione trionfa.

Il metafisico trovasi condannato alla solitudine dalle proprie idee. Nel fatto, la religione è positiva quanto la scienza, è una falsa fisica, pure è una fisica; è una falsa storia, pure è una storia; scioglie quindi un problema fisico, un problema storico; in altri termini, un problema sociale, determinando ad un tempo l'essere, la vita, la morale. La metafisica che assale la religione, l'assale dal di fuori, trascendendo il problema stesso della religione. Negherà Dio perchè dubita del tempo, dello spazio, del mondo; negherà il libro sacro perchè nega l'esistenza delle cose esteriori; introdurrà un'eresia nel culto perchè sfugge con una astrattezza alle contraddizioni dell'individuo e del genere. La fisica, la storia non raccolgono alcun profitto immediato dall'assalto, e il metafisico rimane senza influenza, la sua eresia, la sua incredulità restano trascendenti. Se la metafisica giova, si è che cessa di essere metafisica, diviene scienza, oppone fatti a fatti; il filosofo è cittadino, il metafisico è uomo, il sofista è scienziato; vive della vita generale, obbliga quindi le sue astrazioni a proclamare la verità della scienza. Sia la metafisica vera metafisica la più ardita tra le sue rivoluzioni non toccherà all'impero della religione, Empedocle potrà restare pontefice, Malebranche potrà credere alla Bibbia. Rimanendo in presenza delle contraddizioni eterne, non si sfiora il fatto, non si dan soluzioni che tocchino il fatto; il falso metafisico, spostando ogni cosa, non sposta la fisica, nè la storia, agendo nihil agit.

Il metafisico trovasi isolato anche dal proprio procedere. La religione è sociale; il sacerdote impara osservando, istruisce perchè è stato istrutto, scopre perchè gli hanno trasmesso altre scoperte. Egli si trova nella condizione del fisico, la rivelazione soprannaturale si stabilisce come la rivelazione naturale. Il metafisico non dipende che da sè stesso, pone da sè il problema da lui creduto solubile, la soluzione non può emanare che dalla sua mente. Chi potrebbe apprendergli se il tempo è finito od infinito, se lo spazio differisce dal corpo o si confonde colla materia, se il non-io esiste realmente, se la nostra ragione c'inganna? Il metafisico non può riconoscere alcuna tradizione, alcuna autorità: pensa, fatta astrazione da tutte le invenzioni, da tutte le scoperte; l'astronomia, la chimica, la fisica non hanno nulla da insegnargli. I suoi libri non hanno data; come metafisici, Platone, Aristotele, Leibniz, sono contemporanei o piuttosto non sono di alcun'epoca, d'alcuna patria, d'alcuna civiltà. Se i sistemi metafisici si seguono, si concatenano, i loro inventori si seguono solo perchè si combattono. Possono ignorare le condizioni storiche che presiedono all'origine de' loro sistemi, anzi devono ignorarle, perchè credono alla sola dimostrazione, si fondano su dati che sono di tutti i tempi, hanno in sè tutti gli elementi della loro scienza. Se riconoscono la tradizione filosofica, se proclamano la loro dottrina quale risultato fatale, la cui prima origine risale a Socrate o a Talete, non sono più metafisici, sono istorici, sospettano il giuoco eterno delle contraddizioni, la metafisica tocca alla sua rovina.

La morale de' metafisici esce dal sillogismo, non è determinata dalla vita, nè dalla coscienza; sarà sublime, ma non è vivente, non è possibile; quindi in presenza dei credenti il metafisico deve fallire. La scienza gli manca. non può agire, non è padrone di produrre effetti sensibili, di dar segni della sua missione, non può esser giudicata dall'opera. Vede il culto onnipotente difeso dal governo, dagli interessi dei potenti, dall'ignoranza dei popoli; non ha la scienza che si sostituisce al culto, che oppone i fatti ai fatti, la storia alla leggenda, gli interessi positivi agli interessi imaginari; non sente un dovere imperioso, sente uno scoraggiamento profondo. Il perchè l'antica metafisica proclamava tutti i doveri, eccetto quello che impone di dire la verità, accada quel che sa nascere: essa predicava una morale di cui non proclamava la verità. La verità era troppo terribile, il martirio troppo inutile; a chi profittava? Quindi negavansi gli Dei e rispettavansi i sacerdoti, negavasi la religione e non si pensava ad abbatterla, spegnevasi la luce perchè troppe erano le tenebre.

La metafisica non sapeva neppure rendersi ragione della propria sterilità, perchè si sapeva solitaria, non si sapeva nemica della scienza e condannata a starsi inutile tra la scienza e la religione. Quando i metafisici parlano della loro propria impotenza, vaneggiano: accusano la bassa plebe dei mortali, a loro dire, incapaci di reggere all'altezza dei loro concetti; si dicono esseri privilegiati, sfoggiano i lunghi studi, il linguaggio tecnico, la sottigliezza perseverante del riflettere, e van superbi della loro solitudine. Miseri pretesti! La metafisica aspira al dominio del mondo, tale è la sua pretensione; se non vince la religione, è vinta: perchè dunque la vediamo eternamente sconfitta? Perchè il popolo non l'intende? Spetta ad essa di giungere fino al popolo, il quale reca in atto le teorie dei fisici più sagaci, dei matematici più astrusi. Accordasi che la metafisica deve essere coltivata dai metafisici, come la chimica dai chimici; si lascia ad ogni dotto il monopolio inevitabile della sua specialità: ma si obbedisce, si accettano le invenzioni, si applicano le più difficili scoperte. Perchè non si applica la metafisica? Essa non è nè più difficile, nè più complicata della religione, reclama minore studio, ma non è positiva come la religione, ed essa deve rimanere nel vuoto. Questo le dissero a buon diritto in due lingue diverse i teologi ed i fisici. I Padri l'accusarono per tempo d'esser varia, inconsistente, contraddittoria ne' suoi sistemi; dicevansi unanimi essi per la fede, infallibili, mentre le scuole filosofiche predicavano or l'acqua, or l'aria, ora il fuoco, or l'idea, or l'essenza, senza tregua nè posa, alle loro mutazioni. Che poteva rispondere la metafisica, condannata ad un continuo errare da' suoi capi, sempre solitari, senza tradizioni, confinati nelle antinomie, le quali spingevanli a cercare un vero ch'era impossibile a scoprirsi? i Padri, i dottori, i teologi muovono a nausea quando vogliono trarre dalle variabilità delle opinioni filosofiche la necessità di accettare la loro favola; sono strani, quando si pretendono infallibili per ciò stesso che altri erra, quando si vantano esenti da ogni contesa, da ogni incertezza, essi condannati a contese eterne, e rappresentanti di seguaci che si maledicono, si combattono e si abbruciano a vicenda: il punto incontestabile si è, che la favola religiosa riunisce un popolo, il suo variare fa variare i popoli, il suo lottare fa spargere il sangue, le sue modificazioni modificano la civiltà; in una parola, rimane incontestabile, che la religione è sociale, la metafisica solitaria. L'accusa de' teologi si ripete dai fisici in altri termini: Bacone accusa i metafisici di cercare l'eleganza, non la verità, di costruire il mondo colle categorie, d'appagarsi di parole, di trascorrere in vane ipotesi, d'essere venduti, corrotti, prostituiti alla potenza, alla ricchezza, all'autorità; e poteva dire più schiettamente, d'essere schiavi volontari della religione, nemici ostinati della scienza, superbi disprezzatori del popolo. Solo bisognava riconoscere la causa prima di questo continuo errore attraverso le categorie, le ipotesi, il servilismo, le querele interminabili e inutili alla società; la qual causa sfugge ai fisici quanto ai teologi. Ciò perchè i fisici conquistano il fatto materiale senza poterlo difendere, senza conservarlo; conquistano la natura, e dimenticano il pensiero; non sanno estendere la rivelazione ai congegni della mente umana; non l'estendono alle origini delle religioni, dei governi, delle leggi; non abbracciano la società; sono operai, non architetti; materia, non principio del sistema sociale. Quindi respingono fieramente la metafisica, che disprezza la brutalità dei loro fatti, non sanno sostituirsi alla metafisica per combattere le religioni, rimangono uomini di scienza, non divengono uomini della scienza.

Posto che la metafisica sia l'intermediario eternamente inutile tra la religione e la scienza, convien riconoscere qual sia stata la sua missione nel mondo. Tratta dalla fatalità delle astrazioni, ebbe per missione di scoprire le antinomie delle cose e del pensiero, e nel tempo stesso di svelare a poco a poco le diverse regioni della rivelazione naturale. Per sè il metafisico cerca la soluzione di una contraddizione eterna, per discoprirla cerca un mezzo qualunque sfuggito alla penetrazione degli altri, ed offre questo mezzo come un'invenzione che ferma l'antinomia. S'inganna, l'intento prefisso è fallito; ma il mezzo proposto è una rivelazione. Egli è così che ogni gran metafisico è rivelatore. Talete non discopre l'equazione dell'universo, scopre i fenomeni dell'acqua; Anassimene osserva quelli dell'aria, Eraclito quelli del fuoco. La scuola di Elea rivelava l'essere, Democrito l'atomo, Platone il genere, Aristotele l'individuo. Zenone approfondiva i fenomeni della volontà, Epicuro quelli della voluttà, Plotino quelli dell'estasi. Si segua passo passo la filosofia, si seguiranno i progressi della rivelazione che si estende: presso Descartes troviamo la rivelazione del pensiero; Locke è il rivelatore della sensazione, Kant delle antinomie intellettuali. Gli astrologi apprendevano l'astronomia cercando l'impossibile, la metafisica apprendeva la scienza cercando ciò che sfugge ad ogni ricerca. L'errore era nella preoccupazione che fissava nell'aria o nel fuoco o nel genere o nell'individuo o in un qualsiasi fenomeno l'apparenza prima dominatrice di ogni spiegazione. La sterilità era nello sforzo, che dimandava al principio ammesso l'equazione dell'universo; sterilità che, d'altronde, ingrossava colle contese il tesoro delle contraddizioni, preparando il giorno in cui, vinte dal proprio numero, sarebbero generalizzate e riassunte per precludere ogni adito al divagare dei solitari. Ma la verità era nel fenomeno scoperto, proposto quel principio primo, che serviva così di criterio a sè stesso, e che doveva poi rimanere quello che era, ed essere quello che appariva.

Hannovi adunque due cose distinte in ogni metafisico, in ogni filosofia, e in generale nella storia della filosofia. Havvi l'errore sterile: havvi la rivelazione crescente: havvi la metafisica, che non ha mai regnato e mai non regnerà, e che sarà sempre ostile alla scienza: havvi la scienza stessa, che si svolge, che si rivolta contro la metafisica, che reclama il suo essere, il suo apparire, e che combatte la religione per propagare l'umanità.

 

 

 




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