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Giuseppe Ferrari Filosofia della rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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Capitolo II
LA METAFISICA PRESSO I GRECI
Tutta la filosofia greca rimase sterile, nè mai cessò di essere tiranneggiata dalle implacabili necessità della metafisica. La storia della filosofia greca dividesi in tre periodi; il primo comincia con Talete, e finisce coll'apparire di Socrate; il secondo si estende da Socrate all'origine della scuola d'Alessandria; nel terzo periodo regna sola la filosofia alessandrina. Nelle tre epoche i più grandi tra i rivelatori furono tutti egualmente vinti e sopraffatti dall'assurdo metafisico. Nel primo periodo la filosofia pensa a sottrarre la cosmogonia alle divinità dell'Olimpo, i filosofi prendono possesso della terra e del cielo e diventano rivelatori. Gli atomi, i germi, l'aria, il fuoco, i numeri, l'essere sono altrettante scoperte che espellono gli Dei dai penetrali della natura: l'uomo è quasi liberato dal terrore dei miracoli: qual sarà la sua fortuna? quale la sua potenza? I filosofi possono dedurre logicamente l'uomo nuovo dall'uomo antico; la famiglia, la patria, la casta dell'antico mondo si riproducono nella prima metafisica; un fato feroce: armato d'astrazioni, si sostituisce al regno degli. Il filosofo vuole imitare i conquistatori, l'uomo redento vuo, essere signore. In qual modo? La metafisica consiglia un inganno. Si opera ordinando un doppio insegnamento, l'uno pubblico, l'altro secreto; l'uno interiore, l'altro esteriore. In pubblico la filosofia è pagana, in secreto è libera; in pubblico venera gli Dei, in secreto li disprezza; in pubblico si collega coi conquistatori, coi regnanti; nelle congreghe occulte cospira, ordisce la comunanza degli uomini, tradisce i propri alleati. Chi profitta della finzione metafisica? I pontefici, i conquistatori. Pitagora, il più libero degli antichi filosofi, fonda il più sacerdotale tra gli istituti; Pitagora rispetta gli Dei, il collegio dei pitagorici è un'aristocrazia di impostori, l'antica società sussiste di diritto e di fatto. Che accadrà dei redenti? I pitagorici sono isolati dalla fatalità della metafisica; come filosofi, combattono la religione; come signori, opprimono il popolo; sono sospetti, sono al bando della proprietà e della religione, del popolo e de' signori: e un giorno i signori della metafisica soccombono a un'insurrezione universale. Nessuno de' pitagorici scampa alla strage. La natura aveva traditi i filosofi, avevali tratti colla forza dell'affetto alla famiglia, avevali tratti colla forza della famiglia a costituire una casta, ad essere signori. Nella patria antica non eravi luogo per essi. La metafisica cerca lo scampo di una nuova patria. Dove la troverà? Avanzando logicamente aveva ricostituita la casta, lottando logicamente doveva negare la casta, e colla casta la patria, la famiglia, l'affetto. Ecco la teoria di Democrito che dichiara l'uomo ingannato dalla natura, che lo affeziona alla donna, ai figli, alla famiglia, alla patria; vuole che l'uomo disprezzi le sue affezioni per diventare cittadino della vera sua patria, il mondo. Erano le stesse idee della scuola d'Elea, anch'essa intesa a sottrarsi alla tirannia della patria, della famiglia e dell'affetto. Così, nell'atto in cui la rivelazione dei filosofi liberava l'uomo dal regno degli Dei, la metafisica gli imponeva di esser Dio tiranneggiando sè stesso; nell'atto in cui la rivelazione naturale accusava la religione e la conquista ordinata nella patria, la metafisica consigliava al filosofo di disertare la causa del vero, di non darsi cura de' suoi simili; nell'atto in cui la rivelazione naturale spingeva il redento alla ricerca di una nuova patria, la metafisica toglievalo alla stessa famiglia, e lo spingeva errante tra i barbari quale avventuriero. L'avventuriero capita in presenza de' sofisti che gli dicono: «Tu sei la misura delle cose, tu sei il re dell'universo, tu sei signore, quanto affermi è vero; fuori della tua affermazione non havvi nè il vero, nè il falso. Cittadino del mondo, signoreggia adunque gli uomini colla potenza della parola.» Era in traccia d'una parola, e il redento divien mercante di parole, vende il ragionamento del giusto e dell'ingiusto, inganna oratoriamente, fa professione di persuadere ciò che vuole, sostiene ogni tesi, ogni antitesi, alla condizione d'esser pagato: si trasforma in condottiero al servizio della guerra universale. Così la metafisica, volendo dedurre logicamente la patria dal mondo qual era, dall'uomo qual era, giungeva a tradurre in una guerra metafisica tra i sofisti la guerra universale di tutte le patrie. E a chi profittava la guerra? Chi non è con noi è contro di noi: il sofista pagato dai ricchi, serviva ai ricchi, dava di sè spettacolo al sacerdozio, alla conquista; era fatto buffone del mondo antico, che doveva applaudire, poichè i filosofi, rinunziando alla giustizia, rinunziavano alla causa dei vinti, che era la loro propria causa. La metafisica sottopone i filosofi della seconda epoca a un nuovo genere di tormenti, quando Socrate annunzia per il primo che il vero è più potente dell'inganno, più certo delle armi; ed era questa una rivelazione assolutamente vitale ed istorica. Il vero demone di Socrate parlava ai cittadini d'Atene: - Fondate il vostro interesse sul vero, e non sul falso; se volete che lo Stato sia ben retto, confidatelo ai migliori; che importa l'abilità di chi è corrotto? Se volete magistrati sicuri, sceglieteli probi e intelligenti, non eleggeteli a sorte, perchè il caso è cieco; se volete difendere la repubblica, parlate meno di spade e di corazze; e siate più uniti; che importano gli eserciti quando l'anarchia strazia lo stato? Se volete capitani che valgano a proteggervi, prendete quelli che sanno conoscere il soldato; che importa la strategia del capo che non sa dominare l'esercito? Se volete che l'educazione frutti, vegliate sulle vocazioni, seguitele, assecondatele; è ad esse che la natura confida ogni arte, ogni invenzione. Imitate Sparta nel riabilitare la donna; essa è ragionevole, e se avete la sua amicizia sarete del doppio più forte. - Ma la metafisica s'impadronisce di Socrate, lo obbliga a dimostrare la potenza del vero; il rivelatore deve, metafisicando, guadagnare al vero quell'avventuriere, quell'uomo a cui i sofisti insegnavano che ogni errore è patria; Socrate lo applaude di cercare il proprio interesse, gli dice d'assicurarlo sul vero: chi è interessato ad ingannarsi? Gli dice di darsi al lavoro, perchè il lavoro è utile; gli consiglia di esser temperante, perchè la temperanza, regolando i piaceri, favorisce il nostro interesse; gli consiglia di acquistarsi degli amici, perchè ogni amico è un difensore; poi la forza vitale di Socrate sfugge all'insidia dei sofisti; Socrate non sa la verità, la cerca; non istruisce, interroga; non insegna, fa partorire le menti. Vedetelo, è in piazza; il suo occhio splende, il suo gesto s'anima, i curiosi si fermano; egli accosta il devoto che porta la sua offerta al tempio, l'armaiuolo che ripulisce le armi, Alcibiade che s'abbandona ai piaceri; il dialogo comincia dagli interessi più volgari e scompiglia le idee antiche, si scorge che l'antica morale è immorale, che l'antica religione è impostura. L'amicizia di Socrate trasforma i costumi, minaccia l'antica patria colla superiorità dell'ironia, colla dialettica dell'interesse, che svela dappertutto, nei templi e nelle case la felicità fondata sul falso. Ma la metafisica chiede a Socrate se il vero è potente, se la natura non favorisce l'inganno; e Socrate, condannato a rispondere metafisicando, deve dedurre dalla propria mente, dalla propria vita l'equazione dell'universo; deve dichiarare che la sua ragione, è la ragione del mondo, che la natura obbedisce all'aspettativa dell'uomo, se i suoi nemici prevalgono, la provvidenza lo farà salvo nella vita o nella morte. Qui ancora la fede di Socrate irrompe contro la religione del ricco; ma ad ogni passo Socrate s'avvolge nei lacci della metafisica, deve dimostrare l'esistenza di Dio colla prova dell'ordine, poi l'immortalità dell'anima, poi trovasi aviluppato da una religione metafisica che l'obbliga ad essere religioso. Il demone di Socrate prende sembianza di genio sovrumano, il tempio di Delfo è pure il suo tempio, gli Dei della Grecia splendono nel fondo dell'astrazione metafisica; gli Dei della Grecia proteggono ancora nella mente stessa del filosofo l'antica patria; la metafisica legava l'uomo nuovo al cadavere dell'antico cittadino. La rivelazione storica che si manifesta con Socrate scuote l'antica patria, la religione e la famiglia, l'inganno e la forza accusavano il rivelatore; vien condannato a morte per avere vilipesi gli Dei e corrotta la gioventù: ma chi versa il veleno? chi lo porge a Socrate? La metafisica, che gli fa rifiutare lo scampo della fuga, che lo vuole obbediente alla patria, alla religione, alla famiglia, perchè l'equazione della ragione gli aveva fatto cercare nel cielo lo scampo dell'uomo redento, e conveniva rispettare i tiranni della terra. Socrate fu grande, fu giusto: riunì la doppia ispirazione dell'interesse e della giustizia, fu storicamente ironico, storicamente tragico; ma spirava nelle reti della metafisica, trasportando il vero e la giustizia nell'impossibile. I successori di Socrate cercano tutti qual deve essere la patria del savio, tutti esplorano il regno del vero, e la metafisica li trae tutti incatenati nel sistema della ragione, fuori della storia, nella solitudine delle scuole. Sono più impotenti di Socrate perchè Socrate era più ignorante di essi. Egli è indeciso, incerto nel regno dell'impossibile: Socrate vuol essere ignorante, vuol fuggire la dottrina degli antichi filosofi raccoglie quanto gli bastava a vivere libero di mente nel mondo della natura. I suoi successori devono trasportare nel campo delle contraddizioni la signoria dell'uomo redento dalla religione e dalla conquista, devono sistemare nell'impossibile il regno della ragione. Socrate limitavasi a fondare gli interessi sul vero: dopo Socrate convien spiegarsi: In che consiste l'interesse? nel piacere? nella virtù? Perchè la verità deve rispondere all'aspettativa dell'uomo? Perchè la ragione è la misura dell'universo? Che cos'è la verità? Dov'è? Come può essere assicurata? La critica interroga, la metafisica risponde, e continua il martirio di Socrate. Platone, che entra il primo nel regno della ragione astratta, l'ordina coi generi,nche trasforma in tipi, immedesima il bene, col vero e colla forza: ed a che servono l'equazione? Platone afferma che la natura corrisponde all'aspettativa dell'uomo, ma è una natura ideale che vi corrisponde, una natura trasmondana. Platone combatte la patria, che gli avvelenava il suo maestro, ma non parla più ai cittadini per rigenerarli; non vive in piazza, ma frequenta le corti, cercando la patria del maestro nel cielo. Combatte le divinità della Grecia, ma la metafisica gli impone di cercare un segno della patria celeste, e se respinge il miracolo, crede al delirio, se disdegna i Greci, Platone crede ai barbari, cita la tradizione di Er l'armeno, trasportato, dicesi, nel mondo invisibile, dove vide il giusto ricompensato e l'iniquo punito. Inteso alla ricerca del cielo, Platone accetta la sconfitta di Socrate sulla terra e scrive la filosofia della morte. Egli continua il dialogo del maestro cogli amici, continua le interrogazioni, vuol far partorire le menti, ma il dialogo perde ogni senso terrestre, pratico, tramutasi in una dialettica a doppia direzione, la quale getta nell'antinomia tutti i beni della terra a profitto del cielo. Socrate censurava la patria, ne proponeva le riforme, la voleva rigenerata: Platone continua la censura, compie il disegno delle riforme, e nelle della metafisica, la politica di Socrate diventa l'ordinamento di una chiesa ideale. La repubblica di Platone espelle dal suo seno i sacerdoti, i poeti, gli idoli della Grecia, è la città del vero, la patria del savio, il luogo della terra, dove la forza, la verità e il bene trovansi identici: ma la repubblica è diretta da un Dio trasmondano, è intenta ad un bene trasmondano, sottoposta alla favola di Er l'armeno; vi si insegnano altre favole, i filosofi fanno da pontefici, ingannano i cittadini onde meglio governarli. La metafisica, accettando la necessità dell'inganno, accettava, senza volerlo, la mitologia, lasciava il mondo agli antichi pontefici: chi poteva ingannare meglio di Omero? Socrate combatteva la cupidigia, la metafisica sopprime la proprietà; Socrate voleva la donna , riabilitata, la metafisica tramuta la riabilitazione nella comunanza delle donne; Socrate reclamava che l'educazione assecondasse le vocazioni, che il governo fosse confidato ai migliori, che gli offici fossero dispensati ai più degni; la metafisica scorre coll'idea del bene all'educazione comune, all'abolizione della legge, al regno dell'unica morale che veglia sui pensieri, sulle intenzioni, sovra ogni cosa senza il vincolo di alcuna legge politica. Non basta: conviene coltivare la terra, si concede la terra ad una casta degradata, alla casta degradata si concedono le proprietà, la famiglia, tutto, eccettuate le armi, riservate ai savi: chè se la chiesa di Platone tollera il mondo, non si fida del vero, e vuole i filosofi armati in un colle loro metà metafisiche, perchè gli uomini su cui regnano non li riducano in ischiavitù; Platone pensa che la sua città del vero e del bene sia la fortissima tra le città? Pensa che possa resistere alle seduzioni di Atene o di Tiro? No, la vuoi lungi, ben lungi dalla ricchezza, dal mare, dalla Grecia; ancora è dessa limitata ad un piccol numero di cittadini filosofi o di filosofi solitari; una volta fondata, Platone è certo che non resiste a sè stessa; la vede trascinata prima dalla virtù all'ipocrisia di Sparta, poi alla follìa democratica d'Atene, poi all'anarchia, da ultimo alla tirannia. Qual'è adunque la forza del vero? Platone rifugge dal volgo, non si mescola agli affari, disdegna la Grecia, arma i suoi filosofi; anche armati, li vuole illusi dalle favole, lontani dagli uomini; e nel seno stesso della repubblica ideale, il vero rimane impotente. Così l'uomo cadeva vittima della metafisica, che lo faceva retrocedere all'egoismo solitario di Democrito, all'impostura regnante di Pitagora; l'egoismo e l'impostura non ricevevano altro perfezionamento che quello della morte, sola eredità de' successori di Socrate. Quanto dicesi di Platone, si applica a tutti i filosofi. Così Aristotele è rivelatore, ma la scienza rifugge dal rinnovare il combattimento di Socrate contro le divinità della Grecia, rifugge dalla piazza d'Atene, è al servizio di un conquistatore. Zenone fonda la virtù sull'impossibile, e non la trova nel mondo; Epicuro fonda la voluttà sull'impossibile, e anch'esso fugge l'antico mondo senza trovare un asilo: i nuovi scettici predicavano il bene supremo dell'apatia; dappertutto la metafisica disertava la causa dell'oppresso, o l'opprimeva imitando il fato della conquista colle sue teorie. La religione soccombeva al progresso dei popoli; tutte le patrie dell'antichità erano affrante; la conquista romana ravvicinava, affratellava brutalmente tutte le genti; lo scompiglio del mondo antico, la crescente rivelazione, l'unità di Roma mostravano urgente di cercare una nuova patria all'uomo che sfuggiva al dominio degli antichi Dei e degli antichi signori. Ad ogni passo, ad ogni progresso la filosofia irrigidisce nelle contraddizioni dell'ordine, del bene, della ragione, radicata nel campo dell'impossibile, ognor più affievolita, ognor più lontana dal genio di Socrate, ognor più convinta che non le è concesso abitare la terra. Nell'ultimo periodo della filosofia greca i filosofi vedono scosso il mondo da una religione imminente; pensano di imitare i profeti, e questa volta affrontano alla fine il problema della loro propria impotenza dinanzi al genere umano. In qual modo il filosofo potrà agire sugli uomini insensibili al vero? che devesi pensare de' miti sì strani e sì ciecamente adorati dai popoli? Ecco le questioni. I neopitagorici danno risposte confuse; Filone è men vago, i neoplatonici, sono precisi, ed esprimono l'ultimo pensiero della metafisica sui destini del genere umano. È concesso al filosofo si influire sul genere umano? Riconosciuta l'impotenza dei discepoli di Socrate, che il regno della ragione sfugge al Dio di Platone, al Dio di Aristotele, alla voluttà di Epicuro, alla volontà di Zenone, all'apatia degli scettici, le contraddizioni sorgono molteplici: veruna scuola non vale a vincerle. Che fare? Si cerca un nuovo trovato, una nuova soluzione che abbracci d'un tratto tutte le antinomie, un'arte che sciolga d'un tratto il duplice problema della metafisica e della sua influenza. Non si accusa la metafisica, si accusano ancora i metafisici. Il nuovo trovato consiste nell'estasi, e l'estasi deve dare la doppia equazione dell'universo e dell'umanità. D'indi in primo luogo la filosofia alessandrina, in secondo luogo della scuola alessandrina. Il Dio di Platone è vuoto, l'estasi lo rende positivo; la volontà di Zenone è arida, l'estasi le porge un oggetto; la voluttà di Epicuro è immonda, incerta, l'estasi le dà un oggetto purissimo, assoluto; l'apatia degli scettici erra nella contraddizione, nell'estasi divien beatitudine e trascende la contraddizione. Disperate del vero, perchè la mente è sempre distinta dall'oggetto che conosce? Disperate del bene, perchè chi gode è distinto dall'oggetto goduto? L'estasi trascende la mente, trascende l'anima, s'immedesima col proprio oggetto, ci accorda una rivelazione superiore, un bene infinito, ineffabile, inconcepibile, Dunque con l'estasi il filosofo giunge ad una potenza inaudita: oltrepassa il ragionamento, penetra l'ordine nascosto della natura, tocca all'albero della vita, può divenir profeta, può operare miracoli. Proclo provoca il vento, la pioggia, libera l'Attica da un calore eccessivo, arresta un terremoto: altri filosofi operano prodigi, tutti affascinano i discepoli collo slancio dell'estasi, col delirio dell'entusiasmo. Ecco la teoria; e può tradursi in queste parole: Il regno della ragione, annunziato da Socrate, sarà onnipotente, subordinato all'estasi. Qual sarà adunque l'azione della scuola alessandrina? Le religioni, risponde la scuola d'Alessandria, furono fondate dai savi, che l'estasi rendeva onnipotenti sulla terra: i miti nascondono e raccontano ad un tempo i prodigi dell'antica saggezza deturpata nel delirio esterno della favola. La missione de' filosofi sarà di rettificare la tradizione dei savi, di scoprire il senso perduto de' miti, di fondere tutte le religioni in una sola religione, che sarà il regno della ragione subordinato all'estasi. I neopitagorici volevano resuscitare la tradizione sacra di Pitagora, la saggezza antica e i suoi prodigi cosmici. Filone pensava a ristaurare la saggezza di Mosè, che in sua sentenza la filosofia greca aveva or interpretata, or travisata. Porfirio è il critico di tutti i miti; Giuliano riabilita gli idoli; ed è così che gli ultimi filosofi abbracciano l'umanità. Perciò Filone prometteva un avvenire cui gli uomini santi si riunirebbero condotti da un fenomeno divino, sensibile ai buoni, insensibile agli altri; Plotino, dirigendosi a Porfirio, gli dice: tu ti sei mostrato poeta, filosofo e sacerdote, tu sarai la luce dell'umanità; Proclo si chiama sommo pontefice dell'universo, tutti si riuniscono per togliere la distinzione delle razze e de' culti, e per chiamare i barbari come i Greci alla partecipazione del bene supremo. Questa era l'azione promessa; ma qual poteva essere la vera azione della metafisica alessandrina? Dimandiamolo alle idee. Promettevasi a tutti il regno della ragione sotto la condizione dell'estasi. Che cos'è l'estasi? È un'allucinazione che lusinga il sistema mistico, imita la poesia per rivelare la vita alla vita, travisa l'universo perchè noi possiamo meglio sentire i nostri sentimenti. Quindi l'estasi doveva condurre dalla vita antica alla vita antica, falsava il mondo per meglio offrire all'uomo antico la sua propria immagine. Dunque falsava ciò che è, per negare ciò che diventa, ciò che nasce: e che nasce? il nuovo mondo positivo, non vuoto, reale, non fantastico, per cui la metafisica antica deve combattere con l'estasi contro la vita nuova. Nel fatto, l'estasi è un privilegio: secondo Plotino, è individuale; secondo Porfirio, non è conosciuta se non dall'estasi, come il sonno dal sonno, il senso dal senso. Egli è difficile, dice Plotino, di conoscere il padre del mondo; e quand'è scoperto, è impossibile di farlo conoscere agli altri. Ammonio Sacca non pubblica i suoi scritti, non vuol profanato il suo entusiasmo dalla curiosità della moltitudine. L'estasi è adunque un privilegio, doveva costituire una casta inaccessibile, tre volte santa, inviolabile, e intesa a fondare il regno della ragione. Abbiamo già detto in che consistesse il regno della ragione. Promettevasi a tutti la morte di Socrate, la salvezza individuale nelle regioni della morte; lasciavasi la terra ai signon della terra, rispettavasi l'antica patria rispettata da Socrate. La salvezza trasmondana era subordinata all'estasi, e qui l'impossibile metafisico diveniva eguale al miracolo, la filosofia diveniva religione, poteva obbligare i redenti a lasciare la terra a chi regna. Rivoluzionaria nell'intento, la filosofia alessandrina rappresentò di fatto la più grande tra le reazioni. Essa ristaurò gli idoli sprezzati, i templi deserti, un culto antiquato, credenze impossibili. Pretendevasi togliere la contraddizione tra la scuola ed il popolo, la si voleva togliere col simbolo, e il simbolo, equivoco di sua natura, a doppio senso, era la stessa contraddizione di due dottrine opposte, l'una secreta, l'altra profana. Nel momento in cui il sommo pontefice dell'universo voleva riunire l'umanità, nel momento in cui Porfirio voleva esercitare il sacerdozio universale, nel momento in cui Giuliano prendeva la difesa della filosofia, questo sacerdozio, questa filosofia non fondavano in realtà se non il regno dell'impostura; la nuova propaganda era la propaganda dell'antica conquista. Così nell'estasi il demone di Socrate si divinizza abbracciando l'universo, il felice inganno a cui Platone voleva subordinata la sua repubblica si estendeva al genere umano, la speranza o piuttosto la disperazione, che riduceva Platone a non attendere la sua repubblica fondata se non da un tiranno, conduceva i sacerdoti dell'universo nella reggia di Cesare: e se fosse stato concesso alla metafisica di recare in atto l'estasi inane della scuola, i sacerdoti diventavano esseri soprannaturali, taumaturgi, più che vicari di Dio.
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