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Giuseppe Ferrari
Filosofia della rivoluzione

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  • PARTE PRIMA   CRITICA DELL'EVIDENZA
    • SEZIONE SECONDA   IL PENSIERO
      • Capitolo I   LE CONTRADDIZIONI DELLA FISICA SI RIPRODUCONO NELLA PSICOLOGIA
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SEZIONE SECONDA

 

IL PENSIERO

 

 

Capitolo I

 

LE CONTRADDIZIONI DELLA FISICA SI RIPRODUCONO

NELLA PSICOLOGIA

 

Vinta dalle contraddizioni della natura, un giorno la filosofia si rifugiò nell'intelligenza, sperando di scoprire la verità in noi stessi. Lasciati i corpi, la materia, il moto, la mistione, la fusione, e fissò l'attenzione sui fenomeni del pensiero. La fiilosofia non fu più felice nella sfera dell'intelligenza. Il pensiero si limita a seguire i fenomeni esteriori; materiale o immateriale, è solo l'immagine della natura, e quindi ritroviamo in noi tutta l'incoerenza del mondo esteriore.

Fuori di noi le cose si alterano, sono e non sono; in noi, il nostro io non è mai lo stesso, varia di continuo e si rivolta in ogni suo moto contro la triplice forma dell'identità, dell'equazione e del sillogismo.1

Fuori di noi i rapporti delle cose distruggono la distinzione delle cose: in noi i pensieri influiscono gli uni sugli altri, e la logica ci sforza ad ottare tra la distinzione che colloca i pensieri gli uni fuori degli altri, e il rapporto, che stabilisce una vera comunicazione fra di essi. Sono essi distinti? ogni pensiero si isola, nessuna idea dipende da quella che la precede, il discorso diventa impossibile. I pensieri collegansi tra loro? ecco il rapporto, cioè il moto, l'urto, l'azione, la reazione, la fusione nell'intelligenza, dove questi fenomeni, benchè spiritualizzati, non sono meno contraddittori che nella materia.

Fuori di noi la materia è una e multipla: in noi ogni pensiero è uno per sè, e multiplo per gli elementi del soggetto e dell'attributo che lo compongono. Nel pensiero, come nelle cose, il tutto è sempre più che le parti: la proposizione ha un senso, essa afferma, nega, vive; al contrario, il soggetto, l'attributo, la copula, isolati non hanno senso, non affermano, non negano, sono la materia inanimata del pensiero.

Fuori di noi i generi e gli individui si respingono: in noi sono le idee e le sensazioni che si escludono: le idee sono generali, le sensazioni particolari, e tutta l'opposizione tra i generi e gli individui si riproduce tra l'idea e la sensazione. Fuori di noi il mondo sembra dipendere dalle condizioni del tempo e dello spazio, gli effetti suppongono le cause, le qualità suppongono le sostanze; in noi i fenomeni restano sottomessi alle idee di tempo, di spazio, di causa, di sostanza, le quali sotto l'impero della logica distruggono e rendono impossibili tutti i nostri pensieri.

Nel mondo esteriore la contraddizione si presenta nuda nella lotta del finito e dell'infinito, dell'essere e del non-essere, e di tutti i contrari. La medesima contraddizione sta nel fondo stesso del nostro pensiero, il quale non ci è dato se non alla condizione de' contrari, non potendosi concepire un'idea senza l'idea opposta che la distrugge.

Infine, abbiamo veduto che nella natura le qualità primarie e le secondarie si respingevano a vicenda: in noi la stessa lotta si rinnova sì forte, che i psicologi sono quasi concordi nel negare all'anima l'estensione, la figura, nè potrebbero accordarle l'impenetrabilità e la mobilità senza trasformarla in un atomo, o senza sopprimere l'unità della sua energia. Da ciò nacque la nozione dello spirito, la chimera de' psicologi, i quali per ispiegare l'unità dell'anima dimenticano la pluralità della materia, per cui l'io restò fuori della materia senza relazione colle cose, senza poter agire, nè soffrire, nè sostenere alcuna influenza materiale. Berkeley e Leibniz credettero miglior partito negare il corpo che perdere l'anima: altri con egual ragione preferirono di perdere l'anima piuttosto che di vedersi espulsi dal mondo. Le due scuole hanno ragione, sendo noi costituiti dalla contraddizione.

In generale la psicologia si riduce a sostituire alle cose le percezioni, agli oggetti i giudizi, alle qualità le sensazioni, ai generi le idee, allo spazio l'idea dello spazio, al tempo l'idea del tempo, alla causa l'idea della causa, alla sostanza l'idea della sostanza. Che cosa guadagnamo noi con questo scambio? Si guadagna d'intervertire tutti i problemi. Platone suppone nel Politico che l'universo, dopo esaurite le sue evoluzioni, ritorni sopra di sè: vedonsi le stagioni succedersi a ritroso, gli esseri cominciano colla morte, poi svaniscono nella loro propria origine: l'uomo nasce decrepito, ingiovanisce, e cessa nell'infanzia; gli animali, gli alberi, la vegetazione cominciano sviluppati, impiccoliscono invecchiando, e scompaiono noi loro propri germi. Tutto procede a rovescio, finchè il moto delle sfere non è interamente esausto. La psicologia realizza letteralmente il mito di Platone; essa ci mostra il mondo in noi stessi, gli oggetti nei nostri pensieri, i generi nelle nostre idee. Per la fisica noi siamo nel mondo: per la psicologia il mondo è in noi; per la fisica il tempo e lo spazio ci dominano; per la psicologia sono le nostre idee di tempo e di spazio che reggono l'universo; per la fisica il mondo spiega l'uomo: per la psicologia l'uomo spiega il mondo. Come scegliere nell'alternativa? Quale sarà il titolo della nostra scelta? L'impossibilità di scegliere aggiunge nuovo dubbio ai dubbi che sovrastano alla natura.

 

 




1 La logica impedisce al pensiero di nascere, di morire, di cominciare, di cambiare; essa gli impone di durare eterno e inalterabile.

Il pensiero non può cominciare: donde verrebbe? Da ciò che non è il pensiero, dal nulla, dall'assurdo. Il pensiero non può finire; e come lo potrebbe? Cesserebbe d'essere uguale, identico con sè stesso, e cadrebbe per assurdo nel nulla. Ne consegue, che voi avete pensato prima di nascere, che voi pensate vivendo, e che dopo la morte penserete ancora. Si risponderà:

- Egli è certo che il nostro pensiero comincia coll'esperienza; evidentemente sospeso col sonno, cesserà colla morte.

- Ne siete ben sicuri? Durante il sonno non sognate voi dimenticando poi nel risvegliarvi i vostri sogni? Quando vi addormentate, non vi ha forse una transizione in cui pensate e di cui perdete la memoria? La vostra memoria può non seguire il pensiero; essa non lo segue nei sogni, non nel momento dell'addormentarsi, non nella leggerezza del vaneggiare, non quando il pensiero scorre a caso attraverso l'imaginazione. Dunque la testimonianza della memoria non basta a stabilire che il pensiero comincia e che finisce; dunque potete accordare alla logica che il pensiero è eterno; voi non avete prova alcuna contro la logica, ed essa produce contro di voi l'identità, l'equazione, il sillogismo.

- Un pensiero dimenticato è inutile.

- Lo so, e che importa? non si tratta di sapere se i pensieri coperti dall'oblio siano utili, si tratta di sapere se si pensa sempre sì o no.

- Ma se il pensiero precede la vita, se resta dopo la morte, sarà falso che esso venga suscitato dall'esperienza, e dovremo rivocare in dubbio tutte le verità più elementari.

- Ebbene, sia; diremo falso che il pensiero venga suscitato dall'esperienza, falso che corrisponda alle cose; metteremo in dubbio le verità le più elementari. Secondo la logica, il pensiero è eterno o impossibile; libero a voi d'accordargli l'eternità o di negarlo intieramente. Scegliete. –

Queste sono le ragioni con cui Leibniz dimostrava a Locke che noi pensiamo sempre; e Locke, sorpreso dalle transizioni dell'uomo che s'addormenta, dell'uomo che sogna, dell'uomo che vaneggia senza ricordarsi de' suoi pensieri, finiva per rispondere: Può darsi che l'uomo pensi sempre. Può darsi! dunque voi siete vinto? dunque il fatto che non si pensa se non vivendo è dubbio? dunque l'evidenza non è più che una possibilità. Ora tale possibilità deve cedere alla possibilità opposta, essendo, in forza della logica, non solo possibile, ma necessario che si pensi sempre: se mancasse la continuità il pensiero cadrebbe nel nulla, sarebbe continuamente impossibile. Non basta; la logica vuole che si pensi sempre lo stesso pensiero; Leibniz si fermava a mezza via, non reclamava che la continuità del pensare; io domando l'eternità di ogni pensiero, l'immobilità dell'intelligenza in ogni dato concetto. I miei pensieri non possono variare, se non succedendosi, distruggendosi a vicenda: io non posso pensare ad Apollo, poi a Minerva, poi a Giove, senza sostituire successivamente l'una all'altra le mie idee; nella tessa guisa che nella natura gli esseri cambiano, trasformandosi successivamente in cose diverse. Leibnitz, che confessava essere contraddittoria l'alterazione nelle cose, doveva pur confessare esser contraddittorio il cominciare, il finire di ogni pensiero; Leibnitz che voleva il pensare eterno nella monade, perchè non cominciasse per assurdo, venendo da ciò che non è il pensiero, doveva volere eterno ogni pensiero, perchè non cominciasse per assurdo, vedendo da ciò che non è lo stesso pensiero.






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