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Giuseppe Ferrari Filosofia della rivoluzione IntraText CT - Lettura del testo |
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Capitolo VI
LA PERSONALITÀ È MORALE ED IMMORALE
Non potendosi evitare il dilemma morale nè colla verità, nè colla stima dei valori, nè col bene assoluto, nè coll'ordine, la filosofia sottopose la ragione a un nuovo tormento, perchè determinasse la morale coll'idea della personalità o della libertà. Per Kant questa teoria toccò il sommo della perfezione e dell'errore. La libertà nega ogni vincolo, ogni obbligazione, ogni suggezione; in una parola è compiutamente libera; vasta quanto la volontà, non protegge che la nostra persona; indefinita nella sua carriera, lungi dallo spiegare il dovere, sviluppa l'interesse. In qual modo potrebbe essa strapparci all'interesse? Per la necessità, risponde Kant, di rispettare la libertà degli altri. Perchè devo io rispettare la persona, la libertà de' miei simili? La mia libertà è il mio interesse, quella degli altri lo limita; rispettando la mia libertà sono felice, rispettando quella ne' miei simili sono sacrificato. Kant scambia i termini; sostituisce la libertà de' miei simili alla mia; ma la libertà è libera, e il contrasto della mia libertà con quella de' miei simili riproduce, in termini giuridici, il dilemma del bene e del male. Kant pretende di costringermi al dovere per la necessità di esser coerente; mi domanda se voglio vilipendere la libertà che rispetto, se voglio rifiutare agli altri ciò che domando per me. Sì, certo; se la mia libertà è un principio, io voglio essere assolutamente libero, e non posso essere accusato di contraddizione rifiutando di rispettare negli altri la libertà che esigo rispettata in me. La contraddizione si verificherebbe se cadesse su di un identico oggetto, se nemico di me stesso fossi deliberato a reclamare e a respingere la mia propria libertà, allora soltanto, per esser logico, sarei costretto a scegliere d'esser libero o schiavo, persecutore o vittima. Ma, violando la giustizia, io domando per me la libertà, per gli altri la servitù; e messo da parte il dovere, rimango logicamente fedele al principio della mia propria indipendenza. Nulla v'ha di più naturale: la Chiesa si dichiara oppressa quando non ha la libertà di comandare; l'imperatore si dice insultato se non ha la libertà di opprimere; tutti gli esseri viventi dimandano per sè stessi ciò che rifiutano per gli altri; le fiere vivono di stragi, e nell'opinione generale l'uomo più libero è quello che, superiore ad ogni persona, si pone al di sopra di ogni legge. Per dare a Dio una libertà infinita, non lo si è forse assolto da ogni obbligo, emancipato da ogni legge? Non vi è dunque contraddizione alcuna se rifiutiamo agli altri ciò che dimandiamo per noi. Al contrario, la contraddizione si palesa quando la libertà si vuole limitata dalla libertà; allora si afferma una nozione per negarla; allora una stessa causa, la libertà, ci fa liberi e servi; uno stesso principio ci fa attivi e inattivi, inviolabili e violabili. L'ingiustizia non è contraddittoria; il delinquente fruisce logicamente della sua libertà; è la giustizia che si contraddice, è il savio che manca a sè stesso, che crede alla libertà e la limita, che libero si sottomette al dovere; è re, e diventa suddito; no, se il potere naturalmente regio della libertà viene riconosciuto, il dovere non ha più la sua ragione d'essere, la giustizia è impossibile. Kant sentiva che da sè la libertà non poteva limitarsi, e pensò di limitarla col rispetto che incute: da esso vedeva costituita in noi la dignità del nostro volere, fuori di noi, l'inviolabilità dei nostri simili; in noi il diritto di esser fine a noi stessi, fuori di noi la necessità di lasciare che ognuno sia fine a sè stesso, non mezzo, non istromento, non vittima della nostra volontà. Ma l'espediente di Kant torna inutile. Il rispetto che impone la libertà si riduce ad un sentimento; e se obbliga, se costituisce il principio del dovere, al certo non è la libertà, ma il sentimento che impone l'obbligazione morale. Quindi si ricade nella contraddizione del sentimento. Il rispetto si sviluppa, come tutti i sentimenti, in due sensi opposti; si stima la virtù, ma si stima l'uomo che combatte per la libertà, ma havvi un rispetto istintivo per i potenti; è desso che crea i re. Rispettando noi stessi, qualche volta vorremmo essere i servi dei servi e immolarci all'umanità: altre volte vorremmo invece essere i padroni della terra per sottometterla a' nostri propri disegni. Perchè tra due sentimenti sceglieremo l'uno piuttostochè l'altro? La logica ci vieta di rispondere. In ultima analisi, la teorica della libertà lascia riprodurre in noi tutte le antinomie dell'interesse e del dovere.
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