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Tullia d'Aragona
Le rime

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  • LE AMOROSE EGLOGHE DEL MUZIO GIUSTINOPOLITANO ALLA SIGNORA TULLIA D'ARAGONA
    • II.   IL SOLE
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II.

 

IL SOLE

 

Mopso, solo.

 

Già fiammeggiava presso a l'aurea Aurora

il pianeta maggior nell'oriente,

inargentando i nuviletti d'oro:

quand'io, ch'avea col fischio e con la verga

scorta mia greggia a i rugiadosi paschi,

posto a seder sott'una antica quercia,

notava intento il dilettevol suono,

che d'intorno facean le pecorelle

tondendo il verde de l'erboso suolo.

Ed ecco l'armonia d'una zampogna

sonar non lunge. Io da le dolci note

tratto, e lasciando il mio maggior pensiero,

in piè risorto, cheto, passo passo,

ver mi mossi, e vidi a piè d'un faggio

sedersi un solo. E quanto gli occhi miei

scorger potero in quella incerta luce

mi parve Mopso; Mopso a cui le selve

son testimonie quanto a l'alme Muse,

e quanto ei sia ad Amor fedele amico.

E quale in pria mi parve, tal la voce

e 'l chiaro giorno poi mostrolmi aperto.

Quivi vago d'udir suoi dolci accenti

dietro una macchia stretto mi raccolsi.

E egli omai spuntando il primo raggio

del novo giorno, al dir la lingua mosse,

accompagnando il suon con tai parole:

Mopso. Sorgi omai chiaro sole, e 'l ciel aprendo

l'aer rischiara; e 'l mare intorno imbianca;

la terra alluma; e 'l desiato giorno

riporta a gli animali e ai pastori.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Se non hai sole e se colei non ave

cosa simil, ben posso dir di voi,

che tu se' a lei, ed ella a te simile.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Solo se' sol, ch'in tutti gli alti giri

lume non è ch'al tuo lume s'aguagli,

lassù fuoco v'ha che t'assimigli.

E sola è sol in acque, in selve e in monti:

la bella ninfa mia, ch'è così sola,

che beltà non si mira a lei sembiante.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Quando cinto di raggi il capo biondo

a noi ti mostri, fugge d'ogni intorno

la cieca notte da l'ombrosa terra:

e s'allegrano in piani, in poggi e in boschi

le solitarie fiere, i vaghi augelli,

e con gli armenti, pecore e bifolchi.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

E quando 'l lampeggiar del divo lume

a me si scopre, del mio tristo core

si scuote intorno il tenebroso velo:

gioiscon gli occhi miei: l'anima mia

tutta s'allegra e seco i miei pensieri;

e meco gode il mio cornuto armento.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Poi come le montagne d'occidente

ingombran la tua luce, e tu t'invii

al tuo riposo nei bassi liti,

la fosca notte entro a l'oscuro manto

involve 'l cielo, e involve gli animali,

tenendo il mondo in tenebre sepolto.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

E come del mio sol l'amata vista

da me si parte, al dipartir di lei

a me in un punto ogni mia luce è tolta.

Il giorno mio sen va verso l'occaso

e son sepolti in tenebrosa notte

i miei pensier, il cor, l'animo e l'alma.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Da che tolta è dal ciel tua ardente fiamma,

perché 'l superno chiostro intorno splenda

di mille ardori, non però ritorna

il giorno al mondo infin che non ritorni

tu, la cui luce ogni altra luce asconde.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

E da ch'io de' begli occhi ho gli occhi privi

perché da mille belle e vaghe ninfe

cinto mi vegga, non però s'aggiorna

dentro al mio cor fin che colei non riede,

il cui bel lume ogni altro lume adombra.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Qualor avvien ch'a la tua accesa face

occhio mortal s'arrischi alzar i rai

per ritrar forse l'alma tua figura,

la soverchia virtù del tuo splendore

sì l'abbarbaglia, che smarrito e vinto

ad ogni aspetto uman si trova infermo.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

E io qualor a la mia ardente lampa

mi riprovo d'alzar gli occhi e la mente,

per farne poi ne i tronchi alcun disegno,

il divo onor del rilucente oggetto

sì mi confonde, che perduti i sensi

non sento quel, che di me stesso io senta.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Poi quando più 'l tuo lume s'avvicina

al mondo nostro, occhio del mondo eterno,

e più drizzi i tuoi raggi sopra noi,

arde la terra, e arde ogni vivente;

e de la sete per colli e per piani

mancar si veggon gli alberi e l'erbette.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

E quando a me 'l mio amato sol s'appressa

(il sol ch'è solo il sol de la mia vita)

e fiammeggiando in me 'l suo lampo vibra,

arde in me 'l cor, ardon miei accesi spirti,

e 'n me s'infiamma un sì caldo disire

ch'a me stesso mi sento venir manco.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Tu con la tua virtù non solo allumi,

non solo incendi quel che fuor si scorge,

ma dove umana vista non discende,

dentro passando, fai pregno il terreno

di tal semenza ch'i terrestri germi

producon d'ogni intorno e fronde e fiori,

onde si veston le campagne e i poggi.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

E la virtù di lei non sol rischiara,

non sol infiamma la mortal mia scorza,

ma dove altro non passa che 'l suo sguardo,

in me varcando, in me fa tal radice

che poi germoglia in graziosa pianta,

in cui fiorendo i miei gentil concetti

fanno 'l mio col suo nome eterno adorni.

Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Ma che parl'io? che fo? dormo o vaneggio?

sì son col core al mio bel sole intento

ch'ad alta voce ancor chiamo e richiamo,

e pur or sommi accorto ch'è tant'alto

sorto 'l sol del mio sol sola sembianza.

Oh così fosse ai miei bramosi lumi

sorto il lor sol. Tornato è 'l giorno al mondo

non (lasso) a me, ch'a me non luce il sole,

non s'apre il giorno a me se non si scopre

colei, ch'è sola il sol de l'alma mia.

Oh me infelice sovra ogni vivente!

Sa l'universo, sanno gli elementi,

san le ninfe e i pastor, sanno i bifolchi,

san le fiere e gli augelli, e san le gregge

che da tornare ha il sole e 'l giorno e quando;

e sol io solo senza sole e senza

alcun lume, di giorno in cieca notte

vo brancolando: e non so quando o come

mi ritorni a veder l'amato raggio.

Ahi, lasso me dolente: or fosse almeno

la notte mia tal notte, qual'è quella

ch'al cader del suo sole al mondo sorge,

ch'in quella dolce notte in ogni verso

si posa in pace! Rive, prati e poggi

valli, monti, campagne, selve e fonti

han dolce requie, e i miseri mortali

quetan le stanche membra e ogni affanno,

ogni fatica, mandano in oblio.

Ma non è tal la mia, che cieco e solo

vo intorno errando. E non han pace o tregua

gli occhi miei, non i piedi e non la lingua;

no 'l pensir, no 'l desir, non i sospiri.

E s'alcun è che turbi l'altrui pace,

io son quel desso; che son sol colui

che col continuo suon de' miei lamenti

ho già stancate le campagne e i colli.

Almo mio caro sol, sarà giammai

ch'io ti rivegga un giorno, un giorno intero?

Un giorno che giammai non giunga a sera,

e gli occhi affisi in te quant'io vorrei?

Ahi, lasso me: perché, perché non lice

mostrar aperto il cor? perché disdetto

m'è 'l dir ch'io t'ami, se cotanto t'amo?

Perché disdetto a te l'amar chi t'ama?

Cotai parole, e altre sospirando

e lagrimando, il doloroso Mopso

spargeva a l'aura; e io che senza scorta

lasciata avea la greggia e tuttavia

sentia montando il sol montar il caldo,

lui lasciai pur dolersi: il dolce canto

fra me stesso membrando, e 'l petto pieno

non di minor pietà che di dolcezza.

 

 

 





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