IV.
TALIA
Mopso, solo.
Già risalito
sopra l'orizzonte
il pianeta d'amor
dal terzo cielo
fiammeggiando
spargea l'aer sereno,
il
tempestoso mare, il duro suolo
di chiari
raggi e di virtute ardente:
e destando
le selve e le campagne,
richiamava
pastor, gregge e bifolchi
a le
zampogne, a i paschi e a gli aratri.
Quando Mopso
d'ardor l'anima acceso,
posto a
seder in una erbosa riva,
al dolce
mormorio di lucid'onde
in sè
raccolto, immobile e pensoso
si stette
alquanto; indi a sue dolci note
rispondendo
gli augei, le selve e l'acque,
ruppe 'l
silenzio in così nuovi accenti,
che n'han
fatto conserva i Dei silvestri,
per dar lor
vita in più ch'in una etade.
Or qual
fosse 'l suo canto, a lei che desta
ti tiene
ognor a gli amorosi canti
fa che 'l
ritorni a dir rozza zampogna;
e sia tale
il tuo suon, che degno sia
de materia
maggior che di zampogne.
MOPSO. Alme sorelle, che d'eterno grido
rendete onor
a chi col cor v'onora,
se mai liete
porgeste alcuna aita
al suon de
gli amorosi miei sospiri,
or, che
d'amor cantando è 'l mio pensiero
cantar voi
insieme (che di voi cantando
canto 'l mio
amor) a l'incerate canne
ispirate sì
dolce e chiaro suono,
che sia 'l
mio amor co'l vostri nomi eterno.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
E tu, mio
santo e mio soave ardore,
dotta e
bella Talia, mentr'io m'affanno
per voler
dir di te, ne l'alta impresa
porgi
soccorso a la mia fioca voce:
dammi ardir,
dammi forza; alza 'l mio ingegno
e con la
cara mano un novo ramo
fresco,
verde, odorato, or ora colto
dal sacro
monte a la mia fronte avvolgi.
Movi Talia, movete
sante Dive.
Movete o
sante Dive a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Sorge in
Boezia e non molto lontano
dal gran
Parnaso un onorato giogo
che
d'altezza e d'onor con lui contende;
quest'è 'l
santo Elicona, in cui verdeggia
l'eterna selva
sacra al sacro Apollo,
d'uno e
d'altro valor degna corona.
Qui si monta
per luoghi alpestri ed ermi;
raro sentier
v'appar, rari vestigi;
nè v'ascende
uom mortal, cui 'l ciel non chiama.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Quest'è quel
poggio, che fra gli altri poggi
è de le Muse
il più diletto poggio:
qui 'l
grande Apollo ispira entro a' lor petti
quella virtù
ch'a lui 'l gran padre ispira;
ed elle
l'alme elette a i Dei più care,
chiamano al
verde de l'amate piante;
e chiamanle
al licor del chiaro fonte;
chiamanle al
chiaro fonte d'Ippocrene,
eterno onor
del sangue di Medusa.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Scritto è
nel sasso antico, onde si versa
la dolce
vena, in ben limati versi,
ch'un
giovinetto che di pioggia d'oro
fu
conceputo, alzato un giorno a volo
uccise lei,
che con l'orribil vista
rivolgea
l'uomo in insensibil marmo:
e che del
sangue suo, mille veleni
fur sparsi
in terra; e fra i diversi mostri
un'alato destrier
subito apparve.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Questi
nitrendo e dibattendo l'ale
si levò in
aere, e dopo un lungo corso
pervenuto al
bel giogo ond'io favello,
volando
tuttavia, nel duro masso
percosse un'unghia,
e quei ratto s'aperse
larghi
versando e liquidi cristalli.
Apollo il
vide, e 'l vider seco insieme
tutte le
nove Muse, ed egli, ed elle,
fede ne
fanno a chi con lor ragiona.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
E quest'è 'l
fonte in cui, cui 'l ciel non nega
di poter pur
bagnar le somme labbra,
cantar si
sente al par de i bianchi cigni.
Qui conducon
le Dive a cui interdetto
non è 'l bel
monte, e 'ncoronati e molli
del santo
rio gli rendono a' mortali,
perchè rendano
a ogniun degna mercede
de le fatiche lor, de le bell'opre
qual ornando
di lauri e qual di mirti.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Quinci
discesi quegli spirti eletti
sopra
tutt'altri, con eterne lode
or del fier
Marte, or del soave Amore,
cantano il
sudor d'un, d'altro i sospiri.
E per
memoria de l'amato albergo
aman le
ninfe i poggi, i fonti e i boschi.
Ed è ragion,
ch'ancor quelle chiare alme,
in
rimembranza del lor nascimento,
godon di
luoghi solitarii ed erti.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Fra le selve
Pierie il Dio dei Dei,
quel ch'ad
un cenno il ciel move e governa,
d'amor
acceso, in forma di pastore
con la bella
Nemosine si giacque.
Era costei
la più vezzosa ninfa,
ch'in quella
o in altra età, ninfe e silvani,
tenesse al
suon de le sue dolci note
dolce
cantando le memorie antiche,
e gli occhi
avea stellanti e d'or le chiome.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Giacquesi
con lei Giove, e tante notti
giacque con
lei, quante del santo coro
son le dotte
sorelle. E poi che Febo
nove volte
ebbe visto l'auree corna
rifarsi al
lume suo rotondo specchio,
tante chiamò
Lucina al suo soccorso
la bella
ninfa, e d'altrettanti parti
madre
divenne. O ben felice madre
il mondo
adorno ha il tuo fecondo ventre.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Venute in
luce le felici piante,
de' cui be'
fiori e de' cui dolci frutti
dovea goder
il cielo e 'l nostro mondo,
il sommo
padre di sì bella stirpe
tutto
gioioso i teneretti germi
degni
intendendo di più degno suolo,
che di suolo
terren, fece pensiero
di voler
trapiantar la nova selva
ne le
splendenti sue felici piaggie.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
De' cieli
d'uno in uno il re de' cieli
donò loro il
governo ad una ad una;
e d'una in
una a loro i nomi impose.
Quella cui
diede il cerchio in cui si mira
errar
d'intorno con cangiati aspetti,
la dea de la
cornuta e bianca fronte,
fu la bella
Talia, la cui virtute
fa
verdeggiando germogliar gl'ingegni
di verdura
immortal di fiori eterni.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Toccò a
Mercurio seguitar l'impero
de la placida
Euterpe, a la cui voce
s'empion
l'alme di gioia e di diletto.
S'accompagnò
con l'alma dea di Cipri
Erato bella,
che ne l'alme inesta
quel caro
germe ch'è chiamato Amore;
e Melpomene
ascese al quarto lume,
e la spera
di lui tempra e rivolve
col canto
suo, ch'è pien d'ogni dolcezza.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
L'ardente
spirto del superbo Marte
ogni
orgoglio deposto, non rifiuta
di dar
orecchie a la famosa Clio.
A Tersicore
diede il re superno
che de la stella
sua fosse compagna,
tutto
invaghito di sua allegra vista;
e di
Polinnia gode il padre antico
notando
l'armonia del vario suono
e la memoria
de le cose belle.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Urania su
volando altera salse
fra mille
lumi, ed or in or s'aggira
lieta del
suo bel ciel cantando intorno.
Calliope non
ebbe proprio nido
dal sommo
padre: ei volle ch'in ciascuna,
de l'altrui
stanze fosse la sua stanza:
e le buone
sorelle a la sorella
congiunte in
dolce amor, in dolci accenti
cantando
insieme fan dolce armonia.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Signoreggiano
in cielo, e 'n su la terra
han signoria
quell'anime celesti:
e ciascuna
di lor da la sua spera,
Calliope da
tutte il lor valore
spargon
quaggiù ne i più chiari intelletti.
E qual del
divo spirto ha l'alma ingombra
a lui s'apre
Elicona: a lui le chiome
cingono i
lauri: a lui non si disdice
spenger la
sete al fonte d'Aganippe.
Movete, o
sante Dive, a i vostri onori,
cinte le
tempie d'odorati allori.
Ma che novo
furor m'ha 'l petto ingombro
di voler col
mio calamo palustre
sonar di
lor, ch'a i sempiterni Divi
rotando
tuttavia l'eterne spere,
de le lor
voci fan dolce concento?
Mercè dive,
mercè del novo ardire
non vi
chiamai nimico, e non mi vanto
di cantar
vosco a prova. Anzi 'l desio
onde 'l
vostro valor m'ha l'alma accesa
mi mosse a
ragionar de i vostri onori.
Tornate, o
sante Dive, a i vostri allori.
Tornate
Dive; tornin l'altre e meco
rimanga la dolcissima
Talia;
rimanti, o
Diva, con colui che sempre
teco è col
core. O Musa a le mie rime
basta la tua
virtù. Tu 'l mio Elicona,
tu 'l mio
Parnaso se': tu se' 'l mio Apollo:
tu con
l'ardor de' begli occhi sereni
accendi
entro 'l mio cor sì chiaro foco,
che
l'invidia del tempo in alcun tempo
non potrà
spegner mai la nostra luce.
Tu con la
soavissima favella,
col dolce
suon, con le celesti note
e con la
leggiadria del chiaro stile,
me togliendo
a me stesso, a dir m'invii
cose, ch'i'
spero, che fra questi boschi
si
serveranno ancor dopo mill'anni.
E trovando
Talia per mille tronchi
scritto per
la mia man, trovando Mopso
scritto per
la man tua, n'avranno ancora
diletto e
invidia la futura gente.
O che parlo?
Il tuo aspetto a dir m'ispira
quantunque
io parlo; tu mia lingua movi,
tu mi porgi
i concetti e le parole.
O mia musa,
o mio amor. E qual fu mai
più glorioso
amor che la mia Musa
è 'l mio
amor, e 'l mi' amor è la mia musa?
Dolce amor,
dolce musa: e non vaneggio;
non è 'l mio
sogno; no, che viva e vera
ti veggio
alma mia diva; e tal ti scorgo
qual ti
scorgono e Febo e tue sorelle
a l'onde di
Permesso; e qual ti scorge
la sorella
di Febo entro al suo giro.
Quant'è la
gioia mia? Con voi ragiono
riposti
orrori e solitaria riva:
e prego che
fra voi si stian sepolte
le mie
parole: e voi piacevoli aure
fermate
l'ali e eco non risponda:
non risponda
eco a me, che la sua doglia
mal si
conface al mio gioioso stato.
Chieggio
silenzio, acciochè fuor non s'oda
per la mia
bocca l'alta mia ventura,
che
d'invidia potria colmare altrui.
Quella,
ch'un tempo per l'erbose sponde
de l'ampio
laco de l'antica Manto
fece tenor
cantando al gran Menalca:
quella,
quella or risponde al vostro Mopso.
Volgi a me i
lumi o diva, ch'in que' lumi
godo del ben
del ciel: la lingua snoda
dolce mio
santo amore; da quella lingua
sente 'l mio
cor dolcezza più ch'umana.
O dolce il
veder mio s'eternamente
gli occhi
affisassi dentro a tuoi begl'occhi,
e tu gli
occhi affisassi a gl'occhi miei:
o dolce
udir, se 'l suon dolce e soave
sonasse
eterno dentro a le mie orecchie,
dentro al
cor penetrando, e dentr'a l'alma.
O dolci i
miei pensier, se al mio desire
s'unisse il
tuo desir con tanto affetto
che fosse
una la mia con la tua voglia.
O mia Diva,
o mio amor, se del tuo amore
e se del tuo
favor tanto cortese
sarai a
l'alma mia, che le mie rime
s'ergan
sopra l'invidia, e i miei pensieri
sian pensier
di letizia, in su la foce
del Formion,
là dove il bel Sermino
quinci le
dolci e quindi le salse onde
bagnan
d'intorno, un venerabil tempio
sorgerà al
nome tuo; quivi i pastori
soneran
sempre a te cetre e zampogne:
e di fior
sempre, e sempre di verdura
si
trecceranno a te ghirlande fresche.
E da i colli
e da l'onde, i Dei silvestri
e le ninfe e
i tritoni, incoronati
di liete
frondi, a te festosi giri
faran dolce
iterando il tuo bel nome:
e fra gli
altri la bella, la più bella
ninfa
ch'abbia tutt'Adria in alcun scoglio
Egida bella
l'onorate tempie
cinta di
rami di felice oliva,
Talia
cantando, e 'l nome di Talia
risonando
d'intorno, e poggi e valli,
sopra i
sacrati altari in fochi eterni
spargerà
lieta a te con larga mano
in
sacrificio gli odorati incensi.
Te col divo
splender de i lumi santi,
col dolce
riso e con la chiara voce,
ferma o
Diva, e col cuore il mio bel voto.
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