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Tullia d'Aragona
Le rime

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  • LE AMOROSE EGLOGHE DEL MUZIO GIUSTINOPOLITANO ALLA SIGNORA TULLIA D'ARAGONA
    • VI.   LA SCONCIATURA
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VI.

 

LA SCONCIATURA

 

Mopso, solo.

 

Torniamo, o Muse, ai pianti e ai sospiri:

nostro soggetto or son sospiri e pianti.

Il vostro Mopso si consuma e strugge.

Or mentre io ch'io con lui mi lagno e ploro

seguite o dive le dolenti note.

Fedel mio, se 'l mio Mopso men fedele

fosse in amor, i' vi so dir per vero

che fora la sua vita men dolente;

ma suo costante amor sua ferma fede

di vento di dolor, d'amaro umore

gli tien ognor il petto e gli occhi pregni;

e voi il sapete pur, ch'alcuna volta

gli occhi affissate in lui tutto pietoso.

Or se la vista del suo aspetto solo

può pietade inestar ne gli altrui cori,

che dovran far i dolorosi lai?

Il miserel ad or ad or s'invola

al vulgo e ai pastori; e in qualche bosco

in qualche antro riposto si raccoglie;

quivi s'asside, e quivi s'accompagna

or con un tronco antico, or con un sasso:

e di sé privo, col pensier dipigne

il dolce amato viso; in quel ritratto

gli occhi e l'animo affisa: in quel si specchia;

con quel ragiona; e quel tanto ha di pace

quanto 'l ritiene il dilettoso inganno.

Poi ch'in sé è ritornato, il duolo immenso

non capendo ne l'alma, si disgombra

per lo petto, per gli occhi e per la lingua

in spirti accesi, in lacrimosi rivi,

in fiochi, rotti ed angosciosi accenti.

I' pascea un 'l mio armento per le piagge

del bel Tesin: e così passo passo

per la sua riva errando, il piè mi scorse

ov'io sentì dolersi quel meschino

con le fere, con l'acque e con gli sterpi.

E quanto con la mano ir seguitando

potei 'l suo dir, le triste sue querele

diedi a serbar ad una antiqua quercia.

Or, a voi di ridirle è 'l mio pensiero:

e voi cui talor visto ho 'l petto caldo

di caldo amore, e che di vera fede

portate il nome, con pietate udite

gli acri lamenti del fedele amante.

Mopso. O mia cara Talia, m'ha dunque il cielo

disposto ad amarti perch'amando i' pera?

Ben poss'io dir che quanto gira il sole

non ha la nostra età più ardente foco:

non più gentil, non più lodevol foco

che sia 'l mio foco, e posso dir ancora

che non ha 'l mondo e non ha 'l secol nostro

alcun del mio più sventurato amore.

Bella, vaga, gentil, dolce Talia,

vaga e dolce Talia, ma non men cruda

che vaga e bella e che dolce e gentile:

perché crudel? Perché se tante voci

e se tanti sospir, se tanti pianti

ti mando d'or in or giù per quest'acque,

alcun tuo accento a me non mai ritorna?

Perché s'ami 'l tuo Mopso, a le sue pene

non hai pietate? E se pietà ti move,

che non porgi al dolente alcun conforto?

Misero Mopso, e sarà dunque il vero

quel, che per tutti i boschi ognor ribomba

del breve amor, de' mal fermi pensieri

del sesso feminil? Ahi! dunque lasso

avrò senza 'l suo amor da stare in vita?

Non sarà il ver, sebbene e pastorelle

e Ninfe, e Driadi e Naiacli, e Napee

son di mobil voler; però non voglio

dir che sia 'l suo così mutabil core.

Non è la mia non è cosa mortale,

non Naiada, non Driada od altra Ninfa;

ma de l'eccelse eterne abitatrici

de le spere celesti, una di loro

è la mia diva: e col suo divo spirto

nel cor mi spira l'alte cose belle.

O pur non sia fallace il creder mio.

Or mi sovvien, ch'ancor de l'alte dive

son mal stabili i cori. E quante volte

mutò voglia e amor la dea di Cipri,

la dea del terzo ciel? Di lei mi taccio.

Ma la bianca, la fredda e casta luna

come fu fida, lasso, al fido amante?

Il sanno gli alti boschi, ch'alcun tempo

vider Pan lieto e tristo Endimione.

Mal fida luna, avara luna; e troppo

grande argomento de l'incerta fede

de le mutabil, de l'avare voglie

del femineo desir. Chi mi conforta

in sì novo dolor? Su per le rive

del vago Po non mancano i pastori:

non mancano i leggiadri e bei pastori,

non i ricchi pastor di grassi armenti.

Ma non di gregge mai, non mai d'armenti

vidi vago 'l suo cor. Gli umil disiri

sdegna quell'alma sopra ogni alma altera.

Non per fior giovenil, non per tesoro

apron le sante Dive il santo monte.

per fior giovenil, per tesoro

dee la mia Diva altrui largare il petto.

Caro a Talia di Mopso è il dolce canto

pien d'alti spirti e di gentili ardori.

Or non ha 'l Po di più soavi note?

Di più gentil, di più leggiadri spirti?

Dolente me: di quanti or mi sovviene

chiari pastor ch'alberghin per le sponde

dov'alberga 'l mio ben, tante punture

mi sento al cor. Ahi! ch'ella non rivolga

gli occhi altrove e l'orecchie e i pensieri.

Chiari pastor, deh! no, deh! no per Dio,

tant'oltraggio al buon Mopso. O Musa, o Diva:

o mia Musa, o mia Diva, il tuo buon Mopso,

il tuo devoto il tuo costante Mopso,

il tuo sincero il tuo verace amante,

il tuo fedel pastor il tuo poeta,

vive egli, o Diva, caro e solo albergo

de la sua vita? Ei vive, s'in te vive

la memoria di lui, s'a l'alma sua

dal petto amato non hai dato il bando.

Ahi, qual fora 'l mio stato o triste core,

(tolga Iddio tale augurio) quale stato

fora 'l mio s'a la mia dolce Talia

fosse a grado d'udir ch'altri che Mopso,

mia le dicesse. O pria fra questi boschi

aspra, selvaggia fera, e l'unghie, e i denti

contro me adopre; l'affamate voglie

di mie tremanti membra e del mio sangue

sbramando fiera e pia, finisca a un punto

il mio amor, il mio duolo e la mia vita.

 

 

 





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