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Tullia d'Aragona
Le rime

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  • LE AMOROSE EGLOGHE DEL MUZIO GIUSTINOPOLITANO ALLA SIGNORA TULLIA D'ARAGONA
    • VII.   TIRRENIA
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VII.

 

TIRRENIA

 

Cosa propria d'amante è, Nobilissima signora mia, desiderare di esser sempre e interamente unito con la persona amata, e di qui è che oltra il desiderio il quale io ho che l'anima mia sia con la vostra indissolubilmente congiunta, bramo ancora che i nomi nostri insieme siano eternamente letti e che insieme vivano chiari e immortali. E per tanto, oltra le molte altre rime alle quali l'amor vostro m'è stato Elicona e voi stata mi sete Musa favorevole, mi è novamente venuto fatta una mia composizione per avventura più affettuosa che artificiosa, nella quale ingegnato mi sono di far un disegno di voi più particolare che altro il quale insino ad ora io abbia visto che sia stato fatto da altrui. E se io non ho così dotta mano che di voi possa fare un vero ritratto, penso avervi almeno ombreggiata in maniera che siccome dalle ombre delle bellezze superiori gli animi nostri di grado in grado al disio della vera bellezza sono tirati, così da questa ombra da me fatta di voi, i più gentili spiriti potranno salire alla considerazione di quel vero ch'è in voi; or quale che ella si sia, tale la vi mando nè altro vi dirò se non che se un altra figura poteste vedere con gli occhi corporali la quale io porto già gran tempo nell'animo e di quella farne comparazione con voi stessa, sono securo che voi medesima non sapreste discernere se in voi o in me sia più vera l'imagine di quella forma ab eterno conceputa nella mente di Dio, alla cui simiglianza vi fabricò natura quando ella volse

 

Mostrar quaggiù quanto lassù potea.

 

 

Interlocutori.- DAMETA e TIRSE

 

 

L'erboso prato e i verdeggianti allori,

l'aura soave e 'l bel rivo corrente,

m'invitan seco a far lieto soggiorno

e ragionar del mio soave foco.

Muse, Muse, mentr'io di lei favello,62

avvolgetemi alcun di questi rami

intorno al crine, e non mi siate avare

del favor vostro: i' canto il vostro onore.

E tu, Titiro mio, mcntr'io ricorro

quel che mi detta Amor, le mie parole

va ricogliendo, e 'n quel surgente tronco63

le ripon di tua man; col tronco insieme

sorgeranno il suo nome e i nostri amori.

T. Dunque avrò da lodar la mia fortuna,

che qui a quest'ora ha volto il mio camino;64

che, se brami Dameta ch'el suo nome

per le piante si legga, non ti dee

noiar che Tirse, tuo fedele amico,

l'oda sonar ancor per la tua lingua.

D. Tu se'qui Tirse? Anzi a me è caro assai65

che tu ci sia, che con la tua zampogna

porger potrai soccorso a le mie note

T. Ciò ch'a te piace. Ma saper disìo66

qual sia quella beata a cui tu intendi67

d'acquistar lode con tue eterne rime.68

D. Anzi sarian beate le mie rime

se pareggiasser le sue eterne lode.

Di Tirrenia cantar è 'l mio pensiero.

T. Di Tirrenia? Ho più volte in queste selve

il bel nome sentito; ma di lei

non ho particolare altra contezza.

D. Gran danno a lei, ch'un sì gentile spirto

non le sia in tempo alcun stato soggetto:

a te, che del suo chiaro e vivo lume

ancor non t'hai sentita l'alma accesa.

T. Nova querela, udir ch'altri si doglia

ch'altri non arda del medesmo foco.

D. Da diverse cagion diversi effetti

nascon, mio Tirse, e altramente s'ama

cosa pura mortale, altri disiri

son quei che movon da cose divine.

Come, perché dal soie il lume prenda

una copia infinita d'animanti

non perciò il suo splendore alcuno è scemo;69

così qual uom si sente l'alma piena

de' diletti de l'alma, non si sente

scemar il ben perch'altri ancor ne goda.

Anzi gode quel cor, ch'oggetto eterno

ha in se scolpito, che per molti cori70

cresca la gloria del superno raggio.

E di quel ch'io ti dico, chiara luce

di Tirrenia ne porge il divo lume.

T. Bramo di quel che di' saperne il come.

D. Tirse, non ha veduto il secol nostro

pastor ch'io creda alcun, che d'alcun pregio

abbia colto ghirlanda in Elicona,

che s'ha lei vista, e se gli accenti suoi

ha ne l'alma raccolti, tale ardore

non abbia conceputo, che 'l suo ingegno

n'ha poi fuor dimostrati ardenti lampi.71

Nè tra color giammai si vide o udìo

che ne nascesse invidia o gelosia;

anzi di lodar lei fa ognuno a gara,72

e ne l'udir di lei ciascun si gode

de le sue laudi, e l'un l'altro n'invita

a dir del bel suggetto. E 'n lei n'avviene

quel ch'avvien de le cose rare e nove

e ch'avverrìa se sopra l'orizzonte

cominciasse a scoprirsi un nuovo sole

a gli occhi nostri: che com'altri scorto

prima l'avesse, così immantenente

si volgerebbe a dimostrarlo altrui.

E ciò n'avvien perochè al suo focile

non s'accende altro che gentil disire.

T. Nuovo ben, nuove grazie e santi amori.

Ma bram'io da te, se non t'annoia,73

Dameta mio, che tu mi scopri ancora

que' pastor onorati che pur dianzi

hai detto c'han per lei cantato e arso.

D. E questo, Tirse, ancor farò di grado,

nè penso ch'altri altra più chiara fede

possa altrui far del suo valor soprano

che con sì gloriosi testimoni.

Dirò di loro, e dirò con tal legge,

che senza servar legge, di quel prima

ch'a la mia mente pria farà ritorno,

m'udirai favellar. Nè creder dei

ch'io sia per ricordargli tutti a pieno;

che lungo fora, e poi non m'assicuro

di tutti aver memoria o conoscenza.

T. Com'a te aggrada: io ad ascoltare intendo.

D. Fra i primi che cantaro in riva al Tebro

de la bella Tirrenia fu un pastore

d'antico sangue e di gente Latina,

e nel cui nome suona la sua gente

e del cui canto ancor, e del cui suono,

suonan le trionfali e altere sponde.

Arse colui per lei lunga stagione:

e ancor dolcemente ne sospira.

E per lei sospirò quel chiaro spirto

che morendo lasciò dubbiosi i boschi

tra le Muse di Lazio e di Toscana

quali al suo dir sian state più benigne.

Dico di quel che per li sette colli

abbandonò le piaggie di Panara.

E un altro di patria a lui vicino

per li paschi del Po ne 'l bel soggetto

affaticò sovente le sue canne.

Tirinto dico, a costui 'l nostro Reno

diè 'l patrio albergo; e poi, come 'l ciel volse,

fu costretto a lasciare i dolci gioghi

e pascer le sue gregge per le valli

che 'l fiume, che detto ho, parte e abbraccia.

Che dirò del pastor che l'Arbia onora?

Di quel dotto pastore i cui vestigi

van seguitando e pastorelli e ninfe,

non altramente che lasciva greggia

la lanuta sua guida? Ei le sue rime

del bel nome ch'io canto ha fatte adorne.

T. Tu di', s'io non m'inganno, di colui

ch'un tempo parlar feo le nostre Muse

con quelle leggi e con quelle misure,

che già servò 'l Permesso, il Mincio e 'l Tebro.

D. Di' pur che dir di lui mia lingua intese.

E di lei cantò ancor un'altro Tosco,

un giovin pastor, ch'in riva d'Arno

mentre ch'a lui spargeano il novo fiore74

le molli guance, con sì dolci note75

tenne le ninfe, i satiri e i silvani,

de le donne cantando i pregi eterni,

che ne parlano ancor per questi poggi

le quercie e gli olmi; e se da morte acerba

non era tolto, a lui nel secol nostro

si convenia l'onor de i primi allori.

Nè ci mancano ancor tra queste rive

di quei che van segnando il chiaro nome

in piante e in sassi. E sopra gli altri s'ode

risonar Batto: Batto, che per l'erta

del sacro monte sale a' sì gran varchi,

che fatica è notar le sue pedate.

Ei d'or in or a lei volgendo gli occhi

prende virtute a gli alti e bei suggetti.

Per lei fatto anco ha risonare i boschi

colui, che sceso da gli alpestri gioghi

onde discendon l'acque a i lieti paschi,

de' pastor d'Insubria, in su le sponde

del Re de' fiumi fe 'l suo nome chiaro76

cantando a l'ombra d'un gentil ginebro.

Fu cantata costei da l'aurea cetra

d'un ben dotto pastore, a cui Parnaso

concedette non sol tener le Ninfe

al dolce suon de le palustri canne,

ma gli mostrò i secreti di natura,

e render la salute a i membri infermi.

T. Forse di lui vuoi dir, che già discese

dal chiaro sangue di quel gran bifolco,

che fuggendo l'incendio e la ruina

de la sua patria, penetrando i seni

de l'aspra Illiria e di Liburni e d'Istri,

non lunge d'Adria pose la sua mandra?

D. Di lui dir volli. E dir ti voglio ancora

che 'l ricordar de gl'Istri a la mia mente

tornato ha Mopso; Mopso, in cui contende

il favor de le Muse e lo intelletto.

del terminar le sanguinose liti

de' più audaci pastor. Or quanto e dove

ei sia per Tirrenia arso e quanto egli arda,

e quanto abbia per lei cantato e canti,

fan chiara fede il Po, il Ticino e l'Arno

che mille piante han di sue rime impresse.

Ma dove lascio, lasso, il buono Iola,

Iola che col dotto e nuovo suono

de ben temprati calami, a' pastori

solea far corto e agevole sentiero77

di gir al fonte che fa i nomi eterni?

Questi venuto da gli aperti campi

che bagna l'uno e l'altro Tagliamento,

sè di gloria colmò, d'invidia altrui.

Ei col vivace lume del suo ingegno

solea in Tirrenia, come aquila in sole,

gli occhi affissare e da' suoi chiari raggi

formar lo stile, e le parole, e 'l canto.

Morte pose silenzio a le sue note.

Invida morte, a lei rapisti ancora

e al mondo insieme un'altra chiara luce

d'un gran pastor, che nato in queste piagge

fu cultor nel giardin de' pomi d'oro.

Poi trapassando a le ricche pasture

e a gli orti di Celio e d'Aventino,

si trovò non pur d'edere e di mirti,

ma di purpurei fior cinte le tempie.

Fior di gloria mortal com'è caduco!

Ne sospirano ancor i sette colli

del caso acerbo; e Virbio nei sospiri

suona d'intorno. Virbio almo pastore

e poeta e materia de' poeti;

viverà in mille versi il pastor sacro

e 'l pregio di Tirrenia ne' suoi versi.

Non patisce la gloria di costui

ch'altri d'altro pastor, d'altro poeta,

faccia memoria: e a te bastar ben puote78

d'aver sentito come tali e tanti,

e poeti, e pastori, i loro ingegni

abbian stancati intorno al caro oggetto.

T. Come sollecita ape per li prati

suoi la novella state errando intorno

di fior in fior gustare il dolce succo:

o come innamorata pastorella

di varii fiori al suo diletto amante

trecciar si vede una ghirlanda fresca,

così visto ho Dameta la tua lingua

andar cogliendo il fior de i chiari spirti,

onde composto è 'l mel di quelle lode,

che rese ha 'l mondo a la tua cara amata,

e coronata d'immortal corona.

D. Ma non men gloriosa è la corona

ch'ella tesse a sè stessa: ch'oltra quelle

rime che d'ella col favor suo ispira

a chi del suo amor arde, che da lei

non men provengon che da l'altre Muse

le rime e i versi de gli altri poeti.

Ella suol d'or in or con le sue rime

destare i boschi intorno; e ad ora ad ora,79

co' i più rari pastor cantando a prova

tiene intenti al suo dir Fauni e Napee.

Già sono impressi in più ch'in una pianta

gli alti suoi amori; e la virtù d'amore

quanto sia grande e come sia infinita,

si legge da lei scritta in nuove scorze:80

e suggetti altri, che felicemente

viveran col suo nome chiari e eterni.81

T. Ragion è adunque che sì altero spirto

cantato sia da gli spirti più chiari.

D. Tirse, non vo' lasciare ancor di dirti

che se di lei scorgessi il divo aspetto,

e le dolci maniere e i bei sembianti:

s'udissi il suon de l'alte sue parole,

e le sentenze de' profondi detti,

protesti dir, non quel che di Medusa

si favoleggia che sua fiera vista

altrui mutava in insensibil pietra;

ma c'ha virtute a l'insensibil pietre

d'ispirar sentimento e intelletto.

O s'udissi talor quando accompagna

la voce al suon de la soave cetra:

o quando assisa tra Ninfe e Pastori

move tra lor la lingua a dolci note:

s'udissi, dico, come in nuovi accenti,

e come in soavissimi sospiri

l'aria intorno addolcisca, e i vaghi augelli82

tra le frondi si stiano intenti e muti,

e come i colli, e gli alberi, e le grotte

mandin cantando al ciel novelle voci,

so che non chiederiano i tuoi disiri

altre Muse, altro Apollo, altro Elicona.

T. Grazie son queste così belle e care,

ch'in lei racconti, che fan dubbio altrui

se sia da dir ch'essa sia rara, o sola.

Ma perché spesso avvien ai nostri cori83

che da l'un bel disio l'altro risorge,84

poi che m'hai di Tirrenia il gran valore

fatto sì aperto, ancor saper disio

qual sia di lei la stirpe e 'l patrio suolo;

salvo se del parlar già non se' stanco.

D. Di ragionar di lei sazio nè stanco

esser non poss'io mai; poi vizio fora

non sodisfare a sì giusti disiri.

Or porgi orecchie al chiaro nascimento.

In quelle parti ove si corca il sole,

si stende un'onorato ampio paese,

lo qual da l'oceano e dal mar nostro

è cinto d'ogni intorno, se non quanto

lunga costa di gioghi s'attraversa:

e questi son chiamati i Pirenei.

Da questi monti un gran fiume discende,

il qual porta tributo al sale interno,

e Ibero è 'l suo nome: or quanto serra

il giogo, e l'acque dolci, e l'acque salse,

vien nomato Aragon. In quel paese

già surse un'onorata e chiara stirpe

ch'in tutti que' confìn co 'l suo vincastro

diede legge a' pastori ed a' bifolchi;

e questa dal paese il nome tolse.

Poi co 'l girar del ciel volgendo gli anni

passò l'alto legnaggio a i nostri liti,

a gl'italici liti; e s'alcun nome

ci fu mai chiaro o altero, sopra gli altri85

questo gran tempo risonar s'udìo.86

Che donde di là in Adria il fiume Aterno,

e di quà passa il Liri al gran Tirreno,

quanto circonda 'l mar fin là ove frange

l'orribil Scilla i legni a i duri scogli,

e quanto ara Peloro e Lilibeo,

solea già tutto a la famosa verga

del generoso sangue esser soggetto.

Or fra molti altri uscìo del chiaro sangue

un gran pastor, che di purpuree bende

ornato il crine e la sacrata fronte,

com'amor volle, un giorno per le rive

del vago Tebro errando, a gli occhi suoi

corse l'aspetto grazioso e novo

de la bella Iole. Questa tra le sponde

nata del Re de' fiumi, ove si parte

l'acqua del suo gran fiume in molti fiumi,

avea cangiato 'l Po coi sette poggi:

e di questa 'l pastor, di ch'io ragiono,

caldo di dolce amore fe' 'l grande acquisto

di lei, ch'or m'arde il cor d'eterno amore.

T. Già non si convenìa men chiaro seme

per dare al mondo pianta sì gentile.

D. E non si convenìa men chiaro loco

al gran concetto e al glorioso parto87

che l'onorate piaggie trionfali

de l'almo Tebro, il quale andar si vede

non men superbo che tra le sue arene

sia germogliata pianta sì felice,

che di solenne alcun altro trionfo.

T. Dunque felice il luogo, e 'l seme, e 'l ventre,

onde frutto sì eletto al mondo nacque:

e più felice a cui dal cielo è dato

gli occhi affissar nel lume de' begl'occhi,

ai dolci accenti aver l'orecchie intente,

e aver de gli occhi e de gli orecchi aperte

le porte a l'alma e aver l'alma rivolta

a la beltà del doppio eterno oggetto

da salir sopra 'l cielo. E sopra ogn'altro

felicissima lei, ch 'l gran legnaggio

e l'alto onor del bel nido natìo

vinto ha col pregio del valore interno.

Ma mentre abbiam la lingua e 'l cor rivolti

al tuo bel Sole, è già 'l celeste sole

presso che giunto a l'ultimo orizzonte:

perché buon sia che diam luogo a la sera.

D. Vanne felice. Io pria che 'l vago piede,

rivolga altrove, questa bella pianta

sacrare intendo a lei, cui 'l petto ho sacro

con la memoria de l'amato nome

 




62 O sante Dee.



63 raccogliendo.



64 ch'a quest'ora qui volto ho 'l



65 m'è.



66 Eccomi presto.



67 il cui valore.



68 cerchi inalzar con le tue.



69 Non è in alcuno il suo splendore scemo.



70 Nel core ha impresso.



71 eterni lampi.



72 fan tutti.



73 ben da te.



74 Nel tempo che.



75 Sue molli.



76 Del real fiume.



77 Agevolar solea l'aspro sentiero.



78 Bastar ben ti puote.



79 e d'or in ora.



80 Leggesi.



81 col suo nome eterna vita.



82 L'aria addolcisca donde i vaghi augelli.



83 Ma perché avvenir suol ne i nostri cuori.



84 Che spesso l'un disio dall'altro sorge.



85 chiaro sopra gli altri nomi.



86 Questo oltra gli altri risuonar s'è udito.



87 beato parto.






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