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Anonimo Mastro Titta, il boia di Roma IntraText CT - Lettura del testo |
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Le distrazioni di don Asdrubale.
La fama delle larghezze di don Asdrubale accompagnate a quelle dell’influenza di Agostino Del Vescovo, si diffondevano man mano per Roma e il bravo domestico era continuamente assediato di postulanti d’ogni genere, ma sempre di genere femminile. — Sor Agostino — gli diceva umilmente una donna sulla quarantina — sono vedova con quattro figliuoli. — Che volete che vi faccia. Se volete un piccolo sussidio di qualche lira posso arbitrarmi a darvela in nome di monsignore. — Non è questo precisamente che mi serve. — Che volete dunque? — La maggiore de’ miei figli ha quindici anni. È ingenua come l’acqua di fonte. — Si smalizierà col tempo. — Fresca come un bottoncino di rosa. — Vorrei trovarle un appoggio. — È ciò che può far di meglio una madre vedova. — Don Asdrubale è tanto caritatevole. — Se dovesse dar retta a tutte dovrebbe essere il gran Sultano, che a quanto dicono, ha delle casse piene di diamanti e di rubini. — Colla vostra raccomandazione, sor Agostino... Si sa che don Asdrubale, segue tutti i vostri consigli... Ci ricorderemo anche di voi. — No, ditemi la vostra abitazione. Verrò a farvi una visita e se sarà come voi la descrivete, ne parlerò con monsignore. Il Del Vescovo soleva dare al prete questo titolo, benché non gli competesse, per accrescere importanza a se stesso. — Favorite dirmi quando verrete, perché possa prepararla un poco. Sapete bene, le ragazze sono timide e scioccherelle. — Verrò stasera, dove? — Via della Lungara, la porta subito passato l’angolo a destra. Il solerte domestico non mancava al convegno; si assicurava in tutti i modi che la fanciulla fosse degna delle grazie di don Asdrubale e riconosciutala tale ne faceva un grato presente al prete e ne divideva le propine. Talvolta era don Asdrubale che gli affidava qualche difficile missione. E in tal caso soleva sempre scegliere il post prandium per parlargliene. — Agostino, dopo il caffè, portami una bottiglia di quel Genzano vecchio di dieci anni, che mi mandò monsignor Calotta. — Lo servo subito. — Bravo! Reca un bicchiere anco per te. — Troppo onore, don Asdrubale. — Sei un bravo conoscitore. Bevendo in due si gusta di più. — Come le piace. L’astuto cameriere, comprendeva a volo di che si trattava e nello scendere in cantina si stropicciava le mani, pensando ai vantaggi che avrebbe tratto dall’affare. Agostino portava sopra una guantiera d’argento, finamente cesellata, due calici di cristallo di Venezia e una bottiglia, coperta di polvere e di ragnatele che ne attestavano la vetustà. Stappava questa con tutte le cautele, affinché il vino non avesse ad intorbidirsi, se per avventura aveva fatto un po’ di deposito, e dopo averne versato due dita nel proprio bicchiere colmava quello del prete, il quale assisteva con compiacenza a quei preparativi e dilatando le nari, pregustava col profumo il nettare. Poi diceva: — Riempi anche il tuo. Dopo averne centellinato un mezzo calice, don Asdrubale chiedeva al fedel cameriere, che aveva pur bevuta la sua parte parsimoniosamente: — Che te ne pare? — Divino. — Oh! oh! divino poi. — Perdoni, volevo dire squisito. — Furbacchiotto. Ti perdono perché sei tanto intelligente. — Bontà sua. — Dimmi dunque, che nuove abbiamo? — Nessuna monsignore. — Ma che monsignore! Sai che non lo sono. — Perché non vuole. — E non voglio, perché grazie al cielo, non ne ho bisogno. Ho quel che mi basta. A proposito hai dato i venti scudi a quella buona ragazza? — Subito. — E non è ancora tornata? — Non tarderà molto. — La farò avvertire, se crede. — No, no. Per ora ho altre idee. Versami ancora. Non hai fatto attenzione. — A che, monsignore? — A quella ragazzotta che sta sempre sul limitare del negozio qui accanto al nostro portone? — Maritata? Per bacco non si direbbe; par tanto giovane. — Romana? — Di Genzano. — Beviamo dunque un altro sorso di Genzano, perché non c’è da pensare ad altro. — Perché, monsignore? — E dalla col monsignore! Avrà già il suo confessore. — Non credo. È giunta or ora dal paese. — Mi piacerebbe conoscerla. — Gliene posso parlare. — Non vorrei dar luogo a delle supposizioni maligne. — Oh! per questo non ho che a lodarmi di te. E se il marito fosse geloso? — Sposo di fresco è probabile che lo sia. Ma questa non è una difficoltà. — Lo credi. — Le mogli di mariti gelosi, hanno sempre bisogno di buoni consigli per sapersi condurre. — Volpone!
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