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Anonimo Mastro Titta, il boia di Roma IntraText CT - Lettura del testo |
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Dopo due o tre giorni, terminata la cena del prete, il cameriere gli chiedeva: — Don Asdrubale, non vorrebbe risciacquarsi la bocca con un bicchiere di Est-Est. — Perché no? Agostino tu sei un portento. Indovini i miei gusti. Stasera è proprio il nettare di Montefiascone che ci vuole. Portane un fiaschetto. Ne berrai anche tu. — Così mi scioglierà la lingua. — Hai qualche novità a comunicarmi? — Affrettati. Non farmi morir d’impazienza. Agostino aveva già preparato sulla dispensa il vino proposto e lo serviva tosto. — Dicevi dunque? — Ebbene? — È in cattivi rapporti col marito. — Già? Come mai? — Raccontala più brevemente che sai. — I suoi genitori le avevano promesso due mila scudi di dote, dopo il matrimonio. L’orzarolo si è fidato della parola. Ma quando il matrimonio fu celebrato i due mila scudi non vennero. — È una bricconata, non ti pare? — Sì, e no. — Come sì e no? — Dal punto di vista dell’onestà, certamente è una bricconata, ma dal punto di vista dei nostri affari potrebbe essere molto utile. — Non ti capisco, spiegati meglio. — Ecco qui. Sbolliti i primi entusiasmi, l’orzarolo ha incominciato a molestar la sposa per la dote. La poveretta non ha più un momento di pace. — Non so che farei — mi diceva, per poterglieli buttare in faccia. — Eh a voi non sarebbe difficile trovarli — le risposi — purché voleste. — Chi volete che me li dia? — domandò lei, ed io: Ci sono al mondo delle persone caritatevoli. — Gli uomini non danno mai nulla per nulla — mormorò l’orzarola, ed io di rimando — Si capisce! Ma in fin dei conti, quando si tratta di levarsi da un impiccio e di farsi ben volere dal marito... Don Asdrubale seguiva attentamente il discorso d’Agostino ed avendo questi a tal punto fatta una pausa, domandò anelante: — Ed ella? — Ella sorrise. — Buon segno! Ma due mila scudi, capperi, non sono un baiocco. — Li vale. — Pare anche a me. — Una sposina fresca, fresca... — È tutto quel che si può desiderare di meglio. Ma non li ho qui disponibili. Bisognerebbe che me li facessi mandare. Ne avrò in cassa un millecinquecento e mi servono per altre spese. Parlando così, pareva che il prete ragionasse con se stesso: di quando in quando si interrompeva, come se il suo pensiero volasse altrove. Il cameriere seguiva cogli occhi ogni suo moto, ma non fiatava. — Non avete aggiunto altro? — chiese improvvisamente il prete. — Abbiamo continuato il discorso. L’orzarola mi disse: sono pazzie! Io non conosco persone in Roma — Per questo vi potrei aiutare, le risposi, c’è il mio padrone, sapete, don Asdrubale — Sì, lo conosco; dicono che è un santo uomo — E dicono il vero. Mi ha giusto parlato ieri di voi. — Di me? — Sì, di voi. Gli avete suscitato un desiderio vivissimo di parlarvi. Vorrebbe essere il vostro direttore spirituale — Giusto non mi sono ancora confessata dacché venni a Roma. E credete?... — Credo che se gli chiedeste i duemila scudi non ve li rifiuterebbe — Magari! È un uomo tanto simpatico. — E tu? — Io gli ho dato parola di parlarvene. — Dunque è disposta a venir da me? — A confessarsi sì. Giovedì suo marito deve recarsi a Genzano donde non tornerà che sabato, ella ne approfitterebbe, chiuso il negozio, per venire senza impicci. — Due mila scudi è un sacrificio un po’ grosso: ma lo posso sopportare senza disagio. Me li faccio anticipare domani dal mio notaio, e dopodomani sera, se viene, se sarà buona e compiacente... — Per questo, non può dubitare. — Se sarà buona e compiacente glieli darò. — Posso dunque parteciparle la lieta nuova. — Partecipagliela pure. Sai che quando ho deciso, ho deciso. Don Asdrubale se ne andò a letto e sognò la bella orzarola. Agostino fece altrettanto e sognò i duemila scudi.
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