III.
Il supplizio dei
Carafisti.
Intorno al supplizio di Carafa, uno de’ nipoti di Paolo IV,
da questi prima in ogni modo favorito scandalosamente, poi privato dei benefici
impartiti e condannato da Pio IV (Medici) suo acerrimo nemico, riproduciamo la
seguente importantissima relazione di Francesco Thonnina al Duca di Mantova,
suo signore, «Data da Roma, li viijs de Marzo 1559» pescata
nell’Archivio Gonzaga, del chiarissimo cav. Antonio Bartolotti.
«È finalmente finita quella tragedia carafesca
mercore alle cinque hore di notte ando il baricello Gasparino (come egli stesso
ha narrato di bocca), primieramente al Cardinale Caraffa quale dormeua supino
et benché già gli era stato nuntiata la morte, come per la precedente mia
scrissi a V.E. non di meno non poteva pur crederlo et così entrato in camera
gli disse quello che era venuto a fare il che era per far esseguire quel tanto
ch’era in mente di N. S. in farlo morire. Al che ei dice che detto Cardinale
rispose per dieci volte «Io morire! Adunque il Papa vuole che io muoia?». E
finalmente chiarito che questa era l’ultima hora el che se non attendeva a
confessarsi et accomodare li casi suoi fra quel poco tempo che ad esso bargello
era stato statuito per far l’esercitio, né egli senz’altro aspettare haueria
fatto eseguire la commissione sua, ancorché più volte replicasse: «Io che non
ho confessato cosa alcuna morire!» si dispose poi a confessarsi; il che fatto
chiamò tutti gli astanti et li disse: siate testimoni come io perdono al Papa,
al Re di Spagna et al Governatore et Fiscale et altri nemici miei; poi postolo
a sedere sopra una scragna gli pose il carnefice il capestro al collo et dopo
hauerlo fatto molto stentare lo finì pur all’ultimo di strangolarlo. Andorno
poi al Duca di Palliano qual condussero in Torre di Nona et nel descender dalla
prigione di Castel Sant’Angelo dimandò dove lo conduceuano, et allhora il
Bargello non gli volse dire che lo conducessero a far morire, ma solo gli disse
che lo conduceua in Torre di Nona et più altro non sapea sino a quel hora, al
ché detto Duca rispose che ben sapea che lo conduceuano alla morte, che Christo
glielo aueua rivelato et che di gratia gli lasciassero scriuere una lettera al
figlio; così ridottosi nella Camera doue sta prigione con sigurtà di non far
fuga Gioanni da Nepi, interessato anch’egli in questo negotio esso Duca dettò
due lettere l’una al figlio l’altra alla sorella, le quali sono ueramente
christiane. Poi fu condotto a Torre di Nona doue a lui et al Conte di Aliffe et
Don Leonardo di Cardine fu troncata la testa. Morì il Duca dispotissimo eccetto
che nell’istesso voler porre il capo sotto il ceppo o tagliuola cominciò a dire
aiutatemi de gratia tentatione obrenuntio Satano et finalmente fu
ispedito. Il Conte di Aliffe si dice che ragionaua anch’egli alcune parole
christiane pure era fuori di sé — Don Leonardo di Cardine morì finalmente
disposto. Delli corpi loro seguì questo: il cardinale fu portato nella chiesa
Transpertina, il Duca, et il Conte d’Aliffe et Don Leonardo, furono portati lo
mattino per tempo in Ponte. Il Duca in un cadeletto piccolo ed assai
miserabile, oue giaceua con una ueste di pelle intorno con due torse rosse per
ciascun capo il Conte d’Aliffe et Don Leonardo erano coricati in terra su due
miserabili tappeti lunghi due brazzi o circa et poi tutti infangiati et
calpestati dal numero delle genti che andauano a vedere. Il Cardinale è stato
portato poi a seppellire alla Minerva et si dice anco il Duca. Gli altri dui
dicono che li parenti trattino di condurgli a Napoli».
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