IV.
Il supplizio della Marchesa
Anguillara e di Margani.
Dai Processi Verbali redatti dalla Compagnia di S.
Giovanni Decollato, che il governo opportunamente, ha con savio decreto avocati
a sé, togliamo la narrazione della esecuzione di questa infelice.
«Martedì notte venendo il mercoledì, a dì 3 d’Agosto
1568, alle sei ore di notte in Roma fu menata nel luogo solito della Compagnia
della Misericordia in Torre di Nona per esser fatta morire per via di giustizia
madonna Caterina dell’Anguillara, la quale resasi in colpa dei sua peccati e
confessatasi disse perdonare a tutti quelli che l’avessero offesa siccome
ancora desidera che sia perdonato a lei e volendo fare un codicello al
testamento ultimamente da lei fatto, disse restando fermo il detto testamento e
le cose contenute in esso, lascionne scudi 20 ai poveri vergognosi, e ducati
dieci alla Compagnia di San Giuseppe sotto Campidoglio, e dichiarò ancora che
il legato dei cento cinquanta ducati l’anno, lasciato da lei nel prefato
testamento a messer Bandino Piccolomini gentiluomo sanese suo ultimo marito,
s’intenda libero, e che non abbia a concorrere al pagamento di nessun lascito:
ma che se gli debbano pagare liberissimamente senza farlo stentare o litigare,
ed in che luogo vorrà lui: e questo tanto volendo stare e vivere insieme, con
li suoi figliuoli, quanto no; perché questo rimette nel suo libero arbitrio. E
non volendo stare con detti suoi figliuoli, gli lascia letto, padiglione,
lenzuoli, camicie, sciugatoi, e pannamenti lini ad arbitrio suo, e che questo
arbitrio s’intenda tanto circa alla qualità quanto circa alla quantità; cioè
che di tutte queste cose possa pigliare quella quantità che ad esso parerà, e
di che sorta vorrà. Grava ancora la signora sua madre, come tutrice dei suoi
figliuoli, che le piaccia fare tutti i perdoni che corrono in un anno, e che se
le debbano di più far dire le messe per tutti gli altari che cavano le anime
del purgatorio, e subito le messe di San Gregorio con le cento messe appresso.
E questo disse volere che sia il suo ultimo conticello e volontà, la quale
vuole con voglia in ogni miglior modo.
«Presenti messer Tommaso Aldobrandini, messer Francesco
Scanfartoni, messer Antonio Cocchi, Bastiano Caccini, Monte, Zaffei ed io
Vincenzo Rampini provveditore.
«Messer Jacopo Margani, il quale essendosi reso in colpa dei
suoi peccati e fatta la debita confessione pregando nostro Signore che gli die
fortezza nell’estremo punto della morte, disse perdonare a tutti quelli che
l’avessero offeso; come ancora desiderava che fosse perdonato a lui. E non
volendo morire senza fare menzione di alcune sue cose disse non avere da dire
cosa alcuna e fece fine.
«La mattina all’ora solita si partirono processionalmente di
Torre di Nona e andarono in Ponte, dove furono decapitati. Nostro Signore Iddio
sia stato quello gli abbia dato luogo di riposo.
«La sera all’ora solita si portò da Santo Celso alla
Compagnia di detto messer Iacopo ed a ore XXIV fu portato in Araceli dove fu
sotterrato.
A dì 12 d’Agosto.
«Si vendè i panni di messer Iacopo Margani e se ne cavò
giuli ventotto e si consegnarono a messer Francesco da Carmignano nostro
camerlengo. E adì detto si ebbe dalle rede di madonna Caterina delli Merletti
ducati quattro».
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