Silvio Pellico
Dei doveri degli uomini

CAPO QUARTO.   Alcune citazioni.

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CAPO QUARTO.

 

Alcune citazioni.

 

Fra gli uòmini rinomati nel mondo se ne annòverano alcuni irreligiosi, e non pòchi pièni d'errori o di inconseguènze in punto di fede. Ma che perciò? Tanto contro il cristianesimo in generale, quanto contro il cattolicismo, asserirono e nulla provarono; ed i principali tra loro non poterono evitare, in questa od in quella delle loro opère, di convenire della sapiènza di quella religione che odiavano, o che sì male eseguivano.

Le seguenti citazioni, sebbène non abbiano più il prègio della novità, nulla pèrdono della loro importanza, e giova qui ripèterle:

G. Giacomo Rousseau scrisse nel suo Emilio queste memorande parole:

«Confèsso che la maestà delle Scritture mi stupisce; la santità del Vangelo mi parla al cuòre.... Mirate i libri dei filòsofi con tutta la loro pompa; quanto sono piccoli prèsso questo!.... Possibile che un libro ad un temposublime e sì semplice sia òpera d'uomini? Possibile che Colui del quale esso rèca la stòria non sia che uòmo?... I fatti di Sòcrate, de' quali niuno dubita, sono assai meno attestati di quelli di Gesù Cristo. Inoltre sarèbbe allontanare la difficoltà e non distruggerla; sarèbbe più incomprensibile come parecchi uòmini concòrdi avessero foggiato questo libro che non sialo che un solo abbiane fornito il soggètto... Ed il Vangèlo ha caratteri di verità così luminosi, così perfettamente imitabili, che l'inventore di esso sarèbbe più maraviglioso dell'eròe

Lo stesso Rousseau dice ancòra:

«Fuggite quegli uòmini che, sotto pretèsto di spiegare la natura, spargono ne' cuòri dottrine desolanti.... Rovesciando, struggèndo, calpestando tutto ciò che gli uòmini rispèttano, tòlgono agli afflitti l'ultima consolazione della loro miseria, a' potènti ed a' ricchi il solo freno delle loro passioni; strappano dal fondo de' cuori il rimòrso del delitto, la speranza della virtù, e vantansi d'èssere i benefattori del gènere umano. Non mai la verità (van dicèndo) è nociva agli uòmini. Così credo pur io; ed è, a parer mio, una pròva che ciò che insegnano non è verità....»

Montesquieu, benchè non irreprensibile in fatto di religione, si sdegnava di coloro che attribuiscono al cristianesimo colpe che non ha.

«Bayle, dic'egli, dopo di aver insultato a tutte le religioni, vilipènde la cristiana. Ardisce d'asserire che veri cristiani non formerèbbero uno Stato il quale potesse sussistere. Perchè no? Sarèbbero cittadini sommamente illuminati sui loro doveri e che avrèbbero grandissimo zèlo per adempirli. Sentirèbbero benissimo i diritti della difesa naturale; quanto più crederèbbero di dovere alla religione, tanto più crederèbbero di dovere alla patria... Cosa mirabile! La religione cristiana, che non sembra avere per oggètto se non la felicità dell'altra vita, fa ancòra la felicità nòstra in questa (v. Spirito delle leggi, lib. III, cap. VI).

E più oltre:

«Egli è un ragionare malamente contro alla religione, l'adunare in una grand'òpera una lunga enumerazione de' mali che con lèi vennero, se non si fa pure quella dei bèni da lèi cagionati... Chi volesse raccontare tutti i mali prodotti nel mondo dalle leggi civili, dalla monarchia, dal govèrno repubblicano, dirèbbe còse spaventevoli... Se ci sovvenissero le stragi continue de' re e dei capitani grèci e romani, la distruzione de' pòpoli e delle città fatta da que' condottièri, le violènze di Timur e di Gengiskan che devastarono l'Asia, troveremmo che dèesi al cristianesimo e nel govèrno un certo diritto politico, e nella guèrra un cèrto diritto delle gènti, delle quali còse la natura umana non potrèbb'èssere abbastanza grata (ivi, l. XXIV, c. II. e III).»

Il grande Byron, ingegno meraviglioso, che sì sciaguratamente s'avvezzò ad idolatrare or la virtù ora il vizio, or la verità or l'errore, ma che pur èra tormentato da viva sete di verità e di virtù, attestò la venerazione ch'egli èra costretto d'avere pèr la dottrina cattòlica. Vòlle che fossa educata cattolicamente una sua figlia; ed è nota una lèttera di lui dove, parlando di questa risoluzione, dice aver così voluto, perchè in niuna chièsa gli appariva tanta luce di verità quanto nella cattolica.

L'amico di Byron ed il più alto poèta che sia rimasto d'Inghilterra dopo di lui, Tomaso Moore, dopo èssere stato dubbio lunghi anni sulla scelta d'una religione, fece studi profondi sul cristianesimo, ravvisò non avervi mòdo di èssere cristiano e buòn logico senza èssere cattòlico, e scrisse le indagini da lui fatte e l'irresistibile conclusione a cui gli fu fòrza venire.

«Salute, sclama egli, salute, o Chièsa una e verace! O tu che sèi l'unica via della vita, ed i cui tabernacoli soli non conoscono la confusione delle lingue! L'anima mia ripòsi all'ombra de' tuoi santi mistèri: lunge da me egualmente e l'empietà che insulta all'oscurità loro, e la fede imprudènte che vorrèbbe scandagliare il loro secreto. All'una ed all'altra rivòlgo il linguaggio di sant'Agostino: Tu ragiona, io ammiro; disputa, io crederò; veggo l'altezza, sebbène io non pervènga a tutta la profondità»3

 

 

 





3 Vedi Travels of an Irish gentleman... ecc., cioè i Viaggi d'un Irlandese in cerca d'una religione, con note e schiarimenti di Tomaso Moore.



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