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Miriamo nell'umanità coloro che, attestando in sè medesimi la morale grandezza di essa, c'indicano ciò che dobbiamo aspirare di divenire. Non potremmo agguagliarci in fama a loro, ma non è questo che impòrta. Sèmpre possiamo a loro agguagliarci in intèrno prègio, cioè nella coltura dei nobili sentimenti, ogni vòlta che non siamo abòrti od imbecilli, ogni vòlta che la nòstra vita, dotata d'intelligenza, estèndasi alquanto al di là dell'infanzia.
Quando siamo tentati di disprezzare l'umanità, vedèndo co' nostri òcchi, o leggèndo nella stòria molte sue turpitudini, poniamo mente a quei venerandi mortali che pur nella stòria splèndono. L'iracondo, ma generoso Byron, mi diceva èssere questo l'unico mòdo con cui potesse salvarsi dalla misantropia. - «Il primo grande uòmo che mi ricorre alla mente, dicevami egli, è sèmpre Mosè: Mosè che rialza un pòpolo avvilitissimo; che lo salva dall'obbròbrio dell'idolatria e della schiavitù; che gli detta una legge piena di sapiènza, vincolo mirabile tra la religione de' patriarchi e la religione de' tèmpi inciviliti, ch'è il Vangèlo, Le virtù e le istituzioni di Mosè sono il mèzzo con cui la provvidènza produce in quel pòpolo valènti uòmini di stato, valènti guerrièri, egrègi cittadini, santi zelatori dell'equità, chiamati a profetare la caduta de' supèrbi e degli ipocriti, e la futura civiltà di tutte le nazioni.
«Considerando alcuni grandi uomini e principalmente il mio Mosè, soggiungeva Byron, ripèto sempre con entusiasmo quel sublime vèrso di Dante:
Che di vederli in me stesso m'esalto!
e ripiglio allora buòn concètto di questa carne di Adamo e degli spiriti che pòrta.»
Queste paròle del sommo pòeta britannico mi restarono imprèsse indelebilmente nell'animo, e confèsso di aver tratto più di una vòlta gran giovamento dal far come lui allorchè l'orribile tentazione della misantropia m'assalse.
I magnanimi che furono e che sono bastano a smentire chi ha basse idèe della natura dell'uòmo. Quanti se ne videro nella remòta antichità! quanti nella barbarie del mèdio èvo e ne' secoli della moderna civiltà! Là i martiri del vero; qua i benefattori degli afflitti; altrove i padri della Chièsa, mirabili per colossale filosofia e per ardènte carità; dappertutto valorosi guerrièri, propugnatori di giustizia, ristoratori dei lumi, sapiènti poèti, sapiènti scienziati, sapiènti artisti!
Nè la lontananza dell'età, o le magnifiche sòrti di quei personaggi ce li facciano immaginare quasi di spècie divèrsa dalla nostra. No: non erano in origine più semidèi di noi. Èrano figli della dònna; dolorarono e piansero come noi; dovettero, come noi, lottare contro le male inclinazioni, vergognare talvòlta di sè, faticare per vincersi.
Gli annali delle nazioni e gli altri monumenti rimasti non ci ricòrdano se non piccola parte delle sublimi anime che vissero sulla tèrra. Ed a migliaia e migliaia sono tuttodì coloro che, senza avere alcuna celebrità, onorarono co' frutti della mente e colle rètte azioni il nome d'uòmo, la fratellanza che hanno con tutti gli egrègi, la fratellanza, ripetiamolo, che hanno con Dio!
Rammemorare l'eccellènza e la moltitudine de' buòni non è illudersi, non è guardare il solo bèllo dell'umanità, negando èsservi còpia d'insensati e di pervèrsi. I pervèrsi e gl'insensati abbondano, sì; ma ciò che vuolsi rilevare si è: - che l'uòmo può èssere mirabile per senno, - che può non pervertirsi, - che può anzi in ogni tèmpo, in ogni grado di coltura, in ogni fortuna, nobilitarsi con alte virtù, - che, per tali considerazioni, ha diritto alla stima di qualunque intelligènte creatura.
Dandogli la dovuta stima, vedèndolo spinto vèrso la perfezione infinita, vedèndolo appartenere al mondo immortale delle idèe più che non ai quattro giorni in che, simile alle piante ed alle fiere, apparisce sotto le leggi del mondo materiale, - vedèndolo capace almeno d'uscire d'infra lo studio delle fiere e dire: «Io sono dappiù di voi tutte e d'ogni còsa terrena che mi circondi!» - noi sentiremo crescere i nòstri palpiti di simpatia per lui. Le sue stesse miserie, i suoi stessi errori ci commoveranno a maggior pietà, sovvenendoci qual ènte grande egli sia. Ci affliggeremo che il re delle creature s'avvilisca; agogneremo or di velare religiosamente i suoi tòrti, or di pòrgergli la mano perchè si rialzi dal fango, perchè ritorni all'elevazione dond'è caduto; esulteremo ogni vòlta che lo vedremo mèmore della sua dignità, mostrarsi invitto in mezzo a' dolori ed agli obbròbri, trionfare delle più ardue pruòve, approssimarsi con tutta la gloriosa pòssa della volontà al suo tipo divino!