Silvio Pellico
Dei doveri degli uomini

CAPO DECIMOSESTO.   Freno alle inquietudini.

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CAPO DECIMOSESTO.

 

Freno alle inquietudini.

 

Molti persistono nello stato che scelsero e vi si affezionano, ma smaniano, perchè veggono ch'altro stato rèca a taluno maggiore onori, maggior fortuna; smaniano, perchè sembra loro di non èssere abbastanza stimati e rimunerati; smaniano, perchè hanno tròppi èmuli e perchè non tutti consentono di star loro sotto.

Scaccia da te siffatte inquietudini: chi si lascia dominare da esse, ha perduto sulla tèrra la sua parte di felicità; si fa supèrbo e talvolta ridicolo nell'apprezzare più del debito medesimo, e si fa ingiusto nell'apprezzare sèmpre meno del debito coloro che egli invidia.

Sicuramente, nella società umana i mèriti non vèngono sèmpre premiati con èque proporzioni. Chi lavora egregiamente, ha spesso tal modèstia da non sapersi far conoscere, e spesso vièn tenuto nascosto o denigrato da mediòcri audaci che in fortuna agognano superarlo. Il mondo è così, ed in ciò non è sperabile che muti.

Ti rèsta dunque di sorridere a questa necessità e rassegnarti. Imprimiti bène in mente questa fòrte verità: l'importante è d'aver mèrito, non d'avere un mèrito ricompensato dagli uòmini. Se lo ricompènsano va ottimamente; se , il mèrito s'accresce conservandolo, benchè senza prèmio.

La società sarebbe meno viziosa, se ognuno attendesse a frenare le sue inquietudini, le sue ambizioni, non già divenendo incurante d'aumentare la propria prosperità, non già divenendo pigro od àpata, che sarèbbero altri eccèssi; bensì portando ambizioni belle e e non frenetiche, non invide; bensì limitandole a que' punti oltre ai quali si vede non poter varcare; bensì dicèndo: «Se non giunsi a quell'alto grado di cui parevami èsser degno, anche in questo più basso sono lo stesso uòmo ed ho quindi lo stesso intrinseco valore

Non è perdonabile ad alcuno d'inquietarsi per aver mercede delle sue opere, se non quando trattasi del necessario per e per la sua famiglia. Al di del necessario, tutti gli aumenti di prosperità che son leciti cercare conviène desiderarli con animo imperturbabile. Se vèngono, sia benedetto Dio; saran mèzzi per addolcire la propria vita e giovare altrui. Se non vèngono, sia benedetto Dio; si può vivere degnamente anche senza molte dolcezze; e se taluno non può giovare altrui, la cosciènza non gliene rimbròtto.

Fa tutto cio che stà in te per èssere utile cittadino e per indurre altri ad èssere tali, e poi lascia che le còse vadano come vanno. Metti qualche sospiro sulle ingiustizie e sulle sciagure che vedi, ma non cangiarti in orso perciò; non cadere in misantropia, non cadere in quella falsa filantropia, ch'è pèggio ancòra, la quale per preteso bène degli uòmini, si strugge di sete di sangue, e vagheggia, qual mirabile edifizio, la distruzione, come Satan vagheggia la mòrte.

Colui che òdia la còrrezione possibile degli abusi sociali è uno scellerato o uno stolto; ma colui che amandola divènta crudèle, è parimente scellerato o stolto, ed anzi ad un grado maggiore.

Senza quiète d'animo, la più parte dei giudizii umani sono bugiardi e maligni. Quiète d'animo sola ti farà fòrte nel patire, fòrte nel costante operare, giusto indulgènte, amabile con tutti.

 

 

 


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