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Il vile beffardo cinismo è il gènio della volgarità, il Satana, foggiante sèmpre calunnie al gènere umano; per trarlo a ridere della virtù e calpestarla. Ei raccoglie tutti i fatti che disonorano l'altare, e dissimulando i fatti opposti, grida: - «Che Dio? che influènza benèfica del sacerdòzio e dell'istruzione religiosa? Chimère di fanatici!» - Ei raccòglie tutti i fatti che disonorano la politica e grida: - «Che leggi? che ordine civile? che onore? che patriotismo? tutto è guèrra di astuti e di fòrti nella parte che règge o v'aspira, ed imbecillità in quella che obbedisce!» - Ei raccòglie tutti i fatti che disonorano il celibato, il matrimònio, la paternità, la maternità, lo stato di figlio, di consanguineo, d'amico, e grida con infame tripudio: - «Ho scopèrto essere tutto egoismo, impostura, furore di sènsi, disamore e disprèzzo reciproco!»
Frutti di questa infernale e bugiarda sapiènza sono appunto egoismo, impostura, furore di sènsi; disamore e disprèzzo reciproco.
Come mai il gènio turpe della volgarità, ch'è dissacratore d'ogni egrègia cosa, non sarèbbe supremamente nemico delle virtù della dònna ed ansio d'avvilirla?
In tutti i sècoli ei s'è sbracciato a dipingerla abbiètta, a non riconoscere in lèi se non invidie, artifizii, incostanze, vanità; a negarle il sacro fuòco dell'amicizia e l'incorruttibilità dell'amore. Ogni dònna di qualche prègio fu considerata un'eccezione.
Ma le tendènze generose dell'umanità protèssero la dònna. Il cristianesimo la rialzò, vietando la poligamia e gli amori inonèsti, ed offerèndo, dopo l'uòmo-Dio, per prima creatura umana, superiore a tutti i santi ed agli angioli stessi, una dònna!
La società modèrna sentì l'influsso di questo spirito di gentilezza. In mèzzo alla barbarie, la cavalleria fu abbellita dal culto elegante dell'amore; e noi cristiani inciviliti, noi figli della cavalleria, non teniamo per educato se non l'uòmo che onora il sèsso della mansuetudine, delle casalinghe virtù e delle grazie.
Nondimeno l'antico avversario dei nòbili affetti e della dònna è rimasto nel mondo. Ed avesse pur seguaci le sole menti non dirozzate, i soli infimi ingegni! ma deprava talvòlta ingegni splendidi, e sèmpre questa depravazione avviène laddove cèssa religione, sola santificatrice dell'uòmo.
Furono veduti filòsofi (così almeno si chiamavano) che in alcune ore si mostravano ardènti di zelo per la umanità, ed in altre ore, invasi da irreligione, dettavano carte oscène, smaniosi di suscitare l'ebbrezza dei sènsi con vituperevoli poèmi e romanzi, con ragionamenti e anèddoti e finzioni d'ogni sòrta.
Fu veduto il più affascinante dei letterati, Voltaire (anima che diède alcune testimonianze di buòne qualità, ma corrotta da basse passioni e dalla sfrenata scurrile vòglia di far ridere), comporre lietamente un lungo poèma a scherno del femminile onore, a scherno della più sublime eroina ch'abbia avuto la sua patria, della magnanima ed infelice Giovanna d'Arco. Madama di Staël chiama giustamente quel libro: un delitto di lèsa nazione.
Da uòmini oscuri e da cèlebri, da autori vivènti e da mòrti, dall'impudènza medesima di alcune dònne fattesi indegne del verecondo lor sèsso, da mille parti insomma ti sorgerà intorno frequentemente quel gènio della volgarità che dice: - Disprezza la donna!
Rigetta l'infame tentazione, o tu stesso, figlio della dònna, sarai disprezzevole. Allontana i tuòi passi da coloro che non onorano nella dònna la madre loro. Calpesta i libri che la vilipèndono, predicando scostumatezza. Sèrbati degno, per la tua nobile stima della dignità femminile, di protèggère colèi che ti diède la vita, di protèggere le tue sorelle, di protèggere forse un giorno tal creatura che acquisterà il sacro titolo di madre de' tuòi figli.