Il morire di quel
giorno mi parve ancora più triste dell'usato. Riprendendo a poco a poco le
vecchie abitudini, dacchè mi trovavo sola, Orsola e Pietro davano delle
capatine nel mio salotto offrendo alla mia mestizia l'ingenuo conforto delle
celie che conoscevo da un quarto di secolo e che non bastavano più a distrarmi.
Ero presa da una specie di sgomento davanti a quei due esseri che erano
invecchiati così placidamente nella mia casa, vicini e calmi come i due vasi
dalla fioritura di zinco che ornavano i pilastri del cancello. Quante volte le
brine erano cadute davanti a loro ed erano fioriti i mandorli e gli uccelli
avevano cantato e le farfalle si erano inseguite lungo le siepi ed aveva
odorato cupamente il bosso in fondo alla selva senza che essi avessero chiesto
di più alla vita! La giovinezza non li toccò, la vecchiaia li raggiunse
sfiorandoli appena, la morte li attendeva con braccia di madre. Domandai loro
in un momento di tenerezza se non avessero mai amato. La donna mi rispose di
no, l'uomo sorrise. Chi di essi aveva ragione?
Io venivo frattanto a conoscere
sempre più la inenarrabile malinconia delle cose. Somigliava il mio salotto a
un cimitero sparso di croci; vi piangevo nel vano della finestra le illusioni
fuggite sui fili azzurri e rosei delle mie sete da ricamo e accanto al cembalo
le note appassionate della canzone che non avevo più avuto il coraggio di
cantare. Un parafuoco che Egli soleva prendere in mano per gingillarsi durante
le nostre discussioni, una coppa di bronzo che Egli ammirava, il posto dove
aveva l'abitudine di mettersi, la sedia che preferiva e la luce che gli era più
cara rappresentavano a' miei occhi i termini del sentiero che avevamo percorso
insieme. Mi dicevano: è finito, di qui non passerai più. Sì, lo sentivo, tutto
era irrimediabilmente finito senza ebbrezza e senza colpa, quasi senza lotta,
così - finito!
La regolarità della gradazione che
mio cugino poneva nel rendere le sue visite più rare e più brevi mi dimostrava
la freddezza del suo calcolo e mi faceva perdere anche l'ultima speranza che
avessi potuto avere in una amichevole spiegazione. C'era qualche volta tanta
ferocia nella sua indifferenza, tanta durezza nel suo disdegno, lanciava con
tanta voluttà le parole più atte a ferirmi che mi riusciva di sollievo la fine
della sua visita e lo salutavo anch'io con freddezza e con indifferenza. È ben
vero che mi struggevo internamente in un folle desiderio di abbracciare i suoi ginocchi
che mi faceva prendere in orrore me stessa, per ricominciare poche ore dopo la
sua partenza a desiderarne il ritorno. - Questo lavoro di sdoppiamento
continuamente rinnovato, queste violenti repressioni che non impedivano la
reazione di inauditi ardori abbattevano la mia salute, non potei
nasconderglielo, e anche questo gli servì per pungermi. Disse che mio marito
aveva ragione di lasciarmi in campagna, che la donna è una creatura imperfetta,
di ostacolo e d'impaccio sempre alle forti lotte maschili, salvo - Egli
soggiunse con un raddoppiamento di crudeltà - qualche rara eccezione di florida
giovinezza che bisognava tanto più ammirare ed amare.
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