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Neera
L'amuleto

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  • 19
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Mi trovò in un pallido pomeriggio della fine d'autunno semi-sdraiata sul divano. Vedendolo tentai subito di alzarmi, respingendo una pelliccia che mi copriva le gambe.

- Restate, restate - disse - sono avvezzo a tali cose oramai; la mia vicina è sempre ammalata. Questa è anche una ragione per cui mi vedete di rado, le dedico tutto il tempo disponibile; faccio bene nevvero?

C'era nel suo accento una nota di durezza che non volli rilevare.

- Io lo penso - risposi.

- Mi sembrate accesa in volto.

- Deve essere una fiamma momentanea, ho freddo invece. L'inverno si annuncia rigido quest'anno.

- Tutt'altro. È un tempo splendido per passeggiare; sicuro bisogna essere sani. La signorina Emma... ve l'ho detto che la signorina si chiama Emma...

- Non so, non ricordo...

- Emma! il più bel nome che io conosca. Non è vero che è un bel nome?

Mi trovavo del parere contrario; tuttavia un sentimento di fierezza mi impedì di contraddirlo apertamente. Frattanto Egli insistette:

- Non è vero? Non è vero? Dite che è bello.

Allora soggiunsi con indifferenza:

- Se vi fa piacere! Sapete, è questione di gusti.

- Lei che è la viva immagine della primavera - soggiunse mio cugino con fuoco - non sente punto l'inverno; ha bisogno di muoversi, di camminare. Sua madre mi permette di accompagnarla qualche volta in fondo ai prati - non più in , si capisce - ma sono passeggiate deliziose. Ora Ella mi precede colla sua bella figura onduleggiante, ora mi sta a lato inebbriandomi della sua vicinanza, di quel fresco odore di mammola che hanno certe fanciulle... è curioso, a guardarvi adesso mi sembrate pallida.

- Non vi badate.

- Scherzi nervosi senza dubbio.

- Può darsi.

Fin qui arrivai a rispondere; dopo, un tintinnio nelle orecchie e un velo davanti agli occhi mi impedirono di seguire il filo del discorso, senza però che Egli se ne accorgesse, essendomi celate le mani e mezzo il volto sotto la pelliccia. Ma forse Egli ebbe allora un impeto di compassione; mi accomodò delicatamente la pelliccia intorno alle braccia e vidi nei suoi occhi un raggio dell'antica luce. Tremai tutta ed ebbi paura di me. Come lo amavo, come lo amavo, se il solo tocco della sua mano mi faceva beata in mezzo a tanta umiliazione!

- Myriam - così Egli disse per tentarmi, già pentito della sua bontà - non vi dispiace che vi prenda per mia confidente?

- Perchè dovrebbe dispiacermi? Io sono sempre quella che conosceste.

- Quella, quale?

- Colei che vi accolse or fa un anno unico suo parente e che da voi apprese la via delle verità superiori.

Un lungo silenzio seguì le mie parole. Potei credere per un istante di essere tornata ai dolci e profondi colloqui di un tempo. A un tratto Egli esclamò:

- Non conoscete la vita, non sapete nulla, non comprendete nulla.

- Ohimè - feci quasi involontariamente - lo temo.

Egli proseguì con violenza.

- Avete voi solamente un concetto dei diritti dell'uomo, del suo posto di fronte all'esistenza? Sapete di quali lotte, di quali combattimenti noi abbiamo bisogno? Sapete che ardente focolare d'amore sia il nostro cuore?... Oh! non interrompetemi. Non mi parlate dei vostri amori di femminuccia fatti di lagrime e di rinuncie. Noi nell'amore vogliamo il trionfo sempre, la vittoria sempre e quando non ci riesce di ottenerli il nostro cuore è così vasto che accogliamo in esso l'odio e la vendetta. Misere, misere animuccie che ci venite a parlare di perdono nello stesso modo che rechereste colle vostre piccole e bianche mani inermi un secchiolino d'acqua per spegnere un incendio!

Pronunciando le ultime parole si era alzato. Il suo volto aveva una fierezza dolorosa, le labbra erano contratte, gli occhi scintillarono tutti invasi dalla sua anima. Io credo di non averlo mai amato tanto come in quel momento. Vidi allora ed abbracciai i suoi più intimi pensieri, li accolsi in me, li strinsi dentro di me, compresi le sue lotte, i suoi dolori, le sue intime tristezze; fui sua in uno slancio irresistibile quanto occulto. Volli parlare, ma nessun accento uscì dalla mia bocca.

- Mi accorgo di stancarvi, vi lascio - disse Egli con una dolcezza protettrice e benigna, come se lo sfogo precedente lo avesse calmato. - Guarite!

Gli stesi la mano in silenzio. Egli la prese senza stringerla. Disse: Avete freddo ancora? ed avendo io risposto di no, col capo, si avviò per uscire; ma dopo pochi passi riprese voltandosi indietro:

- Vi mando l'Orsola?

Feci uno sforzo per sorridere.

- Grazie, sto bene.

Non era precisamente quello che volevo dire; non era, ad ogni modo, tutto. Mi rizzai sul gomito seguendo ansiosamente collo sguardo la sua persona che stava per scomparire. Apersi le labbra, sospirai, ricaddi. No, non poteva ancora comprendere.

 




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