Mi trovò in un
pallido pomeriggio della fine d'autunno semi-sdraiata sul divano. Vedendolo
tentai subito di alzarmi, respingendo una pelliccia che mi copriva le gambe.
- Restate, restate - disse - sono
avvezzo a tali cose oramai; la mia vicina è sempre ammalata. Questa è anche una
ragione per cui mi vedete di rado, le dedico tutto il tempo disponibile; faccio
bene nevvero?
C'era nel suo accento una nota di
durezza che non volli rilevare.
- Io lo penso - risposi.
- Mi sembrate accesa in volto.
- Deve essere una fiamma
momentanea, ho freddo invece. L'inverno si annuncia rigido quest'anno.
- Tutt'altro. È un tempo splendido
per passeggiare; sicuro bisogna essere sani. La signorina Emma... ve l'ho detto
che la signorina si chiama Emma...
- Non so, non ricordo...
- Emma! il più bel nome che io
conosca. Non è vero che è un bel nome?
Mi trovavo del parere contrario;
tuttavia un sentimento di fierezza mi impedì di contraddirlo apertamente.
Frattanto Egli insistette:
- Non è vero? Non è vero? Dite che
è bello.
Allora soggiunsi con indifferenza:
- Se vi fa piacere! Sapete, è
questione di gusti.
- Lei che è la viva immagine della
primavera - soggiunse mio cugino con fuoco - non sente punto l'inverno; ha
bisogno di muoversi, di camminare. Sua madre mi permette di accompagnarla
qualche volta in fondo ai prati - non più in là, si capisce - ma sono passeggiate
deliziose. Ora Ella mi precede colla sua bella figura onduleggiante, ora mi sta
a lato inebbriandomi della sua vicinanza, di quel fresco odore di mammola che
hanno certe fanciulle... è curioso, a guardarvi adesso mi sembrate pallida.
- Non vi badate.
- Scherzi nervosi senza dubbio.
- Può darsi.
Fin qui arrivai a rispondere; dopo,
un tintinnio nelle orecchie e un velo davanti agli occhi mi impedirono di
seguire il filo del discorso, senza però che Egli se ne accorgesse, essendomi
celate le mani e mezzo il volto sotto la pelliccia. Ma forse Egli ebbe allora
un impeto di compassione; mi accomodò delicatamente la pelliccia intorno alle
braccia e vidi nei suoi occhi un raggio dell'antica luce. Tremai tutta ed ebbi
paura di me. Come lo amavo, come lo amavo, se il solo tocco della sua mano mi
faceva beata in mezzo a tanta umiliazione!
- Myriam - così Egli disse per
tentarmi, già pentito della sua bontà - non vi dispiace che vi prenda per mia
confidente?
- Perchè dovrebbe dispiacermi? Io
sono sempre quella che conosceste.
- Quella, quale?
- Colei che vi accolse or fa un
anno unico suo parente e che da voi apprese la via delle verità superiori.
Un lungo silenzio seguì le mie
parole. Potei credere per un istante di essere tornata ai dolci e profondi
colloqui di un tempo. A un tratto Egli esclamò:
- Non conoscete la vita, non sapete
nulla, non comprendete nulla.
- Ohimè - feci quasi
involontariamente - lo temo.
Egli proseguì con violenza.
- Avete voi solamente un concetto
dei diritti dell'uomo, del suo posto di fronte all'esistenza? Sapete di quali
lotte, di quali combattimenti noi abbiamo bisogno? Sapete che ardente focolare
d'amore sia il nostro cuore?... Oh! non interrompetemi. Non mi parlate dei
vostri amori di femminuccia fatti di lagrime e di rinuncie. Noi nell'amore
vogliamo il trionfo sempre, la vittoria sempre e quando non ci riesce di
ottenerli il nostro cuore è così vasto che accogliamo in esso l'odio e la
vendetta. Misere, misere animuccie che ci venite a parlare di perdono nello
stesso modo che rechereste colle vostre piccole e bianche mani inermi un
secchiolino d'acqua per spegnere un incendio!
Pronunciando le ultime parole si
era alzato. Il suo volto aveva una fierezza dolorosa, le labbra erano
contratte, gli occhi scintillarono tutti invasi dalla sua anima. Io credo di
non averlo mai amato tanto come in quel momento. Vidi allora ed abbracciai i
suoi più intimi pensieri, li accolsi in me, li strinsi dentro di me, compresi
le sue lotte, i suoi dolori, le sue intime tristezze; fui sua in uno slancio irresistibile
quanto occulto. Volli parlare, ma nessun accento uscì dalla mia bocca.
- Mi accorgo di stancarvi, vi
lascio - disse Egli con una dolcezza protettrice e benigna, come se lo sfogo
precedente lo avesse calmato. - Guarite!
Gli stesi la mano in silenzio. Egli
la prese senza stringerla. Disse: Avete freddo ancora? ed avendo io risposto di
no, col capo, si avviò per uscire; ma dopo pochi passi riprese voltandosi
indietro:
- Vi mando l'Orsola?
Feci uno sforzo per sorridere.
- Grazie, sto bene.
Non era precisamente quello che
volevo dire; non era, ad ogni modo, tutto. Mi rizzai sul gomito seguendo
ansiosamente collo sguardo la sua persona che stava per scomparire. Apersi le
labbra, sospirai, ricaddi. No, non poteva ancora comprendere.
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