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Neera
L'amuleto

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Però dopo quel colloquio mi sentii più forte. La mia strada si veniva delineando retta e sicura; perseverare doveva essere il mio motto, non importa a quale prezzo. Sarebbe stato assurdo se avessi preteso di lesinare sul prezzo di un premio così ardentemente agognato come il suo amore - oh! non il volubile e basso amore ch'Egli m'aveva offerto, ma l'amore nuovo, peregrino che Egli stesso vagheggiava senza potervi credere, a cui aveva accennato una volta chiamandolo una cosa grande e del quale senza dubbio non mi giudicava degna - dimenticando che ero della sua famiglia e che in me pure ferveva un desiderio di emulazione, quasi un bisogno di lotta e di conquista.

Era precisamente dinanzi alla sua forza che si era risvegliata la mia; era dinanzi al suo piccolo orgoglio d'uomo che la mia coscienza mi apriva la via ad un orgoglio superiore, dal quale mi veniva tanto coraggio e tanta fede insieme. Dare, dare ancora, dare più di quanto si ottiene e di quanto si può sperare, non è questo il divino segreto dell'amore? Dare tutto è molto, ma dare il meglio è più che dare, poichè implica la scelta e l'innalzamento.

La principessa che amando sotto spoglie bestiali un principe degno di lei gli fece il dono della sua gioventù e della sua bellezza, non avrebbe amato che a metà se il principe non doveva per forza del di lei amore riprendere i caratteri di creatura spirituale. Nella favola tutto procede per la completa felicità - il principe e la principessa si sposano - ma la vita offre di rado la felicità completa. Bisogna scegliere. Io non dubitavo di avere scelta la parte più preziosa, quella che il tempo non può distruggere, che gli uomini non invidiano e non insidiano, che non mi avrebbe data nessuna gioia esterna, ma che doveva essere il tabernacolo delle mie più segrete compiacenze.

Fu in uno di quei giorni che Orsola venne a farmi la confidenza delle relazioni che passavano fra mio cugino e le pigionali della Querciaia, concludendo:

- È evidente che la vecchia signora tende le reti per procurare un marito a sua figlia.

- Non è forse un giudizio temerario? - mi arrischiai a dire, con calma, quantunque il mio cuore palpitasse d'ansia.

- Tutto il paese ne parla. Parlerebbe se non ci fosse niente?

- Sai bene che la malignità è sempre pronta. È così facile pensar male!

- Ma si tratta di fatti e non di pensieri. Egli passa la giornata da quelle signore e come non bastasse esce per i prati insieme alla signorina.... Io, se fossi madre, non lo permetterei, ma quella signora le dico ha il suo fine.

- Dopo tutto è un fine onesto.

Pronunciai certamente queste parole con un fil di voce, perchè l'Orsola non vi badò e stava per continuare le sue indiscrezioni, se io non avessi provato una crescente vergogna dello stare ad ascoltarla e non le avessi imposto recisamente il silenzio.

Con queste piccole vittorie mi abituavo al dominio di me stessa; quasi ogni giorno rinunciavo a una gioia, a una curiosità, a una lieve soddisfazione, tendendo tutte le mie forze a raggiungere ciò che era oramai il mio unico scopo, che doveva tenermi luogo di felicità: mostrarmi degna di Lui. E mi abituavo pure a pensare la mia vita priva di Lui, a sostituire a Lui i suoi ideali, spiritualizzando la mia passione, elevandola alla dolce religiosità di un culto. Mettevo un ardore tenace a cancellare dalla mia memoria ciò che avrebbe potuto rimpicciolirlo per ricordarmi solo della benefica influenza che aveva esercitata sopra di me colle qualità del suo ingegno e del suo animo così nobilmente virile. è questo che dobbiamo fare noi donne: emulare l'uomo nelle forze spirituali, non per contendergliele, ma per aggiungervi le nostre idealità. La sfida che Egli m'aveva lanciata una sera nel viale del mio giardino, si svolgeva ora cogli inevitabili particolari cruenti. Oh! Dio, non somigliava al terribile combattimento narrato nella sacra scrittura di Giacobbe lottante una notte intera nella oscurità con un angelo? Lo stesso mistero dolente ci avvolgeva, i nostri colpi cadevano ciechi nel buio, ma al pari di Giacobbe io sentivo che avrei vinto. Che importano allora le ferite?

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