Vegliai tardi
quella sera, rileggendo una lettera di mio marito lunga e complicata nella
quale mi diceva che era deciso a stabilirsi definitivamente a Parigi in vista
di un posto all'ambasciata e che gli gioverebbe avere con sè la famiglia, che
Alessio trovavasi oramai nell'età propizia per incominciare la sua educazione e
che se io non avessi nulla in contrario potrei raggiungerlo a Parigi col
bambino. Le riflessioni suggeritemi da questa proposta erano tali da tenermi
sveglia, venendo a incrociarsi in un momento così solenne con altre preoccupazioni
ed altri pensieri egualmente gravi.
La mia vita cambiava; vedevo
necessariamente in essa un nuovo indirizzo, nuovi doveri, nuove lotte forse.
L'orfanella stava ancora vestendosi
nella sua camera quando venne mio cugino a prendere le disposizioni per il
funerale. Mi trovò sul pianerottolo della scala con un fascio di semprevivi
sulle braccia. Indovinandone la destinazione arrossì come per eccesso di
piacere, poi facendosi subito pallido mormorò con nobile semplicità:
- Non vi conoscevo, Myriam, ora sì.
Come siete buona!
Nessuna parola poteva riuscirmi più
cara di quella - tanto invocata, tanto desiderata - epperò un grande turbamento
e una commozione vivissima mi obbligarono ad appoggiarmi contro la parete.
Egli soggiunse:
- Mi perdonate?
Dio, che gioie vi sono al mondo!
Le mie mani sotto i semprevivi
tremarono; abbassai il capo per invitarlo tacitamente a seguirmi ed anche per
dirgli di sì. Avrà Egli compreso il mio silenzio?
Le occupazioni serie e penose di
quella giornata non mi lasciarono più sola con Lui nè con me stessa, ma io
avevo una gioia così profonda nel cuore che mi sentivo le ali.
Decisi di tenere la fanciulla
presso di me finchè non fosse venuta una vecchia amica di sua madre che si era
offerta per ricoverarla, in attesa di provvedere meglio al suo avvenire.
Intanto le fui compagna nella triste cerimonia del distacco, la sorressi e
asciugai le sue lagrime. Scoprivo in me delle energie insospettate e un
coraggio che non avrei mai creduto di avere. La poveretta mi dimostrava la sua
riconoscenza in modo toccante. Furono giornate calme insomma, piene di intima e
malinconica dolcezza, quali non avrei credute possibili.
Un segreto istinto mi trattenne
dall'interrogare mio cugino sui suoi progetti per l'avvenire dal momento che
Egli non vi faceva nessuna allusione e quando la fanciulla fu partita e che
Egli riprese le sue visite assiduo, affettuoso, sembrò che nulla fosse cambiato
intorno a noi. Meglio ancora, era come se avessi fatto un cattivo sogno e
provavo la gioia ingenua del risveglio.
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