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Neera
L'amuleto

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Una sera - veniva ancora qualche volta alla sera - gli comunicai la risoluzione di raggiungere mio marito a Parigi. L'improvvisa notizia lo scosse ma in fondo conservava forse una certa incredulità. Mi guardò intensamente come per vedere se avevo un secondo fine e la diffidenza tornò a sfiorarlo.

- Perchè andreste a Parigi proprio ora?...

Presi la lettera di mio marito e gliela lessi tutta, facendogli notare che Alessio entrava nel suo settimo anno e che se suo padre cominciava ad occuparsene il mio dovere era di secondarlo.

- In fondo non vi dispiace a andare a Parigi. Deve essere così.

Ignoro quale espressione di intima tristezza salì in quel momento dal mio cuore al mio volto perchè Egli soggiunse con una pronta effusione di simpatia:

- No, no, Parigi non è fatto per voi. Vi troverete peggio che in un deserto e vi tornerà spesso in mente questa casa e queste campagne.

- Sì, lo credo.

- E tutto quello che lasciate qui.

- Anche.

Sopra queste parole ci fermammo. Avevo l'impressione che qualcuno nel salotto ci stesse a guardare. Erano forse le ore dell'anno trascorso, le ore piene di luce e di tenebre che non dovevano tornare mai più.

- Che cosa faranno - disse Egli, colla intonazione scherzosa che gli serviva quasi sempre per nascondere un sentimento profondo - queste sedie, queste poltrone, questo tavolino da lavoro così pieni della vostra fisionomia e del vostro profumo?

- Riposeranno sotto le loro coperte di tela greggia.

- E i vostri due vecchi?

- Poveri vecchi!

- Ed io?.....

- Ah! voi...

Qualcuna delle ore che ci stavano ascoltando dovette fremere nel suo involucro di larva; mi parve che un velo sbattesse nell'aria; mi sentivo presa da mani invisibili. Egli ripetè a voce bassa:

- Che farò io?

- Voi - (era appena un soffio la mia voce) prenderete una compagna.

- E se non volessi prenderla?

Tacqui. Egli ripetè con grande ardore:

- Se non volessi prenderla, dite?...

Non aveva fatto un sol passo verso di me, il suo corpo era rigidamente immobile, ma negli occhi gli bruciava una fiamma.

Misurai tutti i confini della tentazione, ne vidi la profonda dolcezza, sentii salire a me da oscurità ancora inesplorate inauditi fantasmi di ebbrezza e di passione. Una sola parola che pronunciassi ed Egli era mio - lo sentivo - tutto mio in quella solitudine beata, lungi dal mondo, nella primavera che rinasceva, nel mio cuore che si era aperto all'amore, che tremava e palpitava sotto il suo sguardo e nella visione della sua carezza. Tutto si sarebbe rinnovato; le soavi sere, i colloqui confidenti, l'abbandono dell'anima, la gioia di vivere insieme... Era così violento il desiderio che ne tremavo. Ma che cosa ne vedeva Egli? Col capo chino sul mio ricamo tentavo di contarne i punti e solo dopo averli contati risposi:

- Fareste male. Le vie del sogno sono molte, quella della vita è una sola. Dovete ammogliarvi.

- Siete sincera? - domandò, figgendomi gli occhi in volto.

Pensai che un momento di debolezza mi avrebbe perduta irremissibilmente.

- Lo sono - risposi.

Egli mi lanciò uno sguardo acuto e chinò la fronte.

Fu quello uno dei nostri ultimi colloqui. Avendo scritto a mio marito che acconsentivo a andare a Parigi col bambino, mi rispose invitandomi ad affrettare la partenza perchè avrebbe potuto venirmi incontro a mezza strada. Il destino aiutava così il mio coraggio.

 




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