-- INTERVENTI IN
AULA (CONTINUAZIONE)
Diamo qui di
seguito i riassunti degli interventi:
- S.E.R. Mons. Gervais
BANSHIMIYUBUSA, Vescovo di Ngozi (BURUNDI)
Il mio intervento vuole essere una testimonianza sull’importanza
dell’Eucaristia nei momenti di conflitto, con riferimento all’esperienza
vissuta dalla Chiesa in Burundi negli ultimi anni. Il Burundi, paese cristiano
e per più del 60 per cento cattolico, ha appena conosciuto un tempo di prove,
vivendo conflitti tragici tra le diverse comunità etniche del paese. Questi
conflitti sono degenerati in una guerra civile, al punto che le persone delle
diverse etnie non osavano nemmeno più incrociarsi per strada.
Le celebrazioni eucaristiche sono rimaste i luoghi privilegiati dove le persone
di diverse etnie potevano incontrarsi per pregare per la loro riconciliazione.
Attraverso la sua “duplice Mensa” della Parola di Dio e del Pane eucaristico,
la celebrazione eucaristica è stata, per così dire, un’occasione privilegiata
per:
- un annuncio profetico che ha alimentato regolarmente la speranza del popolo
in vista di una possibile riconciliazione;
- una Parola che ha interpellato tutti, senza pregiudizi, in vista della
conversione dei cuori e delle menti.
Al di là di tutto, la celebrazione eucaristica è stata una fonte di grazia che
ha donato ai cristiani un coraggio soprannaturale per agire controcorrente,
rifiutando, spesso a prezzo del proprio sangue, qualsiasi solidarietà negativa
basata sull’unica fratellanza naturale dell’etnia o dell’interesse egoistico.
Grazie all’Eucaristia, la Chiesa in Burundi ha ritrovato lo splendore della
dimensione cristiana del martirio. Molti laici, consacrati e Pastori hanno
donato la propria vita fino al sacrificio della morte per testimoniare a favore
di questa fratellanza universale che ha origine nella comunione nello stesso
corpo e nello stesso sangue di Cristo!
Un profondo ringraziamento va alla Chiesa universale che, consapevole della sua
comunione universale con noi attraverso l’Eucaristia, ci ha espresso in molti
modi la sua vicinanza, la sua sollecitudine e la sua fratellanza.
Auspico giustamente che questo Sinodo ci aiuti a mettere maggiormente in
risalto questa dimensione di una comunione unica con lo stesso Cristo, che ci
apre a questa fratellanza di figli di una stessa famiglia: la famiglia di Dio.
Rendendo sempre più concreta tale fratellanza tra le Chiese dei paesi del Nord
e quelli del Sud, avremo contribuito a far sì che il mondo attuale, più
sensibile alla testimonianza che alla parola, possa credere a questo grande mistero
della Fede per la nostra fraternizzazione.
[00188-01.04] [IN160] [Testo originale: francese]
- S.Em.R. Card. Francisco
Javier ERRÁZURIZ OSSA, dai Padri di Schönstatt, Arcivescovo di Santiago de
Chile, Presidente del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.AM.) (CILE)
Lo scambio intenso che ha luogo in questa Assemblea sinodale fa crescere,
giorno dopo giorno, la profonda meraviglia che suscita in noi il grande mistero
della fede. Il dono eucaristico può saziare la fame dell’umanità: la fame di comunione,
di vita e di pace, di trascendenza e di intimità, di verità e di bellezza, di
senso del dolore e di dignità, di missione, solidarietà e fecondità, in breve,
la fame di Dio.
Siamo accompagnati costantemente dall’anelito a condividere questo tesoro della
Chiesa: Gesù Cristo, nostra Pasqua. Riflettiamo, pertanto, sulla partecipazione
dei fedeli laici all’Eucaristia.
L’Instrumentum laboris, al n. 25, ci invita a considerare la partecipazione
interiore. Afferma che “la partecipazione dei fedeli alla liturgia, soprattutto
alla celebrazione eucaristica consiste essenzialmente nell'entrare in questo
culto, nel quale Dio discende verso l'uomo e l'uomo va verso Dio”. Consiste,
pertanto, nel ricevere con permanente stupore, dalla nostra povertà pentita, il
dono di Dio che discende, il Pane sceso dal cielo e spezzato per la vita del
mondo che è Suo Figlio, prolungando il mistero dell’Incarnazione e della Nuova
Alleanza nel suo Sangue, per opera dello Spirito Santo. Consiste anche
nell’entrare nell’azione eucaristica per ascoltarlo, contemplarlo, lodarlo e
ringraziarlo per essere disceso fino a noi, ma anche per implorare la sua
grazia. Desideriamo così unirci alla sua offerta al Padre, offrendo ciò che
siamo e che possediamo, come pure le nostre sofferenze e le nostre speranze.
Nutrendoci del suo Corpo e del suo Sangue, desideriamo essere conformati a
Cristo come figli del Padre e fratelli del Primogenito, e trasformarci in
nutrimento per i nostri fratelli, soprattutto per i più afflitti, in missionari
inviati a configurare tutto con Lui nella fecondità del suo Spirito, di modo
che venga riconosciuto come Capo di tutto il Creato. Non desideriamo andare a
Lui da soli, ma insieme con tutti i redenti, giorno dopo giorno, formando la
sua Famiglia come coeredi di Cristo.
Occorre, dunque, come dice l’Instrumentum laboris, entrare nell’azione
liturgica. Per questo, il cammino migliore è condividere i sentimenti e la
disposizione di Maria Santissima, “Donna eucaristica”, che ha preceduto e che
precede nella Chiesa Sposa lungo i cammini della fede, del Calvario,
dell’alleanza e della nuova vita con l’ardore e con l’invio della Pentecoste.
I fedeli laici partecipano con pienezza quando tutta la loro vita è
profondamente unita all’Eucaristia; quando è tutta accoglienza di Dio, ascolto
della Parola, docilità allo Spirito; quando è adorazione e azione di grazie,
come anche rinnovamento della Nuova Alleanza; quando essa è interamente offerta
e comunione, sacrificio, impetrazione ed espiazione, dono gratuito di Dio per i
fratelli. L’Eucaristia è veramente la fonte e il culmine della vita e la
missione dei fedeli laici quando confluisce a lei e parte da lei - nella vita
personale, familiare, lavorativa, artistica, culturale, sociale e politica,
nelle occupazioni quotidiane e negli impegni straordinari - l’esercizio della
funzione sacerdotale, profetica e regale della sua esistenza cristiana. Ricordo
alcune parole del Beato Alberto Hurtado, alla cui canonizzazione, Dio volendo,
potremo assistere: “La mia Messa è la mia vita, e la mia vita è una Messa
prolungata!”. È questa la meta e il cammino di qualsiasi pedagogia eucaristica.
[00189-01.05] [IN161] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Agostino
VALLINI, Arcivescovo-Vescovo emerito di Albano, Prefetto del Supremo Tribunale
della Segnatura Apostolica (CITTÀ DEL VATICANO)
Nelle comunità ecclesiali delle aree occidentali del mondo i dati statistici
della pratica eucaristica sono poco confortanti. Tra le cause molteplici
segnalerei la concorrenza tra credi religiosi antichi e moderni, la crescente
secolarizzazione e il pervasivo relativismo. In questo contesto culturale ad
essere chiamata in causa è la pastorale e, in particolare, la pastorale
parrocchiale. Se conforta il fatto che in tante parrocchie esistono fiorenti e
vivaci gruppi di fedeli, non si può più ritenere che la maggioranza dei
battezzati creda e viva l'Eucarestia. Ciò significa che l'impianto della
pastorale ordinaria delle parrocchie avrebbe bisogno di essere ripensato,
perché la fede non può essere presupposta. La parrocchia, con coraggio,
pazienza e lungimiranza dovrebbe innovare contenuti e metodi della pastorale
ordinaria, ponendo a fondamento della sua azione la "questione della
fede" come prioritaria a cui destinare le maggiori energie. La pastorale
parrocchiale, che dopo il Concilio ha fatto molti passi avanti, obbedisce
ancora ad uno schema in gran parte legato alla dimensione cultuale.Questa
pastorale non riesce a formare una comunità cristiana che celebri l'Eucarestia
come "radice e cardine"della sua vita. Nei piani pastorali
bisognerebbe ripartire da forme di annuncio kerigmatico, offrendo l'occasione
di una scelta personale e consapevole della fede; dovrebbe darsi un crescente
spazio alla Parola di Dio, nella forma della lectio divina o con altri metodi
che ne aiutino l’assimilazione, e successivamente alla catechesi liturgica che
favorisca la comprensione e la degna e fruttuosa celebrazione dell'Eucarestia.
Si tratta di introdurre i cristiani nella esperienza gustosa della celebrazione
eucaristica. Ma questa non si improvvisa, nasce dalla fede. Per realizzare
questa innovazione pastorale non si può prescindere da una riflessione sulla
figura del parroco, che dovrebbe coniugare il carisma del pastore con quello
dell'evangelizzatore (di cui ci parla Ef. 4,11). Compito non facile, ma che
l'urgenza del momento fa sì che non possa essere disatteso.
[00190-01.05] [IN165] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. José de la Trinidad VALERA ANGULO, Vescovo di La Guaira (REP.
BOLIVARIANA DEL VENEZUELA)
Celebrare con gioia e celebrare la gioia della Pasqua del Signore
Il mondo ha bisogno di conoscere e vivere la gioia nello Spirito Santo, ha fame
di Dio ed è Cristo colui che rivela l’uomo all’uomo. La rivelazione, più che
puro ragionamento, è VITA, è l’esultanza della comunicazione della Trinità del
Dio unico.
Questa gioia la celebriamo in santità nella liturgia. Nella celebrazione
dell’Eucaristia si vive la novità del Cristo pasquale, felicità dei credenti e
promessa per quanti ancora non lo conoscono. Quanti martiri hanno vinto con la
gioia esultante dell’Eucaristia! L’Eucaristia tutta è canto, è superare i
limiti spazio-temporali per entrare nel mistero del Dio vivo e vero.
Il nostro servizio di pastori del gregge consiste nel trovare le strade che
permettano al nostro popolo di vivere la gioia del Risorto. Gli orientamenti
liturgici devono fuggire qualsivoglia legalismo e cercare di essere in sintonia
con l’esultanza nello Spirito Santo, perché il mondo creda e abbia vita.
[00150-01.04] [IN108] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Paul BÙI
VĂN ÐOC, Vescovo di My Tho (VIET NAM)
Nella liturgia, il perfetto mistagogo è lo Spirito Santo, come afferma
chiaramente il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Nella liturgia lo Spirito
Santo è il pedagogo della fede del popolo di Dio” (CCC 1091; Cfr. CCC 1092).
E’ opera comune dello Spirito Santo e dell’assemblea preparare i cuori
all’incontro con Cristo, in modo particolare dei suoi ministri (Cfr. CCC 1098).
E qui si tratta di un ministro che è il vescovo, il primo dispensatore dei
misteri di Dio. Qui è il vescovo che coopera con lo Spirito Santo
nell’introdurre al l Mistero della Fede il Popolo di Dio. La mistagogia, poiché
rappresenta l’introduzione al mistero della presenza di Cristo, necessita della
luce e della forza dello Spirito Santo. Sono personalmente convintissimo
dell’assistenza dello Spirito Santo durante le mie celebrazioni eucaristiche e
prego con fervore prima e durante la messa, supplicando lo Spirito Santo di
venire in mio aiuto.
Se vogliamo essere dei buoni mistagoghi dobbiamo introdurre i fedeli nel
mistero lasciandoci introdurre noi stessi dallo Spirito Santo nel Mistero di
Cristo. L’ars celebrandi deve creare un’atmosfera, l’ambiente divino per
l’incontro del fedele con Cristo Risorto. E’ lo Spirito Santo, con la nostra
collaborazione, a creare questo ambiente divino. Lui stesso è l’atmosfera
divina: noi infatti celebriamo la Santa Messa in Spiritu.
[00151-01.04] [IN110] [Testo originale: francese]
- S.E.R. Mons. Manuel Felipe
DÍAZ SÁNCHEZ, Vescovo di Carúpano (REP. BOLIVARIANA DEL VENEZUELA)
Riferimento: N° 52 dell’Instrumentum Laboris (Ars celebrandi)
Nella nuova situazione socio-politica del Venezuela, ocorre che i cattolici
diano una testimonianza di unità. Nell’Eucaristia essi troveranno la forza per
testimoniare. In Venezuela la Chiesa ha celebrato un’Assemblea Plenaria il cui
tema liturgico è stato trattato nel Documento “La Celebración de los Misterios
de la Fé”. Lì troviamo un esplicito riferimento all’ars celebrandi.
Questo richiamo del N° 52 dell’Instrumentum Laboris è molto importante. Esiste
sempre la possibilità di mettere in pericolo la stessa fede se non si domina
pienamente l’ars celebrandi. Un esempio di ciò lo troviamo proprio nel mio
paese.
La liturgia abbraccia il mistero dell’incontro tra Dio e l’uomo, laddove
quest’ultimo viene santificato. Essa ha un ruolo didattico e formativo. Se una
celebrazione deve essere epifania del mistero, significa che chi vi partecipa
deve percepire quanto lì si compie.
Il carattere pedagogico della liturgia non riguarda solo l’aspetto estetico o
artistico. La liturgia educa e insegna ai fedeli, si avvale dei mezzi dell’arte
per toccare la loro sensibilità e ha una
normativa per salvaguardare la sua unità e il suo carattere ecclesiale. Tutto
ciò serve a mettere in risalto il carattere di azione salvifica della
celebrazione sacramentale.
Ogni ministro deve preoccuparsi di coltivare l’Ars celebrandi, allo stesso
tempo però l’Instrumentum Laboris ricorda che il Vescovo deve essere esemplare
in questo. A noi Vescovi il compito di assolvere con amore e sollecitudine
questa funzione insostituibile in seno alle nostre Chiese particolari.
[00161-01.03] [IN112] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Luis Antonio
G. TAGLE, Vescovo di Imus (FILIPPINE)
Ringraziamo Dio perché i cattolici nelle Filippine, specialmente i bambini e i
giovani, ancora apprezzano l’Eucaristia e l’adorazione. Abbiamo sacerdoti, ma
non a sufficienza per la numerosa popolazione cattolica. Alcune comunità non
hanno accesso regolare all’Eucaristia.
Per rispondere al bisogno di Eucaristia, i sacerdoti dicono molte Messe,
accettano più intenzioni e mandano i ministri laici per il servizio della
Parola con la comunione. I sacerdoti adempiono alla loro responsabilità al
meglio delle loro possibilità. I fedeli conoscono la differenza tra il servizio
della Bibbia e l’Eucaristia, tra il sacerdote e il ministro laico. Molte
comunità attendono il dono del sacerdozio e dell’Eucaristia con umiltà. Per il
bene di queste comunità, propongo quanto segue:
1) Il Sinodo potrebbe iniziare un’analisi serena sulla mancanza di sacerdoti.
Mentre guardiamo al mondo per le minacce al sacerdozio, dovremmo anche
domandare se la Chiesa sa gestire bene tale dono.
2) Per evitare la confusione dei ruoli tra la Chiesa e l’Eucaristia non basta
rimandare al n. 10 della LG sulla differenza fondamentale tra il sacerdozio
ministeriale e il sacerdozio comune. La LG, al n. 10, dice anche che essi sono
ordinati uno all’altro. Nella scambievolezza e nella comunione riscopriremo il
dono del sacerdozio e dell’Eucaristia.
[00176-01.05] [IN115] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Lucius
Iwejuru UGORJI, Vescovo di Umuahia (NIGERIA)
È di grande importanza il fatto che Cristo nell’Ultima Cena abbia identificato
sé stesso con il pane spezzato. Lo spezzare il pane doveva diventare l’azione
con cui i suoi discepoli lo avrebbero riconosciuto ad Emmaus (Lc 24,13-35).
Nella celebrazione dell’Eucaristia al tempo degli apostoli lo spezzare il pane
era così importante che i primi Cristiani usarono l’espressione “frazione del
pane” per indicare le assemblee Eucaristiche (At 2,42-46; 20,7).
Non possiamo ignorare l’importanza del simbolo fecondo di ricevere Cristo
nell’Eucaristia che si trova nel segno e nel simbolo del pane spezzato. La
Comunione con Cristo, il pane spezzato, non può esservi se non è Comunione con
quelli che sono membra di Cristo. L’unione fraterna che nasce dalla Comunione
Eucaristica è espressa concretamente dalla prima comunità cristiana in una
comunità Eucaristica esemplare. Essi vivevano insieme condividendo gli uni con
gli altri beni spirituali e materiali (At 2,42-44).
Se l’Eucaristia porta all’unione fraterna nel Corpo di Cristo, allora, il
divario sempre crescente tra la società del benessere e i milioni di poveri che
immeritatamente vivono nella fame e nella miseria è oggi motivo di grande
scandalo (cfr. 1Cor 11,17-22). Se i Cristiani condividono il Pane Spezzato
sull’altare del Signore, devono essere pronti a impegnarsi per un mondo
migliore e più giusto per tutti. Devono essere preparati a farsi pane spezzato
e a condividere il pane con l’umanità spezzata.
Una tale condivisione deve comportare una certa rottura dei modelli politici ed
economici che danno sicurezza a chi sta bene mentre costringono milioni di
persone alla miseria più nera e a sofferenze gratuite. Se i Cristiani
professano di spezzare il pane significa che sono disposti a essere “spezzati”
rispetto al loro benessere e alla loro sicurezza e a farsi promotori di
giustizia e solidarietà. Le implicazioni sociali, politiche ed economiche di
questo possono essere enormi. Tra le altre cose, questo comporterà di vivere
semplicemente in modo che altri possano semplicemente vivere.
[00177-01.05] [IN116] [Testo originale: inglese]
- S.Em.R. Card. Zenon
GROCHOLEWSKI, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica (dei
Seminari e degli Istituti degli Studi) (CITTÀ DEL VATICANO)
Mi riferisco alla terza e quarta parte dell’ Instrumentum laboris, in genere.
1. La centralità dell’Eucaristia nellaformazione seminaristica. L’Eucarestia è
strettamente legata al sacramento dell’Ordine, anzi è “la principale ragion
d’essere del Sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento
dell’istituzione dell’Eucarestia ed insieme con essa”(Ecclesia de Eucharistia,
31a). I sacerdoti, pertanto, nella loro qualità di ministri delle cose sacre,
“sono soprattutto i ministri del sacrificio della Messa” (Presbyterorum
ordinis, 13c). Tutte le molteplici attività pastorali del presbitero trovano
nella carità pastorale il vincolo che dà unità e senso. Tale carità scaturisce
dal sacrificio eucaristico che è il centro e la radice di tutta la vita del
presbitero (cf. Presbyterorum ordinis, 14b). La centralità dell’Eucaristia per
la vita e per il ministero sacerdotale deve necessariamente divenire il cuore
della formazione dei candidati al sacerdozio (cf Pastores dabo vobis, 48).
Potremmo dire che l’Eucaristia costituisce la trama dell’intera formazione dei
seminaristi, ossia umana, spirituale, intellettuale e pastorale. Questa
centralità dell’Eucaristia deve essere fortemente accentuata nella vita del
Seminario, a diversi livelli: la solida illustrazione teologica del mistero
eucaristico e il suo rapporto con il sacramento della penitenza, la dovuta
spiegazione del significato delle norme liturgiche, l’esempio da parte degli
educatori, l’adeguata preparazione delle stesse celebrazioni eucaristiche da
poter essere intimamente vissute da tutta la comunità, come pure la presenza e
la disponibilità di buoni confessori, le adorazioni eucaristiche ben preparate,
l’invito persistente all’adorazione privata del Santissimo Sacramento, ecc.
Tutto questo, preso sul serio e in modo costante, dovrebbe introdurre il
Seminarista a comprendere, ad amare e a vivere l’Eucaristia fino in fondo, così
che Essa diventi realmente fons et culmen di tutta la sua vita e del suo
zelante apostolato. Penso che - nonostante ne parli la Pastores dabo vobis - in
non pochi Seminari c’è ancora molto da fare a tale riguardo.
Questa formazione dei Seminaristi è di massima importanza e dovrebbe essere
sottolineata, perché principalmente dai sacerdoti dipenderà come in realtà sarà
celebrata l’Eucaristia, come sarà percepita e vissuta dai fedeli. Da loro
dipenderà se sarà adorato il Santissimo o no, se la gente sentirà il bisogno di
inginocchiarsi quando passa davanti al Tabernacolo o no. Da loro dipende ,
cioè, l’attuazione di tutto ciò che leggiamo nella terza parte dell’
Instrumentum laboris, ma anche nella quarta parte, riguardante l’incidenza
dell’Eucaristia sulla vita morale, sulla spiritualità e sull’apostolato delle
comunità cristiane.
Non sarebbe realistico aspettare che le nostre considerazioni circa la
promozione dell ‘Eucaristia portino frutti senza rafforzare l’adeguata
preparazione di quanti principalmente dovranno metterlo in pratica nella vita
della Chiesa.
2. L’importanza dell’Eucaristia per la formazione teologica. Ho detto che
l’Eucaristia ha importanza per tutti gli aspetti dell formazione sacerdotale:
umana, spirituale, intellettuale e pastorale. Vorrei ora soffermarmi sulla
relazione fra l’Eucaristia e la formazione intellettuale ossia teologica,
perché questa viene purtroppo meno avvertita. Qui però mi riferisco ovviamente
non solo ai Seminari, ma agli studi teologici in genere. L’Instrumentum laboris
giustamente nota che “nella liturgia dell’Eucaristia [Gesù via, verità e vita]
si fa conoscere” e nello stesso tempo stimola “la ragione e l’intelligenza del
credente a cercarlo costantemente” (31 b). Gli studenti di teologia devono
rendersi conto che per comprendere le verità della fede non basta l’acutezza
del pensiero umano, non basta la ricerca propria di ogni studioso, ma è
necessario essere uniti profondamente a Dio, cercare umilmente nella preghiera
la vera sapienza. Infatti, i discepoli di Emmaus non hanno ancora riconosciuto
Gesù quando egli spiegava le scritture, ma lo hanno riconosciuto nello spezzare
il pane. Tale nesso fra l’unione con Dio e la comprensione delle verità di fede
è stato sottolineato anche nella Pastores dabo vobis (cf. 51 e 53). Ciò ha
messo in rilievo in modo molto espressivo Giovanni Paolo il nella Lettera
Apostolica Novo millennio ineunte n. 20, commentando la nota scena di Cesarea
di Filippo (Mt 16,13-20). Non cercavano forse San Tommaso, San Roberto
Bellarmino, e tanti altri la comprensione dei misteri di Dio davanti al
Tabernacolo? I nostri vecchi maestri ci dicevano che la teologia deve essere
studiata in ginocchio. Penso che affrontando cosi le verità di fede si
troverebbero meno stravaganti invenzioni umane nel campo teologico e si coglierebbe
più in fondo il magnifico mistero dell’Amore di Dio.
3. Le università cattoliche. Allargando la visuale alle nostre numerose
università cattoliche, che per natura loro si inseriscono nell’apostolato della
Chiesa, anche in esse deve essere valorizzata l’Eucaristia affinché i loro
studenti si rendano sempre più consapevoli e sempre più capaci di realizzare
l’impegno cristiano nell’esercizio delle diverse professioni.
[00178-01.06] [IN118] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Andrej
GLAVAN, Vescovo titolare di Musti di Numidia, Ausiliare di Ljubljana (SLOVENIA)
Parte I, cap. II, n. 23
Vorrei fare anzitutto un commento al numero 23 dell'Istrumentum laboris, dove
si legge: "In certi paesi la Penitenza individuale non è amministrata; al
massimo si celebra due volte l'anno una liturgia comunitaria...". Nelle
diocesi slovene ci sono ancora tante confessioni, ma il loro numero diminuisce
progressivamente. Da una parte, nei vari Decanati i sacerdoti elaborano insieme
un piano per le confessioni, soprattutto nell'Avvento e nella Quaresima; ciò
avviene anche nei Santuari e per le celebrazioni particolari con un gran numero
di fedeli. D'altra parte, si sente dappertutto che i sacerdoti non sono più
così ferventi nell'ascoltare le confessioni - e se i fedeli non si confessano,
non si accostano più alla Comunione. L'Instrumentum laboris ringrazia i
sacerdoti che confessano. Sarebbe importante ribadire anche che essi hanno il
dovere di essere disponibili per la confessione e che sono corresponsabili che
i fedeli, adeguatamente preparati, ricevono spesso la santa Comunione. La
recezione della Comunione presuppone la conversione e la conversione si
verifica nella confessione individuale.
Parte III, cap. II, n. 66
Mi permetto poi di presentare il progetto dell'Unione Eucaristica Slovena. La
spiritualità di questa iniziativa, proposta per il rinnovamento eucaristico
delle parrocchie, si ispira dalla spiritualità di comunione del Concilio
Vaticano II, che sorge dal mistero di Cristo risorto e oggi presente
nell'Eucaristia. Il progetto consiste essenzialmente nell'istituzione di
comunità eucaristiche di base, cioè di adoratori del Santissimo Sacramento,
nelle parrocchie - una comunità per ogni parrocchia - e nel collegamento in
rete interparrocchiale delle medesime in occasione di incontri eucaristici
programmati per settori. Poiché l'Eucaristia è fonte di comunione, la comunità
eucaristica di base ha carattere di collegamento all'interno del nucleo
spirituale della parrocchia e non costituisce un gruppo in più che si aggiunge
agli altri gruppi già esistenti. Per questo motivo è necessario che sia il
parroco, con la sua autorità, ad accompagnare la comunità eucaristica di base,
giacché egli, in forza del sacramento dell'ordinazione sacerdotale, è il
celebrante e il custode dell'Eucaristia. Egli dovrebbe quindi partecipare, per
quanto possibile, agli incontri della comunità eucaristica. A questa comunità
eucaristica di base sono invitati tutti i fedeli, in modo particolare i giovani
e anche i ragazzi, oltre a tutti i membri dei vari gruppi parrocchiali. Nelle
parrocchie, in cui già esiste un gruppo eucaristico parrocchiale, l'Unione
Eucaristica Slovena è disponibile ad offrire il suo aiuto perché cresca una
comunità eucaristica di base, capace' di superare un eventuale isolamento e di
aprirsi a tutti. L'impegno permanente delle comunità eucaristiche di base
dovrebbe essere l'approfondimento dell'adorazione comunitaria del Santissimo
Sacramento al di fuori della Messa, l'apostolato della celebrazione del giorno
del Signore, il cui centro è la Messa domenicale, e la rinnovata vita
eucaristica con un accento sul rinnovamento delle famiglie. I membri delle
comunità eucaristiche di base dovrebbero impegnarsi a ravvivare le giornate di
adorazione eucaristica nelle parrocchie (le "quarant'ore") e le
visite al Santissimo Sacramento nelle nostre chiese durante la settimana,
Secondo l'esempio di Maria, la spiritualità eucaristica dovrebbe essere vissuta
anche nell'offerta quotidiana, nell'impegno per la pace e per l'unità, nella
solidarietà verso tutti, in particolare verso le persone che soffrono e sono
sole.
[00181-01.04] [IN129] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Dominic JALA,
S.D.B., Arcivescovo di Shillong (INDIA)
Nei contesti multireligiosi, la comunità riunita per l’Eucaristia spesso non è
composta solo da cattolici. La presenza dei seguaci di altre fedi pone seri
interrogativi alla nostra ecclesiologia eucaristica, specialmente in India. Che
posto occupano queste persone rispetto alla nostra comunità di fede? Fino a che
punto può estendersi una comunità Eucaristica? Se il sacrificio della comunione
viene celebrato per la salvezza di tutti, qual è il rapporto tra la comunità
Eucaristica cristiana e gli altri?
La fede e la disciplina della Chiesa ammettono alla comunione solo quanti
condividono la fede e professano la stessa fede Eucaristica. Né sembra
appropriato distribuire altri “doni” durante la comunione dei fedeli, per non
confondere il significato della comunione Eucaristica. Rimane la sfida di
trovare dei modi per mostrare qualche segno di ospitalità Eucaristica ai membri
delle altre fedi.
Nelle aree tribali, così come in molte chiese giovani del subcontinente
indiano, le persone aperte ad accogliere la fede possono essere considerate
come aventi un rapporto speciale con la comunità di fede durante l’Eucaristia.
Attraverso questa comunità, troviamo la luce e la vita nella dottrina
dell’eucaristia quale sacrificio, compimento e perfezione dei nostri sacrifici
tradizionali, e ciò nel senso di comunità che viene sperimentato nella Chiesa.
Tali situazioni esigono che il sacerdote e i fedeli prestino particolare
attenzione all’ars celebrandi, non solo nello stile o nell’osservare le regole
e le prescrizioni. Queste devono scaturire da un’esperienza di fede profonda,
da un’umiltà e da una devozione che dovrebbe caratterizzare la spiritualità
Eucaristica di tutti. La natura simbolica della liturgia ha in sé la forza
connaturale di trasformare la vita e i celebranti devono prestare grande
attenzione a far sì che i simboli riescano a comunicare.
La devozione Eucaristica fuori dalla Messa, che scaturisce da essa e ad essa
riconduce, ha avuto e continua ad avere una grande influenza nell’attirare le
persone verso la Chiesa e nell’aiutare le comunità ad essere più missionarie.
Una particolare importanza, per esempio, rivestono le processioni Eucaristiche
annuali, specialmente nell’India nord-orientale. Tuttavia, le comunità che
ancora attendono un sacerdote, come accade nella maggior parte dei villaggi più
remoti delle nostre missioni, rappresentano una grande preoccupazione per noi.
La Liturgia domenicale dovrebbe alimentare in questi fedeli un amore e un
anelito autentico per l’Eucaristia.
[00185-01 042] [IN139] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Renato CORTI,
Vescovo di Novara (ITALIA)
Parto dall’affermazione del Papa Benedetto XVI: “L’Eucaristia non è statica; è
invece una presenza dinamica”. Ci si può chiedere perché. Mi sembra di potere
rispondere che lo è perché l’Eucaristia è celebrazione della Nuova ed Eterna
Alleanza, che comprende la promessa gratuita della salvezza di Dio, la
realizzazione della Parola che troviamo nel Libro di Geremia: “Voi sarete il
mio popolo, e io sarò il vostro Dio”, la chiamata in causa della libertà e
della decisione di “servire” il Signore. Tutto, nell’alleanza, è dinamico: lo è
sul fronte di Dio perché il suo amore è gratuito; lo è se se ne considera il
cuore, che è comunione di persone; lo è se si considera la parte che ci spetta:
“Decidete oggi se volete servire il Signore.” Tutto questo era vero già
nell’Antica Alleanza, e lo è ancor più nella Nuova, che trova la sua pienezza
in Cristo Gesù. L’esperienza mi dice che quando vi è grande sollecitudine a
coltivare questo dinamismo intrinseco alla celebrazione eucaristica, il cammino
delle nostre comunità e dei singoli fedeli diventa vivo e forte. Mi soffermo in
modo particolare a considerare il momento della Liturgia della Parola. Vorrei
fare un’osservazione di fondo relativa alla fisionomia propria della Parola di
Dio nel contesto della celebrazione eucaristica, e cioè nell’unità profonda con
la celebrazione sacramentale. Ne fa un cenno l’I. L. ai nn. 46-47. La esprimo
così. La Liturgia della Parola, all’interno della celebrazione eucaristica, è
qualcosa di originale rispetto ad altre possibili e preziose forme di
accostamento della Parola di Dio. La bellezza e l’originalità della Liturgia
della Parola nell’Eucaristia sta nel fatto che essa è sempre memoria
dell’avvenimento che dà origine alla comunità stessa che sta celebrando.
Quell’evento è ciò che crea e fa vivere la Chiesa; è ciò da cui essa viene ogni
giorno costituita nella sua esistenza. Giustamente nell’I.L. si ricorda che la
venerazione con cui viene fatto onore all’Evangeliario sta a indicare la
mistica entrata del Verbo incarnato e la sua presenza in mezzo all’assemblea
dei credenti (n.46). Nella medesima linea va il canto dell’“Alleluja”, parola
che troviamo nell’Apocalisse, e che si riferisce precisamente a Cristo risorto,
il Vivente e il Presente tra noi. Lo stesso significato ha la risposta finale
alla proclamazione del Vangelo: “Lode a te, o Cristo”. Una lode che riconosce
la persona di Cristo presente e la riconosce come fonte di luce e di gioia.
Se mi domando quali sono le comunità cristiane nelle quali, soprattutto in
occasione della visita pastorale, mi sembra che questo dinamismo dell’ Alleanza
si esprima, mi sembra di notare alcune scelte significative: La prima è quella
di coltivare nei fedeli, da parte dei sacerdoti, il desiderio di ascoltare il
Signore. La seconda scelta significativa la riconosco in un momento della
celebrazione oggi forse troppo trascurato. Mi riferisco al momento della
Comunione e al colloquio con il Signore col quale siamo chiamati a parlare. A
quel punto la Parola può scendere e dimorare in noi insieme con il Corpo di
Cristo. Una terza scelta, sulla quale occorre investire molto da parte dei
sacerdoti e del gruppo liturgico, consiste nella premura che tutto favorisca la
possibilità di udire facilmente e chiaramente la Parola proclamata. Grande è la
responsabilità del sacerdote, cui compete fare l’omelia.
[00173-01.05] [IN147] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Leo Laba
LADJAR, O.F.M., Vescovo di Jayapura (INDONESIA)
Il mio intervento è volto a sottolineare alcuni punti del IL, al capitolo II e
altrove, in cui si parla dell’Eucaristia e della comunione ecclesiale e del
ruolo del sacerdote.
“L’Eucaristia è il cuore della comunione ecclesiale [...]. L’Eucaristia edifica
la Chiesa e la Chiesa è il luogo dove si realizza la comunione con Dio e tra
gli uomini” (IL 12). Perché il nostro discorso sull’Eucaristia sia rilevante e
significativo per la società secolare, esso deve trattare maggiormente della
costruzione della comunione. Molti laici sono umanisti che si dedicano alla
costruzione della comunione tra la gente. Questo può essere considerato un
punto in comune con noi.
La costruzione della comunione con tutti gli esseri umani e con l’intero cosmo
inizia nella liturgia dell’Eucaristia. L’intera comunità liturgica svolge un
ruolo importante. Il sacerdote non può essere separato dalla comunità. Ho
l’impressione che l’IL sia troppo “incentrato sul sacerdote”. Vi sono alcune
pratiche e alcune regole che andrebbero discusse, tra cui le seguenti:
- L’autorità del sacerdote di celebrare l’Eucaristia in assenza di un’assemblea
di fedeli (la cosiddetta Messa privata);
- La limitazione dello scopo dell’ordinazione alla sola Eucaristia, mettendo in
ombra gli altri due munus dei presbiteri;
- Aumentare la differenza tra il sacerdozio ministeriale e quello comune, al punto
di limitare il ruolo degli accoliti alle semplici situazioni d’emergenza;
- Anche il legame tra l’Eucaristia e la riconciliazione, o penitenza, è visto
solo dalla prospettiva del sacerdote. L’importanza della riconciliazione nella
comunità e nell’assemblea liturgica viene sottovalutata. Infatti, il
significato letterale di alcuni testi biblici come Matteo 18, 15-20 e Luca 17,
3 suggerisce che il potere di assolvere è conferito sia a un fratello, sia alla
comunità;
- La mia impressione che la visione del IL sia “centrata sul sacerdote” è
rafforzata anche da come viene sottostimata la liturgia della Parola presieduta
da un ministro laico. L’IL, al n. 55, la definisce “liturgia in attesa del
sacerdote”, e non un ascolto della voce del Signore e una risposta data nella
preghiera.
Suggerimenti: dobbiamo incoraggiare i teologi a studiare e a formulare una
nuova teologia del sacerdote collegata al triplice munus degli ecclesiastici
nella comunità ecclesiale, che tenga conto anche della pratica nei tempi
apostolici e nelle Chiese Orientali.
[00170-01.06] [IN150] [Testo originale: inglese]
Quindi, alla presenza del Santo Padre, sono seguiti gli interventi liberi.
A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 19.00 con la
preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 239 Padri.
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