-- INTERVENTI IN
AULA (CONTINUAZIONE)
Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:
- S.E.R. Mons.
François-Xavier YOMBANDJE, Vescovo di Bossangoa, Presidente della Conferenza
Episcopale (REPUBBLICA CENTROAFRICANA)
Parto dall’osservazione al n. 3 del nostro Instrumentum laboris: anche il mondo
“nonostante le difficoltà e contraddizioni di varia indole, aspira alla
felicità e desidera il pane della vita, dell’anima e del corpo”.
Le nostre celebrazioni eucaristiche sono momenti di festa, di incontro dove il
senso del sacro dà profondità a ciò che è vissuto in questo modo.
Purtroppo, una categoria di nostri fedeli non può accedere in modo completo
alla fonte di questa vita, anche se essi ne conservano il meraviglioso ricordo
che li sostiene ancora nel loro impegno cristiano. Le sette e altri cercano
sempre, fra i nostri migliori cristiani in difficoltà di vita, i loro adepti
futuri. È forse giunto il momento di individuare un cammino pastorale per
preservarli dall’irreparabile.
La loro fame inappagata del pane di vita non li spinga a cercare altrove quello
che non possono più sperare di trovare da noi.
[00212-01.05] [IN176] [Testo originale: francese]
- S.Em.R. Card. Ivan DIAS,
Arcivescovo di Bombay (INDIA)
La dimensione mistica del mistero eucaristico deve sempre emergere
ogniqualvolta un sacerdote celebra la santa Messa. Vi sono miriadi di testimoni
invisibili che lo circondano quando rinnova il sommo sacrificio di Gesù sulla
croce. Ad ogni celebrazione della santa Messa il celebrante e la sua assemblea
devono essere consapevoli della “comunione dei santi” che unisce la fede, la
speranza e l’amore di tutti i membri della Chiesa universale: la fede piena di
aspettative del popolo di Dio sulla terra, la speranza delle anime sante del
Purgatorio e l’amore di quanti circondano il trono di Dio onnipotente. Il santo
sacrificio della Messa quindi fonde il Magnificat della Beata Vergine Maria con
l’Alleluia e l’Osanna degli Angeli e dei Santi in cielo, il Kyrie eleison delle
anime sante del Purgatorio e il Maranatha dei fedeli in terra.
L’adorazione del Santissimo Sacramento è accessibile a tutti, perfino ai
cattolici che per qualsiasi motivo non possono ricevere Gesù nella santa
Comunione e a persone di altre fedi. Nelle sessioni sinodali, tra le tante
ombre nella Chiesa di oggi, sono stati menzionati il numero sempre più scarso
di quanti vanno in chiesa, l’aumentato disinteresse nei confronti della
confessione sacramentale e la mancanza di catechesi. Questi problemi la Chiesa
ha dovuto affrontarli sempre, anche se in modi diversi. D’altra parte la Chiesa
ha anche avuto persone che hanno trattato tali situazioni in modo da ispirare
noi tutti ancora oggi. Tutti conoscono la santità del Curato d’Ars, e del
grande apostolo del confessionale, Jean-Marie Vianney, e dell’arcivescovo
Fulton Sheen, il brillante oratore che ha raggiunto migliaia di persone con le
sue trasmissioni radiofoniche e televisive. Il segreto del loro grande successo
è dovuto alle molte ore che trascorrevano in preghiera dinanzi al Santissimo
Saramento. Possono dunque rappresentare modelli esemplari per i sacerdoti e i
vescovi di oggi.
C’è un proverbio cinese che dice: invece di maledire il buio, accendi una
candela. Poiché siamo immersi nell’oscurità di mali morali e spirituali che ci
circondano, non sarebbe splendido se i vescovi e i sacerdoti di tutto il mondo
trascorressero un’ora di preghiera e adorazione dinanzi al Santissimo
Sacramento ogni giorno, per intercedere per se stessi, per i fedeli affidati
alla loro cura pastorale e le necessità della Chiesa universale? Il loro gregge
si sentirebbe certamente edificato e incoraggiato vedendo i suoi pastori
mettere in pratica quanto predicano sulla devozione alla Santa Eucaristia. Papa
Paolo VI ha affermato con ragione che i nostri contemporanei ascoltano più
volentieri i testimoni piuttosto che i maestri e, se ascoltano i maestri, è
perché questi sono testimoni.
[00217-01.05] [IN181] [Testo originale: inglese]
- Rev. P. Ab. Andrea
PANTALONI, O.S.B. Silv., Abate Generale della Congregazione Benedettina Silvestrina
Faccio riferimento in particolare ai nn. 68 e 69.
Per me è necessario ribadire che il mistero eucaristico trova la sua origine e
il suo fondamento nella Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. Un fatto
storico. Suggerisco che il Sinodo riaffermi la certezza di fede della
risurrezione della carne per i fedeli che mangiano il corpo del Signore e
bevono il Suo Sangue. "Chi mangia questo pane vivrà in eterno". (Gv.
6, 58).
I Padri della Chiesa, convinti, ne scrivono. S. Cirillo di Alessandria nel "Commento
al Vangelo di Giovanni", libro 10: ".. .Lo stesso Salvatore dice:
"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in
lui" (Gv. 6,56). Degna d'attenzione è la portata di quest 'opera: Cristo
non dice che verrà in noi soltanto per una certa relazione affettiva, ma anche
per una partecipazione di natura. Come infatti se uno fa sciogliere insieme sul
fuoco due pezzi di cera, di due ne ricava uno solo, allo stesso modo,
comunicando al corpo di Cristo e al suo prezioso sangue, diventiamo una cosa
sola, egli in noi e noi in lui. Non può essere vivificato in altro modo ciò che
per sua natura è corruttibile, se non venendo unito corporalmente al corpo di
colui che per sua natura è la Vita,'cioè l 'Unigenito".
I santi vivevano il mistero Eucaristico con l'idea della Risurrezione.
"... dilectus Domini Benedictus, corpore et sangui ne Dominico munitus,...
, erectis in coelum manibus, inter verba orationis spiritum efflavit,...",
E' insieme preghiera e lode che gli oltre 40.000 donne e uomini seguaci della
Regola di Benedetto nel mondo ancor oggi pregano ogni giorno.
Nei nn. 68 e 69 e in tutto l'lnstrumentum Laboris, l'Escatologia è in ombra.
"Attesa del Signore" è il titolo, ma poi non si parla della morte
quale passaggio all'eternità; del Viatico quale pegno della futura risurrezione
della carne... Nel n. 9 si parla del "senso cristiano della vita" ma
poi non v'è cenno alla risurrezione nella carne del credente. Condivido quindi
l'inadeguatezza dell'lnstrumentum Laboris circa l'Escatologia espressa nel n.
68. Tale inadeguatezza mette di più in rilievo la necessità di fare della
proclamazione della Risurrezione e della certezza di fede nella nostra
personale risurrezione uno dei punti focali del Sinodo. Il mangiare la carne e
bere il sangue di Cristo - "degnamente", scrive S. Paolo - è il
pegno, il principio e il seme certo della risurrezione della nostra carne. La
missione della Chiesa è di annunciare questa risurrezione della carne, tutto il
resto si riduce a ben poco, non sarà mai Evangelo.
Anche il mondo, in quest'anno del Signore 2005, nonostante le difficoltà e
contraddizioni di varia indole, aspira alla felicità e al pane della vita
dell'anima e del corpo. La mancanza o debolezza della fede portano a crearsi
nuovi idoli. Non solo l'uomo ma l'intera creazione attendono i nuovi cieli e la
nuova terra e la ricapitolazione di tutte le cose, anche quelle della terra, in
Cristo. Ritengo che il problema pressante della gente di oggi sia maggiormente
la preoccupazione se ci sarà qualche cosa dopo la morte! Ed è proprio questo il
proprium del Crrstianesimo: la risurrezione della carne, che l'Eucarestia
proclama e offre.
Altri problemi, quali l'ecologia, sono importanti ma - nel Sinodo - servono a
distogliere l'attenzione dalla sostanza. Non riterrei opportuno connetterli con
l'Eucarestia, potrebbero servire a distrarre l'attenzione.
Tale proprium il Cristianesimo può e deve offrire al mondo. Se non si comprende
la relazione Eucaristia/Risurrezione della carne, c'è pericolo di un
devozionismo superficiale e chiuso, oppure di un filantropismo che poco ha a
che vedere con l'evangelizzazione vera - il lieto annuncio della vita che non
muore - conseguentemente con pochissima o nulla spinta missionaria ed
evangelizzatrice. "Salvare" gli altri vuol dire far sì che conoscano
e credano alla vita che non fìnisce, credano in Colui che il Padre ha mandato
affinché avessimo la vita e l'avessimo in abbondanza. Lo scopo primo
dell'Eucarestia è annunziare e rendere vivo il Vangelo della Risurrezione della
carne fin da ora. Se non si offre questo Vangelo alla gente, l'Eucarestia o non
interessa, o diventa magia, o si chiude in sterile devozione sentimentale... Ma
l'Evangelizzazione deve andare oltre e a questo oltre spingerà con forza
l'Eucarestia compresa, creduta, ricevuta e vissuta quale seme di Vita Eterna,
di Immortalità...
Per cui umilmente riguardo l'escatologia chiedo di:
1° - farne oggetto di una o più "propositiones" finali;
2° - proporla nel messaggio.
[00219-01.03] [IN183] [Testo originale: italiano]
- S.Em.R. Card. Julián
HERRANZ, Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi (CITTÀ DEL
VATICANO)
Il Santo Padre, nella sua toccante meditazione il primo giorno del Sinodo
glossava 5 imperativi di San Paolo ai Corinzi. Vorrei ricordarne due in
relazione al diritto fondamentale dei fedeli alla Santissima Eucaristia, e uno
in rapporto al nostro relativo dovere di Pastori.
Il primo imperativo era: “Gaudete”, perché - ricordava il Papa - “il Signore è
vicino ad ognuno di noi. Per ognuno di noi sono vere le parole dell’
Apocalisse: Io busso alla tua porta, ascoltami, aprimi”. Quale gioia per
l’anima ricevere, come suprema manifestazione di quest’amore divino,
l’inestimabile dono dell’Eucaristia!
Certamente non si può confondere un dono con un diritto. Gli uomini non hanno
alcun diritto nei confronti di Dio a ricevere l’Eucaristia, proprio perché essa
è un atto di infinita liberalità e misericordia. Ma una volta che Dio ha donato
alla Chiesa i sacramenti per il bene del suo Popolo, tutti i fedeli godono
(“gaudere”) del seguente diritto formulato al can. 213 del Codice di Diritto
Canonico con le stesse parole della Cost. “Lumen Gentium” n. 37: “I fedeli
hanno il diritto di ricevere dai Sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni
spirituali della Chiesa, soprattutto della Parola di Dio e dei Sacramenti”. E
per quanto riguarda concretamente la Santa Eucaristia, il can. 912 recita:
“Ogni battezzato, il quale non abbia la proibizione del diritto, può e deve
essere ammesso alla Sacra Comunione”.
Come si vede si tratta di un diritto fondamentale, ma non assoluto, come alcuni
pensano. Ci sono, infatti, requisiti personali che limitano tale diritto. La
necessità dello stato di grazia per ricevere la Sacra Comunione (cfr. ICor.
11,27; CIC, can. 916), che deve giudicare l’interessato ha anche alcune
manifestazioni esterne che chiamano in causa i Sacri Pastori. Sono i casi -
ricordati nel can. 915 e nell’Enc. “Ecclesia de Eucharistia” - di un
comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla
norma morale (n. 37), che impedisce l’ammissione alla Comunione eucaristica.
Questa norma riguarda una gran diversità di situazioni irregolari: tutte, però,
sono da seguirsi con amorevole pazienza e sollecitudine pastorale, per cercare
di renderli regolari e per evitare che nessun fedele si allontani dalla Chiesa,
o si consideri perfino scomunicato, per il solo fatto di non poter ricevere la
Comunione. Questa considerazione evoca il secondo imperativo “perfecti estote”
glossato dal Santo Padre: “talvolta l’anima appare come uno strumento musicale
nel quale purtroppo qualche corda è rotta, e quindi la musica di Dio che
dovrebbe suonare dal profondo dell’anima non può echeggiare bene (...) Questo
imperativo può essere un invito all’esame di coscienza, e anche un invito al
Sacramento della Riconciliazione nel quale Dio stesso rifà questo strumento”.
Il terzo imperativo era “exhortamini invicem”. Il Santo Padre ci ha detto con
riferimento alla nostra responsabilità di governo pastorale: “La correzione
fraterna è un’opera di misericordia”. Forse noi, carissimi fratelli, dovremo
essere più sensibili alle giuste richieste dei fedeli che esprimono la loro
fame di Eucaristia. Molti, infatti, si lamentano di non riuscire quasi mai a
trovare confessori - pur non mancando i sacerdoti in parrocchia -; rilevano
abusi liturgici e banalità desacralizzanti nelle celebrazioni eucaristiche;
soffrono perché - contrariamente alle norme canoniche sul culto pubblico - le
chiese sono sempre chiuse fuori delle celebrazioni comunitarie e non possono
trattenersi in adorazione davanti al Santissimo Sacramento, e così via.
Poiché la giustizia consiste nel dare a ciascuno quello a cui ha diritto
(“unicuique suum tribuere”), chiediamo alla Madonna -“Speculum Iustitiae” - di
aiutarci a garantire ai nostri fratelli laici l’esercizio dei loro diritti: per
il bene delle loro anime, ma anche del vigore apostolico dell’intero Popolo di
Dio.
[00221-01.02] [IN185] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Joseph
Anthony ZZIWA, Vescovo di Kiyinda-Mityana (UGANDA)
Mi riferisco alla Messa domenicale e alla domenica come vacanza obbligata, un
giorno di riposo per i cristiani (cf Instrumentum Laboris n.ri 6 e 70)
I cristiani sono circa l’80% della popolazione dell’Uganda e di questi circa il
42% sono cattolici. I musulmani rappresentano circa il 10% della popolazione.
La Costituzione del’Uganda riconosce e garantisce la libertà religiosa.
Siamo grati a Dio per la Chiesa che in Uganda è viva e vibrante. La domenica -
dies Domini - molti cattolici vanno in chiesa a celebrare l’Eucaristia. In
quasi tutte le chiese parrocchiali ogni domenica si celebrano due Messe e le
chiese sono in genere affollate. Alcuni cristiani percorrono distanze di
cinque, dieci chilometri per raggiungere il luogo di ritrovo (chiesa) in cui si
celebra la Messa domenicale. Si può dire con sicurezza che i cattolici in
Uganda osservano il precetto dominicale secondo quanto previsto dalla Liturgia.
Tuttavia questa buona abitudine deve far fronte a una sfida, quella del lavoro
domenicale. Mentre la domenica mattina i cristiani vanno a Messa, molti di
loro, tornando a casa dopo la celebrazione, si mettono a lavorare come in
qualsiasi giorno della settimana. Anche se i sacerdoti insegnano che la
domenica è il giorno del Signore, il giorno di riposo, oggi molti cristiani
laici dicono: “Ho assolto all’obbligo di andare a Messa di domenica, ma dopo
devo lavorare per il mio pane quotidiano”. Si tratta per la maggior parte di
contadini che lavorano nelle piantagioni e di impiegati di aziende, come i
guardiani dei negozi dei centri commerciali.
Queste persone sono spinte e in un certo qual modo sollecitate a lavorare di
domenica da un’altra categoria di persone, il cui lavoro domenicale viene
generalmente considerato dalla società come normale. Si tratta ad es. degli
autisti dei taxi, dei proprietari di ristoranti, pescatori e studenti
(soprattutto quelli delle scuole preparatorie che di domenica si recano nelle
librerie a leggere i testi).
Paradossalmente, quelli che la domenica possono riposare veramente, sono i
ricchi e i benestanti, alcuni dei quali non vanno neppure in chiesa. Si alzano
tardi, guardano la televisione per ore, vanno al cinema o a teatro, si
incontrano con gli amici...
In questa situazione di vita, emerge l’esigenza pastorale di riaffermare l’insegnamento
riguardo alla domenica come festa obbligatoria, giorno di riposo per i
cristiani.
[00222-01.05] [IN186] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Johannes
Gerardus Maria van BURGSTEDEN, S.S.S., Vescovo titolare di Tibili, Ausiliare di
Haarlem (PAESI BASSI)
Nell'anno 2005 viviamo in un mondo dove domina la cultura dell'immagine. Da una
parte questo significa che liturgie ben curate nel rispetto dei canoni estetici
possono suscitare interesse nelle persone. Dall'altra dobbiamo constatare che non
si ha un'affluenza di massa alle celebrazioni eucaristiche domenicali (nei
Paesi Bassi in media il 10 per cento). Il modo in cui il mistero
dell'Eucaristia è spiegato fa riferimento ad un quadro di nozioni filosofiche
che è estraneo all'uomo moderno. È per questo che solo con molta difficoltà, il
contenuto - la dottrina - può essere proposto all'attenzione della gente. La
pratica della celebrazione religiosa spesso non è fonte di ispirazione per
l'uomo moderno. Trovare l'equilibrio tra contenuto ed esperienza, tra la teoria
e il vissuto, mi sembra sia una delle grandi sfide che dobbiamo affrontare.
Per trovare questo equilibrio e per rendere la celebrazione eucaristica più
vicina all'uomo moderno, sono importanti, secondo me, almeno i seguenti tre
punti:
1. Innanzi tutto, la catechesi continua intorno al centro e al culmine della
nostra fede. La catechesi dovrà perciò essere una catechesi eucaristica. Una
catechesi eucaristica è per natura una catechesi cristocentrica. Lui stesso è
il cuore e il culmine della nostra fede. Confessiamo, infatti, la Sua morte e
la Sua risurrezione come il mysterium fidei. Una catechesi eucaristica continua
dovrà essere perciò una catechesi pasquale, perché in essa Gesù Cristo è
riconosciuto, come dai discepoli di Emmaus, nello spezzare il pane, nella
fractio panis.
2. Come secondo punto, merita la nostra attenzione la degna celebrazione dell
'Eucaristia. Qui hanno una grossa responsabilità sia i celebranti che i fedeli.
Con celebrazione degna intendo il seguire fedelmente le regole e le rubriche.
Insieme a questo atteggiamento, bisogna anche affermare che la vera dignità
risiede, sopra ogni altra cosa, nella disposizione interiore sia dei fedeli sia
dei celebranti. Nella sacrestia di una vecchia chiesa nei Paesi Bassi, lessi una
volta questo testo: "Celebra questa Santa Messa come fosse la tua prima,
unica e ultima". Questo testo mi fece venire l'idea che non sarebbe stato
male metterlo anche sulla porta principale della chiesa.
3. Come terzo ed ultimo punto voglio nominare l'adorazione del Santissimo
Sacramento. Mi risulta che, sicuramente nelle nostre zone, il culto eucaristico
si limita in misura crescente alla celebrazione della Eucaristia. Nella
concezione dei fedeli, la partecipazione attiva ad una celebrazione eucaristica
viene ridotta quasi esclusivamente all'aver ricevuto la comunione. Il digiuno
eucaristico, l'esposizione solenne del Santissimo Sacramento ma anche
l'adorazione silenziosa davanti al tabernacolo ci possono aiutare molto a far
crescere in noi il desiderio di unirci al Cristo. In tal maniera queste forme
contribuiscono a far diventare l'Eucaristia il sacramentum unitatis per
eccellenza.
[00195-01.04] [IN164] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Adalberto
MARTÍNEZ FLORES, Vescovo di San Lorenzo (PARAGUAY)
Come frutto della celebrazione e della condivisione dell’Eucaristia, le prime
comunità cristiane, presentavano le loro offerte per sostenere le necessità dei
più bisognosi (cfr 1Cor 16,1)
Vengo da un paese il cui territorio, durante la sua storia, è stato irrigato
dal sangue dei martiri cristiani che ha fecondato e fatto crescere copiosamente
la fede nel Signore e l’impegno con la sua Chiesa. Esempio di difesa della
giustizia e di uguaglianza per gli indigeni è stata la vita e la testimonianza
di San Rocco González de Santa Cruz, primo santo paraguaiano assieme ad Alfonso
Rodríguez e Juan del Castillo; egli fu canonizzato da Giovanni Paolo II
nell’anno 1988.
Ancor oggi si conserva (nella Cappella dei Martiri) la testimonianza del suo
cuore bruciato e strappato come sacrificio, reliquia eloquente di misericordia
di chi è stato capace di offrire la propria vita per i suoi fratelli, i più
poveri ed esclusi. Un tale cuore, martirizzato, cuore di carne diventato
eucaristia, non può che produrre frutti di vita, di luce, di conversioni,
paradigma e cammino che ci sfidano e ci conducono al Salvatore e Signore della
Vita.
Nella nostra nazione esistono a tutt’oggi gravi situazioni di emarginazione a
causa dell’ingiustizia sociale, della scarsa possibilità di accesso alla
sanità, dell’ingiusta distribuzione dei beni e della terra, dello svilimento
della dignità della vita umana, della disoccupazione, della corruzione e della
crescente povertà che colpiscono soprattutto donne, giovani e bambini che
subiscono il silenzioso martirio delle schiavitù, delle ingiustizie e delle
calamità. Contemporaneamente notiamo eroici sforzi di cristiani - uomini e
donne - impegnati nelle loro comunità per la causa dei più bisognosi.
Le Messe celebrate nelle nostre comunità, con grande partecipazione, sentite e
gioiose costituiscono degli spazi privilegiati di fraternità, occasioni per
raccogliere e riempire cesti di viveri, medicine, vestiario e altre cose
attraverso le offerte donate, per essere poi distribuite alle persone
bisognose. Nascono attorno all’altare iniziative di solidarietà per accogliere
i bambini abbandonati, creare asili e mense per alimentarli, iniziative di
promozione volte all’autogestione, sostentamento e sviluppo delle famiglie
nelle loro esigenze economiche. L’Eucaristia è, dunque, il Sacramento
privilegiato come luogo e fonte della solidarietà sociale.
D’altra parte, con una sguardo più ampio, oggi più che mai, come Chiesa
dovremmo assolutamente e con più impegno affrontare l’urgenza di una
conversione (metanoia) planetaria per crescere nella solidarietà sociale e
lottare contro il terribile e stringente flagello della fame nel mondo. Il
Concilio Vaticano II affermava: Con tante persone attualmente oppresse dalla
fame nel mondo, il Sacro Concilio chiede insistentemente a tutti, persone
comuni e autorità, che si ricordino quella frase dei Padri: “Dà da mangiare a
colui che è moribondo per fame, perché se non gli avrai dato da mangiare lo
avrai ucciso”. Obbedienti alla consegna del Signore: “date loro da mangiare”
(cfr Mc 6,37), possiamo solo pregare, esortare e lavorare per una rinnovata
Pentecoste di Solidarietà in tutto il pianeta, con un moltiplicarsi di offerte
di pane e medicine per aiutare le popolazioni minacciate seriamente
dall’estinzione per fame e malattie. Come frutto di questo Sinodo chiederei che
sia affrontato questo progetto con maggiore energia e dedizione.
Giovanni Paolo II in Mane Nobiscum Domine ci dice: L’Eucaristia non è solo
espressione di comunione nella vita della Chiesa; essa è anche progetto di
solidarietà (...). Il cristiano che partecipa all’Eucaristia apprende da essa a
farsi promotore di comunione, di pace, di solidarietà in tutte le circostanze
della vita.
Il tema dell’I.L. è: l’Eucaristia, fonte e culmine della vita e della missione
della Chiesa. Nel contesto di questa mia breve riflessione si potrebbe
proporre: l’Eucaristia fonte e culmine della vita cristiana, della missione e
solidarietà della Chiesa.
[00193-01.09] [IN167] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Albino MAMEDE
CLETO, Vescovo di Coimbra (PORTOGALLO)
Penso che da questo Sinodo debba uscire una parola di stima e stimolo insieme
verso i nostri sacerdoti e suoi collaboratori che fanno tanti sacrifici per
garantire al popolo di Dio la celebrazione della Domenica.
In questo spirito di pastori vigilanti e di fratelli che aiutano, dobbiamo
intanto essere attenti alle deviazioni che si accentuano, almeno nel mio paese.
Presento tre tendenze, che in se stesse sono buone, ma non dove l'Eucaristia
tende a deviare da quello che è - celebrazione liturgica e sacra di un mistero
sacramentale - per diventare un mero servizio religioso.
Prima: la preoccupazione principale dei parroci di garantire la Messa che i
fedeli esigono, trascurando la qualità della celebrazione.
In una società secolarizzata, non basta avere il cibo, ma bisogna sapere
preparare la tavola. Più importante che collocare l'ostia nella mano o sulla
lingua è farlo con quella dignità che trasmetta la fede.
Seconda: nel desiderio di essere accetti ai loro ascoltatori, i nostri preti
valutano l'Eucaristia come comunione nella mensa dell'uguaglianza.
Ci impegniamo in una catechesi ove la comunione è prima di tutto con l'Agnello
immolato e offerto.
Terza: in mancanza del presbitero si moltiplicano le celebrazioni domenicali
presiedute da diaconi e laici. Sono una benedizione. Ma la facilità con la
quale si fa la sostituzione della Messa con queste celebrazioni mi preoccupa.
Almeno l'ordinamento dei riti sia marcatamente diverso.
[00208-01.05] [IN172] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Nicholas
CHIA, Arcivescovo di Singapore, Presidente della Conferenza Episcopale
(SINGAPORE)
Noi, vescovi della Malesia, Singapore e Brunei consideriamo l’Enciclica
“Ecclesia de Eucharistia”, il Congresso mondiale sull’Eucaristia, la lettera
apostolica “Mane Nobiscum Domine” e il presente Sinodo come un tempo di grazia
per farci riflettere seriamente sull’Eucaristia quale fonte e culmine della
vita e della missione della Chiesa. Per lungo tempo la Messa e l’Eucaristia
sono state considerate delle realtà scontate.
In genere, nelle nostre diocesi, la partecipazione dei fedeli alle domeniche o
ai giorni di precetto si pone fra il 50 e l’80% nelle aree urbane, mentre nelle
zone rurali la percentuale è molto più bassa.
La maggioranza dei cattolici possiede una conoscenza elementare della Messa e
dell’Eucaristia. C’è bisogno quindi di approfondirne la conoscenza per
consentire il loro apprezzamento.
La Messa: molti vanno a Messa più per adempiere all’obbligo di evitare il
peccato mortale che per “partecipare” alla Messa.
L’Eucaristia:
I. Hanno fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, mostrando
riverenza e rispetto con la genuflessione o l’inchino quando entrano in Chiesa.
II. Molti ricevono la comunione per abitudine e senza devozione interiore.
III. In molte Chiese, settimanalmente, vi è la benedizione col Santissimo
Sacramento. Poche parrocchie hanno delle cappelle per l’adorazione perpetua.
IV. La solennità del Corpus Domini viene celebrata normalmente con la
Processione del Santissimo Sacramento. In questo anno dell’Eucaristia molte
diocesi hanno tenuto un Congresso Eucaristico.
Sentiamo il bisogno di mettere a fuoco quanto segue:
1. I sacerdoti devono veramente agire “in persona Christi” - cercando di non
arrivare solamente alle orecchie e agli occhi dei fedeli, ma toccando il loro
cuore, aiutandoli a incontrare Cristo. Devono desiderare di essere trasformati
non solo intrattenuti.
2. Bisogna portare i fedeli a comprendere il significato della comunione con il
Signore e fra loro. “Chi mangia il mio corpo e beve il mio sangue vive in me e
io in lui”. “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a
loro”.
3. Dare la benedizione ai non cattolici, ai catecumeni e ai bambini quando si
fanno avanti, al momento della Comunione, quale segno di comunione spirituale
da parte loro. Questo gesto è anche un segno della cura e della sollecitudine
che abbiamo nei loro confronti.
4. La necessità di mettere l’accento sulla dimensione missionaria
dell’Eucaristia come è ben espresso dai due discepoli di Emmaus “Ite, missa
est”.
[00209-01.04] [IN173] [Testo originale: inglese]
- Rev. P. John CORRIVEAU,
O.F.M. Cap., Ministro Generale dell'Ordine Francescano dei Frati Minori
Cappuccini
La nostra epoca ha bisogno di riscoprire il timor di Dio. S. Francesco ci
richiama al timor di Dio, alla sorpresa e alla meraviglia per come Dio prende
costantemente l’iniziativa nei nostri confronti. Ciò è vitale per quelli di noi
che vivono in una cultura dove nulla più ci stupisce perché ogni cosa è il
prodotto della pianificazione e dell’organizzazione umana. L’umanità appare
come il prodotto delle proprie sperimentazioni e non lascia alcuno spazio alla
sorpresa e alla novità.
L’umiltà di Dio ci sorprende. Siamo commossi dalla sua iniziativa nei nostri
confronti, toccati nel profondo del nostro essere. Gesù Cristo, “pur essendo di
natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio” (Fil
2,6). Questa kenosis in un certo senso continua nell’Eucaristia. Il timor di
Dio nasce nei nostri cuori quando permettiamo a questo umile auto-abbassamento
di Dio nell’Eucaristia di avere risonanza nella nostra vita.
“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Francesco collega la promessa di Cristo nell’ultima apparizione agli apostoli
con la Sua presenza Eucaristica nella Chiesa. Fa impressione la semplicità con
cui Francesco guarda al mistero Eucaristico. S. Francesco istituisce una
toccante analogia tra la discesa di Gesù nel grembo della Vergine Maria e la
discesa sull’altare durante la Messa. È lo stesso evento che accade ancora oggi
(cfr. Adm. 1).
È importante che la comunità cristiana riscopra il legame profondo tra il
mistero Eucaristico e le circostanze della vita di ogni giorno, a partire dalle
relazioni fraterne fino a comprendere l’intera creazione. Si forma così il
movimento circolare intrinseco alla vita cristiana: l’Eucaristia ci spingerà ad
avere relazioni fraterne nella Chiesa, nella società e con tutta il creato.
Lavorare per la promozione di una vera fratellanza di pace tra le genti e per
la salvaguardia del creato ci incoraggerà a riconoscere nell’Eucaristia
l’unico, adeguato fondamento della nostra vita e della nostra azione.
[00213-01.06] [IN177] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Alfredo Víctor PETIT
VERGEL, Vescovo titolare di Buslacena, Ausiliare di San Cristóbal de La Habana
(CUBA)
Durante l’Anno Santo del 2000, a Cuba, all’Avana, si è tenuto un Congresso
Eucaristico Diocesano, che però aveva praticamente carattere nazionale. Durante
il congresso si è svolta una processione per le strade, con una carrozza sulla
quale Sua Eminenza il Cardinale Jaime Ortega ha portato l’ostensorio con il
Santissimo Sacramento fino alla cattedrale. In piazza si sono raccolti molti
fedeli per la benedizione solenne. Si è svolto anche un Simposio Teologico
sull’Eucaristia, al quale ha partecipato, tra gli altri, il Cardinale Amigo
Vallejo, Arcivescovo di Sevilla, in Spagna.
È stata celebrata inoltre la Prima Comunione di 2000 bambini delle diverse
parrocchie con una Messa all’aperto nell’Avenida del Puerto, davanti al
Seminario.
Stiamo per portare a conclusione il Piano Globale di Pastorale 2000-2005, nel
quale, dallo scorso ottobre, è stato inserito l’Anno dell’Eucaristia, che ha
coinciso con l’Anno della Missione.
Riteniamo che l’Eucaristia sia la fonte e il culmine della vita della Chiesa,
per questo non tralasceremo la sua fondamentale importanza nel nostro Piano
Globale di Pastorale che, a Dio piacendo, inizierà il prossimo mese di febbraio
e che si fonderà sull’Eucaristia, senza abbandonare l’impulso missionario.
Di fatto, i fedeli consultati a livello delle comunità hanno scelto nove temi
prioritari che sono: spiritualità, morale, missione, pastorale liturgica,
pastorale sociale, formazione, laici, famiglia e giovani. Ciò costituisce la
base del Piano Globale di Pastorale 2006-2011.
D’altra parte da oltre un secolo da noi esiste anche l’Adorazione Notturna, con
le stesse caratteristiche indicate prima da S.E.R. Mons. José Guadalupe Martin
Rabago, Presidente della Conferenza Episcopale Messicana.
Nonostante l’esiguo numero di sacerdoti, abbiamo grande considerazione per
l’Eucaristia che viene celebrata con grande rispetto delle norme liturgiche.
Comunque, dinanzi alla difficoltà e alla quasi impossibilità di costruire nuove
chiese, abbiamo le cosiddette “case di preghiera” o “case di missione” nei
quartieri periferici e nei piccoli paesi e villaggi, dove ogni settimana o
secondo la frequenza possibile, si riuniscono piccoli gruppi di fedeli, non più
di 40 persone, sotto la guida di un laico impegnato, una religiosa o un
diacono. Qui giunge il sacerdote e in queste case viene celebrata la Santa
Messa con grande devozione e rispetto per le norme liturgiche, preceduta
dall’opportuna confessione sacramentale per coloro che, con giusta
disposizione, desiderano partecipare del Pane Eucaristico.
[00214-01.05] [IN178] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Karl-Heinz
WIESEMANN, Vescovo titolare di Macriana minore, Ausiliare di Paderborn (REP.
FEDERALE DI GERMANIA)
Nel mio intervento mi riferisco in particolare al terzo capitolo
dell’Instrumentum laboris che riguarda la celebrazione dell’Eucaristia e
l’adorazione, e faccio una riflessione sul carattere di mistero
dell’Eucaristia.
Il nostro tempo è pervaso, malgrado la secolarizzazione, da una profonda
nostalgia mistica. Ma siamo capaci di celebrare l’Eucaristia in modo tale che
gli uomini che sono alla ricerca vengano attratti dal mistero eucaristico?
La forma più alta della presenza del Signore, che definiamo nel modo più adeguato
con i concetti di presenza reale e di transustanziazione, si rivela per San
Tommaso, nel celebre inno Adoro te devote, latens deitas, nello stesso atto,
come la forma più alta della segretezza sacramentale. Con ciò non ci si
riferisce al moderno scetticismo, ma all’esatto contrario: l’apertura di una
dialettica sponsale del “cercare per trovare” e del “trovare per cercare” che,
proprio attraverso il momento che ogni volta si cela e si sottrae, suscita di
nuovo la sete della suprema “delibazione”, della “visio beata” come eterno fine
di questo cercare e trovare, velare e svelare, celare e donarsi.
Questa dimensione mistica deve trovare espressione anche nel nostro modo di
parlare dell’Eucaristia e nella celebrazione di essa. Solo così l’Eucaristia
potrà dimostrarsi efficace come unica vera risposta alla nostalgia mistica del
nostro tempo, poiché essa introduce l’uomo nella profonda relazione d’amore con
Cristo e con ciò nel mistero del Dio Uno e Trino e lo rende partecipe di esso.
Così dobbiamo dare rilievo a gesti e forme liturgiche che esprimono anche ciò
che è celato, intuibile solo nel silenzio e che si sottrae alle nostre
possibilità.
[00218-01.04] [IN182] [Testo originale: tedesco]
- S.E.R. Mons. Cornelius
Kipng'eno ARAP KORIR, Vescovo di Eldoret, Presidente della Conferenza
Episcopale (KENYA)
La domenica ci riuniamo per celebrare l’Eucaristia ed essere rinnovati nel
nostro discepolato. Con la celebrazione del Mistero pasquale di Cristo la
nostra vita si trasforma e veniamo rinnovati e incoraggiati nella nostra
vocazione di diffondere il Regno di Dio. Il nostro riunirci insieme la domenica
rappresenta una dimensione spirituale molto importante della nostra fede e
rivela il nostro senso di appartenenza alla Trinità e alla Chiesa, come pure il
nostro impegno ad abbattere i numerosi ostacoli che ci circondano dovuti al
nostro status sociale, etnico o finanziario. Nella nostra condivisione del
Mistero pasquale, veniamo rinnovati nella nostra vocazione a essere testimoni
del Signore risorto, ad abbattere le barriere che ci dividono. Impegnandoci a
superare l’odio e il tribalismo, cresciamo nella consapevolezza di essere tutti
membri della medesima famiglia, figli dello stesso Padre.
La proclamazione liturgica della Parola di Dio è innanzitutto un dialogo tra
Dio e il suo popolo, un dialogo in cui vengono proclamate le meraviglie della
salvezza e vengono continuamente riaffermate le esigenze dell’alleanza. A Dio,
che prende l’iniziativa di parlare con noi e di aprire il dialogo di amore,
rispondiamo con l’ascolto e l’accoglienza del messaggio di vita nei nostri
cuori. Il dialogo di amore, che Dio inizia con noi nella celebrazione, continua
nella nostra vita quotidiana e ci conduce nuovamente alla celebrazione, poiché
il nostro desiderio di nutrirci alla mensa della Parola e dell’Eucaristia
diventa sempre più forte.
I nostri cristiani attendono con ansia la celebrazione domenicale della Messa.
Il senso di festa, celebrazione e gioia delle nostre assemblee eucaristiche va
condiviso con tutta la Chiesa. È la gioia di stare insieme come famiglia di
Dio.
“Gli africani hanno un profondo senso religioso, il senso del sacro, il senso
dell’esistenza di Dio e di un mondo spirituale” (Ecclesia in Africa, 42). La
celebrazione eucaristica domenicale intende ricorrere a questa ricchezza insita
nel popolo al fine di consentire alle comunità cristiane di partecipare
pienamente e attivamente al mistero pasquale.
[00220-01.05] [IN184] [Testo originale: inglese]
Quindi, alla presenza del Santo Padre, sono seguiti gli interventi liberi.
A questa Congregazione Generale che si è conclusa alle ore 19.00 con la
preghiera dell’Angelus Domini erano presenti 242 Padri.
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