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Sinodo dei vescovi
XI Assemblea Generale ordinaria

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  • 18 - martedì, 11 ottobre 2005
    • QUATTORDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (MARTEDÌ, 11 OTTOBRE 2005 - POMERIDIANO)
      • -- INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)
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-- INTERVENTI IN AULA (CONTINUAZIONE)

Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:

- S.E.R. Mons. Paul Kouassivi VIEIRA, Vescovo di Djougou (BENIN)

“E’ alla fine della vecchia corda che si intreccia la nuova”. Con questo proverbio africano, davanti a questa augusta assemblea sinodale, vorrei innanzitutto rendere omaggio ai nostri valorosi missionari, in modo particolare ai Padri Missionari Africani di Lione che celebrano fra poco il 150° anniversario della loro Fondazione. Grazie a loro noi siamo stati formati ed educati all’autenticità della fede della Chiesa Cattolica riguardo all’Eucaristia. Quello che noi viviamo oggi e che vuole essere essenziale in questo intervento, lo dobbiamo interamente a loro. Non esiste generazione spontanea in ciò che riguarda l’Eucaristia. “Vi ho trasmesso quello che io stesso ho ricevutodiceva l’apostolo Paolo! Il nostro antenato, Monsignor Louis Parisot, l’ultimo arcivescovo francese di Cotonou prima della formazione della gerarchia autoctona, riassumeva la fede cattolica in questa trilogiaCroce Ostia Vergine”. E’ l’essenza della nostra fede, l’essenza della Chiesa.
Ho ricordato questo particolare per sottolineare innanzitutto la nostra responsabilità non solo verso la Chiesa di oggi, ma anche delle generazioni future e in secondo luogo per proporre la tenacia e la devozione di questi missionari che non erano in condizioni migliori di noi per ciò che riguarda il numero e i mezzi e che tuttavia non hanno risparmiato niente del loro tempo, della loro vita, della loro persona affinché l’Eucaristia potesse essere celebrata, conosciuta, amata e desiderata, perché loro credevano che fosse il cuore di tutto. Infine per imparare dalla loro prassi che una celebrazione appropriata dell’Eucaristia, anche nelle comunità catecumenali, è la migliore e prima catechesi su di essa. E’ grazie a questa eredità che la Chiesa del Benin vive oggi in modo veramente edificante.
Per compensare la mancanza della celebrazione eucaristica della domenica, i sacerdoti durante la settimana percorrono con turni organizzati i villaggi e le comunità in modo che nessuno rimanga senza Messa. Le celebrazioni liturgiche in assenza del sacerdote non sembrano un problema per i nostri fedeli e non sembra neppure che generino confusione! D’altra parte, gli schemi proposti, escludendo ogni preghiera eucaristica e quindi qualsiasi formula dell’Istituzione, prevengono questo rischio. In questa atmosfera di benevolenza molto favorevole all’Eucaristia, tre sono i punti che i Pastori del paese intendono sottolineare e portare alla vostra attenzione.
1. L’Eucaristia come sacrificio della Nuova Alleanza. In una cultura tradizionale che conosce la pratica del sangue con cui due o più persone stringono un’alleanza a vita, non possiamo che sottolineare questa dimensione dell’alleanza fra Cristo e l’uomo, fra il Cristo e il suo popolo.
2. Sul piano della catechesi e della formazione, questa dimensione dell’alleanza ci aiuta a non ridurre l’Eucaristia a un semplice rito, ma a fare di essa un’alleanza che vuole permeare con le sue implicazioni ogni campo della vita umana, così che ogni cristiano possa dire come San Paolo: “non sono io che vivo ma Cristo che vive in me”. Nel contesto di una grande fioritura di vocazioni sacerdotali (il Benin all’apertura di questo anno accademico conta 500 seminaristi adulti) e di vocazioni alla vita consacrata, questa dimensione diventa un criterio di discernimento vigile e diligente. Essa contribuisce inoltre a vivere il precetto domenicale con amore più intenso senza farne un peso, ma piuttosto come una necessità naturale dell’alleanza.
3. Sul piano nazionale, l’Eucaristia diventa per noi il cammino della vera unità, come avevano sottolineato i Padri del Sinodo speciale per l’Africa, cerchiamo di far capire che solamente il sangue di Cristo può creare l’unità in una nazione che conta più di 50 etnie pronte a opporsi e affrontarsi quando vengono strumentalizzate dai politici per fini elettorali.
L’Eucaristia è il vero sacramento della Speranza per ogni uomo. Ringraziamo Papa Giovanni Paolo II di avercela indicata come la luce da proiettare incessantemente sulla nostra identità e la nostra missione. Le tre esortazioni: Ecclesia de Eucharistia, Redemptionis Sacramentum e Mane Nobiscum ci aiutano a custodire la messe e a combattere i piccoli abusi che si insinuano furtivamente nel modo di fare di alcuni sacerdoti (comportamento, abbigliamento, sproporzioni veramente gravi di certi elementi, ecc.).
[00266-01.04] [IN208] [Testo originale: francese]

- S.E.R. Mons. Vittorino GIRARDI STELLIN, M.C.C.I., Vescovo di Tilarán (COSTA RICA)

1. Possiamo contemplare il Mistero eucaristico come il dono e il sacramento della relazione: infatti l’Eucaristia stabilisce una relazione con il mistero salvifico della Pasqua, da una parte, e con la vita della Chiesa e di tutta l’umanità dall’altra. Essa è contemplata in rapporto a Cristo che la istituisce e la offre, e in rapporto alla Chiesa che di essa vive. Tutto ciò che è creato, originato dalla Parola eterna (cf. Gv 1, 1-2), torna a Dio in quanto redento, ricreato dalla stessa Parola fattasi carne (cf. Gv 1, 14). Da questo punto di vista ogni celebrazione eucaristica è sempre una “Santa Messa sul mondo”, e punto di convergenza di tutto il creato; essa è sempre l’azione liturgico-missionaria per eccellenza.
In rapporto alla Chiesa, l’Eucaristia è dono e grazia che la costruisce e che ne rende possibile la continuazione e sostiene il suo impegno missionario e la testimonianza per il Regno, come compitoesaltante e difficile, che richiede dedicazione piena, anche fino al martirio” (n. 89).
Il Cenacolo eucaristico è il Cenacolo della Pentecoste, dal quale escono gli Apostoli dicendo: “Non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e udito”.
2. Tutto quanto detto in precedenza è vero, ma c’è una convinzione che ritengo importante e che tuttavia non ho trovato nell’Instrumentum laboris. Mi riferisco alla priorità della Missione rispetto alla Chiesa e in tal caso all’Eucaristia. Vale a dire che la Missione scaturisce dall’azione di Cristo e dal suo Spirito, avendo la sua origine prima nell’amore del Padre (AG 2). L’Amoreesagerato” (fino all’estremo) che Cristo ci manifesta nell’Eucaristia è l’Amore del Padre che lo ha inviato al mondo, come Cristo stesso disse a Nicodemo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16). La Missione non è quindi solo il mezzo con cui la Chiesa-Eucaristica porta la fede ai popoli che ancora non conoscono Cristo e con cui si fa presente dove ancora non lo è (AG 6), ma è la sua maniera concreta di essere a disposizione del suo Fondatore e del suo Spirito. La Missione non comincia con la Chiesa, ma piuttosto quest’ultima si mette a disposizione della Missione, fatta essa stessa Missione. La Chiesa è Missione!
In questa prospettiva, la Chiesa-Eucaristica è contemporaneamente frutto e realizzazione del movimento missionario che ha in Dio Trinità la ragione del suo dinamismo, e portatrice responsabile della stessa, fin negli ultimi confini della terra.
[00267-01.04] [IN209] [Testo originale: spagnolo]

- S.Em.R. Card. Geraldo Majella AGNELO, Arcivescovo di São Salvador da Bahia, Presidente della Conferenza Episcopale (BRASILE)

Mi riferisco al n. 33 dell "Istrumentum Laboris" dove è trattata la ricezione del mistero eucaristico tra i fedeli, e si ricorda il "senso spirituale molto profondo delle sofferenze dei cristiani in questo mondo".
Sappiamo come, fin dai primi secoli del cristianesimo, è stata data speciale attenzione ai fedeli che non potevano partecipare alla celebrazione del sacrificio eucaristico, ragion per cui è stata istituita la conservazione dell'Eucaristia per andare incontro alle diverse motivazioni di tale impedimento.
Ogni persona è soggetta a fare, prima o poi, l'esperienza di qualche sofferenza. Desidero mettere in rilievo la situazione degli infermi, dei prigionieri e delle persone anziane con difficoltà di deambulare autonomamente.
Colloco qui l'opportunità e anche la necessità di preparare dei fedeli laici che possano promuovere la visita del presbitero per la riconciliazione sacramentale e poi continuare la cura pastorale portando la comunione eucaristica.
Molte persone oggi si sentono sole per la mancanza dei familiari prossimi, o perché lasciate in case di cura e d'infermità permanente, o per i limiti di auto deambulazione che li costringe a stare a letto senza la possibilità di ricevere visite di parenti, di amici, o anche rigettati perché non producono.
In un mondo con tanti mezzi di comunicazione disponibili, tante volte, le persone, anche se non sono ammalate, facilmente vivono isolate e in silenzio.
Nel momento della sofferenza, però, le persone si fanno suscettibili e bisognose dell'incontro della manifestazione della bontà e della misericordia di Dio. Così Dio necessita delle nostre braccia e della nostra testimonianza per realizzare l'esperienza del suo amore.
[00269-01.04] [IN211] [Testo originale: italiano]

- S.E.R. Mons. Basil Myron SCHOTT, O.F.M., Arcivescovo Metropolita di Pittsburg dei Bizantini, Presidente del Consiglio della Chiesa Rutena (STATI UNITI D'AMERICA)

Vorrei fare alcune riflessioni su tre aspetti, le ombre, l’ecumenismo e il ministero dei sacerdoti di cui si tratta ai numeri 23 e 86.
Da una prospettiva orientale, il cammino per arrivare alla luce è attraverso e dopo il buio delle ombre. Ci saranno sempre ombre finché Cristo non sarà tornato. Ciò fa parte della condizione umana. Da parte nostra, dobbiamo avere il coraggio di guardare in faccia le ombre e poi di portarvi la luce di Cristo. Questo infatti sta accadendo nelle Chiese orientali degli Stati Uniti che stanno portando avanti il processo di un autentico rinnovamento delle pratiche liturgiche come ha stabilito e sollecitato Papa Giovanni Paolo II. L’eliminazione delle pratiche liturgiche o delle ombre che non sono autentiche per la teologia e la tradizione delle Chiese orientali, la reintroduzione del trittico di iniziazione: battesimo, cresima ed eucaristia, lo sviluppo di serie di catechesi come quelle della “serie Dio con noi” per quanti appartengono alla tradizione bizantina e l’avvio delle serie per quelli di tradizione Siro antiochiana.
Negli Stati Uniti ci sono 17 eparchie di tradizione bizantina, di Antiochia, caldea e armena. Quattro dei bizantini ruteni, quattro dei bizantini-ucraini, una bizantina melchita, una bizantina rumena, due maronite, due dei caldei, una dei siri, una siro malabarese, una armena, ciascuna con la propria gerarchia e strutture eparchiali. Ci sono anche fedeli e sacerdoti di Chiese della chiesa siro-malankarese etiopica e copto-cattolica senza gerarchia. Esistono inoltre eparchie dei nostri fratelli delle Chiese Ortodosse con la stessa tradizione. Questa è una situazione ecclesiale unica al mondo e ha le proprie benedizioni. Ci offre un suolo fertile per un unico dialogo ecumenico sia formale che informale con i nostri fratelli e sorelle delle Chiese Ortodosse. Dal punto di vista pratico, spesso preghiamo insieme anche partecipando alla celebrazione eucaristica gli uni degli altri. Rimane tuttavia in queste celebrazioni il dolore di non poter condividere l’Eucaristia.
Infine vorrei parlare del clero. Questo aspetto sembra mancare nell’Instrumentum Laboris. Sono le persone attraverso le quali l’Eucaristia arriva al popolo di Dio. E’ necessario essere pazienti, sostenere e apprezzare i sacerdoti di tutto il mondo e, per quanto mi riguarda, i sacerdoti degli Stati Uniti. La mancanza di vocazioni è un problema cruciale, come pure un’adeguata inculturazione dei sacerdoti provenienti dai paesi di origine delle rispettive Chiese orientali. Ciò di cui il nostro clero ha bisogno, sposato o celibe, è vivere un’ autentica vita di santità. Devono essere modelli di Vangelo vissuto nelle loro rispettive tradizioni orientali. Hanno bisogno di una forte formazione biblica e teologica nelle teologie dei Padri orientali, e infine, poiché l’Eucaristia è il centro della nostra vita, devono essere popolo di preghiera nell’autentica tradizione dell’Oriente.
[00270-01.03] [IN212] [Testo originale: inglese]




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