-- AUDITIO
AUDITORUM II
Dopo la lettura della Relatio post disceptationem, in questa Sedicesima
Congregazione Generale sono intervenuti alcuni Auditori e Auditrici.
Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi degli Auditori e Auditrici:
- Rev. Suora Maria Regina
CESARATO, Superiora Generale delle Pie Discepole del Divin Maestro (ITALIA)
Ringrazio di cuore per aver ricevuto il dono di partecipare a questa Assemblea
Sinodale che mi offre l'opportunità di vibrare apostolicamente con la Chiesa
pellegrina in ogni parte della terra e di condividerne i dolori e le speranze.
Appartengo alla Congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro, una delle
10 Istituzioni che formano la Famiglia Paolina, fondata dal Beato Giacomo
Alberione. Il tema del Sinodo, esplicitato nell' “Instrumentum laboris”, ci
conferma nella nostra identità ecclesiale. Inoltre la nostra esperienza
apostolica, specialmente nel settore della pastorale liturgica e dell'arte a
servizio della Liturgia, mette in evidenza la necessità di continuare a servire
il popolo di Dio dando un contributo alla sua formazione perché giunga a una
piena e fruttuosa partecipazione ai divini misteri e perché possa pregare nella
bellezza. Questo avrà come conseguenza la formazione graduale della
"cultura dell'Eucaristia" di cui si parla al n.78 dell' “Instrumentum
laboris” e che coincide con la "cultura della vita". Questa necessità
formativa di una liturgia che trasformi l'esistenza umana e la faccia giungere
al suo pieno compimento, la vediamo anche nel servizio alla persona dei
sacerdoti, specialmente quando si trovano in situazione di malattia o di
particolare difficoltà nel loro ministero. Allora sperimentiamo, come donne
consacrate, l'importanza che nella Chiesa sia tenuto presente e valorizzato il
"principio mariano", per cui Maria è "donna eucaristica",
accanto al "principio petrino".
Il B. G. Alberione che forse è più conosciuto come l'Apostolo della
comunicazione sociale, è stato un uomo di Dio profondamente radicato nel
Mistero Eucaristico: celebrato, adorato, vissuto e sorgente continua di
creatività apostolica, per il bene della Chiesa. L'esperienza eucaristica
determinante risale alla notte di passaggio tra i due secoli, dal 1800 al 1900,
quando nella prolungata adorazione, dopo la S. Messa di mezzanotte Giacomo
Alberione, allora seminari sta di 16 anni, si sentì illuminato dal Signore
sulla situazione dell'umanità e percepì con forza, l'urgenza di mettere la
propria vita a servizio del Vangelo, valorizzando i mezzi più celeri ed efficaci.
Comprese sempre meglio che questo non poteva portare frutto, secondo Dio, se
non avesse avuto a fondamento un’ intensa vita di preghiera. Così la nostra
Congregazione è come una memoria permanente che "l'Eucaristia è la fonte e
il culmine" di tutta la vita della Chiesa e dunque dell'apostolato che si
compie nella Famiglia Paolina.
Nella nostra vita quotidiana che cerca di coniugare la contemplazione e
l'impegno apostolico, la sorgente di tutto è la Celebrazione della santa
Eucaristia. Questa si prolunga nell' Adorazione Eucaristica perpetua a turno,
giorno e notte, ed è vissuta come preghiera apostolica oltre che come
esperienza mistagogica. Viviamo questo ministero di lode e di intercessione
come una forma di solidarietà che ci unisce alle varie situazioni della Chiesa
e dell'umanità. In questo spirito, come si fa anche in altre chiese del mondo,
dal 2 dicembre 1981 assicuriamo quotidianamente la nostra presenza per
l'adorazione eucaristica nella cappella del Santissimo della Basilica Vaticana,
secondo le intenzioni del S. Padre che presiede nella carità tutte le chiese.
Grazie.
[00245-01.05] [AU007] [Testo originale: italiano]
- Sig.ra Bruna TOMASI,
Membro della Direzione del Movimento dei Focolari (ITALIA)
Fin dagli inizi del Movimento, Dio ci ha concentrato sul testamento di Gesù:
"Che tutti siano uno" (Gv 17,21). Ci sembrò sin da allora che fosse
questa la nostra Magna Charta.
E abbiamo capito subito che l'unità è assolutamente legata all'Eucaristia: Gesù
prima di chiedere al Padre l'unità fra i suoi, istituisce l'Eucaristia, il
Sacramento dell'unità!
È per questo motivo che ci siamo sentite spinte da subito ad accostarci
all'Eucaristia tutti i giorni, certe che era lo Spirito Santo che ci spingeva a
ciò. È per questo motivo che la partecipazione attiva alla celebrazione
eucaristica è un tutt'uno con la spiritualità del Movimento.
La S. Messa è il momento più importante della giornata dei focolarini. E a
questo momento ci si prepara cercando che fra noi, e i fratelli e le sorelle
che Dio di volta in volta ci pone accanto, ci sia solo la carità: che non ci
siano ombre nei nostri rapporti, che nulla appanni la divina luce
dell'Eucaristia. Il Vangelo, d'altronde, non dice: "Se dunque presenti la
tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro
di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con
il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono (Mt 5,23-24)"?
Ci è stato chiaro che occorreva avere fra noi quel cuore nuovo che è frutto
dell'Eucaristia; ma che è anche la condizione ineludibile perché l'Eucaristia
porti tutti i suoi frutti. Primo fra questi la trasformazione in Cristo.
E fatti Cristo dall'Eucaristia, abbiamo sperimentato, e continuiamo a
sperimentare, di poter realizzare in maniera sempre più piena quell'unità con i
fratelli e le sorelle, che, d'altra parte, posta alla base della nostra vita,
ci consentiva di liberare in noi tutta la divina forza dell'Eucaristia.
E qui abbiamo capito una cosa. Cristo risorto è nel seno del Padre: la Chiesa,
suo corpo per l'Eucaristia, è in qualche modo fin da quaggiù anch'essa nel seno
del Padre.
La nostra vita ci è apparsa, allora, come il cammino verso il compimento di una
realtà che già ci è stata donata e nella quale dovevamo sforzarci di rimanere.
L'Eucaristia ci conduceva lì. L'Eucaristia lì ci custodiva.
Nel breve spazio che mi è concesso vorrei sottolineare un particolare.
L'uomo in Cristo è condotto nella sua interezza di anima e corpo nel seno del
Padre. Ed è lì che tutta la realtà creata attende d'essere condotta, come ci
dice san Paolo (Rm 8,22).
Ci siamo chieste allora (e continuiamo a chiedercelo tutt'ora): non potremmo
pensare che i nostri corpi, nutriti a lungo dall'Eucaristia, deposti nella
morte nel seno della terra, possano essere germe di trasformazione
dell'universo? Essere, noi, eucaristia della terra? La terra ci consuma, come
noi consumiamo l'Eucaristia; ma per essere mutata in noi, se così posso dire,
come noi siamo mutati in Cristo.
Accogliendo i nostri corpi nutriti di Eucaristia, possiamo pensare che la terra
viene preparata a quella trasformazione cui Dio la chiama?
L'Eucaristia, trasformazione della morte in vita, è vita per tutto l'universo.
Se questo è vero, tanto più allora possiamo dire - e lo sperimentiamo - che
l'Eucaristia si rivela lo strumento per eccellenza; (mi sia permessa la parola)
che può operare la cristificazione piena di tutte le attività dell'uomo.
[00246-01.05] [AU008] [Testo originale: italiano]
- Sig. Leonardo CASCO,
Presidente della "Alianza para la Familia" (HONDURAS)
È giusto che, negli interventi che ho potuto ascoltare in questi giorni sui
diversi numeri dell’Instrumentum laboris, i Padri sinodali abbiano fatto
riferimento soprattutto all’azione e alla partecipazione del sacerdote nella
liturgia e nella celebrazione eucaristica; ma sono dell’avviso che si dovrebbe
sottolineare allo stesso modo il fatto che il fedele laico degli inizi del XXI
secolo non è consapevole di essere stato elevato alla dignità incomparabile di
Figlio di Dio e di membro di quel popolo santo che è la Chiesa cattolica,
apostolica e romana, ignorando, di conseguenza, nella maggior parte dei casi,
la sua vocazione unica e insostituibile alla santità. Tutto questo lo rende
incapace, tra l’altro, di rendere una vera testimonianza cristiana nei diversi
ambiti della sua presenza nel mondo, di mantenere una unità di vita negli
ambiti familiare, lavorativo, sociale e politico, e di cogliere la presenza
viva, reale e personale di Cristo nel Sacramento dell’Eucaristia.
In base a quanto detto e con il dovuto rispetto, desidero accennare a quanto
segue:
PRIMO: Poiché la realtà ci dice che un numero enorme di cattolici che vivono
attualmente nel mondo non conosce esattamente i principi dottrinali della fede
che professano, vivendo quello che si potrebbe chiamare un cattolicesimo
“light” (per usare un termine di moda), sembrerebbe allora imprescindibile e
improrogabile trovare, quarant’anni dopo la conclusione del
Concilio Vaticano II, una nuova formulazione catechetica dentro e fuori
dell’Eucaristia, che serva a rendere espliciti ai fedeli laici i fondamenti
della nostra religione, i suoi dogmi di fede, la sua teologia morale, ecc., in
modo che i fedeli trovino la ragione e il senso del vivere una vita
coerentemente cristiana; insomma una formula che restituisca al fedele laico
una formazione dottrinale, etica e morale di base, così come la consapevolezza
dell’importanza di appartenere all’unica Chiesa di Cristo e l’orgoglio, inteso
in senso positivo, di essere cattolico.
SECONDO: Su questa linea ritengo altrettanto necessario che i vescovi e i
sacerdoti non si creino scrupoli nel proporre con gioia e sicurezza al fedele
laico una vita di fede impegnativa e salda, come lo è stata sempre e per tutti
nella storia della nostra Chiesa. Mi riferisco non solo al fatto di insistere
sulla partecipazione alla Messa domenicale, ma anche di raccomandare pratiche
di pietà quotidiane che vadano dall’offerta delle opere al mattino, alla recita
dell’Angelus e del Santo Rosario, fino - perché no - alla messa quotidiana, se
possibile. Secondo la mia esperienza personale, posso affermare che, quando
tali pratiche si compiono e si propongono continuamente con costanza e senza
stancarsi, i frutti si raccolgono quasi immediatamente, portando il laico a
vivere in un’atmosfera di fede che lo rende migliore nella vita personale e in
quella soprannaturale. In tal modo, il battezzato potrà essere meglio preparato
a una vera testimonianza cristiana nel mondo attuale secolarizzato e
oppressivo.
In sintesi, il mio intervento si concretizza nell’invito a infondere con
rinnovato entusiasmo nei laici lo spirito impegnato dei cristiani dei primi
tempi, ovvero il ricorso alla preghiera e al sacrificio, le pratiche quotidiane
di norme fondamentali di pietà e il dovere e diritto di tutti i fedeli
all’apostolato.
[00248-01.04] [AU010] [Testo originale: spagnolo]
- Sig.ra Martha Lorena
ALVARADO de CASCO, Presidente del "Comité por la Vida" (HONDURAS)
Come sposa, madre, sorella, figlia e nonna, credo che sia necessaria una
formazione della donna che, fin dalla prima infanzia, la prepari allo sviluppo
delle sue due caratteristiche essenziali: la femminilità e il dono della
maternità.
La donna è la naturale educatrice alla fede in seno alla famiglia, la mano che
con maggiore semplicità e sicurezza ci porta dinanzi a Gesù Eucaristia.
Purtroppo negli ultimi decenni la donna a mano a mano ha perso il vero
significato della sua identità e, quindi, del vero senso della sua missione
cristiana. Evidentemente sono molti i fattori che hanno influito su questo
cambiamento di mentalità, ma sicuramente ciò si riflette pesantemente non solo
nella vita familiare e sociale dei nostri paesi, ma anche in seno alla stessa
Chiesa.
C’è molto da fare a proposito della donna; tuttavia, molto rispettosamente,
propongo:
1. Per quanto possibile, di mantenere separata l’educazione di bambini e
bambine, al fine di creare l’ambiente favorevole per formare le fanciulle a
immagine della Vergine Maria, modello di tutte le donne. Studi fatti dimostrano
che l’educazione separata di bambini e bambine semplifica, tra l’altro, il
processo educativo e lo sviluppo di una sana affettività, specialmente negli
anni dell’adolescenza. Se consideriamo l’aumento della promiscuità sessuale, il
numero crescente di gravidanze tra le adolescenti e le cifre raggelanti
dell’aborto, possiamo concludere che è urgente fare uno sforzo per offrire alle
giovani le condizioni idonee ad acquisire una solida formazione cristiana.
L’educazione separata facilita, inoltre, la nascita di vocazioni alla vita religiosa
e, di conseguenza, la nascita di vocazioni sacerdotali tra gli uomini.
2. Vorrei anche sottoporre alla vostra considerazione il fatto di insistere
nella configurazione di gruppi giovanili rivolti esclusivamente alle ragazze
allo scopo di fortificare la loro condizione femminile e la loro formazione
spirituale e dottrinale. Non poche volte, nei gruppi cattolici giovanili, ho
rilevato una eccessiva familiarità tra giovani di sesso diverso, perfino nella
celebrazione della Santa Messa. Forse la formazione di gruppi misti non
dovrebbe essere sempre la norma nel lavoro con i giovani, dato che in certo
modo questa situazione può costituire un ostacolo alla nascita di vocazioni al
sacerdozio e alla vita religiosa.
3. Con riferimento al N. 34 dell’Instrumentum Laboris, mi sembra opportuno
definire norme specifiche sul modo di vestire della donna in chiesa e nel corso
di altre cerimonie religiose. Nel mio paese, per esempio, si nota una sempre
maggiore negligenza per quanto riguarda il pudore e la Chiesa deve aiutare la
donna a essere consapevole del valore della sua dignità e della santità del suo
corpo.
Per concludere, penso che potrebbe essere una bella esperienza di promuovere
nelle parrocchie, in determinati giorni della settimana, l’adorazione di Gesù
Sacramento da parte delle famiglie. Allo stesso modo, condivido, così come è
stato detto nel corso di vari interventi, l’importanza di facilitare la
confessione ai fedeli laici e la convenienza, per molte ragioni, dell’uso del
confessionale, quando si tratta di donne di qualsiasi età.
[00247-01.04] [AU009] [Testo originale: spagnolo]
- Sig. Carl Albert ANDERSON,
Cavaliere Supremo dell'Ordine dei Cavalieri di Colombo (STATI UNITI D'AMERICA)
Le mie osservazioni si riferiscono all’art. 37 dell’Instrumentum laboris che
riguarda il Santo Sacrificio della Messa. Nella sua recente allocuzione al
Congresso Eucaristico della Diocesi di Roma il Santo Padre ci ha ricordato che
“l’uomo è creato a immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Perciò la vocazione
all’amore è ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio” (6 giugno 2005).
Questa chiamata alla vocazione dell’amore è la base antropologica
dell’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II sulla dignità della persona umana,
il matrimonio e la famiglia (Familiaris consortio, n. 11). Forse solo questa
“antropologia dell’amore” è abbastanza forte da vincere il nichilismo della
cultura contemporanea, vale a dire una cultura che ha spezzato il nesso tra
libertà e verità.
Secoli fa Cartesio cercò di superare il relativismo filosofico con
l’affermazione: “Penso, dunque sono”. Forse oggi il relativismo può essere
vinto con una semplice e ancora più profonda intuizione: “Amo, dunque sono”. O,
meglio ancora: “Sono stato amato, dunque sono”.
Nella nostra epoca solo attraverso la verità dell’amore può essere compresa
nuovamente la verità della libertà e la libertà può essere connessa alla
verità.
Ogni persona è alla ricerca di un amore vero. E in questa ricerca dell’amore
vero, ognuno nel proprio cuore, uomo o donna che sia, può comprendere se
l’amore è vero, e in questa verità può capire una verità fondamentale della
persona umana.
Ma in una cultura basata sul materialismo, sul secolarismo e sul relativismo,
dov’è possibile trovare la realtà del vero amore? Nella nostra cultura
occidentale sempre più postmoderna il ragionamento filosofico ha sempre meno
capacità di persuasione. Tutti sono ancora alla ricerca dell’amore, dal momento
che la vocazione all’amore è inscritta nel cuore di ogni persona.
Sappiamo che l’amore di cui siamo alla ricerca è ogni giorno a disposizione nel
sacrificio vivente di se stesso che Nostro Signore fa quando è presente
nell’Eucaristia.
La Gaudium et spes ci dice che è “solamente nel mistero del Verbo incarnato”
che “trova vera luce il mistero dell’uomo” (n. 22). E allora, non è anche
possibile che nel nostro tempo attraverso il mistero del Santo Sacrificio che
il Signore fa di se stesso, si rivela l’identità dell’uomo, il suo valore, la
sua dignità, la sua vera vocazione e la profonda verità della sua esistenza?
Perciò, l’ecclesiologia Eucaristica e la comunità Eucaristica, che sono state
così spesso ricordate durante questo incontro, presuppongono un’antropologia
Eucaristica. Attraverso l’esplorazione della visione Eucaristica della persona
umana - incentrata sul sacrificio d’amore di nostro Signore nella Messa -
possiamo trovare un nuovo Catechismo dell’Eucaristia che, allo stesso tempo,
renderà possibile un nuovo dono evangelico: nel far unire l’uomo più
intimamente a Nostro Signore nell’Eucaristia si unirà più intimamente l’uomo
alla più profonda realtà di se stesso.
[00249-01.06] [AU011] [Testo originale: inglese]
- Rev. Mons. Peter John
ELLIOTT, Direttore dell'Istituto Giovanni Paolo II per studi su
"Matrimonio e Famiglia" in Melbourne; Membro del Consiglio Internazionale
per la Catechesi (AUSTRALIA)
Faccio rifermento ai nn. 43 e 52 dell’Instrumentum laboris, dedicati all’ars
celebrandi e alla spiritualità eucaristica dei sacerdoti. Attualmente il Rito
Romano manca della preparazione prescritta e dell’approccio graduale alla
celebrazione Eucaristica che si trova nei Riti Orientali. Pertanto, vorrei
proporre alcuni suggerimenti pratici: che le preghiere prescritte per la
vestizione vengano recitate in sagrestia prima di tutte le Messe, comprese le
concelebrazioni; che i Dicasteri competenti della Curia Romana preparino un
“Vademecum Eucaristico” per i sacerdoti, includendo le preghiere per la
preparazione e il rendimento di grazie e per l’adorazione eucaristica; che
tutte le edizioni della Liturgia delle ore includano le preghiere di
preparazione e di rendimento di grazie per la Messa. Durante la Messa, la
preghiera del celebrante dovrebbe animare l’osservanza delle rubriche da parte
dei fedeli, per esempio attraverso l’uso attento della voce e dedicandosi senza
fretta a consacrare le Sacre Specie e a elevare l’ostia e il calice. Le
rubriche devono essere interpretate in termini di guida alla preghiera. Con
riferimento al n. 66 dell’Instrumentum laboris, così come i vescovi degli Stati
Uniti, anche le Conferenze Episcopali o gli Ordinari potrebbero pubblicare
adattamenti della Devozione delle Quarant’ore o dell’esposizione solenne
annuale prevista nel Codice di Diritto Canonico. Molti sacerdoti
accoglierebbero volentieri anche dei manuali d’altare per i riti di adorazione
pubblica.
[00250-01.04] [AU012] [Testo originale: inglese]
- Rev. Suora Yvonne COLY,
Formatrice del Centro "Mater Christi" di Bobo-Dioulasso (SENEGAL)
Grazie, Santo Padre, per avermi invitato a partecipare a questo incontro, che
fa battere in me un cuore più ecclesiale e mi dona una consapevolezza più viva
della Chiesa famiglia, del suo mistero di comunione e della sua realtà
universale.
Da noi, quando le donne vengono convocate o si riuniscono perché la Vita deve
essere “promossa” o perché “è minacciata”, tutte si recano all’incontro con la
propria calabassa.
Trattandosi dell’Eucaristia, Pane di Vita Eterna, si tratta di Vita da
accogliere e da promuovere, poiché “l’Eucaristia ha inscritto in sé il proprio
progetto”, come ci ha detto Papa Giovanni Paolo II. Si tratta dunque di una
cosa “seria”, poiché non vi è nulla di più grande, e “grave”, poiché perderla
sarebbe la cosa peggiore che ci possa accadere.
Religiosa africana, vengo da voi con la mia calabassa particolare: nel nome
della Vita. Calabassa della nostra vita aperta ai doni del Padre, che bisogna
accogliere, vivere e trasmettere. Attraverso la fede (perle bianche), lo
Spirito ci fa passare dalla morte (perle nere) alla vita, nella generosità
dell’amore vissuto fino in fondo (perle rosse) nella gioia (cauli). È la
calabassa dell’offerta della comunione e della condivisione.
Se “l’Eucaristia fa la Chiesa”, posso dire anche che “l’Eucaristia fa la vita
consacrata”. Questo aspetto è stato presentato in modo chiaro e profondo da
S.E. Mons. Rodé.
Partendo dal simbolismo della calabassa, posso aggiungere quanto segue:
- La vita cresce: quante belle realtà vissute intorno all’Eucaristia nella
condivisione delle esperienze delle Chiese! Ce ne rallegriamo e rendiamo grazie
al nostro Dio.
- La vita è minacciata: le testimonianze lo confermano. Il popolo ha fame, il
popolo ha sete! Di significato, di dignità, di ragioni e di mezzi per vivere.
La fame, l’Aids, lo sfruttamento delle donne, dei bambini, i problemi
ecologici...
- La vita deve svilupparsi ed essere nutrita. “Dio ci ha donato l’Eucaristia
affinché noi non siamo né sterili né ingrati”(Sant’Ireneo, citato da Mons. A.
Sanon). Solo una fede illuminata può adorare, lodare, rendere grazie, servire
in “spirito e verità”.
- Molti hanno insistito sul bisogno di una catechesi a tutti i livelli, per i
seminaristi come per noi consacrati, soprattutto per le donne. Una formazione
dottrinale, liturgica, spirituale, ma anche nell’ambito della psicopedagogia
della trasmissione e della comunicazione.
- Promuovere, tra i sacerdoti, una formazione sul significato e sulla missione
della vita consacrata, sull’accompagnamento spirituale, per aiutarci a vivere i
nostri incontri nei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza come cammino
di conversione, di comunione, ma anche di crescita e di maturazione spirituale,
affinché siamo capaci di vivere “i passaggi” dalla morte alla vita insiti nella
nostra condizione di peccatori, nelle difficoltà della vita comune ed
apostolica.
A nome di tutti i consacrati di vita attiva o contemplativa nei paesi in via di
sviluppo, ringrazio il Santo Padre, i suoi collaboratori e le Chiese
particolari per le sovvenzioni concesse sia per la formazione sia per creare
istituti di formazione nei nostri paesi.
“Signore, tendo verso te la calabassa della fede, della speranza e della carità
della tua Chiesa. Riponivi tu stesso i frutti che desideri questo Sinodo
produca affinché il tuo popolo abbia la vita e l’abbia in abbondanza. Te lo
chiediamo per Maria, Madre della Vita.
[00251-01.04] [AU013] [Testo originale: francese]
- Sig. Luis Fernando FIGARI,
Fondatore del Sodalitium Vitae Christianae (PERÙ)
In questi giorni in cui viviamo una magnifica esperienza di vita ecclesiale, lo
stupore dinanzi al mistero è aumentato dinanzi ai ripetuti sguardi all’Eucaristia.
Si osserva che è fondamentale approfondire la valorizzazione del sacrificio
amorevole e gratuito del Figlio di Maria, la consapevolezza di ciò che
significa il miracolo della Presenza Reale, di come viene vissuta la dimensione
del Sacrificio Sacramentale, la partecipazione alla Messa domenicale, il legame
tra Penitenza e Comunione, l’Adorazione del Signore Gesù che permane nel
Santissimo Sacramento come Emmanuele, l’ars celebrandi, la comunione spirituale
come valore in sé e risposta a situazioni pastorali dolorose, e tanti altri
temi fondamentali.
L’impatto dell’agnosticismo funzionale, la secolarizzazione e tante correnti
negative che caratterizzano la “cultura di morte” invitano a una crescente e
zelante nuova evangelizzazione ad intra Ecclesiae dinanzi alle debolezze che si
constatano.
Le fede, chiave della vita cristiana, è il fondamento che ci consente di
avvicinarci all’Eucaristia e per questo merita un’attenzione speciale. Esige
una retta prospettiva antropologica e culturale, come pure uno sguardo attento
al processo di come la nostalgia dell’infinito e la quadrupla riconciliazione
della persona umana sono nascosti dai diversi surrogati proposti dalle
ideologie e dagli usi di questi tempi.
Lo sguardo di fede al dono dell’Eucaristia dovrebbe condurre allo stupore
costante e ad esclamare: “Mio Signore e mio Dio!”.
Anche il nostro tempo, come altri, ha molte caratteristiche ed esigenze che
costituiscono una sfida alla vita cristiana e all’evangelizzazione. Con l’aiuto
che viene da Dio, però, esse non saranno insuperabili. Dobbiamo essere
consapevoli delle nostre fragilità, e partendo da esse aprirci alla luce e alla
forza che viene in nostro aiuto, e così vivere e dare ragione al mondo della
nostra speranza.
[00252-01.04] [AU014] [Testo originale: spagnolo]
- Rev. P. Athanasius
SCHNEIDER. O.R.S., Segretario della Commissione liturgica della Conferenza
Episcopale del Kazakhstan (KAZAKISTAN)
Ho passato la mia infanzia e la prima adolescenza in Unione Sovietica. La vita
sacramentale ed in particolare quella eucaristica doveva svolgersi nella
clandestinità. Quello che mi ha colpito in modo più profondo ed è rimasto
impresso così vivo nella mia memoria, è stato l'atteggiamento verso la S.
Comunione che descriverei come ars communicandi, alludendo all' espressione ars
celebrandi. Do i seguenti esempi di due sacerdoti di quel tempo. Il primo è il
Beato Alessio Saritski, morto martire in Kazakhstan (+30.10.1963). Negli anni
cinquanta, durante le sue visite clandestine ai cattolici deportati nei monti Urali,
dove si trovavano i miei genitori, la mia madre gli ha chiesto di lasciare
un'ostia consacrata per sua madre gravemente malata, la quale desiderava
ardentemente di ricevere ancora una volta la S.Comunione prima di morire,
giacché non si sapeva se o quando sarebbe tornato un sacerdote in quella
regione lontana. Il Beato Alessio lasciò a mia madre un'ostia consacrata,
dandele l'istruzione di amministrare la Comunione in modo più reverente
possibile. Arrivando il tempo opportuno, mia madre ha indossato guanti bianchi
e con una pinzetta ha amministrato la S.Comunione a sua madre malata. Questa fu
l’ultima Comunione per lei. Durante l'amministrazione dell’Eucaristia la mia
madre stessa ardeva di riceverla, ma non potendo farlo sacramentalmente lo ha
fatto spiritualmente. Sono passati ancora alcuni anni, prima che la mia madre
potesse ricevere la S. Comunione. Ma quella Comunione spirituale le dava la
forza di restare fedele durante la persecuzione e di trasmettere l'amore e il
rispetto verso l'Eucaristia ai suoi figli. L'altro esempio è il Padre Janis
Pawlowski. Anche lui ha passato un tempo nei lager stalinisti nel Kazakhstan e
poi è morto in concetto di santità nella Lettonia (+09.05.2000). Lui mi ha
amministrato la prima Comunione nella clandestinità. Eravamo un piccolo gruppo
di bambini. Le circostanze esteriori erano assai modeste, ma c'era una grande
festa interiore nell' anima, e P. Pawlowski ci diceva: “Guardate di fare ogni
vostra comunione così come fosse la vostra prima e ultima Comunione”.
[00253-01.05] [AU015] [Testo originale: italiano]
- Fr. Marc HAYET,
Responsabile Generale dei Piccoli Fratelli di Gesù (FRANCIA)
Parto dall’esperienza delle comunità contemplative che operano fra i poveri.
L’Eucaristia è il cammino abituale della nostra preghiera. Ma come ha scritto
Charles de Foucauld, il Signore ci ha fatto mettere insieme “l’esposizione del
Santo Sacramento e una vita esposta”. Una vita sotto gli occhi dei poveri che
sanno che abbiamo un lavoro e uno stile di vita simile al loro e condividiamo
con loro la preoccupazione per una esistenza più giusta e degna. Una vita
esposta perciò a quest’altra presenza del Signore: la sua presenza nei poveri.
La vita delle persone non ci lascia; abita nelle nostre preghiere. Questa
partecipazione di vita ci fa scoprire il volto di un Dio pieno di tenerezza che
cammina umilmente con noi, come l’Eucaristia ci fa vedere.
Avrei qui una richiesta. Facciamo attenzione al nostro modo di parlare. Parlare
del nostro mondo soprattutto in termini di “cultura di morte”, non è forse
mancare di rispetto verso quanti cercano di vivere la loro fede in Dio o la
loro fede nell’uomo donandosi al servizio della vita - dai padri e madri di
famiglia fino alle persone impegnate in politica o nel sociale? Questo mondo è
anche il luogo di tutte le generosità e di tutti gli impegni, a volte anche a
prezzo della vita; ed è proprio per questo mondo vario, e non per un altro che
il Padre ama, che Lui ha dato suo Figlio (ce lo ricorda l’Eucaristia) e sta
operando lo Spirito.
La secolarizzazione ci ha spogliati dell’importanza che avevamo prima. Facciamo
fatica ad accettarlo.
Gli uomini e le donne di oggi ascoltano la parola del Vangelo solo se viene
loro presentata come proposta alla loro libertà, in un dialogo vero nel quale
noi rispettiamo la loro ricerca e accettiamo di accogliere la loro competenza e
la loro esperienza di vita, compresa quella dei più poveri, ricca di umanità.
L’umile segno del pane e del vino, accessibile a tutti e comprensibile da
tutti, forse ci invita a questo dialogo.
[00254-01.04] [AU016] [Testo originale: francese]
- Rev. Suora Rita BURLEY, A.C.I.,
Superiora Generale delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù (GRAN BRETAGNA)
Le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, una congregazione religiosa fondata in
Spagna nel 1877 da S. Raffaela Maria Porras, ha al centro della propria vita la
celebrazione dell’Eucaristia; essa è per l’Istituto ciò che la radice è per
l’albero, vale a dire la vita.
L’invito di Cristo “fate questo in memoria di me” è vissuto con il protrarsi
della grazia della celebrazione nell’adorazione Eucaristica e nel lavoro
apostolico che trasmette l’esperienza dell’amore salvifico di Dio.
La contemplazione di Cristo nell’Eucaristia ci spinge alla ricerca e
all’obbedienza della sua presenza in tutte le cose, facendo della nostra vita
un continuo atto di adorazione. “In ogni mia azione devono tenere a mente che
mi trovo in un grande tempio e, come un sacerdote, devo offrire sacrificio e
lodi continui, sempre e in ogni cosa, a maggior gloria di Dio” afferma S.
Raffaela Maria Porras.
“Non c’è quindi autentica celebrazione ed adorazione dell’Eucaristia che non
conduca alla missione” (Discorso di Giovanni Paolo II ai giovani della Diocesi
di Roma partecipanti alla missione “Gesù al centro”, 9 ottobre 2004). Quello
che trasforma tutto ciò che siamo e facciamo in una partecipazione alla
missione di Cristo è la trasformazione del nostro cuore attraverso la comunione
con l’Amore di Cristo nel mistero Eucaristico. Quando fissiamo lo sguardo al
Cuore di “colui che hanno trafitto” (Gv 19,37), vediamo la bontà amorosa di Dio
e così guardiamo al mondo con speranza.
È nostro desiderio essere donne e comunità di compassione e comunione al
servizio della vera vita (Gv 6,35). “Io sono venuto perché abbiano la vita e
l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Facciamo questo in molti modi, a seconda delle necessità e delle culture
locali; l’Eucaristia costituisce sempre il cuore pulsante della nostra missione
(cfr. I. L. 88).
La gente di Bazartete, a Timor Est, sta vivendo le penose conseguenze della
guerra. Le nostre Sorelle offrono la presenza salvifica dell’adorazione
Eucaristica, sostengono progetti umanitari e di istruzione e si dedicano
all’ascolto delle sofferenze delle persone e accompagnandole nel difficile
cammino verso la pace e la riconciliazione: “Vi lascio la pace, vi do la mia
pace” (Gv 14,27).
Nella diocesi di Yokohama, in Giappone, all’interno di una forte cultura
buddista, le Sorelle danno una silenziosa testimonianza della loro fede alla
Presenza del Signore Risorto; e nell’insegnamento che prestano nelle scuole e
nelle Università trasmettono i valori evangelici dell’amore, del perdono e del
rispetto. Molti sono stati attirati alla fede in Gesù: “Io, quando sarò elevato
da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
L’Eucaristia e lavorare per la giustizia sono due fatti inseparabili. La
Comunione con Cristo nell’Eucaristia comporta l’accettazione della
responsabilità morale di lavorare con Lui, in collaborazione con altri, per
trasformare sistemi e mentalità ingiusti in strategie e piani che promuovano la
vera natura dell’amore di Dio per la nostra famiglia umana: “Ecco, io vengo...
per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,7).
[00255-01.07] [AU017] [Testo originale: inglese]
- Rev. D. Ignacio GRAMSCH
LABRA, Vicario Parrocchiale di San Luis Beltrán de Pudahuel, Santiago de Chile;
Assessore Arcidiocesano della Pastorale degli Accoliti (CILE)
Sono ancora sorpreso di essere stato invitato a partecipare al Sinodo come
auditore. Sono molto sorpreso, ma immensamente grato a Dio per avermi dato
l’opportunità di sentire con quanto amore voi, cari vescovi, parliate della
nostra amata Chiesa e vi preoccupiate per l’evangelizzazione del mondo di oggi
con la certezza della presenza del Signore Gesù tra di noi, nell’Eucaristia.
Da cinque anni sono l’incaricato della Pastorale degli Accoliti
dell’Arcidiocesi di Santiago. Lavoriamo con i bambini ei giovani: servono
sull’altare, perché la celebrazione dei Sacramenti e specialmente
dell’Eucaristia siano celebrati con molto amore, devozione e bellezza.
Nella Pastorale giovanile e vocazionale ci siamo resi conto dell’importanza del
lavoro con gli accoliti, perché una percentuale abbastanza significativa dei
sacerdoti presenti oggi in Cile sono stati accoliti da bambini o da ragazzi.
Probabilmente anche qualcuno di voi, cari vescovi, è stato accolito da ragazzo.
Abbiamo svolto un semplice itinerario di formazione per gli accoliti costituito
da sei tappe, da quando il fanciullo entra e desidera prepararsi per servire
sull’altare fino al momento in cui riceve il sacramento della Confermazione. In
ogni tappa ci sono mete da raggiungere, temi per gli incontri, attività
consigliate e una valutazione finale. Parliamo di un giovane di età compresa
tra gli otto e i diciotto anni. Sono previste riunioni settimanali con i suoi
preparatori, la vicinanza dei suoi sacerdoti, l’integrazione nella pastorale
giovanile. Nella formazione abbiamo considerato il giovane nella sua interezza
e, insieme con la formazione dottrinale, catechetica e liturgica, vogliamo che
siano buoni studenti, buoni figli, buoni cittadini e in futuro buoni padri di
famiglie cattoliche.
Gli accoliti non solo assistono alla Santa Messa la domenica, ma anche in altri
giorni della settimana. Essendo tanto vicini al Signore nell’Eucaristia, sono
più disposti ad adorare il Signore, come ci dice l’Instrumentum Laboris n° 65.
Hanno l’abitudine di essere vicini al sacerdote e suoi amici, perciò spesso
hanno lui come direttore spirituale. Sono soliti partecipare a ritiri
spirituali e corsi di formazione. Molti di questi bambini arrivano in cappella
o in chiesa per la celebrazione dell’Eucaristia prima del sacerdote e aiutano
nella preparazione dell’altare, del messale, del lezionario, dei fiori, ecc.
Sentono e vivono la celebrazione eucaristica come una cosa loro e come se anche
ciò che fanno aiuta la bellezza della celebrazione.
Abbiamo coinvolto i genitori dei bambini, dato che vogliono sapere dove sono i
loro figli, con chi stanno e quali attività compiono. In molti casi sono stati
i bambini ad attirare i genitori verso la Chiesa, e così gli accoliti sono
diventati per tutta la famiglia una porta di ingresso ai sacramenti.
Vorrei chiedere che il Sinodo e forse anche il nostro amato Santo Padre
potessero dire qualche parola per promuovere la crescita degli accoliti nella
nostra Chiesa, perché a volte per questi servizi liturgici tanto semplici i
sacerdoti preferiscono lavorare con laici adulti impegnati. Gli adulti non li
infastidiscono, non fanno loro domande indiscrete, in genere sono puntuali e
responsabili. Con i bambini e i giovani, invece, occorre avere pazienza,
ascoltarli ed educarli con amore. Tuttavia le vocazioni sacerdotali non
verranno dagli uomini sposati che già hanno una famiglia e che forse non
disturbano la Chiesa, usciranno invece da quei giovani che scoprono l’immenso
amore di Dio e che vengono accolti e ai quali si offrono le condizioni adeguate
di preghiera e vita spirituale per essere attenti al Signore Gesù, nel caso
Egli li chiami a seguirlo più da vicino nella vita sacerdotale, religiosa o consacrata.
La pastorale degli accoliti vuole predisporre tutte le condizioni perché questi
bambini e giovani si incontrino profondamente con il Signore Gesù e lo seguano
per tutta la loro vita nella vocazione a cui Dio vuole chiamarli.
[00256-01.04] [AU018] [Testo originale: spagnolo]
- Sig. Andrea RICCARDI, Fondatore della
Comunità di Sant'Egidio (ITALIA)
La vita del cristiano tra la gente spesso cade nell’anonimato. Il cristiano ha
qualcosa da dare agli altri? Non si dà, se non quel che si è ricevuto: il pane
della Parola e dell’Eucarestia. Gesù dice ai discepoli: “Date voi stessi loro
da mangiare” (Mt 14,16): è la missione. Se si offre il pane buono, si
sperimenta che ce n’è fame; che il tempo è meno negativo di quel che ci appare.
E di fronte alle grandi povertà? Oggi si è smarriti o dimentichi. Non si può
far mancare ai poveri il Vangelo. La carità non dura senza il nutrimento
dell’Eucarestia. Questo l’ho visto in tante note e ignote esistenze tra i
poveri, che fanno sì che oggi -nonostante i nostri limiti - la Chiesa sia
risorsa per i più disperati. Infine i cristiani, dall’inferno delle
persecuzioni del XX secolo, mostrano che sempre è possibile vivere e comunicare
il Vangelo. Nel 2000 Giovanni Paolo II ha chiamato a raccogliere le
testimonianze dei nuovi martiri. Attiro l’attenzione sul fatto che è un’opera
da riprendere nelle Chiese particolari e a livello centrale. C’è un testamento
dei martiri da aprire nel contesto dell’Eucarestia. Il legame tra Eucaristia e
martirio è fonte di fiducia e speranza al di là della nostra lettura realistica
o pessimistica delle situazioni.
[00257-01.04] [AU019] [Testo originale: italiano]
- Rev. Suora Hermenegild
MAKORO, C.P.S., Suora Missionaria del Preziosissimo Sangue; Animazione di
Comunità cristiane in Mthatha (REP. SUDAFRICANA)
Sono Suor Makoro e faccio parte del Gruppo diocesano di animazione della
diocesi di Umtata, in Sudafrica. Da gennaio di quest’anno facciamo il giro
delle parrocchie e delle piccole comunità della diocesi e con loro guidiamo
laboratori sul significato più profondo dell’Eucaristia. Poiché ho il polso
della situazione a livello più capillare, vorrei esporvi una osservazione
allarmante.
Innanzitutto esiste un’ignoranza preoccupante perfino tra i buoni cattolici e i
vecchi cattolici riguardo al significato più profondo dell’Eucaristia. In
secondo luogo, per la maggior parte di loro, la preghiera eucaristica non è
altro che un’altra preghiera letta dal sacerdote dopo la liturgia della Parola.
La liturgia della Parola spesso è molto più interessante della lettura del
canone da parte del sacerdote.
Abbiamo scoperto inoltre che belle prediche o brillanti lezioni sull’Eucaristia
sono inconsistenti se il significato più profondo dell’Eucaristia, vale a dire
il mistero, non viene percepito nella celebrazione.
Per questo motivo consentitemi, vi prego, di esporre la seguente richiesta:
Chiediamo alle nostre autorità in campo liturgico di cercare modi e mezzi che
aiutino a chiarire e a mettere in evidenza il tema essenziale dell’Eucaristia
nelle nostre preghiere eucaristiche, affinché i nostri fedeli possano cogliere
il mistero e viverlo.
Per fare un esempio, nella liturgia della Parola si chiarisce e si sottolinea
la presenza del Signore con la processione solenne del Vangelo e il canto
gioioso dell’Alleluia.
La mia umile richiesta è la seguente:
Possiamo fare qualcosa di simile riguardo alla preghiera eucaristica, per
chiarire e mettere in evidenza i diversi aspetti del mistero eucaristico? Per
esempio:
- la presenza di Cristo “in persona” (es. con l’adorazione silenziosa, il
gioioso benvenuto)
- il sacrificio di Gesù sulla croce (es. con l’esposizione di un crocifisso,
sottolineando l’espressione “offerto per voi”, che getta luce sul senso della
frazione del pane)
- il sacrificio della Chiesa (che dà voce alla sofferenza umana)
- la Risurrezione di Gesù (salutando il Signore risorto, isibongo!)
- la celebrazione del rendimento di grazie (invitare i partecipanti a recitare
brevi espressioni di ringraziamento)
- la celebrazione dell’unità (far venire persone di origini diverse intorno
all’altare e invitarle a scambiarsi il segno della pace)
- l’eterna festa nuziale dell’Agnello (con i santi e gli antenati)
Vorrei fare un secondo suggerimento:
Si potrebbero prevedere una serie di celebrazioni eucaristiche che trattino i
diversi aspetti del mistero eucaristico. Si potrebbero recitare preghiere
idonee, un prefazio particolare, preghiere speciali da parte del celebrante e
diverse possibilità di illustrare il tema specifico durante la preghiera
eucaristica. Questa serie di celebrazioni eucaristiche potrebbe aver luogo di
tanto in tanto nelle parrocchie al fine di chiarire un particolare aspetto del
mistero eucaristico.
[00258-01.04] [AU020] [Testo originale: inglese]
- Sig. Zbigniew NOSOWSKI,
Direttore del mensile cattolico "Więź" di Varsavia; Membro
del Consiglio Nazionale dei Laici (POLONIA)
1. Dieci anni fa, insieme ad altri amici della mia generazione ho preparato un
libro e una serie TV che aveva per titolo “I figli del Vaticano II si
interrogano”. La dicitura scelta, “Figli del Concilio” è diventata abbastanza
popolare in Polonia come appellativo per quei cattolici che erano nati col
Concilio Vaticano II e NON ricordavano altre liturgie se non quella nella loro
lingua materna, per i quali le riscoperte dell’ultimo Concilio, quali
l’universale chiamata alla santità, l’apertura ecumenica, il dialogo con le
altre religioni e con i non credenti, rappresentavano senza dubbio delle
novità, ma anche una parte scontata dell’insegnamento officiale della Chiesa,
parte e fardello della tradizione.
Fondandomi su questa esperienza vorrei cogliere l’occasione di parlare al
Sinodo dei Vescovi che si sta svolgendo nell’anno del 40° anniversario della
chiusura del Vaticano II per ringraziare la Divina provvidenza per questo
grande dono del Concilio e delle riforme post conciliari, compresa quella
liturgica. Ci sono stati, sicuramente, molti abusi nella celebrazione
dell’Eucaristia e bisogna superarli. Ma lasciatemi esprimere la mia convinzione
che se non fosse per la riforma liturgica, molti cattolici della mia
generazione non avrebbero trovato il loro posto nella Chiesa (o almeno sarebbe
stato più difficile).
2. L’Eucaristia è indubbiamente il momento più importante nella vita della
Chiesa. Voglio usare il linguaggio degli affari - è il vessillo o la vetrina
della Chiesa. Molto spesso è la solo realtà con cui un certo numero di
cattolici di nome o di non-cattolici ha qualche contatto diretto con la Chiesa.
Perciò, anche per ragioni pragmatiche, dobbiamo fare del nostro meglio in ogni
parrocchia affinché la Messa della domenica sia veramente bella, ispiratrice e
porti i fedeli a una partecipazione profonda. Va bene se le parrocchie sono
ravvivate con festicciole in giardino o con delle attività sportive, ma
l’elemento di maggiore importanza nella vita della parrocchia dovrebbe essere
la sollecitudine per l’Eucaristia domenicale.
La responsabilità del sacerdote in questo campo è cruciale. Se la Messa viene
detta solo dal sacerdote, i fedeli si limitano ad ascoltare. Quando è celebrata
da un sacerdote come gran mistero, se lui lo avverte, lo sente e lo esprime
nello spirito della liturgia; se lui prega in modo visibile mentre celebra
l’Eucaristia, i fedeli coglieranno l’invito a una comunione più profonda con
Dio.
3.Quindi molto dipende dal sacerdote, ma allo stesso tempo, lasciatemi dire che
nelle discussioni di questo Sinodo avverto la mancanza di una riflessione sulla
spiritualità dei laici, vale a dire: spiritualità eucaristica laica.
L’Instrumentum Laboris la menziona brevemente nei numeri 75 e 76, ma si limita
a delle devozioni. Per me la spiritualità eucaristica non significa soltanto
assistere alla Messa e adorare il Santo Sacramento. Essa copre l’arco
dell’intera vita.
Soprattutto i laici di oggi hanno bisogno di comprendere nuovamente il rapporto
fra l’Eucaristia e la loro vita di ogni giorno. L’Eucaristia - come sacrificio,
presenza, cibo, memoriale - ci dice qualcosa di molto importante e concreto per
le nostre decisioni quotidiane, per come ci comportiamo nei nostri matrimoni, nelle
nostre famiglie, nei nostri uffici, nelle nostre cucine, nelle nostre camere da
letto, nella vita sociale. Ci dice: più ti doni agli altri, più troverai te
stesso, più ami, più dovrai sacrificare, più dai, più riceverai. Questo è
l’atteggiamento eucaristico, così si diventa veramente una persona eucaristica
anche se non si partecipa alla Messa ogni giorno. Così Maria è stata una donna
dell’Eucaristia anche prima che questa fosse istituita.
4. I miei 20 anni e più di esperienza nel movimento “Fede e Luce” fondato da
Jean Vanier e Marie-Helene Mathieu portano alla mia proposta conclusiva. In
queste comunità, raccolte attorno a persone handicappate mentalmente, ho
imparato che la Chiesa ha ricevuto due tesori: l’Eucaristia e i poveri. Ma
questi due tesori raramente vanno insieme. Abbiamo bisogno di segni visibili
della loro unità. Soprattutto quanti partecipano alla condivisione del pane
eucaristico dovrebbero manifestare sempre e visibilmente la loro solidarietà
verso i poveri che non sempre hanno il pane quotidiano.
[00259-01.07] [AU021] [Testo originale: inglese]
- Sig.ra Marie-Hélène
MATHIEU, Coordinatrice internazionale del Movimento "Foi et Lumière"
(FRANCIA)
Il numero 79 dell’Instrumentum Laboris fa riferimento al nesso fra Cristo
presente nell’Eucaristia e Cristo presente nelle persone handicappate
fisicamente o mentalmente (che rappresentano tra il 20 e 25% della
popolazione).
1. L’atteggiamento della società, nonostante tutti i progressi fatti è ancora
spesso di disprezzo e di rigetto. (Per esempio, alcune leggi sull’aborto
prevedono la soppressione del bambino handicappato fino alla vigilia della sua
nascita). Agli antipodi con queste pratiche, Gesù manifesta un amore di
predilezione verso tutte le persone handicappate. Oltre al tesoro della sua presenza
nell’Eucaristia, Gesù ci assicura la sua presenza nella persona povera e
debole.
2. Giovanni Paolo II, parlando ad alcuni handicappati mentali, ha detto loro:
“Prendete posto nel cuore della Chiesa”. Come possono le Parrocchie aiutarli a
meglio trovare questo posto?
Sistemazioni speciali possono contribuire, ma più importante è la qualità
dell’accoglienza, quella che permette a ognuno di sentirsi amato, chiamato ad
amare, a essere utile.
3. La Chiesa chiede ai genitori il rispetto incondizionato della vita del
bambino sacra fin dal suo concepimento. Allo stesso tempo, come è essenziale
che essa li illumini, li sostenga, assicurandoli della sua presenza al loro
fianco nella crescita umana e spirituale del loro piccolo!
Quanti hanno un handicap mentale, quando non possono esprimersi con la parola,
possono far vedere con i loro atteggiamenti che distinguono il corpo di Cristo
dal cibo ordinario e possono essere preparati a riceverlo.
I sacerdoti invece, facendo riferimento al canone 913, esitano a dare l’Eucaristia
alle persone gravemente handicappate che sembrano incapaci di relazione. Ma non
possiamo allora prendere in considerazione il desiderio grande e la gioia di
Gesù di darsi ai più sprovveduti dei suoi fedeli? Le procedure delle chiese
orientali per quanto riguarda i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana
potrebbero forse aiutare la Chiesa ad approfondire la sua riflessione su questo
argomento.
[00260-01.04] [AU022] [Testo originale: francese]
- Sig. Alexei V. JUDIN,
Professore di Storia della Chiesa e del Dialogo interconfessionale nella
Federazione Russa, Russian State University for the Humanities, St. Thomas
College (Moscow) (FEDERAZIONE RUSSA)
Vorrei fare breve riferimento al numero 86 dell’Instrumentum Laboris sul tema
Eucaristia e ecumenismo.
Come voi ben sapete noi cattolici in Russia affrontiamo il problema del dialogo
con gli ortodossi in modo grave. In questa Aula Sinodale abbiamo sentito
recentemente diversi interventi su questo punto tra i quali la precisazione
concreta del Card. W. Kasper, le relazioni del Card. L. Husar e dei presuli
delle Chiese Cattoliche Orientali. La domanda fatta dal Card. Husar sulla
paradossale esistenza del “superculmen” della vita cristiana nella prospettiva
dell’unità delle Chiese mi tocca il cuore e sembra molto impegnativa. Difatti,
davanti al Sacramento dell’Eucaristia noi, cattolici e ortodossi, sperimentiamo
un vero stupore di cui si è parlato tante volte durante questa assemblea. Ma
questo stupore è sconcertante e frustrante. In realtà proprio nella portata
ecumenica sull’Eucaristia si svela il grande scandalo delle divisioni tra i
cristiani. Proprio davanti al Cristo Eucaristico diventa evidente che non ci
sono scuse per la disintegrazione del mondo cristiano.
Da noi cattolici ci sono le norme che regolano l’intercomunione con i non
cattolici. Ma il reciproco riconoscimento con gli ortodossi della vera presenza
del Signore nella Eucaristia ci impegna di fare dei passi avanti nella strada
del riavvicinamento. Quali passi possiamo fare? Anzitutto senza violare le
regole ben esposte e diluire l’identità cattolica, dobbiamo pensare in modo da
poter superare l’attuale crisi dell’ecumenismo. L’ecumenismo nella sua versione
attuale si concentra piuttosto sulle discussioni circa le diverse questioni
storiche, teologiche etc. La dimensione dell’ ecumenismo spirituale si limita a
delle preghiere generiche, a incontri fraterni su diversi livelli, ma si
arresta davanti all’Eucaristia. In effetti tutte queste espressioni e questi
eventi cercano di evitare la realtà eucaristica.
In questo caso io penso che la stessa presenza di Gesù nell’Eucaristia debba
guidarci verso il futuro. Bisogna andare in fondo al significato di questa
presenza viva del Signore. Questa strada comune deve continuare sulla strada
già iniziata della conoscenza reciproca. Nel secolo scorso abbiamo ottenuto un
vero progresso di tale conoscenza, e ora non dobbiamo accontentarci dei frutti
finora raccolti.
Come possiamo approfondire questa conoscenza reciproca nella prospettiva
eucaristica? Non ho una risposta certa, ma posso presentarvi una proposta.
Abbiamo molti carismi nella Chiesa Cattolica - i carismi dei diversi ordini,
delle diverse congregazione religiose, di vari movimenti etc. Possiamo
assicurare l’unità tra loro non solo a livello giuridico-amministrativo, ma
anche a livello spirituale. Questi carismi, questi doni spirituali delle realtà
cattoliche sono ben diversi tra loro. Talvolta ancor più differenziati, se non
nella dottrina, sicuramente nella sensibilità e nell’espressione, che la realtà
cattolica e la realtà ortodossa nel loro complesso. Dunque, se siamo in grado
gestire le cose nell’ambiente cattolico assicurando l’unità tra diversi
carismi, perchè non possiamo avvicinare il Mistero Eucaristico insieme nella
unità riconciliata tra realtà d’Oriente e Occidente? La cosa cruciale e
decisiva in questo caso si riassume nella sincerità assoluta nel ritenere che
noi consistiamo in Cristo e nella Sua presenza eucaristica, come diceva il noto
teologo ortodosso russo Pavel Florenskij.
[00292-01.03] [AU023] [Testo originale: italiano]
- Sig. Francisco José GÓMEZ
ARGÜELLO WIRTZ, Co-Fondatore del Cammino Neo-Catecumenale (SPAGNA)
Non posso fare a meno di rendere testimonianza davanti a questa assemblea di
quello che il Signore sta operando.
Ho ancora davanti ai miei occhi l’incontro di Colonia, dove il Cammino ha
portato più di 100 mila giovani e dove, come frutto delle Giornate della
Gioventù con il Papa Benedetto XVI, nell’incontro vocazionale che noi abbiamo
fatto il giorno dopo, migliaia di giovani si sono alzati per entrare in
Seminario e tante ragazze per la vita contemplativa e di adorazione.
Come è stato possibile questo evento? Lo ha detto il Papa a Colonia: formate
comunità basate sulla fede che percorrano un itinerario verso Cristo, in comunione
con il Papa e con i Vescovi.
È impressionante pensare che dietro a ciascuno di questi giovani c’è una
piccola comunità nella parrocchia, con la quale stanno percorrendo un cammino
di iniziazione cristiana e in cui l’Eucaristia, celebrata nella propria
comunità, è fondamentale per maturare la loro fede e la loro vocazione.
Molti di questi giovani vengono dalle proprie famiglie ricostruite e tanti
altri, che erano lontani dalla Chiesa, hanno visto i segni della fede in
comunità vive. Hanno ricevuto l’annuncio del kerygma nella catechesi e hanno
iniziato un catecumenato post-battesimale di riscoperta del Battesimo, al cui
centro c’è la Veglia pasquale che canta e realizza il mistero della nostra
salvezza.
Dato che l’ eucaristia, pasqua della settimana, alimenta la vita cristiana,
dobbiamo chiederci oggi: Cos’è la vita cristiana? Cosa annuncia la Chiesa?
Che Dio ha inviato suo Figlio al mondo per far passare l’umanità da questo
mondo al Cielo, dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita. Cristo è risuscitato,
grida la Chiesa! Cristo ha vinto la morte e vive risorto nei cristiani. Come
possiamo portare al mondo questa notizia? Dice S. Paolo: “Portando sempre nel
nostro corpo il morire di Gesù, affinché la vita di Gesù si manifesti nel
nostro corpo..., in modo che quando noi moriamo il mondo riceve la vita” (cfr 2
Cor 4,10.12).
Ecco il dinamismo della pasqua che alimenta la nostra fede: abbiamo bisogno che
Cristo ci dia nell’eucaristia, il suo morire per noi, nel pane spezzato e nel
suo Sangue versato, per poter mostrare la sua risurrezione, la sua vita
immortale al mondo.
[00293-01.02] [AU024] [Testo originale: italiano]
- Rev. Suor Margaret WONG,
F. d. C. C. , delle Figlie della Carità Canossiane, Promotrice di Centri di
Adorazione Eucaristica (Hong Kong)
Vi ringrazio per avermi permesso di parlare a nome delle persone disabili di
Hong Kong.
In passato, la maggior parte delle persone disabili delle nostre parti era
privata della possibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica perché
le chiese non erano accessibili per loro. Grazie a Dio, nel 1993 è stato
costituito il Centro Diocesano Pastorale per Disabili e così i nostri disabili
hanno iniziato a frequentare Messe per diversi gruppi, a seconda delle loro
particolari esigenze. A dispetto dei nostri limiti e ristrettezze economiche,
come la povera vedova del Vangelo, abbiamo investito tutto ciò che avevamo con
tutto il nostro cuore.
In questi anni, prima di ritornare ad appartenere alla Cina, la nostra società
è stata pervasa dalla paura e dall’incertezza. Preso atto della nostra
incapacità a risolvere qualsiasi problema abbiamo cominciato a impegnarci a
tenere quotidianamente un’ora santa e a fare preghiere d’intercessione nel
Centro per Disabili. Dal 1996 l’adorazione quotidiana è stata estesa a 12 ore,
concentrata sulla preghiera per la santificazione dei sacerdoti.
Siamo stati profondamente commossi dalla testimonianza dei disabili, che
affrontano ogni tipo di sacrificio per partecipare alla Messa e all’adorazione,
mentre i cosiddetti abili non ne hanno il tempo.
Nel frattempo, la percentuale di persone con problemi psicologici e tendenze
suicide è andata sempre più aumentando. Queste persone che hanno una visione
fallimentare di sé, relazioni fallite alle spalle e spirito di fallimento, sono
state respinte dalle proprie famiglie, anch’esse fallite, e dalla nostra
società improntata al secolarismo e al materialismo. Nell’Eucaristia vediamo il
cuore ferito di Cristo che ha sete di salvare l’umanità spezzata, in Lui
impariamo a stringere in un abbraccio e ad amare sinceramente tutte queste
persone dalla vita spezzata. Le invitiamo a cercare la guarigione spirituale
nel Signore Eucaristico. Ci sono state riferite molte guarigioni interiori e
abbiamo ricevuto molte telefonate da parte di stranieri che ci chiedevano
preghiere di intercessione. Rispondendo alla pressante chiamata del mio cuore
da parte di Nostro Signore, nel 2002 ho costituito un piccolo gruppo rivolto a
laici dalla vita consacrata con il nome di “Eucharistic Oblate for the Vulnerable”,
con il pieno sostegno del nostro Vescovo Joseph Zen. Abbiamo cominciato con 7
membri che avevano problemi fisici, mentali o di altro genere e ci siamo
dedicati all’adorazione perpetua. Crediamo che la vulnerabilità umana sia un
dono dell’amore del Padre e che essa possa essere trasformata in benedizione,
una via di santificazione attraverso la forza trasformante dell’Eucaristia.
Innanzitutto, il nostro gruppo ha sostenuto l’adorazione quotidiana al Centro
Pastorale in modo da farlo diventare un centro di adorazione perpetua. Con
l’aumento dei membri siamo riusciti a creare un secondo Centro di Adorazione
Perpetua a partire dal Mercoledì delle ceneri di quest’anno. In entrambi i
centri siamo felici di avere la Messa quotidiana (con omelia), la benedizione,
l’ora mariana e di cantare l’ufficio divino (anche per i non vedenti), di avere
la lectio divina settimanale per gruppi di diverse età, le Messe di guarigione
mensili e il catechismo, e infine alcuni ritiri incentrati sull’Eucaristia. Con
questo speciale carisma di far avvicinare le persone in difficoltà
all’adorazione eucaristica, il Signore ci manda gradualmente molti volontari
che si dedicano anche all’adorazione eucaristica perpetua per aiutare il nostro
ministero, ad esempio, nelle seguenti cose:
1. Osservare il digiuno di pane e acqua ogni mercoledì e venerdì e pregare
specialmente per i singoli sacerdoti.
2. Adorazione eucaristica per i bambini, settimanale e mensile, e anche
un’adorazione di notte nei giorni di festa.
3. Adorazione eucaristica per centinaia di alunni della scuola primaria, dei
quali solo il 10% sono cattolici, facendo appello allo stupore degli insegnanti
per la loro straordinaria attenzione nei confronti del Signore Eucaristico.
4. Adorazione eucaristica nella Repubblica Cinese, che si è risolta nell’ora
santa quotidiana o anche nell’adorazione perpetua in tutte le parrocchie dove
siamo stati (per es., Bien Chuen a Hebei e S. Pietro e Paolo a Shanghai).
5. Guarigione spirituale di malati di SARS e dei loro parenti, così come di
personale medico in prima linea nei momenti critici.
6. Digiuno e preghiera d’intercessione quotidiana all’ora di pranzo.
7. Preghiera di intercessione dalla mezzanotte alle 6 di mattina per l’omelia
del sacerdote.
8. Sito internet: www.eucharisticoblate.org.
Preghiamo che attraverso l’intercessione del nostro compianto Papa Giovanni
Paolo II, il Signore Eucaristico possa soddisfare la fame del nostro popolo
cinese con la Sua Parola e il suo Pane e che la Sua maestà possa presto regnare
in Cina. Maranatha. Amen.
[00305-01.07] [AU025] [Testo originale: inglese]
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