-- INTERVENTI IN
AULA (CONTINUAZIONE)
Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:
- S.Em.R. Card. Lubomyr
HUSAR, M.S.U., Arcivescovo Maggiore di Lviv degli Ucraini, Presidente del
Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina (UCRAINA)
Credo, anzitutto, doveroso esprimere la mia gratitudine al Segretario Generale
ed alla Commissione Preparatoria per aver tenuto conto delle osservazioni
avanzate dalle Chiese Orientali sia nei Lineamenta che nell' Instrumentum
Laboris.
Vorrei anche intervenire sulla pratica eucaristica (nn. 22. 23. 24) nella
Tradizione della Chiesa Ucraina Greco-cattolica, ma, volendo focalizzare il
presente intervento su un altro problema, rinvio questo aspetto alla sola
trattazione in scriptis.
Il problema che mi pongo in quanto Gerarca di una Chiesa Orientale sui iuris fa
riferimento ai nn. 85, 86 e 87 dell' Instrumentum laboris. Mi esprimo in
termini interrogativi. La mia premessa è che non ci può essere dubbio alcuno
che l'Eucarestia è fons et culmen della vita e della missione della Chiesa. Ma
anche per le Chiese Ortodosse questo è vero!
- Se la Liturgia è regula fidei (lex orandi, lex credendi).
- Se la Divina Liturgia celebrata dalle Chiese Orientali in comunione con la
Sede di Roma e dalle Chiese Ortodosse o Apostoliche è identica per entrambe.
- Se è reciproco il riconoscimento della Successione Apostolica dei Vescovi e,
conseguentemente, dei sacerdoti che la celebrano, allora la mia domanda è: cosa
occorre di più per l'unità?
Esiste forse un' altra fons o un altro culmen superiore all'Eucarestia?
E se non esiste, perché non si permette la concelebrazione?
Una proposta finale. Anche per crescere nella comunione intra ecclesiale
cattolica vorrei proporre che il prossimo Sinodo sia proprio dedicato alle
Chiese Orientali.
[00087-01.05] [IN081] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Evarist
PINTO, Arcivescovo di Karachi (PAKISTAN)
Sono venuto come rappresentante della Conferenza Episcopale del Pakistan. Si
tratta di una piccola Chiesa di un milione e 300 mila cattolici in un paese che
per il 98% è musulmano.
L’Eucaristia è sorgente di forza e nutrimento per i cattolici. Essi amano la
Parola di Dio, l’ascolto della musica sacra, il canto dei salmi nella loro
lingua materna.
Non sempre il sacerdote può celebrare l’Eucaristia, perché le parrocchie sono
grandi e hanno molte sottostazioni. Nelle zone rurali la situazione è ancora
peggiore, perché i cattolici sono sparsi in villaggi molto distanti tra loro.
Vorrei sottoporre due suggerimenti.
1. Inculturazione
Spesso i rituali non vengono compresi dalle persone semplici. Dobbiamo scoprire
“i semi della Sapienza divina già presenti” nei popoli (Ecclesia in Asia, 20)
2. Nuove forme di ministero
I nostri catechisti svolgono un grande e lodevole compito pastorale. Ma abbiamo
bisogno di altri operatori di pastorale: diaconi sposati, assistenti di
pastorale e altre forme di ministero.
[00148-01.04] [IN105] [Testo originale: inglese]
- Rev. P. Barry FISCHER,
C.PP.S., Moderatore Generale dei Missionari del Preziosissimo Sangue
“Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il
sangue di Cristo?” (1Cor 10, 16). Con queste parole San Paolo ci ricorda il
cerchio di comunione che si crea con la partecipazione all’Eucaristia.
Con la condivisione del calice nell’Eucaristia Dio ci invita a rinnovare il
rapporto di alleanza con Lui, fondamento di ogni altro rapporto. Poiché la
riconciliazione è veramente un dono di Dio, “che ci ha riconciliati con sé
mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione...Noi
fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo
nostro” (2 Cor 5, 18-20).
Scopo di questo ministero di riconciliazione è quello di superare l‘odio,
l’ingiustizia e la divisione. Ma la sua meta ultima è di portare la pace, la
pace che Cristo ci ha guadagnato con il sangue della sua croce (cf Col 1, 20),
la pace che riconcilia in Cristo tutte le cose.
La comunione che si attua nel Sangue riconciliatore di Cristo ci dà la forza di
diventare costruttori di ponti, araldi della verità, balsami per le ferite. Il
nostro “amen”, quando riceviamo la comunione, afferma non soltanto la reale
presenza di Cristo nell’Eucaristia; ci invita ad essere pane spezzato e sangue
versato, vita offerta per la vita del mondo. Diventiamo veramente “calici vivi”
che portano il Sangue prezioso di Cristo, il sacro balsamo a quanti hanno
bisogno di chi guarisca le loro fratture, a quanti soffrono per le ferite della
povertà, a quanti sono abbandonati morenti a un lato della strada, scherniti e
oppressi dal pregiudizio, dal razzismo e dalla guerra.
Quali “ambasciatori di riconciliazione” (cf 2 Cor 5, 20) offriamo il Sangue di
Cristo a un mondo che ha sete di armonia con Dio, con l’umanità e con tutta la
creazione. Il Sangue di Cristo estingue la sete di quella comunione in cui
popoli molto diversi possono incontrarsi in un’unità profonda e duratura, e ci
esorta a essere comunità eucaristiche che abbracciano anche chi è lontano,
separato o tagliato fuori. La partecipazione all’Eucaristia ci rafforza e ci sprona
a sognare una storia diversa, a costruire un mondo nuovo, un mondo che si
conformi al progetto di Dio per l‘umanità come ci è stato rivelato nella vita,
morte e risurrezione di Gesù Cristo.
[00152-01.03] [IN111] [Testo originale: inglese]
- S.Em.R. Card. Varkey
VITHAYATHIL, C.SS.R., Arcivescovo Maggiore di Ernakulam-Angamaly dei
Siro-Malabaresi, Presidente del Sinodo della Chiesa Siro-Malabarese (INDIA)
L’Eucaristia conferisce il grande potere di predicare il vangelo a tutto il
mondo. La Chiesa siro-malabarese è una comunità incentrata sull’Eucaristia. Le
chiese parrocchiali la domenica sono affollate e molti partecipano
all’Eucaristia anche nei giorni feriali. Può dipendere da questo il fatto che
la nostra Chiesa sia benedetta da così tante vocazioni al sacerdozio e alla
vita religiosa.
Sono felice di sottolineare che gran parte del personale missionario nelle
diocesi missionarie dell’India, perfino in molte diocesi di rito latino,
proviene dalla Chiesa siro-malabarese e noi inviamo sacerdoti e religiosi in
Africa, America meridionale e settentrionale, Europa e Oceania. Ma, da oltre
cento anni, la restrizione territoriale di questa Chiesa ha determinato seri
problemi sia nell’attività missionaria che nella vera e propria cura pastorale
dei suoi fedeli in India e all’estero. I cristiani della Chiesa siro-malabarese
dedicata a San Tommaso hanno una straordinaria devozione per la Santissima
Vergine Maria. L’atteggiamento della Chiesa, atteggiamento di costante
compimento della volontà di Dio, il suo umile servizio ai bisognosi e il suo
radicale discepolato anche sotto la Croce, tutto ciò ci induce a dedicarci alla
costruzione di una società migliore basata sulla giustizia e la pace.
Quindi ritengo che quest’anno dell’Eucaristia la cui tappa finale è il Sinodo
sia un’occasione offerta da Dio perché ci nutriamo costantemente
dell’Eucaristia del Signore affinché il suo mandato missionario si realizzi.
[00175-01.05] [IN113] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Tharcisse
TSHIBANGU TSHISHIKU, Vescovo di Mbujimayi (REP. DEMOCRATICA DEL CONGO)
I. Eucaristia, edificazione della Chiesa, inculturazione e riti liturgici
Come giustamente sottolinea con insistenza Papa Benedetto XVI, l’Eucaristia è
veramente il centro e costituisce il grande fondamento visibile della stabilità
e continuità della Fede e della Vita della Chiesa. E’ intorno ai luoghi della
celebrazione eucaristica e degli altri sacramenti cristiani che si edifica la
Chiesa e si organizzano le diverse strutture e ministeri a servizio del popolo
di Dio.
Sull’Eucaristia dunque, si concentrano gli sforzi di inculturazione necessaria
e indispensabile.
È qui, come per altre questioni dottrinali della rivelazione soprannaturale,
che si presentano l’opportunità e la necessità di mettere in atto e far
proseguire - come è espresso nel decreto Ad Gentes N° 22 - ricerche e studi
teologici per ogni zona o regione socioculturale , al fine di mettere a punto
espressioni catechetiche adeguate.L’ambito della celebrazione eucaristica è
quello della liturgia. Qui restano da fare e portare avanti nuovi sforzi
missionari. Dopo il Vaticano II, i cristiani d’Africa, come quelli di tutti i
paesi e le regioni dell’area cattolica, hanno dovuto affrontare il trauma del
passaggio dal rito universale - della liturgia o Messa di PioV - a quello
promulgato da Paolo VI.
Successivamente si sono aperte altre possibilità di integrare nuovi elementi
specifici, fino alla promulgazione officiale del rito detto “Rito Romano della
Messa per le Diocesi dello Zaire”, pubblicato da Giovanni Paolo II nel 1988,
comunemente detto “Rito zairese della Messa”.
Ora, dopo 20 anni, nel continente africano si avverte ovunque, a partire dalla
Chiesa della Repubblica democratica del Congo, la necessità di valutare
l’evoluzione della pratica per migliorare e attuare nella maniera più consono
il modo di celebrare il rito, evitando deviazioni, più o meno gravi o
preoccupanti, che già si notano qua e là.
II. Implicazioni sociali dell’Eucaristia nel mondo globalizzato di oggi.
Il mondo globalizzato di oggi è pieno di promesse positive per tutti, ma
presenta anche molti aspetti ed effetti assai negativi, sfavorevoli per i paesi
dell’emisfero sud in generale, e particolarmente per quello africano,
continente che tutti riconoscono essere più “mondializzato” rispetto agli altri.
III. Temi per il prossimo “Sinodo africano”
In occasione del Sinodo africano (Sinodo speciale per l’Africa), già annunciato
da Papa Benedetto XVI, dovrebbero figurare all’ordine del giorno alcune
questioni molto importanti, quali le seguenti:
- Inculturazione del culto divino e della Liturgia in Africa.
- Situazione attuale della “mondializzazione” e della missione della Chiesa
- Solidarietà inter-ecclesiale. Scambi e aiuti reciproci.
- Situazione e avvenire degli Istituti missionari e delle Congregazioni
religiose.
- Sviluppo globale dell’Africa e impegni della Chiesa
- Sfide della Missione e cammini di ricerca teologica in Africa.
Conclusione
Che questa Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi possa
contribuire a rinnovare e promuovere lo slancio missionario della Chiesa.
[00179-01.04] [IN120] [Testo originale: francese]
- S.Em.R. Card. Crescenzio
SEPE, Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (CITTÀ DEL
VATICANO)
In riferimento a quanto esposto al capitolo 2 della IV parte dell
"'Instrumentum laboris", si ritiene opportuno una trattazione più
organica e logica che chiarisca la distinzione tra Evangelizzazione destinata
"ad Gentes" e quella destinata a quanti hanno abbandonato la propria
fede. E' vero, che l’evangelizzazione e unica nel contenuto, ma si diversifica
in relazione ai destinatari ai quali essa è indirizzata.
Diversi sono i passi dell'Instrumentum Laboris che potrebbero essere chiariti,
per esempio, dicendo chiaramente che oggi sono circa 5 miliardi le persone che
non conoscono Gesù Cristo e quindi non possono alimentarsi del Suo Corpo e del
Suo Sangue. La Chiesa ha il diritto e dovere di portare anche a loro il pane
della vita e il calice della Salvezza.
A tal fine è necessario che la dottrina eucaristica sia offerta ai non
cristiani nella sua integrale verità, senza cedere alle "mode
culturali" che porterebbero a quella deriva ermeneutica per la quale
l'Eucarestia perderebbe la sua dimensione mistica-reale e diventerebbe una
variante di quella antropologia culturale che relativizza la stessa persona di
Gesù Cristo. Con la forza dello Spirito Santo, il missionario, anche oggi,
saprà impiantare la Chiesa presso le genti, alimentandole con il Pane della
vita, dato per tutti.
[00180-01.05] [IN123] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Djura
DŽUDŽAR, Vescovo titolare di Acrasso, Esarca Apostolico di Serbia e Montenegro
per i cattolici di rito bizantino (SERBIA e MONTENEGRO)
Mi riferirò ora al quarto capitolo di Instrumentum Laboris: "Eucaristia e
Inculturazione" (n. 80 e 81), "Eucaristia ed Ecumenismo” (n.86),
"Eucaristia ed Intercomunione” (n.87).
L'inculturazione.
La frequentazione costante tra Oriente e Occidente porta al confronto tra le
due tradizioni liturgiche cristiane. La liturgia orientale è "accusata"
di incomprensibilità e arcaismo, che "appesantiscono" i momenti
celebrativi, ma è a ben ragione ritenuta molto coinvolgente e mistica. Alla
semplificazione latina si addebita invece un "impoverimento
liturgico".
Per consentire alla nostra celebrazione di essere segno di riconoscimento e
identità per i non cattolici, occorre accentuare tale formazione in tutte le
categorie del popolo di Dio, con priorità per gli istituti di educazione, i
sacerdoti-liturgisti, diaconi, animatori e ministranti. In una parola si deve
far precedere la pastorale regolare e una adeguata ordinaria catechesi
liturgica.
Eucaristia ed Ecumenismo.
Le celebrazioni comuni possono diventare nella quotidianità un forte messaggio.
Ma servono premesse chiare che indichino fin dove è possibile operare a livello
liturgico con le chiese e comunità cristiane che compongono il mosaico
ecumenico. Perciò proponiamo una guida liturgica che aiuti a far sì che la
comunione, non ancora raggiunta, sia invocata nella preghiera e non considerata
scontata o addirittura come uno "strumento" di dialogo.
Eucaristia ed Intercomunione.
Sottolineo due possibili insidie: il pregiudizio, come primo pericolo, oppure
il relativismo. Anche qui invochiamo chiarezza e verità; apertura ma senza
misconoscere la nostra identità. Anche in questo ambito l'Eucaristia, non può
essere il mezzo per la comunione, nemmeno il mezzo per l'edificazione di una
generica comunità umana. L'Eucaristia non è neanche un punto di partenza. È il
mistero di Cristo che nel dono dell'Eucaristia ci rende suo Corpo. È il dono
fatto a chi appartiene a Cristo e deve diventare santo e quindi, grazie a
questa fondamentale preoccupazione, anche germe di unità nella Chiesa e nel
mondo.
La richiesta più urgente a questo sinodo: rivisitare il mistero eucaristico in
rapporto agli altri sacramenti, soprattutto in rapporto alla sacramentalità del
matrimonio nei matrimoni misti ed offrire orientamenti essenziali, seppure da
calare nel contesto locale da parte dei vescovi interessati.È una sfida che
riteniamo coinvolga aree sempre più vaste, e fortemente il continente europeo.
[00156-01.05] [IN127] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Bosco LIN
CHI-NAN, Vescovo di Tainan (CINA)
Oggi la nostra fede ha grandissima difficoltà sia all’interno che all’esterno,
sia di pastorale che di evangelizzazione. All’inizio di questo terzo millennio
dobbiamo con tutto il cuore e le forze vincere le difficoltà. Papa Giovanni
Paolo II ci ha proposto: 1. Nel nostro tempo occorre accendere lo spirito di
evangelizzazione alle genti e predicare ad esse Gesù Cristo - unico Salvatore.
2. La Chiesa, riunita intorno al Sacramento dell’altare, può maggiormente
comprendere la sua origine e missione. La Chiesa, Una, Santa, Cattolica e
Apostolica, riunita intorno al Sacramento dell’Eucaristia, è resa famiglia e
Popolo di Dio.
1. Dal Sacramento dell’Eucaristia si trae la forza per promuovere la missione
di Evangelizzazione.
In questo anno dedicato all’Eucaristia il Culto ad essa reso da tutta la Chiesa
di Taiwan ha creato un vasto movimento: la predicazione dei sacerdoti la
domenica, l’esposizione del Santissimo Sacramento, l’Ora Santa ecc. ha acceso
il fervore dei fedeli per il Santissimo Sacramento, i fedeli in Cristo ricevono
la forza per andare ad annuciare il Vangelo al loro prossimo. Molti adulti sono
stati battezzati. Speriamo che la conclusione dell’anno Eucaristico non
rappresenti un termine, bensì un inizio.
2. L’Eucaristia è Sacramento di unione e di comunione.
Il popolo cinese cresce, così anche i cattolici. Solo di un fatto dobbiamo
preoccuparci: la mancanza di libertà religiosa, per cui la Chiesa corre il
rischio di dividersi.
Dobbiamo pregare di cuore, perché siamo un solo corpo, un solo spirito, così
come siamo stati chiamati a edificare il corpo di Gesù Cristo nostro Signore.
3. L’Eucaristia è fonte e culmine della Chiesa e della vita spirituale dei
fedeli. Occorre promuovere e diffondere il catechismo relativo alla SS.
Eucaristia, affinché tutti i fedeli conoscano la loro relazione, l’unione e la
comunione con l’Eucaristia, e affinché compiano la sacra missione, “Andate e
predicate il Vangelo”, così da raggiungere il fine, cioè un solo gregge e un
solo pastore.
[00182-01.03] [IN134] [Testo originale: latino]
- S.E.R. Mons. Christopher
Henry TOOHEY, Vescovo di Wilcannia-Forbes (AUSTRALIA)
Considerate il fatto che il Creatore dell’Universo ha assunto natura umana, è
nato da una Vergine, ha avuto (e ancora ha) corpo e anima umani, è vissuto, è
morto e risorto su questo minuscolo pianeta che chiamiamo Terra. Ha fatto tutto
questo per noi e per la nostra salvezza. E la sua presenza rimane con noi vera
e sostanziale nell’Eucaristia. Il Mistero fa vacillare la mente, supera la
nostra piena comprensione. Ma il cuore umano può conoscerlo e accettarlo in
vera umiltà nell’atto della conversione.
Sappiamo che l’Eucaristia è il pegno di fedeltà e di amore di Dio Padre verso
l’umanità. La nostra fede è audace e profonda nella sua visione. Ci è donata da
Dio. Noi, che la insegniamo dobbiamo rispecchiare la sua sconcertante bellezza
nel modo di parlare dell’Eucaristia, di celebrare il rito dell’Eucaristia e di
vivere l’Eucaristia.
[00184-01.04] [IN138] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Petru
GHERGHEL, Vescovo di Iaşi (ROMANIA)
Il "rimanere in Cristo" (Gv 15,4) ha garantito sin dall'inizio la
vitalità e la forza delle prime comunità cristiane, riunite per la celebrazione
dell'Eucaristia. La sua presenza viva e insieme sacramentale, è garanzia sicura
di una continuità e di una crescita che mai potranno cessare, nonostante le
difficoltà della storia con le sue ideologie nonchè persecuzioni. Le numerose
testimonianze delle celebrazioni eucaristiche avvenute nelle catacombe di ogni
tempo e luogo, ne sono prova evidente. Anche se parzialmente, sono stato
testimone diretto di tanti atti eroici durante i decenni del comunismo
totalitario. Ho conosciuto vescovi e sacerdoti che sono riusciti, con una
fantasia difficilmente immaginabile, a consacrare e a conservare persino nelle
loro celIe, il Santo Pane Eucaristico. Nel lungo periodo comunista, l'unico
luogo dove i fedeli potevano alimentare il coraggio della loro fede era la
chiesa. La celebrazione dell'Eucaristia era insieme momento di
evange1izzazione, catechesi e comunione con Dio e con i fratelli.
I cambiamenti del 1989 hanno aperto la strada a tanti valori in condizione di
libertà, ma la libertà mal compresa porta al degrado dei costumi nella vita
sociale, nella famiglia e talvolta anche l'allontanamento dalla fede. Grazie a
Dio, simili tendenze non hanno invaso le nostre chiese cattoliche, dove il
rispetto e l'amore per l'Eucaristia sono ancor più forti che in passato. La
frequenza alla Messa domenicale e piuttosto alta e forse più motivata.
Suggerisco una proposta per incrementare il rispetto verso l'Eucaristia. Avendo
presente la tradizione orientale, la ricchezza di tali testimonianze e
l'intento di uno scambio di doni tra le nostre Chiese, propongo di adoperare
per la Santa Messa anche l'appellativo "La Santa e Divina Liturgia",
accanto a quello latino, già in uso ma poco preciso. Sarà un titolo che
suggerisce maggiormente il sacro e invita al raccogIimento, allo stupore, al
silenzio, all'adorazione.
Infine, un appello: conserviamo nella struttura delle nostre chiese il posta
piu visibile e accessibile per il Tabernacolo, per non rischiare che le nostre
chiese diventino come delle belle conchiglie il cui inquiIino non è da trovare.
[00186-01.05] [IN140] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Gabriel
MALZAIRE, Vescovo di Roseau (DOMINICA)
La Conferenza episcopale delle Antille serve la Guyana, Caienna e Suriname nel
continente sudamericano, tutte le Antille inglesi, francesi, olandesi e il
Belize. I fondamenti etici dei cattolici, in ognuna di queste diocesi, dipende
molto dalla nazione europea colonizzatrice. In tempi recenti la presenza del
Movimento Evangelico preveniente dagli Stati Uniti ha penetrato sia la cultura
cattolica sia quella protestante delle Antille, interessando così il loro modo
di pregare e di essere Chiesa.
In alcune diocesi che sono soprattutto protestanti e/o fortemente influenzate
dalla cultura evangelica, alcuni fedeli hanno una certa difficoltà a
comprendere la differenza fra la Messa e la devozione non cattolica.
Per i cattolici praticanti è molto importante l’Eucaristia per la crescita
della loro fede.
È estremamente importante una formazione sistematica per i bambini e i giovani
che si preparano alla prima Comunione e alla Cresima.
Si fanno grandi sforzi per assicurare che la celebrazione dell’Eucaristia sia
fatta con dignità , con decoro e con una autentica partecipazione dei fedeli.
Nei Caraibi sta aumentando la coscienza che bisogna inculturare la liturgia.
Molti fedeli sono contrari alla stretta di mano per il segno della pace.
Vorrebbero un’espressione più sentita di fraternità, come un abbraccio.
Il sacramento della Penitenza non fa più parte della normale vita spirituale
per un numero sempre più grande di cattolici.
Per molti fedeli la comunione porta alla santità personale e ad una
trasformazione dei comportamenti e genera un senso di responsabilità verso i
bisogni degli altri. Tuttavia, per molti vi è discordanza tra ciò in cui
credono e il loro modo di vivere.
[00187-01.05] [IN146] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. John
Olorunfemi ONAIYEKAN, Arcivescovo di Abuja, Presidente della Conferenza Episcopale
della Nigeria, Presidente del Symposium of Episcopal Conferences of Africa and
Madagascar (S.E.C.A.M.) (NIGERIA)
Il mio intervento è un inno di ringraziamento e di lode a Dio per le grandi
benedizioni che il popolo dell’Africa ha sperimentato nel periodo successivo al
Concilio vaticano Secondo attraverso l’”attiva, consapevole, feconda” e anche
gioiosa partecipazione all’Eucaristia celebrata nella ricchezza delle nostre
espressioni culturali. Mi riferisco in special modo ai numeri 80 e 81 dell’Instrumentum
Laboris dal titolo “Eucaristia e inculturazione”.
L’IL in molti punti esprime cautela, prudenza e talvolta manifesta ansietà
riguardo a errori, esagerazioni e sperimentazioni azzardate a tale riguardo.
Indubbiamente è ragionevole manifestare queste riserve, ed esse vanno prese
seriamente, ma nell’insieme, come afferma l’IL al numero 34, “non devono
causare falsi allarmismi”. Anzi, dobbiamo rallegrarci delle cose meravigliose
che lo Spirito compie nelle nostre Chiese locali. In tutta l‘Africa, negli ultimi
quarant’anni, sono emerse bellissime celebrazioni eucaristiche che hanno
approfondito la fede della gente, migliorato la qualità della loro
partecipazione, intensificato l‘amore per il sacerdozio, infuso gioia e
speranza in mezzo allo scoraggiamento e alla disperazione, incentivato i
rapporti ecumenici e, in generale, ha promosso l’evangelizzazione.
L’Eucaristia merita - e sta ricevendo, il meglio delle nostre culture. Non
avremo molto da offrire in termini di maestose architetture di cattedrali come quelle
europee o di splendidi dipinti quali quelli di Michelangelo o Leonardo da
Vinci. Ma quanto abbiamo siamo felici di donarlo: i nostri canti e le nostre
poesie, il rullo dei nostri tamburi e i ritmi delle nostre danze, tutto per la
gloria di Dio.
Ci impegniamo a riconoscere e far nostro il ricco retaggio delle tradizioni
eucaristiche dei diversi riti antichi sia dell’Est che dell’Ovest. Ritengo che
anch’essi siano il prodotto di un’inculturazione avvenuta molti secoli fa sotto
la guida dello Spirito Santo. Lo stesso Spirito non sta riposando. “Il processo
dell’inculturazione rimane vivo anche nelle attuali comunità ecclesiali”“ (IL,
80).
Concludo con il dolce ricordo del nostro caro Papa Giovanni Paolo II, il cui
amore, rispetto e ammirazione per i nostri sforzi nell’inculturazione
dell’Eucaristia si sono manifestati chiari e vividi non soltanto nelle
celebrazioni liturgiche delle sue molte visite in diversi paesi dell’Africa, ma
in tante occasioni proprio qui, nella Basilica di San Pietro.
I problemi in Africa sono molti. Ma, almeno in questo caso, siamo felici che
grandi cose l‘Altissimo abbia fatto per noi. Santo è il suo Nome! Amen.
[00172-01.05] [IN148] [Testo originale: inglese]
- Rev. P. Peter-Hans
KOLVENBACH, S.I., Preposito Generale della Compagnia di Gesù (PAESI BASSI)
La riscoperta della nozione tridentina di ripresentazione sacramentale ad opera
di Odo Casel, di recente integrata e fondata sotto il profilo biblico, apre
orizzonti promettenti nel dialogo tra Cattolici e Riformati. Invece di dire che
la Messa è rinnovazione del sacrificio della Croce, oggi diciamo più
esattamente che la Messa è la rinnovazione del memoriale del sacrificio della
Croce. La Messa è infatti sacrificio sacramentale, vale a dire il sacramento di
quel sacrificio, la ripresentazione sacramentale nostra all'unico sacrificio.
Il limite che ha contrapposto la teologia cattolica del 2° millennio a quella
ortodossa è stato quello di analizzare la trasformazione eucaristica in base
alla nozione di tempo fisico, facendola dipendere esclusivamente o dal momento
in cui vengono pronunciate le parole della consacrazione o dal momento in cui
si pronuncia l'epiclesi consacratoria. Da una parte come dall'altra si è
dimenticato che l'istante in cui avviene la transustanziazione (o metabolè) non
è quello del nostro cronometro, bensì è l'istante di Dio, che è tempo
sacramentale. Il magistero della lex orandi insegna che questo istante, essendo
per natura sua «al di là delle cose fisiche», ammette due momenti forti,
entrambi provvisti di efficacia consacratoria assoluta: il racconto
istituzionale e l'epiclesi. Riferita alle parole della consacrazione e
all'epiclesi consacratoria, la nozione di efficacia consacratoria assoluta non
sopporta né conflittualità né esclusivismi. Lungi dal presentarsi come
ostacolo, la questione dell' epiclesi si rivela un vero ponte ecumenico nel
dialogo tra Cattolici e Ortodossi.
[00171-01.05] [IN149] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Oswald
GRACIAS, Arcivescovo di Agra, Presidente della Conferenza Episcopale (INDIA)
Questo intervento intende prendere in esame il contesto indiano, avendo
presente soprattutto il fatto che la Chiesa cattolica è minoritaria.
1. Seguendo il paradigma dell’esperienza sulla via di Emmaus, quando il Signore
ha spiegato le Scritture e quindi ha spezzato il pane con i suoi discepoli,
anche noi dobbiamo dare maggior importanza alla Liturgia della Parola nelle
nostre celebrazioni eucaristiche. In India, dove c’è grande bisogno di
formazione nella fede, occorre prestare maggiore attenzione all’obiettivo di
portare le persone a comprendere, apprezzare e vivere le Scritture nella loro
ricchezza. A tale scopo si può cercare di ricorrere all’impiego dei mezzi di
comunicazione quali proiezioni di audiovisivi con scene del Vangelo e importanti
rappresentazioni così che la proclamazione giunga a tutti i livelli dell’umana
coscienza. I Vescovi, in quanto pienamente responsabili dovrebbero cercare di
evitare il pericolo del protagonismo.
2. Come sottolineato nell’Instrumentum laboris, va rafforzato il legame tra
Eucaristia e spiritualità. La partecipazione all’Eucaristia, un’immersione
nella Passione, Morte e Risurrezione del Signore, deve portare i fedeli a una
trasformazione che permetta loro di permeare il mondo temporale con la forza
del Vangelo. In tal modo saranno messaggeri di unità e portatori di pace e
riconciliazione in un mondo lacerato dalle lotte di caste e di classe e
dall’intolleranza di gruppo e religiosa, e conferiranno umana dignità a quanti
sono lacerati da ingiustizie e sfruttamenti.
3. Le persone in alcune zone dell’India sono attratte dalle sette perché
trovano la nostra liturgia monotona e impersonale, ben lontana da un’esperienza
di Dio. Le Conferenze episcopali, insieme alla Congregazione del Culto Divino e
della Disciplina dei Sacramenti potrebbero studiare strumenti per una miglior
inculturazione della liturgia, e consentire una maggiore libertà e creatività
nella stessa, salvaguardandola allo stesso tempo dal pericolo di abusi.
Le Messe di gruppo e le Messe per le famiglie potrebbero rappresentare mezzi
efficaci per rafforzare l’unità della famiglia e impartire la catechesi alle
famiglie.
[00168-01.03] [IN152] [Testo originale: inglese]
- S.Em.R. Card. Pedro
RUBIANO SÁENZ, Arcivescovo di Bogotá (COLOMBIA)
Nell’Eucaristia viviamo l’incontro con Cristo, nostra pace, e di conseguenza
dobbiamo accogliere la sua pace, testimoniarla e promuoverla con la vita. La
pace è amore, verità, riconciliazione, giustizia e solidarietà con il fratello
nel quale scopriamo la presenza di Cristo, non solo Risorto ma anche ferito
dall’odio, dall’ingiustizia e dalla violenza. Fare la Comunione richiede
impegno e volontà di lavorare insieme ai fratelli per la costruzione della
pace. Essere riconciliati e in pace è la condizione per avvicinarsi al
banchetto eucaristico e molti battezzati vivono una vita di sofferenze per le
ferite lasciate dalla violenza e dall’odio.
Il sacramento della Penitenza ci riconcilia con Dio ed esige non solo il
riconoscimento del peccato ma anche il proposito di correggerci per quella
conversione che porta a impostare la vita secondo la volontà di Dio. Chi si
nutre dell’Eucaristia deve essere riconciliato con i suoi fratelli per vivere
la comunione con Dio, nostro Padre. La parabola del figliol prodigo ci mostra
la misericordia di Dio Padre e anche il pentimento del peccatore che riconosce
il suo peccato e si risolleva, sicuro com’è della misericordia e del perdono di
Dio.
Nel momento in cui ci scambiamo il segno di pace manifestiamo che non ci sono
più odio né rancore nel nostro cuore. Sarebbe più coerente scambiarsi il segno
di pace prima dell’offertorio, dopo la preghiera dei fedeli, conformemente a
quanto il Signore ci chiede nel Vangelo: “Se dunque presenti la tua offerta
sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te,
lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo
fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23). Infatti, se non abbiamo
la pace, come possiamo darla? Sarebbe semplicemente un gesto privo di contenuto
e non una testimonianza di comunione con il Signore e con i fratelli.
Come avvicinarsi all’Eucaristia, sacramento dell’Amore, se non ci sono perdono
e vero amore?
La pace che ci dà il Signore richiede che perdoniamo e che sradichiamo l’odio e
il desiderio di vendetta, quel muro che ci separa dal fratello così come dal
Signore.
La violenza provocata dall’odio sarà superata solo quando saremo capaci di
perdonare come Dio ci perdona e allora, con sincerità, potremo rivolgerci al
nostro Padre: “perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni
nostro debitore” (Lc 11,4).
È uno scandalo che ci siano dei battezzati che, per ambizione, ingiustizia,
discriminazione, rancore e odio, rompono i rapporti umani e fraterni : come
possono chiamarsi figli di Dio se non vivono la loro relazione di amore con Lui
presente nel prossimo? E come possono avvicinarsi al Sacramento dell’Eucaristia
senza riconoscere che a causa dell’odio hanno interrotto la comunione con il
fratello, senza prima rifugiarsi nella misericordia di Dio attraverso il
Sacramento della Penitenza?
È urgente insistere sulla preparazione permanente dei fedeli al Sacramento
dell’Eucaristia, che è l’alimento che nutre la fede, affinché vivano l’incontro
con Gesù Cristo e accolgano la pace che Lui ci offre e che dobbiamo condividere
con i fratelli.
[00167-01.06] [IN157] [Testo originale: spagnolo]
- S.Em.R. Card. Jozef TOMKO,
Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali
(CITTÀ DEL VATICANO)
Con la chiusura di questa Assemblea sinodale terminerà anche l’Anno
dell’Eucaristia che il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha inaugurato al termine
del 48° Congresso eucaristico internazionale a Guadalajara, il 18 ottobre 2004.
Il tema del Congresso, che durò una settimana ed era preceduto da un denso
simposio teologico, era: “L’Eucaristia, luce e vita del nuovo millennio”. Ciò
che ha impressionato era la massiccia manifestazione di fede prolungatasi per
una settimana, con alcuni milioni di partecipanti, la processione eucaristica
durata molte ore accompagnata dai giovani che scandivano:”Se ve, se siente,
Jesus es presente”, l’imponente pellegrinaggio di alcuni milioni alla Madonna
di Zapopan (la Donna eucaristica), la presenza quotidiana di 17.000
partecipanti alle liturgie eucaristiche seguite da catechesi e da testimonianze
e infine il messaggio di Giovanni Paolo II per mezzo del ponte televisivo. Un
vero “bagno” di fede. Tutta la Chiesa era rappresentata a questa “Statio Orbis”
attorno a Gesù Cristo Eucaristico, con gruppi arrivati persino dalla Siberia e
dalla Corea, e con forte presenza degli Adoratori dell’Eucaristia.
I Congressi Eucaristici internazionali sono nati in Francia nel 1881 da una
fervente devozione eucaristica, grazie ad un’armoniosa cooperazione tra laici e
clero, sotto l’ispirazione di San Pier Giuliano Eymard. Il loro motto “La
salvezza della società per mezzo dell’Eucaristia” intendeva affrontare il
diffuso indefferentismo religioso tanto simile all’agnosticismo dei nostri
tempi. Per la preparazione del primo Congresso internazionale di Lille, nel
1881, è stato costituito un Comitato permanente, approvato da Leone XIII e
diventato più tardi “Pontificio” che continua a promuovere la celebrazione
periodica dei Congressi eucaristici internazionali e, inoltre, “favorisce e
privilegia quelle iniziative che, in armonia con le disposizioni vigenti nella
Chiesa, hanno lo scopo di incrementare la devozione verso il mistero
eucaristico in tutti i suoi aspetti, dalla celebrazione dell’Eucaristia al
culto extra missam “(Statuti, art.3).
I Congressi eucaristici internazionali si celebrano ogni quattro anni nei
diversi continenti. Molti ricorderanno ancora quello celebrato a Roma durante
il Giubileo del 2000, e scendendo negli anni, quelli di Wroclaw, Sevilla,
Seoul, Nairobi, Philadelphia, Bombay, Muenchen ed altri. Il prossimo avrà luogo
a Quebec (Canada) nel 2008. La recente Giornata mondiale della gioventù a
Colonia, grazie al suo tema:”Venimus adorare eum”, è diventata di fatto quasi
un Congresso Eucaristico.
Con il Concilio Vaticano II i Congressi Eucaristici internazionali hanno
assunto la fisionomia della “Statio Orbis”, una specie di “sosta” in cui le
chiese particolari di varie parti dell’Orbe si uniscono con il Papa o il suo
Legato in una città intorno a Cristo nel suo mistero eucaristico per
manifestare e approfondire la loro fede. La catechesi, la celebrazione del
Santo Sacrificio, l’adorazione del SS. Sacramento, la solenne processione
eucaristica, le prime comunioni, le attività caritative verso i poveri, gli
ammalati e handicappati, gli incontri di riflessione per categorie, fanno di un
tale Congresso una vera occasione di rinnovamento spirituale, con frutti,
visibili e invisibili, che solo Dio conosce ma che sono certamente abbondanti.
Nelle dovute proporzioni, ciò si può affermare anche di altre forme di
Congressi Eucaristici, che si possono celebrare al livello di una Nazione, di
una diocesi, di un decanato-vicariato, e simili. L’incontro comunitario con
Cristo eucaristico è sempre fecondo per far crescere il fervore religioso, la
comunione, le vocazioni, lo spirito missionario, la pace sociale e la
solidarietà.
Si è parlato della riscoperta dell’adorazione, anche notturna. Gli adoratori
che abbiamo visto in Messico sono un esempio. Così anche le contemplative. Ma
ora Gesù eucaristico attira anche i giovani che in Lui scoprono Dio-Amore.
Speriamo che ciò avvenga nelle nostre parrocchie, nei seminari, nei conventi e
nelle case dei sacerdoti. Davanti a Lui non ci vogliono grandi ragionamenti, ci
vuole soltanto la semplice fede. Come quella del contadino di Ars a cui San
Giovanni Vianney chiese che cosa stesse facendo per lungo tempo davanti al
tabernacolo. La risposta è disarmante nella sua profondità: “Io lo guardo e lui
mi guarda!” In questo sguardo incrociato c’è la soluzione di molti problemi del
nostro tempo.
[00196-01.04] [IN159] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Jean-Louis
BRUGUÈS, O.P., Vescovo di Angers (FRANCIA)
Dobbiamo prendere posizione in questa secolarizzazione in corso: essa è una tendenza
storica pesante e durevole. Ha prodotto una mentalità - il secolarismo - che
interroga singolarmente la coscienza cristiana. Il secolarismo rifiuta ogni
forma di relazione con l’al di là e il mondo invisibile. All’interno delle
nostre comunità cristiane esiste anche un’auto-secolarizzazione. Cosa diventa
l’Eucaristia “pane del Cielo”... se non esiste più il Cielo? E’ opportuno
precisare il ruolo che deve avere l’Eucaristia nella “nuova evangelizzazione”,
più precisamente nell’evangelizzazione attraverso la cultura. È necessario
inoltre incoraggiare i nostri giovani che hanno scoperto nell’adorazione
eucaristica la sorgente della loro missione nei confronti del razionalismo
moderno.
[00197-01.07] [IN158] [Testo originale: francese]
- S.E.R. Mons. Francesco
CACUCCI, Arcivescovo di Bari-Bitonto (ITALIA)
L'esigenza di una "svolta mistagogica" nella nostra pastorale si fa
sempre più viva e attuale. I Lineamenta del Sinodo hanno dedicato un intero
capitolo. L' Instrumentum laboris fa riferimento esplicitamente alla mistagogia
ai nn.31, 40, 47 e 52. In questa direzione si sono espressi anche
alcuni Padri sinodali.
Siamo ancorati a una pastorale che "prepara" ai sacramenti. Appena
celebrati i sacramenti dell'iniziazione cristiana, si parla
dell’"addio" alla comunità cristiana. In realtà è carente
un'esperienza essenziale: l'ingresso progressivo nel mistero della salvezza.
I Padri della Chiesa, che vivevano una situazione culturale per alcuni tratti
analoga a quella dell'uomo post-moderno, fanno una scelta "mistagogica",
rivolta non a cristiani "ferventi", ma a cristiani segnati dalle
contraddizioni di un certo "secolarismo" di quel tempo.
In un periodo di frammentazione quale il nostro, la mistagogia guida
all'interno del mistero, segna l'incontro tra la catechesi, l'esperienza della
celebrazione e il vissuto dei cristiani.
Non potrà esserci vera sintesi tra fede e vita, se manca l'anello della
celebrazione. Così non può realizzarsi la sintesi Eucaristia-vita, senza la
fede. E' il trinomio fede-liturgia-vita richiamato nell'lnstrumentum laboris al
n. 29 e così diffuso nei piani pastorali.
Come una comunità cristiana può attuare questa svolta mistagogica? Recuperando
la centralità dell' Eucaristia domenicale. "Sine Dominico non
possumus": l'espressione dei martiri di Abitene, richiamata da un Padre
sinodale pone una questione di identità cristiana, con precisi risvolti
ecumenici.
Il n. 70 dell'Instrumentum laboris sottolinea questa centralità.
Di fronte alla tentazione razionalista sempre risorgente, la mistagogia eucaristica
mette in
risalto il primato della grazia.
La celebrazione eucaristica domenicale è anche il luogo missionario più
rilevante della Chiesa. Si incontrano i fedelissimi, ma anche coloro che
partecipano raramente alla Messa domenicale.
Ma è anche questione di metodo pastorale che, a mio parere, il Sinodo potrebbe
proporre.
L'Anno liturgico è stato fin dall'inizio vissuto come luogo in cui la comunità
vive e annuncia il mistero di Cristo. Il ritmo di questo itinerario è
fortemente scandito dal conferimento dei sacramenti dell'iniziazione cristiana,
che ha il culmine nell'Eucaristia, e dalle diverse tappe che li preparano.
Se la comunità cristiana è il soggetto dell'itinerario di fede, la
partecipazione piena, attiva e consapevole (cfr Sacrosanctum Concilium, n.48)
del popolo di Dio alla liturgia domenicale richiede un "accompagnamento
mistagogico" che potrebbe essere preparato, non solo dai sacerdoti, ma
anche dagli animatori in un incontro comunitario settimanale durante il quale,
partendo dal mistero celebrato nel rito, alla luce della Parola dell'Antico e
del Nuovo Testamento e dell'insegnamento dei Padri, imparino a riflettere
insieme sulla vita della comunità e a maturare l'impegno nella storia.
Queste considerazioni scaturiscono da una scelta pastorale vissuta dalla nostra
Chiesa locale e proposta in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale
Italiano di quest'anno.
[00204-01.03] [IN169] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. George Cosmas
Zumaire LUNGU, Vescovo di Chipata (ZAMBIA)
Parlo a nome della Conferenza episcopale dello Zambia. Devo riconoscere che,
nonostante i mezzi tecnologicamente avanzati di oggi, la nostra Conferenza
episcopale non ha ricevuto l’Instrumentum Laboris in tempo per poter rispondere
come Conferenza. Per questo motivo il mio è un intervento personale che tiene
conto della situazione pastorale dello Zambia. Il mio intervento intende
prendere in esame i punti 42, 44, 61 e 62 dell’Instrumentum Laboris.
Al n. 42 si afferma che nella liturgia l’uomo non guarda a sé, ma a Dio. Il
documento quindi deve soffermarsi soprattutto sul Dio vivente nel suo rapporto
con gli uomini piuttosto che sulle attività umane contenute nelle tradizioni,
norme e rubriche liturgiche. In tal modo eviteremo la tentazione sia di cercare
soluzioni passate per le sfide pastorali di oggi riguardo all’Eucaristia, che
di concentrarci troppo sugli aspetti negativi, come dice il documento. Una
caratteristica della liturgia che mi viene alla mente è quella della
“bellezza”.
L’art. 42 dice che la bellezza rappresenta un mezzo per penetrare il mistero di
Dio e dell’Eucaristia. Sarebbe qui opportuno citare quanto l’allora Card.
Ratzinger ha affermato rivolgendosi al movimento conosciuto come Comunione e
Liberazione nel 2002:
Lasciarsi colpire e sopraffare dalla bellezza di Cristo rappresenta una
conoscenza più reale e profonda, piuttosto che una semplice deduzione
razionale. Naturalmente non possiamo sottovalutare l’importanza della
riflessione teologica, del pensiero teologico esatto e preciso; ciò resta assolutamente
necessario. Ma partire da qui per sminuire o respingere l’impatto prodotto
dalla risposta del cuore nell’incontro con la bellezza come forma autentica di
conoscenza finirebbe per impoverirci e inaridire la nostra fede e la nostra
teologia. Dobbiamo riscoprire questa forma di conoscenza (attraverso la
bellezza), è un’esigenza pressante del nostro tempo... Oggi, perché la fede
possa crescere, noi e le persone che incontriamo dobbiamo avvicinarci ai santi
ed entrare in contatto con la Bellezza:
Più di recente, i religiosi che si sono riuniti a Roma per il Congresso del
2004, hanno manifestato la stessa sensibilità verso questo aspetto che è emerso
nel loro documento finale, dove si dice:
L’arte e la bellezza sono icone per tutte le culture; gli artisti aiutano le
comunità di vita consacrata a combattere contro una mentalità consumistica,
creano splendidi luoghi di preghiera, trovano nuovi simboli per raccontare
nuove storie ai cuori degli uomini e delle donne che ascoltano. Questa
trasmissione della bellezza susciterà gioia e vita in mezzo alla violenza e
alla morte (Documento finale II/2/4, pag. 222, Ed. Paoline).
È possibile chiedere ai nostri teologi di avviare una riflessione pastorale
sulla teologia della bellezza, al fine di gettar maggior luce sulle ombre che
sono emerse nella celebrazione dell’Eucaristia?
Per quanto riguarda l‘art. 44 sulla partecipazione dei laici: la frase “un
minimo di assistenza e collaborazione” riguardo alla partecipazione dei laici
alla celebrazione dell’Eucaristia dovrebbe essere modificata o completamente
rimossa. Nel suo articolo “L’Eucaristia: fonte e culmine della vita dei fedeli
laici”, Matteo Calisi afferma:
Nonostante la riforma liturgica, esiste ancora una diffusa mentalità clericale
in seno alla liturgia, che vede la celebrazione del mistero più come opera del
sacerdote - il celebrante - che come “impegno di tutto il popolo di Dio” che
celebra il suo Signore. Per questa ragione spesso accade che le persone non si
uniscono al celebrante con una partecipazione attiva e vivace, ma in modo
formale, rapportandosi a lui soltanto con il dialogo delle risposte rituali
(Riscoprire l’Eucaristia: Pontificio Consiglio per i laici, pag. 70).
Sempre sul tema della partecipazione dei laici, e questa volta attraverso la
musica, i canti (art. 61) e l’uso della lingua latina (negli incontri
internazionali), la mia impressione riguardo a tali articoli è che non sembrano
riflettere i contributi offerti da alcuni paesi di missione quali lo Zambia.
Ritengo questa parte del documento troppo ottimista riguardo all’organo, al
canto Gregoriano e perfino all’uso del latino negli incontri internazionali per
venire veramente incontro alle necessità dei popoli di ogni luogo e tempo. La
mia proposta è che non dovremmo guardarci indietro e rendere universali questi
strumenti di culto. La nostra riflessione sui temi culturali non dovrebbe
confrontarsi, o mettersi in rapporto con l’organo, il canto Gregoriano o il
latino, anche se possono rappresentare delle opzioni per quanti li trovano
utili. La comunicazione e la partecipazione sono vitali in ogni celebrazione
liturgica, compresa la celebrazione eucaristica. Le nostre speranze sono nel
futuro, non nel passato. Dobbiamo avere coraggio per affrontare le sfide
pastorali di oggi riguardo all’Eucaristia, senza tendenze nostalgiche, se
vogliamo che essa risponda alle esigenze pastorali del nostro tempo.
[00207-01.09] [IN171] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Luis SÁINZ
HINOJOSA, O.F.M., Arcivescovo titolare di Giunca di Mauritania, Ausiliare di
Cochabamba (BOLIVIA)
Parlo a nome della Conferenza episcopale della Bolivia e faccio riferimento ai
numeri 53, 55 e 56 dell’Instrumentum Laboris
Cristo risorto non abbandona l’umanità, perpetua l’esperienza della croce,
offrendo il suo Corpo e il suo Sangue, si offre a noi come alimento, ci
accoglie con lui. Ci unisce nella comunione più piena con la sua vita eterna e
con il suo amore infinito (Mane nobiscum Domine, 19).
Rimanere in lui ci dà la vita divina; è la grazia più grande per un discepolo
di Gesù (Gv 15, 4-9). Simbolo dell’unità sono il pane, formato da tanti chicchi
di grano, e il vino prodotto da tanti acini d’uva. Gesù unico Pane condiviso
tra tutti crea comunione piena con lui: fa un solo corpo di tutti quanti
credono.
L’Eucaristia è data alla Chiesa per mezzo degli Apostoli. Gesù stesso nel
miracolo della moltiplicazione dei pani (Mc 6, 37-44) non offre direttamente i
pani alla gente, ma invita i Dodici a dar da mangiare. Per la Chiesa questa è
un’indicazione fondamentale. Il Signore, Pane di vita, cibo di salvezza, lo
incontriamo nella comunità dei credenti, dove gli Apostoli, i vescovi di oggi,
perpetuano il mandato di spezzare il Pane per tutto il popolo e di saziarne la
fame.
Vengo, come tutti voi, da un paese ricco di cultura; un paese che ha una
profonda fede nell’Eucaristia, nella Vergine Maria e in Cristo sofferente.
Il culto ai defunti è qualcosa di sacro; la gente non concepisce di seppellire
un defunto senza celebrare la Santa Eucaristia; è convinta che sia il modo
migliore di affidarlo a Dio. Essa celebra le proprie feste patronali, civili e
ogni altro evento importante con l’Eucaristia; poi ci sono il folclore, la
danza e il consumo di bevande, a volte esagerati.
Ciò che maggiormente emerge e richiama l’attenzione sono la semplicità, la fede
profonda e la fame di Dio del popolo che, a volte, si rivolge agli stessi
agenti di pastorale. In base a questa esperienza vorrei sottolineare
l’importanza della formazione al sacerdozio e alla vita consacrata, dando
priorità alla teologia dell’Eucaristia come fondamento importantissimo della
sua spiritualità, alimento indispensabile nella maturazione vocazionale che
porta il sacerdote a essere il buon pastore, un missionario che con il suo
generoso servizio rende testimonianza alla sua fede.
La spiritualità del cristiano si fonda sull’Eucaristia, in una spiritualità di
profonda comunione ecclesiale; in particolare i contadini delle comunità più
lontane, dove il sacerdote non arriva e che amano il Santo Padre e i suoi
pastori, nel migliore dei casi sono assistiti da un catechista o da una
religiosa, cioè rimangono senza Eucaristia per mancanza di sacerdoti... Che
fare in futuro? Il popolo aumenta e i sacerdoti diminuiscono, le sette
crescono.
Saranno ben accetti orientamenti e suggerimenti pastorali da parte del Sinodo,
che ci aiutino a riconoscere l’esperienza di Gesù Cristo risorto come vero Pane
che sazia l’uomo e che è l’unico capace di dare la vera vita; suggerimenti che
siano la risposta alla cultura vissuta della religiosità del popolo, una
risposta che faccia comprendere il vero senso della stessa, partendo dalle
“comunità eucaristiche”, “che amano e servono in solidarietà”.
[00211-01.04] [IN175] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Menghisteab
TESFAMARIAM, M.C.C.I., Vescovo di Asmara (ERITREA)
Vengo da un’area di tradizione cristiana dell’Africa orientale dove, tra i non
cattolici, non sono praticate la celebrazione quotidiana dell’Eucaristia,
l’assunzione frequente della Santa Comunione, la custodia delle Sacre Specie
nel tabernacolo e l’adorazione eucaristica al di fuori della Santa Messa.
Ciò significa forse che c’è una minor celebrazione dei Sacri Misteri? O forse
ciò significa che in queste Chiese c’è meno adorazione? Niente affatto. Ci
sonosolo un diverso approccio e differenti sensibilità teologiche. Come
minoranza cattolica, abbiamo tutte le suddette pratiche tradizionali del
cattolicesimo latino, ma avvertiamo la necessità di meglio integrarle in una
spiritualità cristiana orientale.
Il secondo capitolo della parte III dell’Instrumentum Laboris ha un bellissimo
titolo: Adorare il Mistero del Signore. L’Eucaristia è davvero il mistero della
nostra fede. Tuttavia il sottotitolo dello stesso capitolo non è chiaro. Che
cosa significa “Dalla celebrazione all’adorazione”? Spero che non indichi una
sequenza temporale o una essenziale dicotomia tra le due azioni del popolo di
Dio. Nell’azione liturgica delle Chiese orientali, celebrazione e adorazione
sono due azioni intrinsecamente unite. Sono due aspetti della stessa realtà
proprio come la mensa della parola e quella del Corpo e Sangue di Cristo sono
due parti dello stesso Banchetto eucaristico. Celebrazione e adorazione vanno
di pari passo. L’una non segue l’altra. La prima sottolinea l’aspetto festivo,
la seconda sottolinea la Grandezza e Santità di Dio. Da una parte celebriamo le
grandi cose che Dio ha fatto per noi per mezzo del suo unico figlio, il nostro
Signore e Redentore Gesù Cristo. Ci sentiamo vicini e intimi con Lui e cantiamo
Alleluia! Nella nostra tradizione dovrebbe esserci solo la Messa Solenne, tutta
cantata e con il coinvolgimento di tutti: sacerdoti, diaconi, laici. Prima
della messa, la gente prepara danze liturgiche. Dio è diventato uno di noi e ha
immolato la sua vita per noi. Egli è l’Emanuele!, Dio con noi.
D’altra parte, adoriamo il Signore della Gloria insieme agli angeli e agli
arcangeli, ai Cherubini e ai Serafini. Durante la santa azione eucaristica
Cielo e terra all’unisono si prostrano in adorazione davanti alla Maestà del
Dio trino, il completamente Altro. La dossologia cantata nel corso della Santa
Messa non è altro che l’espressione della profonda esperienza del “Sanctus” che
ispira timore reverenziale: “Santo, Santo, Santo, il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra sono pieni della sua gloria. Osanna nell’alto dei Cieli”.
Celebrazione e adorazione sono entrambe due azioni inseparabili del popolo di
Dio raccolto intorno alla mensa della parola e del Corpo e Sangue di Cristo.
Queste due azioni uniscono Cielo e Terra. Per un breve istante il cielo scende
tra gli uomini ed è tangibile. È come l’esperienza dei discepoli di Gesù,
Pietro, Giovanni e Giacomo, sul monte Tabor. L’Eucaristia è il Mistero di Fede.
Non può essere celebrato semplicemente a parole, senza un profondo senso del
sacro. Un atto di adorazione non accompagnato da una sensazione di meraviglia e
stupore può ispirare solo timore e disperazione. Perciò dobbiamo sottolineare
l’unità di celebrazione e adorazione. Dobbiamo incoraggiare i nostri fedeli a
diventare comunità adorante e celebrante, esserlo durante la Messa e fuori di
essa.
[00215-01.04] [IN179] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Jean-Baptiste
TIAMA, Vescovo di Sikasso (MALI)
Nel Mali, la Chiesa cattolica, ha scelto di essere una Chiesa Famiglia,
Comunione fraterna a servizio del Vangelo.
Essa è minoritaria fra una popolazione che è per l’80% musulmana e rappresenta
il 20% della religione tradizionale del paese; i cristiani (cattolici e
protestanti) malesi rappresentano solo una piccola parte (3%) della
popolazione.
Nel paese, la Chiesa cattolica si presenta bene ed è ben rispettata. Il suo
obiettivo pastorale è quello di costruire una Chiesa Famiglia, comunione
fraterna al servizio del Vangelo, una Chiesa che vive e celebra la sua fede:
una Chiesa dove la Parola di Dio viene annunciata, accolta e celebrata, e in
cui l’Eucaristia costituisce il luogo dove si esprime per eccellenza la sua
unità, essendo anche il punto di partenza della sua missione fra i fratelli di
altre religioni, come l’Islam e la religione tradizionale. E, per grazia di
Dio, essa accoglie ogni anno a Pasqua centinaia di nuovi figli.
Da questo Sinodo essa attende d’essere aiutata a promuovere in tutto il corpo
della Chiesa il “culto eucaristico”: rispetto dei luoghi sacri, adorazione e
processione del Santissimo Sacramento con i sacerdoti, le persone di vita
consacrata e i fedeli.
Effettivamente, la popolazione in mezzo alla quale vive la Chiesa è
profondamente religiosa e accoglie con rispetto tutto ciò che riguarda la
religione. Per questo il cristiano ha la possibilità di assentarsi dal suo
posto di lavoro per partecipare alle celebrazioni liturgiche dei giorni di
precetto, anche quando per legge non sono giorni festivi. Durante i periodi di
siccità e di calamità, le autorità amministrative ci rivolgono loro richieste di
preghiera per aiutare il paese a superare la situazione.
La serietà e l’impegno dei cristiani nella società ha dato alla Chiesa il posto
che le spetta. Una testimonianza che ispira fiducia, trova la sua sorgente e la
sua forza nella buona formazione delle persone e soprattutto dall’unità di
tutti intorno a Cristo, unità che aumenta ogni giorno di più grazie
all‘Eucaristia. Il nostro augurio più profondo è quello di promuovere o almeno
di preservare in seno a questa Chiesa il culto eucaristico: a livello sia del
clero, sia delle persone consacrate e a quello dei laici.
Occorre anche insistere sulla formazione a tutti i livelli: la catechesi
ordinaria e l’iniziazione cristiana degli adulti; ma non insisteremo mai
abbastanza su quello che crediamo essenziale. E’ di grande importanza la
formazione dei bambini nell’età della prima comunione, e per i sacerdoti
bisogna intensificare ulteriormente la formazione liturgica nei seminari,
affinché una volta in parrocchia, il ministro del culto sia veramente rispettoso
verso il culto che sta celebrando.
[00216-01.04] [IN180] [Testo originale: francese]
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