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Sinodo dei vescovi
XI Assemblea Generale ordinaria

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  • 20 - mercoledì, 12 ottobre 2005
    • SEDICESIMA CONGREGAZIONE GENERALE (MERCOLEDÌ, 12 OTTOBRE 2005 - POMERIDIANO)
      • -- AUDITIO AUDITORUM II
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-- AUDITIO AUDITORUM II

Dopo la lettura della Relatio post disceptationem, in questa Sedicesima Congregazione Generale sono intervenuti alcuni Auditori e Auditrici.
Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi degli Auditori e Auditrici:

- Rev. Suora Maria Regina CESARATO, Superiora Generale delle Pie Discepole del Divin Maestro (ITALIA)

Ringrazio di cuore per aver ricevuto il dono di partecipare a questa Assemblea Sinodale che mi offre l'opportunità di vibrare apostolicamente con la Chiesa pellegrina in ogni parte della terra e di condividerne i dolori e le speranze.
Appartengo alla Congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro, una delle 10 Istituzioni che formano la Famiglia Paolina, fondata dal Beato Giacomo Alberione. Il tema del Sinodo, esplicitato nell' “Instrumentum laboris”, ci conferma nella nostra identità ecclesiale. Inoltre la nostra esperienza apostolica, specialmente nel settore della pastorale liturgica e dell'arte a servizio della Liturgia, mette in evidenza la necessità di continuare a servire il popolo di Dio dando un contributo alla sua formazione perché giunga a una piena e fruttuosa partecipazione ai divini misteri e perché possa pregare nella bellezza. Questo avrà come conseguenza la formazione graduale della "cultura dell'Eucaristia" di cui si parla al n.78 dell' “Instrumentum laboris” e che coincide con la "cultura della vita". Questa necessità formativa di una liturgia che trasformi l'esistenza umana e la faccia giungere al suo pieno compimento, la vediamo anche nel servizio alla persona dei sacerdoti, specialmente quando si trovano in situazione di malattia o di particolare difficoltà nel loro ministero. Allora sperimentiamo, come donne consacrate, l'importanza che nella Chiesa sia tenuto presente e valorizzato il "principio mariano", per cui Maria è "donna eucaristica", accanto al "principio petrino".
Il B. G. Alberione che forse è più conosciuto come l'Apostolo della comunicazione sociale, è stato un uomo di Dio profondamente radicato nel Mistero Eucaristico: celebrato, adorato, vissuto e sorgente continua di creatività apostolica, per il bene della Chiesa. L'esperienza eucaristica determinante risale alla notte di passaggio tra i due secoli, dal 1800 al 1900, quando nella prolungata adorazione, dopo la S. Messa di mezzanotte Giacomo Alberione, allora seminari sta di 16 anni, si sentì illuminato dal Signore sulla situazione dell'umanità e percepì con forza, l'urgenza di mettere la propria vita a servizio del Vangelo, valorizzando i mezzi più celeri ed efficaci. Comprese sempre meglio che questo non poteva portare frutto, secondo Dio, se non avesse avuto a fondamento un’ intensa vita di preghiera. Così la nostra Congregazione è come una memoria permanente che "l'Eucaristia è la fonte e il culmine" di tutta la vita della Chiesa e dunque dell'apostolato che si compie nella Famiglia Paolina.
Nella nostra vita quotidiana che cerca di coniugare la contemplazione e l'impegno apostolico, la sorgente di tutto è la Celebrazione della santa Eucaristia. Questa si prolunga nell' Adorazione Eucaristica perpetua a turno, giorno e notte, ed è vissuta come preghiera apostolica oltre che come esperienza mistagogica. Viviamo questo ministero di lode e di intercessione come una forma di solidarietà che ci unisce alle varie situazioni della Chiesa e dell'umanità. In questo spirito, come si fa anche in altre chiese del mondo, dal 2 dicembre 1981 assicuriamo quotidianamente la nostra presenza per l'adorazione eucaristica nella cappella del Santissimo della Basilica Vaticana, secondo le intenzioni del S. Padre che presiede nella carità tutte le chiese.
Grazie.
[00245-01.05] [AU007] [Testo originale: italiano]

- Sig.ra Bruna TOMASI, Membro della Direzione del Movimento dei Focolari (ITALIA)
Fin dagli inizi del Movimento, Dio ci ha concentrato sul testamento di Gesù: "Che tutti siano uno" (Gv 17,21). Ci sembrò sin da allora che fosse questa la nostra Magna Charta.
E abbiamo capito subito che l'unità è assolutamente legata all'Eucaristia: Gesù prima di chiedere al Padre l'unità fra i suoi, istituisce l'Eucaristia, il Sacramento dell'unità!
È per questo motivo che ci siamo sentite spinte da subito ad accostarci all'Eucaristia tutti i giorni, certe che era lo Spirito Santo che ci spingeva a ciò. È per questo motivo che la partecipazione attiva alla celebrazione eucaristica è un tutt'uno con la spiritualità del Movimento.
La S. Messa è il momento più importante della giornata dei focolarini. E a questo momento ci si prepara cercando che fra noi, e i fratelli e le sorelle che Dio di volta in volta ci pone accanto, ci sia solo la carità: che non ci siano ombre nei nostri rapporti, che nulla appanni la divina luce dell'Eucaristia. Il Vangelo, d'altronde, non dice: "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono (Mt 5,23-24)"?
Ci è stato chiaro che occorreva avere fra noi quel cuore nuovo che è frutto dell'Eucaristia; ma che è anche la condizione ineludibile perché l'Eucaristia porti tutti i suoi frutti. Primo fra questi la trasformazione in Cristo.
E fatti Cristo dall'Eucaristia, abbiamo sperimentato, e continuiamo a sperimentare, di poter realizzare in maniera sempre più piena quell'unità con i fratelli e le sorelle, che, d'altra parte, posta alla base della nostra vita, ci consentiva di liberare in noi tutta la divina forza dell'Eucaristia.
E qui abbiamo capito una cosa. Cristo risorto è nel seno del Padre: la Chiesa, suo corpo per l'Eucaristia, è in qualche modo fin da quaggiù anch'essa nel seno del Padre.
La nostra vita ci è apparsa, allora, come il cammino verso il compimento di una realtà che già ci è stata donata e nella quale dovevamo sforzarci di rimanere. L'Eucaristia ci conduceva lì. L'Eucaristia lì ci custodiva.
Nel breve spazio che mi è concesso vorrei sottolineare un particolare.
L'uomo in Cristo è condotto nella sua interezza di anima e corpo nel seno del Padre. Ed è lì che tutta la realtà creata attende d'essere condotta, come ci dice san Paolo (Rm 8,22).
Ci siamo chieste allora (e continuiamo a chiedercelo tutt'ora): non potremmo pensare che i nostri corpi, nutriti a lungo dall'Eucaristia, deposti nella morte nel seno della terra, possano essere germe di trasformazione dell'universo? Essere, noi, eucaristia della terra? La terra ci consuma, come noi consumiamo l'Eucaristia; ma per essere mutata in noi, se così posso dire, come noi siamo mutati in Cristo.
Accogliendo i nostri corpi nutriti di Eucaristia, possiamo pensare che la terra viene preparata a quella trasformazione cui Dio la chiama?
L'Eucaristia, trasformazione della morte in vita, è vita per tutto l'universo. Se questo è vero, tanto più allora possiamo dire - e lo sperimentiamo - che l'Eucaristia si rivela lo strumento per eccellenza; (mi sia permessa la parola) che può operare la cristificazione piena di tutte le attività dell'uomo.
[00246-01.05] [AU008] [Testo originale: italiano]

- Sig. Leonardo CASCO, Presidente della "Alianza para la Familia" (HONDURAS)

È giusto che, negli interventi che ho potuto ascoltare in questi giorni sui diversi numeri dell’Instrumentum laboris, i Padri sinodali abbiano fatto riferimento soprattutto all’azione e alla partecipazione del sacerdote nella liturgia e nella celebrazione eucaristica; ma sono dell’avviso che si dovrebbe sottolineare allo stesso modo il fatto che il fedele laico degli inizi del XXI secolo non è consapevole di essere stato elevato alla dignità incomparabile di Figlio di Dio e di membro di quel popolo santo che è la Chiesa cattolica, apostolica e romana, ignorando, di conseguenza, nella maggior parte dei casi, la sua vocazione unica e insostituibile alla santità. Tutto questo lo rende incapace, tra l’altro, di rendere una vera testimonianza cristiana nei diversi ambiti della sua presenza nel mondo, di mantenere una unità di vita negli ambiti familiare, lavorativo, sociale e politico, e di cogliere la presenza viva, reale e personale di Cristo nel Sacramento dell’Eucaristia.
In base a quanto detto e con il dovuto rispetto, desidero accennare a quanto segue:
PRIMO: Poiché la realtà ci dice che un numero enorme di cattolici che vivono attualmente nel mondo non conosce esattamente i principi dottrinali della fede che professano, vivendo quello che si potrebbe chiamare un cattolicesimo “light” (per usare un termine di moda), sembrerebbe allora imprescindibile e improrogabile trovare, quarant’anni dopo la conclusione del
Concilio Vaticano II, una nuova formulazione catechetica dentro e fuori dell’Eucaristia, che serva a rendere espliciti ai fedeli laici i fondamenti della nostra religione, i suoi dogmi di fede, la sua teologia morale, ecc., in modo che i fedeli trovino la ragione e il senso del vivere una vita coerentemente cristiana; insomma una formula che restituisca al fedele laico una formazione dottrinale, etica e morale di base, così come la consapevolezza dell’importanza di appartenere all’unica Chiesa di Cristo e l’orgoglio, inteso in senso positivo, di essere cattolico.
SECONDO: Su questa linea ritengo altrettanto necessario che i vescovi e i sacerdoti non si creino scrupoli nel proporre con gioia e sicurezza al fedele laico una vita di fede impegnativa e salda, come lo è stata sempre e per tutti nella storia della nostra Chiesa. Mi riferisco non solo al fatto di insistere sulla partecipazione alla Messa domenicale, ma anche di raccomandare pratiche di pietà quotidiane che vadano dall’offerta delle opere al mattino, alla recita dell’Angelus e del Santo Rosario, fino - perché no - alla messa quotidiana, se possibile. Secondo la mia esperienza personale, posso affermare che, quando tali pratiche si compiono e si propongono continuamente con costanza e senza stancarsi, i frutti si raccolgono quasi immediatamente, portando il laico a vivere in un’atmosfera di fede che lo rende migliore nella vita personale e in quella soprannaturale. In tal modo, il battezzato potrà essere meglio preparato a una vera testimonianza cristiana nel mondo attuale secolarizzato e oppressivo.
In sintesi, il mio intervento si concretizza nell’invito a infondere con rinnovato entusiasmo nei laici lo spirito impegnato dei cristiani dei primi tempi, ovvero il ricorso alla preghiera e al sacrificio, le pratiche quotidiane di norme fondamentali di pietà e il dovere e diritto di tutti i fedeli all’apostolato.
[00248-01.04] [AU010] [Testo originale: spagnolo]

- Sig.ra Martha Lorena ALVARADO de CASCO, Presidente del "Comité por la Vida" (HONDURAS)

Come sposa, madre, sorella, figlia e nonna, credo che sia necessaria una formazione della donna che, fin dalla prima infanzia, la prepari allo sviluppo delle sue due caratteristiche essenziali: la femminilità e il dono della maternità.
La donna è la naturale educatrice alla fede in seno alla famiglia, la mano che con maggiore semplicità e sicurezza ci porta dinanzi a Gesù Eucaristia. Purtroppo negli ultimi decenni la donna a mano a mano ha perso il vero significato della sua identità e, quindi, del vero senso della sua missione cristiana. Evidentemente sono molti i fattori che hanno influito su questo cambiamento di mentalità, ma sicuramente ciò si riflette pesantemente non solo nella vita familiare e sociale dei nostri paesi, ma anche in seno alla stessa Chiesa.
C’è molto da fare a proposito della donna; tuttavia, molto rispettosamente, propongo:
1. Per quanto possibile, di mantenere separata l’educazione di bambini e bambine, al fine di creare l’ambiente favorevole per formare le fanciulle a immagine della Vergine Maria, modello di tutte le donne. Studi fatti dimostrano che l’educazione separata di bambini e bambine semplifica, tra l’altro, il processo educativo e lo sviluppo di una sana affettività, specialmente negli anni dell’adolescenza. Se consideriamo l’aumento della promiscuità sessuale, il numero crescente di gravidanze tra le adolescenti e le cifre raggelanti dell’aborto, possiamo concludere che è urgente fare uno sforzo per offrire alle giovani le condizioni idonee ad acquisire una solida formazione cristiana. L’educazione separata facilita, inoltre, la nascita di vocazioni alla vita religiosa e, di conseguenza, la nascita di vocazioni sacerdotali tra gli uomini.
2. Vorrei anche sottoporre alla vostra considerazione il fatto di insistere nella configurazione di gruppi giovanili rivolti esclusivamente alle ragazze allo scopo di fortificare la loro condizione femminile e la loro formazione spirituale e dottrinale. Non poche volte, nei gruppi cattolici giovanili, ho rilevato una eccessiva familiarità tra giovani di sesso diverso, perfino nella celebrazione della Santa Messa. Forse la formazione di gruppi misti non dovrebbe essere sempre la norma nel lavoro con i giovani, dato che in certo modo questa situazione può costituire un ostacolo alla nascita di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa.
3. Con riferimento al N. 34 dell’Instrumentum Laboris, mi sembra opportuno definire norme specifiche sul modo di vestire della donna in chiesa e nel corso di altre cerimonie religiose. Nel mio paese, per esempio, si nota una sempre maggiore negligenza per quanto riguarda il pudore e la Chiesa deve aiutare la donna a essere consapevole del valore della sua dignità e della santità del suo corpo.
Per concludere, penso che potrebbe essere una bella esperienza di promuovere nelle parrocchie, in determinati giorni della settimana, l’adorazione di Gesù Sacramento da parte delle famiglie. Allo stesso modo, condivido, così come è stato detto nel corso di vari interventi, l’importanza di facilitare la confessione ai fedeli laici e la convenienza, per molte ragioni, dell’uso del confessionale, quando si tratta di donne di qualsiasi età.
[00247-01.04] [AU009] [Testo originale: spagnolo]

- Sig. Carl Albert ANDERSON, Cavaliere Supremo dell'Ordine dei Cavalieri di Colombo (STATI UNITI D'AMERICA)

Le mie osservazioni si riferiscono all’art. 37 dell’Instrumentum laboris che riguarda il Santo Sacrificio della Messa. Nella sua recente allocuzione al Congresso Eucaristico della Diocesi di Roma il Santo Padre ci ha ricordato che “l’uomo è creato a immagine di Dio, e Dio stesso è amore. Perciò la vocazione all’amore è ciò che fa dell’uomo l’autentica immagine di Dio” (6 giugno 2005).
Questa chiamata alla vocazione dell’amore è la base antropologica dell’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II sulla dignità della persona umana, il matrimonio e la famiglia (Familiaris consortio, n. 11). Forse solo questa “antropologia dell’amore” è abbastanza forte da vincere il nichilismo della cultura contemporanea, vale a dire una cultura che ha spezzato il nesso tra libertà e verità.
Secoli fa Cartesio cercò di superare il relativismo filosofico con l’affermazione: “Penso, dunque sono”. Forse oggi il relativismo può essere vinto con una semplice e ancora più profonda intuizione: “Amo, dunque sono”. O, meglio ancora: “Sono stato amato, dunque sono”.
Nella nostra epoca solo attraverso la verità dell’amore può essere compresa nuovamente la verità della libertà e la libertà può essere connessa alla verità.
Ogni persona è alla ricerca di un amore vero. E in questa ricerca dell’amore vero, ognuno nel proprio cuore, uomo o donna che sia, può comprendere se l’amore è vero, e in questa verità può capire una verità fondamentale della persona umana.
Ma in una cultura basata sul materialismo, sul secolarismo e sul relativismo, dov’è possibile trovare la realtà del vero amore? Nella nostra cultura occidentale sempre più postmoderna il ragionamento filosofico ha sempre meno capacità di persuasione. Tutti sono ancora alla ricerca dell’amore, dal momento che la vocazione all’amore è inscritta nel cuore di ogni persona.
Sappiamo che l’amore di cui siamo alla ricerca è ogni giorno a disposizione nel sacrificio vivente di se stesso che Nostro Signore fa quando è presente nell’Eucaristia.
La Gaudium et spes ci dice che è “solamente nel mistero del Verbo incarnato” che “trova vera luce il mistero dell’uomo” (n. 22). E allora, non è anche possibile che nel nostro tempo attraverso il mistero del Santo Sacrificio che il Signore fa di se stesso, si rivela l’identità dell’uomo, il suo valore, la sua dignità, la sua vera vocazione e la profonda verità della sua esistenza?
Perciò, l’ecclesiologia Eucaristica e la comunità Eucaristica, che sono state così spesso ricordate durante questo incontro, presuppongono un’antropologia Eucaristica. Attraverso l’esplorazione della visione Eucaristica della persona umana - incentrata sul sacrificio d’amore di nostro Signore nella Messa - possiamo trovare un nuovo Catechismo dell’Eucaristia che, allo stesso tempo, renderà possibile un nuovo dono evangelico: nel far unire l’uomo più intimamente a Nostro Signore nell’Eucaristia si unirà più intimamente l’uomo alla più profonda realtà di se stesso.
[00249-01.06] [AU011] [Testo originale: inglese]

- Rev. Mons. Peter John ELLIOTT, Direttore dell'Istituto Giovanni Paolo II per studi su "Matrimonio e Famiglia" in Melbourne; Membro del Consiglio Internazionale per la Catechesi (AUSTRALIA)

Faccio rifermento ai nn. 43 e 52 dell’Instrumentum laboris, dedicati all’ars celebrandi e alla spiritualità eucaristica dei sacerdoti. Attualmente il Rito Romano manca della preparazione prescritta e dell’approccio graduale alla celebrazione Eucaristica che si trova nei Riti Orientali. Pertanto, vorrei proporre alcuni suggerimenti pratici: che le preghiere prescritte per la vestizione vengano recitate in sagrestia prima di tutte le Messe, comprese le concelebrazioni; che i Dicasteri competenti della Curia Romana preparino un “Vademecum Eucaristico” per i sacerdoti, includendo le preghiere per la preparazione e il rendimento di grazie e per l’adorazione eucaristica; che tutte le edizioni della Liturgia delle ore includano le preghiere di preparazione e di rendimento di grazie per la Messa. Durante la Messa, la preghiera del celebrante dovrebbe animare l’osservanza delle rubriche da parte dei fedeli, per esempio attraverso l’uso attento della voce e dedicandosi senza fretta a consacrare le Sacre Specie e a elevare l’ostia e il calice. Le rubriche devono essere interpretate in termini di guida alla preghiera. Con riferimento al n. 66 dell’Instrumentum laboris, così come i vescovi degli Stati Uniti, anche le Conferenze Episcopali o gli Ordinari potrebbero pubblicare adattamenti della Devozione delle Quarant’ore o dell’esposizione solenne annuale prevista nel Codice di Diritto Canonico. Molti sacerdoti accoglierebbero volentieri anche dei manuali d’altare per i riti di adorazione pubblica.
[00250-01.04] [AU012] [Testo originale: inglese]

- Rev. Suora Yvonne COLY, Formatrice del Centro "Mater Christi" di Bobo-Dioulasso (SENEGAL)

Grazie, Santo Padre, per avermi invitato a partecipare a questo incontro, che fa battere in me un cuore più ecclesiale e mi dona una consapevolezza più viva della Chiesa famiglia, del suo mistero di comunione e della sua realtà universale.
Da noi, quando le donne vengono convocate o si riuniscono perché la Vita deve essere “promossa” o perché “è minacciata”, tutte si recano all’incontro con la propria calabassa.
Trattandosi dell’Eucaristia, Pane di Vita Eterna, si tratta di Vita da accogliere e da promuovere, poiché “l’Eucaristia ha inscritto in sé il proprio progetto”, come ci ha detto Papa Giovanni Paolo II. Si tratta dunque di una cosa “seria”, poiché non vi è nulla di più grande, e “grave”, poiché perderla sarebbe la cosa peggiore che ci possa accadere.
Religiosa africana, vengo da voi con la mia calabassa particolare: nel nome della Vita. Calabassa della nostra vita aperta ai doni del Padre, che bisogna accogliere, vivere e trasmettere. Attraverso la fede (perle bianche), lo Spirito ci fa passare dalla morte (perle nere) alla vita, nella generosità dell’amore vissuto fino in fondo (perle rosse) nella gioia (cauli). È la calabassa dell’offerta della comunione e della condivisione.
Se “l’Eucaristia fa la Chiesa”, posso dire anche che “l’Eucaristia fa la vita consacrata”. Questo aspetto è stato presentato in modo chiaro e profondo da S.E. Mons. Rodé.
Partendo dal simbolismo della calabassa, posso aggiungere quanto segue:
- La vita cresce: quante belle realtà vissute intorno all’Eucaristia nella condivisione delle esperienze delle Chiese! Ce ne rallegriamo e rendiamo grazie al nostro Dio.
- La vita è minacciata: le testimonianze lo confermano. Il popolo ha fame, il popolo ha sete! Di significato, di dignità, di ragioni e di mezzi per vivere. La fame, l’Aids, lo sfruttamento delle donne, dei bambini, i problemi ecologici...
- La vita deve svilupparsi ed essere nutrita. “Dio ci ha donato l’Eucaristia affinché noi non siamo né sterili né ingrati”(Sant’Ireneo, citato da Mons. A. Sanon). Solo una fede illuminata può adorare, lodare, rendere grazie, servire in “spirito e verità”.
- Molti hanno insistito sul bisogno di una catechesi a tutti i livelli, per i seminaristi come per noi consacrati, soprattutto per le donne. Una formazione dottrinale, liturgica, spirituale, ma anche nell’ambito della psicopedagogia della trasmissione e della comunicazione.
- Promuovere, tra i sacerdoti, una formazione sul significato e sulla missione della vita consacrata, sull’accompagnamento spirituale, per aiutarci a vivere i nostri incontri nei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza come cammino di conversione, di comunione, ma anche di crescita e di maturazione spirituale, affinché siamo capaci di vivere “i passaggi” dalla morte alla vita insiti nella nostra condizione di peccatori, nelle difficoltà della vita comune ed apostolica.
A nome di tutti i consacrati di vita attiva o contemplativa nei paesi in via di sviluppo, ringrazio il Santo Padre, i suoi collaboratori e le Chiese particolari per le sovvenzioni concesse sia per la formazione sia per creare istituti di formazione nei nostri paesi.
“Signore, tendo verso te la calabassa della fede, della speranza e della carità della tua Chiesa. Riponivi tu stesso i frutti che desideri questo Sinodo produca affinché il tuo popolo abbia la vita e l’abbia in abbondanza. Te lo chiediamo per Maria, Madre della Vita.
[00251-01.04] [AU013] [Testo originale: francese]

- Sig. Luis Fernando FIGARI, Fondatore del Sodalitium Vitae Christianae (PERÙ)

In questi giorni in cui viviamo una magnifica esperienza di vita ecclesiale, lo stupore dinanzi al mistero è aumentato dinanzi ai ripetuti sguardi all’Eucaristia.
Si osserva che è fondamentale approfondire la valorizzazione del sacrificio amorevole e gratuito del Figlio di Maria, la consapevolezza di ciò che significa il miracolo della Presenza Reale, di come viene vissuta la dimensione del Sacrificio Sacramentale, la partecipazione alla Messa domenicale, il legame tra Penitenza e Comunione, l’Adorazione del Signore Gesù che permane nel Santissimo Sacramento come Emmanuele, l’ars celebrandi, la comunione spirituale come valore in sé e risposta a situazioni pastorali dolorose, e tanti altri temi fondamentali.
L’impatto dell’agnosticismo funzionale, la secolarizzazione e tante correnti negative che caratterizzano la “cultura di morte” invitano a una crescente e zelante nuova evangelizzazione ad intra Ecclesiae dinanzi alle debolezze che si constatano.
Le fede, chiave della vita cristiana, è il fondamento che ci consente di avvicinarci all’Eucaristia e per questo merita un’attenzione speciale. Esige una retta prospettiva antropologica e culturale, come pure uno sguardo attento al processo di come la nostalgia dell’infinito e la quadrupla riconciliazione della persona umana sono nascosti dai diversi surrogati proposti dalle ideologie e dagli usi di questi tempi.
Lo sguardo di fede al dono dell’Eucaristia dovrebbe condurre allo stupore costante e ad esclamare: “Mio Signore e mio Dio!”.
Anche il nostro tempo, come altri, ha molte caratteristiche ed esigenze che costituiscono una sfida alla vita cristiana e all’evangelizzazione. Con l’aiuto che viene da Dio, però, esse non saranno insuperabili. Dobbiamo essere consapevoli delle nostre fragilità, e partendo da esse aprirci alla luce e alla forza che viene in nostro aiuto, e così vivere e dare ragione al mondo della nostra speranza.
[00252-01.04] [AU014] [Testo originale: spagnolo]

- Rev. P. Athanasius SCHNEIDER. O.R.S., Segretario della Commissione liturgica della Conferenza Episcopale del Kazakhstan (KAZAKISTAN)

Ho passato la mia infanzia e la prima adolescenza in Unione Sovietica. La vita sacramentale ed in particolare quella eucaristica doveva svolgersi nella clandestinità. Quello che mi ha colpito in modo più profondo ed è rimasto impresso così vivo nella mia memoria, è stato l'atteggiamento verso la S. Comunione che descriverei come ars communicandi, alludendo all' espressione ars celebrandi. Do i seguenti esempi di due sacerdoti di quel tempo. Il primo è il Beato Alessio Saritski, morto martire in Kazakhstan (+30.10.1963). Negli anni cinquanta, durante le sue visite clandestine ai cattolici deportati nei monti Urali, dove si trovavano i miei genitori, la mia madre gli ha chiesto di lasciare un'ostia consacrata per sua madre gravemente malata, la quale desiderava ardentemente di ricevere ancora una volta la S.Comunione prima di morire, giacché non si sapeva se o quando sarebbe tornato un sacerdote in quella regione lontana. Il Beato Alessio lasciò a mia madre un'ostia consacrata, dandele l'istruzione di amministrare la Comunione in modo più reverente possibile. Arrivando il tempo opportuno, mia madre ha indossato guanti bianchi e con una pinzetta ha amministrato la S.Comunione a sua madre malata. Questa fu l’ultima Comunione per lei. Durante l'amministrazione dell’Eucaristia la mia madre stessa ardeva di riceverla, ma non potendo farlo sacramentalmente lo ha fatto spiritualmente. Sono passati ancora alcuni anni, prima che la mia madre potesse ricevere la S. Comunione. Ma quella Comunione spirituale le dava la forza di restare fedele durante la persecuzione e di trasmettere l'amore e il rispetto verso l'Eucaristia ai suoi figli. L'altro esempio è il Padre Janis Pawlowski. Anche lui ha passato un tempo nei lager stalinisti nel Kazakhstan e poi è morto in concetto di santità nella Lettonia (+09.05.2000). Lui mi ha amministrato la prima Comunione nella clandestinità. Eravamo un piccolo gruppo di bambini. Le circostanze esteriori erano assai modeste, ma c'era una grande festa interiore nell' anima, e P. Pawlowski ci diceva: “Guardate di fare ogni vostra comunione così come fosse la vostra prima e ultima Comunione”.
[00253-01.05] [AU015] [Testo originale: italiano]

- Fr. Marc HAYET, Responsabile Generale dei Piccoli Fratelli di Gesù (FRANCIA)

Parto dall’esperienza delle comunità contemplative che operano fra i poveri. L’Eucaristia è il cammino abituale della nostra preghiera. Ma come ha scritto Charles de Foucauld, il Signore ci ha fatto mettere insieme “l’esposizione del Santo Sacramento e una vita esposta”. Una vita sotto gli occhi dei poveri che sanno che abbiamo un lavoro e uno stile di vita simile al loro e condividiamo con loro la preoccupazione per una esistenza più giusta e degna. Una vita esposta perciò a quest’altra presenza del Signore: la sua presenza nei poveri. La vita delle persone non ci lascia; abita nelle nostre preghiere. Questa partecipazione di vita ci fa scoprire il volto di un Dio pieno di tenerezza che cammina umilmente con noi, come l’Eucaristia ci fa vedere.
Avrei qui una richiesta. Facciamo attenzione al nostro modo di parlare. Parlare del nostro mondo soprattutto in termini di “cultura di morte”, non è forse mancare di rispetto verso quanti cercano di vivere la loro fede in Dio o la loro fede nell’uomo donandosi al servizio della vita - dai padri e madri di famiglia fino alle persone impegnate in politica o nel sociale? Questo mondo è anche il luogo di tutte le generosità e di tutti gli impegni, a volte anche a prezzo della vita; ed è proprio per questo mondo vario, e non per un altro che il Padre ama, che Lui ha dato suo Figlio (ce lo ricorda l’Eucaristia) e sta operando lo Spirito.
La secolarizzazione ci ha spogliati dell’importanza che avevamo prima. Facciamo fatica ad accettarlo.
Gli uomini e le donne di oggi ascoltano la parola del Vangelo solo se viene loro presentata come proposta alla loro libertà, in un dialogo vero nel quale noi rispettiamo la loro ricerca e accettiamo di accogliere la loro competenza e la loro esperienza di vita, compresa quella dei più poveri, ricca di umanità. L’umile segno del pane e del vino, accessibile a tutti e comprensibile da tutti, forse ci invita a questo dialogo.
[00254-01.04] [AU016] [Testo originale: francese]

 

- Rev. Suora Rita BURLEY, A.C.I., Superiora Generale delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù (GRAN BRETAGNA)

Le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, una congregazione religiosa fondata in Spagna nel 1877 da S. Raffaela Maria Porras, ha al centro della propria vita la celebrazione dell’Eucaristia; essa è per l’Istituto ciò che la radice è per l’albero, vale a dire la vita.
L’invito di Cristo “fate questo in memoria di me” è vissuto con il protrarsi della grazia della celebrazione nell’adorazione Eucaristica e nel lavoro apostolico che trasmette l’esperienza dell’amore salvifico di Dio.
La contemplazione di Cristo nell’Eucaristia ci spinge alla ricerca e all’obbedienza della sua presenza in tutte le cose, facendo della nostra vita un continuo atto di adorazione. “In ogni mia azione devono tenere a mente che mi trovo in un grande tempio e, come un sacerdote, devo offrire sacrificio e lodi continui, sempre e in ogni cosa, a maggior gloria di Dio” afferma S. Raffaela Maria Porras.
“Non c’è quindi autentica celebrazione ed adorazione dell’Eucaristia che non conduca alla missione” (Discorso di Giovanni Paolo II ai giovani della Diocesi di Roma partecipanti alla missione “Gesù al centro”, 9 ottobre 2004). Quello che trasforma tutto ciò che siamo e facciamo in una partecipazione alla missione di Cristo è la trasformazione del nostro cuore attraverso la comunione con l’Amore di Cristo nel mistero Eucaristico. Quando fissiamo lo sguardo al Cuore di “colui che hanno trafitto” (Gv 19,37), vediamo la bontà amorosa di Dio e così guardiamo al mondo con speranza.
È nostro desiderio essere donne e comunità di compassione e comunione al servizio della vera vita (Gv 6,35). “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Facciamo questo in molti modi, a seconda delle necessità e delle culture locali; l’Eucaristia costituisce sempre il cuore pulsante della nostra missione (cfr. I. L. 88).
La gente di Bazartete, a Timor Est, sta vivendo le penose conseguenze della guerra. Le nostre Sorelle offrono la presenza salvifica dell’adorazione Eucaristica, sostengono progetti umanitari e di istruzione e si dedicano all’ascolto delle sofferenze delle persone e accompagnandole nel difficile cammino verso la pace e la riconciliazione: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27).
Nella diocesi di Yokohama, in Giappone, all’interno di una forte cultura buddista, le Sorelle danno una silenziosa testimonianza della loro fede alla Presenza del Signore Risorto; e nell’insegnamento che prestano nelle scuole e nelle Università trasmettono i valori evangelici dell’amore, del perdono e del rispetto. Molti sono stati attirati alla fede in Gesù: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
L’Eucaristia e lavorare per la giustizia sono due fatti inseparabili. La Comunione con Cristo nell’Eucaristia comporta l’accettazione della responsabilità morale di lavorare con Lui, in collaborazione con altri, per trasformare sistemi e mentalità ingiusti in strategie e piani che promuovano la vera natura dell’amore di Dio per la nostra famiglia umana: “Ecco, io vengo... per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,7).
[00255-01.07] [AU017] [Testo originale: inglese]

- Rev. D. Ignacio GRAMSCH LABRA, Vicario Parrocchiale di San Luis Beltrán de Pudahuel, Santiago de Chile; Assessore Arcidiocesano della Pastorale degli Accoliti (CILE)

Sono ancora sorpreso di essere stato invitato a partecipare al Sinodo come auditore. Sono molto sorpreso, ma immensamente grato a Dio per avermi dato l’opportunità di sentire con quanto amore voi, cari vescovi, parliate della nostra amata Chiesa e vi preoccupiate per l’evangelizzazione del mondo di oggi con la certezza della presenza del Signore Gesù tra di noi, nell’Eucaristia.
Da cinque anni sono l’incaricato della Pastorale degli Accoliti dell’Arcidiocesi di Santiago. Lavoriamo con i bambini ei giovani: servono sull’altare, perché la celebrazione dei Sacramenti e specialmente dell’Eucaristia siano celebrati con molto amore, devozione e bellezza.
Nella Pastorale giovanile e vocazionale ci siamo resi conto dell’importanza del lavoro con gli accoliti, perché una percentuale abbastanza significativa dei sacerdoti presenti oggi in Cile sono stati accoliti da bambini o da ragazzi. Probabilmente anche qualcuno di voi, cari vescovi, è stato accolito da ragazzo.
Abbiamo svolto un semplice itinerario di formazione per gli accoliti costituito da sei tappe, da quando il fanciullo entra e desidera prepararsi per servire sull’altare fino al momento in cui riceve il sacramento della Confermazione. In ogni tappa ci sono mete da raggiungere, temi per gli incontri, attività consigliate e una valutazione finale. Parliamo di un giovane di età compresa tra gli otto e i diciotto anni. Sono previste riunioni settimanali con i suoi preparatori, la vicinanza dei suoi sacerdoti, l’integrazione nella pastorale giovanile. Nella formazione abbiamo considerato il giovane nella sua interezza e, insieme con la formazione dottrinale, catechetica e liturgica, vogliamo che siano buoni studenti, buoni figli, buoni cittadini e in futuro buoni padri di famiglie cattoliche.
Gli accoliti non solo assistono alla Santa Messa la domenica, ma anche in altri giorni della settimana. Essendo tanto vicini al Signore nell’Eucaristia, sono più disposti ad adorare il Signore, come ci dice l’Instrumentum Laboris n° 65. Hanno l’abitudine di essere vicini al sacerdote e suoi amici, perciò spesso hanno lui come direttore spirituale. Sono soliti partecipare a ritiri spirituali e corsi di formazione. Molti di questi bambini arrivano in cappella o in chiesa per la celebrazione dell’Eucaristia prima del sacerdote e aiutano nella preparazione dell’altare, del messale, del lezionario, dei fiori, ecc. Sentono e vivono la celebrazione eucaristica come una cosa loro e come se anche ciò che fanno aiuta la bellezza della celebrazione.
Abbiamo coinvolto i genitori dei bambini, dato che vogliono sapere dove sono i loro figli, con chi stanno e quali attività compiono. In molti casi sono stati i bambini ad attirare i genitori verso la Chiesa, e così gli accoliti sono diventati per tutta la famiglia una porta di ingresso ai sacramenti.
Vorrei chiedere che il Sinodo e forse anche il nostro amato Santo Padre potessero dire qualche parola per promuovere la crescita degli accoliti nella nostra Chiesa, perché a volte per questi servizi liturgici tanto semplici i sacerdoti preferiscono lavorare con laici adulti impegnati. Gli adulti non li infastidiscono, non fanno loro domande indiscrete, in genere sono puntuali e responsabili. Con i bambini e i giovani, invece, occorre avere pazienza, ascoltarli ed educarli con amore. Tuttavia le vocazioni sacerdotali non verranno dagli uomini sposati che già hanno una famiglia e che forse non disturbano la Chiesa, usciranno invece da quei giovani che scoprono l’immenso amore di Dio e che vengono accolti e ai quali si offrono le condizioni adeguate di preghiera e vita spirituale per essere attenti al Signore Gesù, nel caso Egli li chiami a seguirlo più da vicino nella vita sacerdotale, religiosa o consacrata. La pastorale degli accoliti vuole predisporre tutte le condizioni perché questi bambini e giovani si incontrino profondamente con il Signore Gesù e lo seguano per tutta la loro vita nella vocazione a cui Dio vuole chiamarli.
[00256-01.04] [AU018] [Testo originale: spagnolo]

 

- Sig. Andrea RICCARDI, Fondatore della Comunità di Sant'Egidio (ITALIA)

La vita del cristiano tra la gente spesso cade nell’anonimato. Il cristiano ha qualcosa da dare agli altri? Non si dà, se non quel che si è ricevuto: il pane della Parola e dell’Eucarestia. Gesù dice ai discepoli: “Date voi stessi loro da mangiare” (Mt 14,16): è la missione. Se si offre il pane buono, si sperimenta che ce n’è fame; che il tempo è meno negativo di quel che ci appare. E di fronte alle grandi povertà? Oggi si è smarriti o dimentichi. Non si può far mancare ai poveri il Vangelo. La carità non dura senza il nutrimento dell’Eucarestia. Questo l’ho visto in tante note e ignote esistenze tra i poveri, che fanno sì che oggi -nonostante i nostri limiti - la Chiesa sia risorsa per i più disperati. Infine i cristiani, dall’inferno delle persecuzioni del XX secolo, mostrano che sempre è possibile vivere e comunicare il Vangelo. Nel 2000 Giovanni Paolo II ha chiamato a raccogliere le testimonianze dei nuovi martiri. Attiro l’attenzione sul fatto che è un’opera da riprendere nelle Chiese particolari e a livello centrale. C’è un testamento dei martiri da aprire nel contesto dell’Eucarestia. Il legame tra Eucaristia e martirio è fonte di fiducia e speranza al di là della nostra lettura realistica o pessimistica delle situazioni.
[00257-01.04] [AU019] [Testo originale: italiano]

- Rev. Suora Hermenegild MAKORO, C.P.S., Suora Missionaria del Preziosissimo Sangue; Animazione di Comunità cristiane in Mthatha (REP. SUDAFRICANA)

Sono Suor Makoro e faccio parte del Gruppo diocesano di animazione della diocesi di Umtata, in Sudafrica. Da gennaio di quest’anno facciamo il giro delle parrocchie e delle piccole comunità della diocesi e con loro guidiamo laboratori sul significato più profondo dell’Eucaristia. Poiché ho il polso della situazione a livello più capillare, vorrei esporvi una osservazione allarmante.
Innanzitutto esiste un’ignoranza preoccupante perfino tra i buoni cattolici e i vecchi cattolici riguardo al significato più profondo dell’Eucaristia. In secondo luogo, per la maggior parte di loro, la preghiera eucaristica non è altro che un’altra preghiera letta dal sacerdote dopo la liturgia della Parola. La liturgia della Parola spesso è molto più interessante della lettura del canone da parte del sacerdote.
Abbiamo scoperto inoltre che belle prediche o brillanti lezioni sull’Eucaristia sono inconsistenti se il significato più profondo dell’Eucaristia, vale a dire il mistero, non viene percepito nella celebrazione.
Per questo motivo consentitemi, vi prego, di esporre la seguente richiesta:
Chiediamo alle nostre autorità in campo liturgico di cercare modi e mezzi che aiutino a chiarire e a mettere in evidenza il tema essenziale dell’Eucaristia nelle nostre preghiere eucaristiche, affinché i nostri fedeli possano cogliere il mistero e viverlo.
Per fare un esempio, nella liturgia della Parola si chiarisce e si sottolinea la presenza del Signore con la processione solenne del Vangelo e il canto gioioso dell’Alleluia.
La mia umile richiesta è la seguente:
Possiamo fare qualcosa di simile riguardo alla preghiera eucaristica, per chiarire e mettere in evidenza i diversi aspetti del mistero eucaristico? Per esempio:
- la presenza di Cristo “in persona” (es. con l’adorazione silenziosa, il gioioso benvenuto)
- il sacrificio di Gesù sulla croce (es. con l’esposizione di un crocifisso, sottolineando l’espressione “offerto per voi”, che getta luce sul senso della frazione del pane)
- il sacrificio della Chiesa (che dà voce alla sofferenza umana)
- la Risurrezione di Gesù (salutando il Signore risorto, isibongo!)
- la celebrazione del rendimento di grazie (invitare i partecipanti a recitare brevi espressioni di ringraziamento)
- la celebrazione dell’unità (far venire persone di origini diverse intorno all’altare e invitarle a scambiarsi il segno della pace)
- l’eterna festa nuziale dell’Agnello (con i santi e gli antenati)
Vorrei fare un secondo suggerimento:
Si potrebbero prevedere una serie di celebrazioni eucaristiche che trattino i diversi aspetti del mistero eucaristico. Si potrebbero recitare preghiere idonee, un prefazio particolare, preghiere speciali da parte del celebrante e diverse possibilità di illustrare il tema specifico durante la preghiera eucaristica. Questa serie di celebrazioni eucaristiche potrebbe aver luogo di tanto in tanto nelle parrocchie al fine di chiarire un particolare aspetto del mistero eucaristico.
[00258-01.04] [AU020] [Testo originale: inglese]

- Sig. Zbigniew NOSOWSKI, Direttore del mensile cattolico "Więź" di Varsavia; Membro del Consiglio Nazionale dei Laici (POLONIA)

1. Dieci anni fa, insieme ad altri amici della mia generazione ho preparato un libro e una serie TV che aveva per titolo “I figli del Vaticano II si interrogano”. La dicitura scelta, “Figli del Concilio” è diventata abbastanza popolare in Polonia come appellativo per quei cattolici che erano nati col Concilio Vaticano II e NON ricordavano altre liturgie se non quella nella loro lingua materna, per i quali le riscoperte dell’ultimo Concilio, quali l’universale chiamata alla santità, l’apertura ecumenica, il dialogo con le altre religioni e con i non credenti, rappresentavano senza dubbio delle novità, ma anche una parte scontata dell’insegnamento officiale della Chiesa, parte e fardello della tradizione.
Fondandomi su questa esperienza vorrei cogliere l’occasione di parlare al Sinodo dei Vescovi che si sta svolgendo nell’anno del 40° anniversario della chiusura del Vaticano II per ringraziare la Divina provvidenza per questo grande dono del Concilio e delle riforme post conciliari, compresa quella liturgica. Ci sono stati, sicuramente, molti abusi nella celebrazione dell’Eucaristia e bisogna superarli. Ma lasciatemi esprimere la mia convinzione che se non fosse per la riforma liturgica, molti cattolici della mia generazione non avrebbero trovato il loro posto nella Chiesa (o almeno sarebbe stato più difficile).
2. L’Eucaristia è indubbiamente il momento più importante nella vita della Chiesa. Voglio usare il linguaggio degli affari - è il vessillo o la vetrina della Chiesa. Molto spesso è la solo realtà con cui un certo numero di cattolici di nome o di non-cattolici ha qualche contatto diretto con la Chiesa. Perciò, anche per ragioni pragmatiche, dobbiamo fare del nostro meglio in ogni parrocchia affinché la Messa della domenica sia veramente bella, ispiratrice e porti i fedeli a una partecipazione profonda. Va bene se le parrocchie sono ravvivate con festicciole in giardino o con delle attività sportive, ma l’elemento di maggiore importanza nella vita della parrocchia dovrebbe essere la sollecitudine per l’Eucaristia domenicale.
La responsabilità del sacerdote in questo campo è cruciale. Se la Messa viene detta solo dal sacerdote, i fedeli si limitano ad ascoltare. Quando è celebrata da un sacerdote come gran mistero, se lui lo avverte, lo sente e lo esprime nello spirito della liturgia; se lui prega in modo visibile mentre celebra l’Eucaristia, i fedeli coglieranno l’invito a una comunione più profonda con Dio.
3.Quindi molto dipende dal sacerdote, ma allo stesso tempo, lasciatemi dire che nelle discussioni di questo Sinodo avverto la mancanza di una riflessione sulla spiritualità dei laici, vale a dire: spiritualità eucaristica laica. L’Instrumentum Laboris la menziona brevemente nei numeri 75 e 76, ma si limita a delle devozioni. Per me la spiritualità eucaristica non significa soltanto assistere alla Messa e adorare il Santo Sacramento. Essa copre l’arco dell’intera vita.
Soprattutto i laici di oggi hanno bisogno di comprendere nuovamente il rapporto fra l’Eucaristia e la loro vita di ogni giorno. L’Eucaristia - come sacrificio, presenza, cibo, memoriale - ci dice qualcosa di molto importante e concreto per le nostre decisioni quotidiane, per come ci comportiamo nei nostri matrimoni, nelle nostre famiglie, nei nostri uffici, nelle nostre cucine, nelle nostre camere da letto, nella vita sociale. Ci dice: più ti doni agli altri, più troverai te stesso, più ami, più dovrai sacrificare, più dai, più riceverai. Questo è l’atteggiamento eucaristico, così si diventa veramente una persona eucaristica anche se non si partecipa alla Messa ogni giorno. Così Maria è stata una donna dell’Eucaristia anche prima che questa fosse istituita.
4. I miei 20 anni e più di esperienza nel movimento “Fede e Luce” fondato da Jean Vanier e Marie-Helene Mathieu portano alla mia proposta conclusiva. In queste comunità, raccolte attorno a persone handicappate mentalmente, ho imparato che la Chiesa ha ricevuto due tesori: l’Eucaristia e i poveri. Ma questi due tesori raramente vanno insieme. Abbiamo bisogno di segni visibili della loro unità. Soprattutto quanti partecipano alla condivisione del pane eucaristico dovrebbero manifestare sempre e visibilmente la loro solidarietà verso i poveri che non sempre hanno il pane quotidiano.
[00259-01.07] [AU021] [Testo originale: inglese]

- Sig.ra Marie-Hélène MATHIEU, Coordinatrice internazionale del Movimento "Foi et Lumière" (FRANCIA)

Il numero 79 dell’Instrumentum Laboris fa riferimento al nesso fra Cristo presente nell’Eucaristia e Cristo presente nelle persone handicappate fisicamente o mentalmente (che rappresentano tra il 20 e 25% della popolazione).
1. L’atteggiamento della società, nonostante tutti i progressi fatti è ancora spesso di disprezzo e di rigetto. (Per esempio, alcune leggi sull’aborto prevedono la soppressione del bambino handicappato fino alla vigilia della sua nascita). Agli antipodi con queste pratiche, Gesù manifesta un amore di predilezione verso tutte le persone handicappate. Oltre al tesoro della sua presenza nell’Eucaristia, Gesù ci assicura la sua presenza nella persona povera e debole.
2. Giovanni Paolo II, parlando ad alcuni handicappati mentali, ha detto loro: “Prendete posto nel cuore della Chiesa”. Come possono le Parrocchie aiutarli a meglio trovare questo posto?
Sistemazioni speciali possono contribuire, ma più importante è la qualità dell’accoglienza, quella che permette a ognuno di sentirsi amato, chiamato ad amare, a essere utile.
3. La Chiesa chiede ai genitori il rispetto incondizionato della vita del bambino sacra fin dal suo concepimento. Allo stesso tempo, come è essenziale che essa li illumini, li sostenga, assicurandoli della sua presenza al loro fianco nella crescita umana e spirituale del loro piccolo!
Quanti hanno un handicap mentale, quando non possono esprimersi con la parola, possono far vedere con i loro atteggiamenti che distinguono il corpo di Cristo dal cibo ordinario e possono essere preparati a riceverlo.
I sacerdoti invece, facendo riferimento al canone 913, esitano a dare l’Eucaristia alle persone gravemente handicappate che sembrano incapaci di relazione. Ma non possiamo allora prendere in considerazione il desiderio grande e la gioia di Gesù di darsi ai più sprovveduti dei suoi fedeli? Le procedure delle chiese orientali per quanto riguarda i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana potrebbero forse aiutare la Chiesa ad approfondire la sua riflessione su questo argomento.
[00260-01.04] [AU022] [Testo originale: francese]

- Sig. Alexei V. JUDIN, Professore di Storia della Chiesa e del Dialogo interconfessionale nella Federazione Russa, Russian State University for the Humanities, St. Thomas College (Moscow) (FEDERAZIONE RUSSA)

Vorrei fare breve riferimento al numero 86 dell’Instrumentum Laboris sul tema Eucaristia e ecumenismo.
Come voi ben sapete noi cattolici in Russia affrontiamo il problema del dialogo con gli ortodossi in modo grave. In questa Aula Sinodale abbiamo sentito recentemente diversi interventi su questo punto tra i quali la precisazione concreta del Card. W. Kasper, le relazioni del Card. L. Husar e dei presuli delle Chiese Cattoliche Orientali. La domanda fatta dal Card. Husar sulla paradossale esistenza del “superculmen” della vita cristiana nella prospettiva dell’unità delle Chiese mi tocca il cuore e sembra molto impegnativa. Difatti, davanti al Sacramento dell’Eucaristia noi, cattolici e ortodossi, sperimentiamo un vero stupore di cui si è parlato tante volte durante questa assemblea. Ma questo stupore è sconcertante e frustrante. In realtà proprio nella portata ecumenica sull’Eucaristia si svela il grande scandalo delle divisioni tra i cristiani. Proprio davanti al Cristo Eucaristico diventa evidente che non ci sono scuse per la disintegrazione del mondo cristiano.
Da noi cattolici ci sono le norme che regolano l’intercomunione con i non cattolici. Ma il reciproco riconoscimento con gli ortodossi della vera presenza del Signore nella Eucaristia ci impegna di fare dei passi avanti nella strada del riavvicinamento. Quali passi possiamo fare? Anzitutto senza violare le regole ben esposte e diluire l’identità cattolica, dobbiamo pensare in modo da poter superare l’attuale crisi dell’ecumenismo. L’ecumenismo nella sua versione attuale si concentra piuttosto sulle discussioni circa le diverse questioni storiche, teologiche etc. La dimensione dell’ ecumenismo spirituale si limita a delle preghiere generiche, a incontri fraterni su diversi livelli, ma si arresta davanti all’Eucaristia. In effetti tutte queste espressioni e questi eventi cercano di evitare la realtà eucaristica.
In questo caso io penso che la stessa presenza di Gesù nell’Eucaristia debba guidarci verso il futuro. Bisogna andare in fondo al significato di questa presenza viva del Signore. Questa strada comune deve continuare sulla strada già iniziata della conoscenza reciproca. Nel secolo scorso abbiamo ottenuto un vero progresso di tale conoscenza, e ora non dobbiamo accontentarci dei frutti finora raccolti.
Come possiamo approfondire questa conoscenza reciproca nella prospettiva eucaristica? Non ho una risposta certa, ma posso presentarvi una proposta. Abbiamo molti carismi nella Chiesa Cattolica - i carismi dei diversi ordini, delle diverse congregazione religiose, di vari movimenti etc. Possiamo assicurare l’unità tra loro non solo a livello giuridico-amministrativo, ma anche a livello spirituale. Questi carismi, questi doni spirituali delle realtà cattoliche sono ben diversi tra loro. Talvolta ancor più differenziati, se non nella dottrina, sicuramente nella sensibilità e nell’espressione, che la realtà cattolica e la realtà ortodossa nel loro complesso. Dunque, se siamo in grado gestire le cose nell’ambiente cattolico assicurando l’unità tra diversi carismi, perchè non possiamo avvicinare il Mistero Eucaristico insieme nella unità riconciliata tra realtà d’Oriente e Occidente? La cosa cruciale e decisiva in questo caso si riassume nella sincerità assoluta nel ritenere che noi consistiamo in Cristo e nella Sua presenza eucaristica, come diceva il noto teologo ortodosso russo Pavel Florenskij.
[00292-01.03] [AU023] [Testo originale: italiano]

- Sig. Francisco José GÓMEZ ARGÜELLO WIRTZ, Co-Fondatore del Cammino Neo-Catecumenale (SPAGNA)

Non posso fare a meno di rendere testimonianza davanti a questa assemblea di quello che il Signore sta operando.
Ho ancora davanti ai miei occhi l’incontro di Colonia, dove il Cammino ha portato più di 100 mila giovani e dove, come frutto delle Giornate della Gioventù con il Papa Benedetto XVI, nell’incontro vocazionale che noi abbiamo fatto il giorno dopo, migliaia di giovani si sono alzati per entrare in Seminario e tante ragazze per la vita contemplativa e di adorazione.
Come è stato possibile questo evento? Lo ha detto il Papa a Colonia: formate comunità basate sulla fede che percorrano un itinerario verso Cristo, in comunione con il Papa e con i Vescovi.
È impressionante pensare che dietro a ciascuno di questi giovani c’è una piccola comunità nella parrocchia, con la quale stanno percorrendo un cammino di iniziazione cristiana e in cui l’Eucaristia, celebrata nella propria comunità, è fondamentale per maturare la loro fede e la loro vocazione.
Molti di questi giovani vengono dalle proprie famiglie ricostruite e tanti altri, che erano lontani dalla Chiesa, hanno visto i segni della fede in comunità vive. Hanno ricevuto l’annuncio del kerygma nella catechesi e hanno iniziato un catecumenato post-battesimale di riscoperta del Battesimo, al cui centro c’è la Veglia pasquale che canta e realizza il mistero della nostra salvezza.
Dato che l’ eucaristia, pasqua della settimana, alimenta la vita cristiana, dobbiamo chiederci oggi: Cos’è la vita cristiana? Cosa annuncia la Chiesa?
Che Dio ha inviato suo Figlio al mondo per far passare l’umanità da questo mondo al Cielo, dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita. Cristo è risuscitato, grida la Chiesa! Cristo ha vinto la morte e vive risorto nei cristiani. Come possiamo portare al mondo questa notizia? Dice S. Paolo: “Portando sempre nel nostro corpo il morire di Gesù, affinché la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo..., in modo che quando noi moriamo il mondo riceve la vita” (cfr 2 Cor 4,10.12).
Ecco il dinamismo della pasqua che alimenta la nostra fede: abbiamo bisogno che Cristo ci dia nell’eucaristia, il suo morire per noi, nel pane spezzato e nel suo Sangue versato, per poter mostrare la sua risurrezione, la sua vita immortale al mondo.
[00293-01.02] [AU024] [Testo originale: italiano]

- Rev. Suor Margaret WONG, F. d. C. C. , delle Figlie della Carità Canossiane, Promotrice di Centri di Adorazione Eucaristica (Hong Kong)

Vi ringrazio per avermi permesso di parlare a nome delle persone disabili di Hong Kong.
In passato, la maggior parte delle persone disabili delle nostre parti era privata della possibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica perché le chiese non erano accessibili per loro. Grazie a Dio, nel 1993 è stato costituito il Centro Diocesano Pastorale per Disabili e così i nostri disabili hanno iniziato a frequentare Messe per diversi gruppi, a seconda delle loro particolari esigenze. A dispetto dei nostri limiti e ristrettezze economiche, come la povera vedova del Vangelo, abbiamo investito tutto ciò che avevamo con tutto il nostro cuore.
In questi anni, prima di ritornare ad appartenere alla Cina, la nostra società è stata pervasa dalla paura e dall’incertezza. Preso atto della nostra incapacità a risolvere qualsiasi problema abbiamo cominciato a impegnarci a tenere quotidianamente un’ora santa e a fare preghiere d’intercessione nel Centro per Disabili. Dal 1996 l’adorazione quotidiana è stata estesa a 12 ore, concentrata sulla preghiera per la santificazione dei sacerdoti.
Siamo stati profondamente commossi dalla testimonianza dei disabili, che affrontano ogni tipo di sacrificio per partecipare alla Messa e all’adorazione, mentre i cosiddetti abili non ne hanno il tempo.
Nel frattempo, la percentuale di persone con problemi psicologici e tendenze suicide è andata sempre più aumentando. Queste persone che hanno una visione fallimentare di sé, relazioni fallite alle spalle e spirito di fallimento, sono state respinte dalle proprie famiglie, anch’esse fallite, e dalla nostra società improntata al secolarismo e al materialismo. Nell’Eucaristia vediamo il cuore ferito di Cristo che ha sete di salvare l’umanità spezzata, in Lui impariamo a stringere in un abbraccio e ad amare sinceramente tutte queste persone dalla vita spezzata. Le invitiamo a cercare la guarigione spirituale nel Signore Eucaristico. Ci sono state riferite molte guarigioni interiori e abbiamo ricevuto molte telefonate da parte di stranieri che ci chiedevano preghiere di intercessione. Rispondendo alla pressante chiamata del mio cuore da parte di Nostro Signore, nel 2002 ho costituito un piccolo gruppo rivolto a laici dalla vita consacrata con il nome di “Eucharistic Oblate for the Vulnerable”, con il pieno sostegno del nostro Vescovo Joseph Zen. Abbiamo cominciato con 7 membri che avevano problemi fisici, mentali o di altro genere e ci siamo dedicati all’adorazione perpetua. Crediamo che la vulnerabilità umana sia un dono dell’amore del Padre e che essa possa essere trasformata in benedizione, una via di santificazione attraverso la forza trasformante dell’Eucaristia.
Innanzitutto, il nostro gruppo ha sostenuto l’adorazione quotidiana al Centro Pastorale in modo da farlo diventare un centro di adorazione perpetua. Con l’aumento dei membri siamo riusciti a creare un secondo Centro di Adorazione Perpetua a partire dal Mercoledì delle ceneri di quest’anno. In entrambi i centri siamo felici di avere la Messa quotidiana (con omelia), la benedizione, l’ora mariana e di cantare l’ufficio divino (anche per i non vedenti), di avere la lectio divina settimanale per gruppi di diverse età, le Messe di guarigione mensili e il catechismo, e infine alcuni ritiri incentrati sull’Eucaristia. Con questo speciale carisma di far avvicinare le persone in difficoltà all’adorazione eucaristica, il Signore ci manda gradualmente molti volontari che si dedicano anche all’adorazione eucaristica perpetua per aiutare il nostro ministero, ad esempio, nelle seguenti cose:
1. Osservare il digiuno di pane e acqua ogni mercoledì e venerdì e pregare specialmente per i singoli sacerdoti.
2. Adorazione eucaristica per i bambini, settimanale e mensile, e anche un’adorazione di notte nei giorni di festa.
3. Adorazione eucaristica per centinaia di alunni della scuola primaria, dei quali solo il 10% sono cattolici, facendo appello allo stupore degli insegnanti per la loro straordinaria attenzione nei confronti del Signore Eucaristico.
4. Adorazione eucaristica nella Repubblica Cinese, che si è risolta nell’ora santa quotidiana o anche nell’adorazione perpetua in tutte le parrocchie dove siamo stati (per es., Bien Chuen a Hebei e S. Pietro e Paolo a Shanghai).
5. Guarigione spirituale di malati di SARS e dei loro parenti, così come di personale medico in prima linea nei momenti critici.
6. Digiuno e preghiera d’intercessione quotidiana all’ora di pranzo.
7. Preghiera di intercessione dalla mezzanotte alle 6 di mattina per l’omelia del sacerdote.
8. Sito internet: www.eucharisticoblate.org.
Preghiamo che attraverso l’intercessione del nostro compianto Papa Giovanni Paolo II, il Signore Eucaristico possa soddisfare la fame del nostro popolo cinese con la Sua Parola e il suo Pane e che la Sua maestà possa presto regnare in Cina. Maranatha. Amen.
[00305-01.07] [AU025] [Testo originale: inglese]





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