-- “In scriptis” di Padri sinodali
Pubblichiamo di seguito il riassunto degli interventi non pronunciati in Aula,
ma consegnati per iscritto dai Padri sinodali:
- S.E.R. Mons. Evaristus
Thatho BITSOANE, Vescovo di Qacha's Nek, Presidente della Conferenza Episcopale
(LESOTHO)
L’unione personale del fedele con Cristo è il centro della Liturgia
Eucaristica. Il nostro problema principale è rappre-sentato dalla scarsità di
sacerdoti che presiedono la celebrazione eucaristica ogni domenica, soprattutto
in quei distretti sperduti in cui i sacerdoti si recano poche volte l’anno. Una
soluzione ottimale sembrava il ricorso ai ministri straordi-nari
dell’Eucaristia, che avevano seguito i sacerdoti in quei posti lontani. Anche i
malati avevano potuto ricevere il santo sacramento solo poche volte nel corso
dell’anno.
Si sono subito presentati problemi seri. Non esistevano luoghi in cui il
Santissimo sacramento potesse essere custodito in modo appropriato. Gli
appositi contenitori del Santissimo non si trovano facilmente e la gente si
accontenta di quello che trova. È accaduto più volte che il tabernacolo venisse
rotto e il Santissimo sacramento portato via o sbriciolato dappertutto.
Col tempo i ministri straordinari dell’Eucaristia sono stati considerati allo
stesso livello dei ministri ordinari, potevano distribuire l’Eucaristia quando
lo desideravano e a chi volevano. Il rapporto tra l’Eucaristia e il Sacramento
di riconci-liazione è andato lentamente esaurendosi, al punto che il fedele non
avvertiva il bisogno di confessarsi prima della Comunione. Il Sacramento della
riconciliazione è poco frequentato, soprattutto dai giovani.
Per mettere fine a questi abusi, riteniamo che occorra iniziare dal seminario:
dare all’Eucaristia il posto d’onore nella formazione dei nostri futuri
sacerdoti. Renderli consapevoli, quando sono giovani, di essere i ministri
ordinari dell’Eu-caristia e che l’Eucaristia deve rappresentare il centro della
loro vita. Occorre ricordare spesso ai sacerdoti che sono loro i ministri
ordinari dell’Eucaristia, che delegano l’importante ministero della
distribuzione della Santa Comunione a laici opportunamente preparati.
La catechesi, soprattutto tra i giovani, deve essere intensificata, per
superare l’indifferenza che si nota al giorno d’oggi.
[00311-01.03] [IS001] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Ian MURRAY,
Vescovo di Argyll and The Isles (GRAN BRETAGNA (SCOZIA)
È agendo in persona Christi all’unico sacrificio dell’Eucaristia che tutto il
ministero sacerdotale trae la propria forza (CCC 1566). Il calo di vocazioni al
sacerdozio nei paesi sviluppati fa sì che l’Eucaristia, anche se meno
disponibile che in passato, sia tuttavia più accessibile che non nei paesi in
via di sviluppo. In questi paesi infatti povertà temporale e spirituale vanno
di pari passo; nei paesi ricchi sembrano essere inversamente proporzionali.
Oggi le vocazioni si hanno sempre più tra uomini adulti. Nascono dalla loro
esperienza, ma spesso sono afflitte dal peso di atteggiamenti più consoni al
mondo che non alla Chiesa. Spesso si rende necessaria una rieducazione. Per
quanto riguarda la formazione del clero vanno considerati due aspetti: la
formazione accademica e quella umana-spirituale. Lo sviluppo intellettuale da
solo non è sufficiente. Una donna che ha subito persecuzioni per la sua fede ha
detto: “Ho conservato la fede grazie alla santità dei sacerdoti”. È
interessante notare quanto investiamo nella formazione accademica dei nostri
sacerdoti a fronte di quanto investiamo invece nella loro formazione umana e
spirituale.
La liturgia è uno strumento chiave di evangelizzazione e deve essere celebrata
in una lingua che introduca i fedeli al cuore del Mistero della fede. I testi
devono trascendere i capricci delle mode linguistiche. Le lingue locali
presentano difficoltà particolari, come accade nella mia diocesi con il gaelico
scozzese. In situazioni come questa dovrebbe essere conferita alle Conferenze
episcopali locali l’autorità di mettere a punto e approvare questi testi
liturgici.
I cappellani, grazie alla conoscenza linguistica dei paesi europei, dovrebbero
essere in grado di accogliere gli immigrati e servirli possibimente nelle
diverse lingue.
[00312-01.03] [IS002] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Liborius
Ndumbukuti NASHENDA, O.M.I., Arcivescovo di Windhoek (NAMIBIA)
Vi porto i saluti cordiali della Namibia.
La mia riflessione riporta fondamentalmente la nostra impressione generale,
come Conferenza Episcopale, sull’Instrumentum laboris, divisa in 6 punti:
1. I progressi negli studi biblici e patristici hanno ampliato la nostra
comprensione della teologia eucaristica. Il nostro Santo Padre, Papa Benedetto
XVI, è particolarmente consapevole della ricca eredità teologica che ci viene
dai primi Padri della Chiesa. Ciò è stato già sostenuto in molti interventi.
2. La teologia dell’Eucaristia tocca quasi ogni settore fondamentale della
teologia. Dal Concilio Vaticano II in poi tutti i temi principali sono stati
affrontati. Perciò, ogni documento che venga direttamente dal Sinodo dei Vescovi
dovrebbe fornire una trattazione equilibrata, intertestuale del tema. Sarebbe
un errore produrre un documento che affronti solo alcuni dei temi in questione
per correggere determinati abusi di cui ci si è resi conto. Piuttosto, esso
dovrebbe suggerire risposte pastorali ai bisogni di quelle persone della terra
che sono private del dono dell’Eucaristia (per esempio, divorziati che ricevono
la Santa Comunione, per citare solo una di queste situazioni).
3. Dovremmo evitare, a ogni costo, di produrre un documento disciplinare, o che
dia la sensazione di concentrarsi su rubriche prive di un forte fondamento
teologico.
4. La dimensione pastorale-missionaria dell’Eucaristia dovrebbe essere messa in
luce in qualche deliberazione o documento. Questi dovrebbero enfatizzare il
legame essenziale tra ecclesiologia ed Eucaristia, tra ministero ed Eucaristia,
e, ovviamente, tra missione ed Eucaristia.
5. Il rapporto tra inculturazione ed Eucaristia è molto importante,
specialmente per i paesi in via di sviluppo, come ve ne sono, in particolare,
in Africa, Asia e Sudamerica. L’esperienza delle Chiese orientali nello
sviluppo di diversi riti può essere esemplarmente istruttivo.
6. Noi tutti Padri sinodali dovremmo avere la consapevolezza che il documento
che andiamo a preparare deve costituire una parte della trilogia
sull’Eucaristia recentemente prodotta. Innanzitutto, la lettera del nostro
compianto Santo Padre Mane nobiscum, Domine; quindi, la riflessione pubblicata
dalla Congregazione per l’Ufficio Divino; e ora, il documento sinodale. In
questo modo, la nostra riflessione sarà in grado di parlare al cuore delle
persone di questa nostra società secolarizzata, specialmente a coloro che sono
stati contagiati o sono stati colpiti dal virus dell’AIDS, in modo da offrire loro
nutrimento eucaristico e consolazione nel cammino di fede.
[00307-01.06] [IN229] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Tesfay
MEDHIN, Vescovo di Adigrat (ETIOPIA)
Desidero incentrare il mio intervento sull’aspetto relazionale dell’Eucaristia
con riferimento ai nn. 28, 33 e 85 dell’Instrumentum laboris:
- “Percezione del mistero eucaristico tra i fedeli” e
- “la sua dimensione ecumenica”
La Messa domenicale e la Santa Comunione continuano ad essere il fulcro e
l’elemento portante della vita parrocchiale, individualmente e collettivamente,
della Chiesa d’Etiopia, sia cattolica sia ortodossa. La domenica e nelle
solennità, nelle strade e lungo i sentieri di campagna che conducono alle
chiese, si vedono file ininterrotte di persone vestite prevalentemente di
bianco. Si potrebbe affermare che in campagna la partecipazione alla Messa
domenicale e alla Comunione può raggiungere il 70-80 percento. Nelle città,
però, e tra le generazioni più giovani, i dati non sono altrettanto elevati
(forse intorno al 55 per cento).
La forza motrice che sta dietro a questo fenomeno non è la pura razionalità,
bensì una formazione liturgica, un senso di devozione e di rispetto per il
“sacro” molto profondo, che non viene facilmente influenzato da criteri
esteriori quali il tempo e le pressioni della vita materiale.
Secondo la tradizione etiopica, che tiene conto della profonda convinzione tra
i fedeli della natura misteriosa dell’Eucaristia:
- la sua comprensione è radicata nell’aspetto sacrificale del Mistero,
unitamente alla partecipazione al Mistero Pasquale di Cristo e alla costruzione
del suo Corpo che è la Chiesa. È questo, in effetti, l’aspetto preponderante
del Mistero messo in evidenza nella tradizione liturgica etiopica.
La Trinità, Cristo, l’agnello Pasquale, e Maria occupano il posto centrale
nella celebrazione del rito etiopico. Vi è sempre stata una profonda devozione
per Maria, Madre di Dio, che è considerata anche “donna dell’Eucaristia”,
“primo tabernacolo dell’Eucaristia” (cfr n. 76). Fonte e santuario dell’Eucaristia.
Per questo è un dovere liturgico nelle Chiese di tradizione orientale tenere
l’immagine di Maria sempre vicina al Figlio.
Nella liturgia sono evidenti la solennità, un grande rispetto del sacro,
riverenza in presenza del “Mysterium Tremendum”, e ogni movimento fisico che
possa creare distrazione è ridotto al minimo. Sebbene oggi sia sempre più
frequentata, vi è una grande riluttanza tra i fedeli a ricevere la comunione
senza aver prima adeguatamente ricevuto la grazia della Penitenza.
Come frutto di questa pratica di devozione ecclesiale comune all’Eucaristia e
alla liturgia, cioè implicazioni sociali dell’Eucaristia (IL 79), ciò ha
ovviamente aiutato le comunità ad andare avanti e a conservare i loro valori
familiari e religiosi e la loro integrità malgrado i diversi problemi politici
e sociali, le calamità naturali e i conflitti che hanno causato tanta
sofferenza alla gente.
Tuttavia, gli aspetti distruttivi della globalizzazione e le pressioni secolari
e consumistiche hanno raggiunto e stanno influenzando la vita familiare, la
vita dei giovani e l’autorità morale della Chiesa.
Il nostro mondo ha più che mai bisogno di ordine e di redenzione, e ritengo che
non vi sia nulla di più potente della forza trasformatrice dell’Eucaristia e
del magnifico programma del Santo Padre per testimoniare la “cultura
dell’Eucaristia” attraverso lo strumento del “dialogo” (IL 76).
Mi aspetto molto da questo Sinodo, auspicando che lo Spirto Santo continui ad
ispirarlo affinché presenti al Santo Padre delle proposizioni innovative e
opportune, che possano salvare le anime, e con orientamenti pastorali capaci di
dare speranza ai nostri sacerdoti e fedeli, incentrati sul vincolo pastorale
dell’Eucaristia per quanto riguarda la famiglia e i giovani, fortemente
minacciati dalla più letale pandemia dell’HIV/Aids in molte parti del mondo.
Pertanto, come frutto dell’Anno dell’Eucaristia, desidero pregare lo Spirito
Santo affinché ispiri questo Sinodo a:
- proporre modi, per esempio un Sinodo speciale, per promuovere l’unità dei
cristiani;
- promuovere la catechesi sulla spiritualità eucaristica, affrontando in modo
particolare la vita della famiglia e dei giovani per approfondire la fede e la
devozione eucaristica nella famiglia e tra i giovani;
- dedicare una particolare attenzione alla formazione in seminario per
assicurare la spiritualità eucaristica nella vita dei sacerdoti e dei fedeli e
per l’adesione ad omelie e a celebrazioni liturgiche ben preparate.
Che lo Spirito Santo continui ad ispirare questo Sinodo ad essere lo strumento
di speranza e di vita in Cristo, e che la forza trasformatrice dell’amore di
Cristo guarisca, attraverso l’Eucaristia, il nostro mondo dalle sue ferite.
[00310-01.04] [IN230] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Felix Alaba
Adeosin JOB, Arcivescovo di Ibadan (NIGERIA)
Cura pastorale degli immigranti
Desidero parlare a questa Assemblea della cura pastorale degli immigranti. Con
immigranti intendo tutte quelle persone che hanno lasciato la propria nazione,
o la loro parte di nazione, per recarsi altrove a causa di disastri naturali,
per cercare pascoli più verdi o il vello d’oro (titoli accademici). Desidero
rivolgermi principalmente al vescovo, che è il supremo Pastore del gregge
affidato alle sue cure, l’ordinario locale e il “primus mysteriorum dei
dispensator”. L’Instrumentum laboris ci ricorda che l’Eucaristia riunisce i
fedeli e fa di loro una comunità, nonostante le differenze di razza, di lingua,
di nazione e di cultura.
È difficile, oggi, trovare una nazione che non dia rifugio a migliaia di
immigranti. San Paolo ci ricorda che, “poiché c’è un solo pane, noi, pur
essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane”
(1Cor 10, 17). Il vescovo o il parroco non dovrebbero trattare i fedeli
immigranti come ospiti della Chiesa. Piuttosto, dovrebbero accoglierli, farli
sentire a casa propria e membri della Chiesa universale. La loro liturgia viva
deve essere usata per ringiovanire la Chiesa locale e devono essere preparati a
essere missionari per loro stessi, servendo come catechisti, lettori laici ecc.
in seno alla comunità. L’Instrumentum laboris, al n. 25, ci ricorda che “i
fedeli laici [sono] parte essenziale della Chiesa comunione”. La migrazione non
è limitata ai soli fedeli laici. Abbiamo sacerdoti e religiosi che vengono
mandati a studiare o ad acquisire l’esperienza necessaria per lo sviluppo delle
loro congregazioni o le loro diocesi. Non esistono presbiteri vagi. Essi
appartengono al presbiterio della diocesi (vescovo) in cui soggiornano. Ogni
volta che offrono il sacrificio della Messa pregano per il Papa e per
l’ordinario locale. Il vescovo residenziale, pertanto, dovrebbe preoccuparsi
della vita liturgica, pastorale e spirituale di ogni sacerdote nella sua
diocesi, specialmente dei presbiteri migranti.
Se il sacerdote immigrante deve celebrare il santo sacrificio con dignità,
devozione e riverenza, è necessario che sia riconosciuto, che gli venga
garantito un mezzo di sussistenza dignitoso e che sia rassicurato sulla sua
appartenenza. Il sacro sinodo deve anche domandare ai Vescovi e ai Superiori di
non mandare i loro presbiteri in istituti fuori dalla loro diocesi senza
informare il vescovo ad quem e prendere debiti accordi. La cura delle
immigranti religiose è più complessa e merita una maggiore attenzione. La vita
consacrata è una testimonianza di Cristo nella Chiesa e la loro presenza è una
benedizione per la Chiesa locale. Tuttavia, esse non devono risiedere in una
Chiesa locale senza l’autorizzazione scritta dell’ordinario locale. In questi
tempi, la diminuzione del numero di religiosi nell’antica Chiesa e il desiderio
di sopravvivenza e di continuità hanno portato a reclutare in modo
indiscriminato le giovani donne nei territori di missione. Queste giovani
vengono sradicate dalla loro cultura e dalla loro tradizione e trapiantate in
Europa e in America, dove spesso sono sopraffatte dal clima, dalla cultura e
dalle usanze e vengono espulse dalle istituzioni. Inevitabilmente, molte di
loro cadono vittima delle persone e delle situazioni. La loro situazione come
corpo spezzato di Cristo deve essere guardata con compassione e amore. Esse
sono parte del corpo di Cristo, la Chiesa. In breve, esorto ogni vescovo
diocesano:
1. A considerare i fedeli immigranti come i propri fedeli, unico corpo di
Cristo, del quale lo Spirito Santo lo ha fatto Pastore. Insieme con i suoi
sacerdoti, di accoglierli ad ogni celebrazione religiosa, specialmente alla
Messa domenicale, poiché l’Eucaristia riunisce i fedeli e fa di loro una
comunità nonostante le diversità di razza, lingua, nazione e cultura.
2. Ad assicurare l’integrazione di tutti i presbiteri migranti (spesso per
motivi di studio) nel suo presbiterio, poiché non esistono sacerdoti vagi.
Assisterli ad essere fedeli nella celebrazione del Sacrificio e nella lode e
nell’adorazione di Cristo nel sacramento del suo amore.
3. A guidare la vocazione delle religiose nella sua diocesi attraverso
l’amministrazione adeguata dei sacramenti nei loro conventi e il controllo del
reclutamento indiscriminato delle giovani donne al di fuori della sua diocesi,
che potrebbe portare ad abusi.
[00306-01.04] [IN232] [Testo originale: inglese]
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