-- OMELIA DEL SANTO PADRE
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio!
Cari fratelli e sorelle!
In questa XXX Domenica del tempo ordinario, la nostra Celebrazione eucaristica
si arricchisce di diversi motivi di ringraziamento e di supplica a Dio. Si
concludono contemporaneamente l’Anno dell’Eucaristia e l’Assemblea Ordinaria
del Sinodo dei Vescovi, dedicata proprio al mistero eucaristico nella vita e
nella missione della Chiesa, mentre saranno tra poco proclamati santi cinque
Beati: il Vescovo Józef Bilczewski, i presbiteri Gaetano Catanoso, Zygmunt
Gorazdowski e Alberto Hurtado Cruchaga, e il religioso Cappuccino Felice da
Nicosia. Inoltre, ricorre quest’oggi la Giornata Missionaria Mondiale,
appuntamento annuale che risveglia nella Comunità ecclesiale lo slancio per la
missione. Con gioia rivolgo il mio saluto a tutti i presenti, ai Padri Sinodali
in primo luogo, e poi ai pellegrini venuti da varie nazioni, insieme con i loro
Pastori, per festeggiare i nuovi Santi. L’odierna liturgia ci invita a contemplare
l’Eucaristia come fonte di santità e nutrimento spirituale per la nostra
missione nel mondo: questo sommo “dono e mistero” ci manifesta e comunica la
pienezza dell’amore di Dio.
La Parola del Signore, risuonata poc’anzi nel Vangelo, ci ha ricordato che
nell’amore si riassume tutta la legge divina. Il duplice comandamento
dell’amore di Dio e del prossimo racchiude i due aspetti di un unico dinamismo
del cuore e della vita. Gesù porta così a compimento la rivelazione antica, non
aggiungendo un comandamento inedito, ma realizzando in se stesso e nella
propria azione salvifica la sintesi vivente delle due grandi parole dell’antica
Alleanza: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore…” e “Amerai il prossimo
tuo come te stesso” (cfr Dt 6,5; Lv 19,18). Nell’Eucaristia noi contempliamo il
Sacramento di questa sintesi vivente della legge: Cristo ci consegna in se
stesso la piena realizzazione dell’amore per Dio e dell’amore per i fratelli. E
questo suo amore Egli ci comunica quando ci nutriamo del suo Corpo e del suo
Sangue. Può allora realizzarsi in noi quanto san Paolo scrive ai Tessalonicesi
nell’odierna seconda Lettura: “Vi siete convertiti, allontanandovi dagli idoli,
per servire al Dio vivo e vero” (1 Ts 1,9). Questa conversione è il principio
del cammino di santità che il cristiano è chiamato a realizzare nella propria
esistenza. Il santo è colui che è talmente affascinato dalla bellezza di Dio e
dalla sua perfetta verità da esserne progressivamente trasformato. Per questa
bellezza e verità è pronto a rinunciare a tutto, anche a se stesso. Gli basta
l’amore di Dio, che sperimenta nel servizio umile e disinteressato del
prossimo, specialmente di quanti non sono in grado di ricambiare. Quanto
provvidenziale, in questa prospettiva, è il fatto che oggi la Chiesa additi a
tutti i suoi membri cinque nuovi Santi che, nutriti di Cristo Pane vivo, si
sono convertiti all’amore e ad esso hanno improntato l’intera loro esistenza!
In diverse situazioni e con diversi carismi, essi hanno amato il Signore con
tutto il cuore e il prossimo come se stessi “così da diventare modello a tutti
i credenti” (1 Ts 1,6-7).
Il santo Józef Bilczewski fu un uomo di preghiera. La Santa Messa, la Liturgia
delle Ore, la meditazione, il rosario e le altre pratiche di pietà scandivano le
sue giornate. Un tempo particolarmente lungo era dedicato all’adorazione
eucaristica.
Anche il santo Zygmunt Gorazdowski è diventato famoso per la devozione fondata
sulla celebrazione e sull’adorazione dell’Eucaristia. Il vivere l’offerta di
Cristo l’ha spinto verso i malati, i poveri e i bisognosi.
La profonda conoscenza della teologia, la fede e la devozione eucaristica di
Józef Bilczeski hanno fatto di lui un esempio per i sacerdoti e un testimone
per tutti i fedeli.
Zygmunt Gorazdowski, fondando l’Associazione dei sacerdoti, la Congregazione
delle Suore di San Giuseppe e tante altre istituzioni caritative, si è sempre
lasciato guidare dallo spirito di comunione, che pienamente si rivela
nell’Eucaristia.
“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore... Amerai il prossimo tuo come te
stesso” (Mt 22, 37-39). Questo, il programma di vita di S. Alberto Hurtato, che
volle identificarsi con il Signore e amare, con il suo stesso amore, i poveri.
La formazione ricevuta nella Compagnia di Gesù, consolidata con la preghiera e
l'adorazione dell'Eucaristia lo portò a lasciarsi conquistare da Cristo e ad
essere un vero contemplativo in azione. Nell'amore e nella consegna totale alla
volontà di Dio, trovava la forza per l'apostolato. Fondò 1' Hogar de Cristo per
i più bisognosi e i senza tetto) offrendo loro un ambiente familiare pieno di
calore umano. Nel suo ministero sacerdotale sì distingueva per la sua
semplicità e disponibilità verso gli altri, essendo un'immagine viva del
Maestro, "mansueto e umile di cuore". Alla fine dei suoi giorni, tra
i forti dolori della malattia, aveva ancora la forza di ripetere: "Sono
contento, Signore, contento", esprimendo così la gioia con la quale aveva
sempre vissuto.
San Gaetano Catanoso fu cultore ed apostolo del Volto Santo di Cristo. “Il
Volto Santo – affermava – è la mia vita. É lui la mia forza”. Con una felice
intuizione egli coniugò questa devozione alla pietà eucaristica. Così si
esprimeva: “Se vogliamo adorare il Volto reale di Gesù… noi lo troviamo nella
divina Eucaristia, ove col Corpo e Sangue di Gesù Cristo si nasconde sotto il
bianco velo dell’Ostia il Volto di Nostro Signore”. La Messa quotidiana e la
frequente adorazione del Sacramento dell’altare furono l’anima del suo
sacerdozio: con ardente ed instancabile carità pastorale egli si dedicò alla
predicazione, alla catechesi, al ministero delle Confessioni, ai poveri, ai
malati, alla cura delle vocazioni sacerdotali. Alle Suore Veroniche del Volto
Santo, che egli fondò, trasmise lo spirito di carità, di umiltà e di sacrificio,
che ha animato l’intera sua esistenza.
San Felice da Nicosia amava ripetere in tutte le circostanze, gioiose o tristi:
“Sia per l’amor di Dio”. Possiamo così ben comprendere quanto fosse intensa e
concreta in lui l’esperienza dell’amore di Dio rivelato agli uomini in Cristo.
Questo umile Frate Cappuccino, illustre figlio della terra di Sicilia, austero
e penitente, fedele alle più genuine espressioni della tradizione francescana,
fu gradualmente plasmato e trasformato dall’amore di Dio, vissuto e
attualizzato nell’amore del prossimo. Fra Felice ci aiuta a scoprire il valore
delle piccole cose che impreziosiscono la vita, e ci insegna a cogliere il
senso della famiglia e del servizio ai fratelli, mostrandoci che la gioia vera
e duratura, alla quale anela il cuore di ogni essere umano, è frutto
dell’amore.
Cari e venerati Padri Sinodali, per tre settimane abbiamo vissuto insieme un
clima di rinnovato fervore eucaristico. Vorrei ora, con voi ed a nome
dell'intero Episcopato, inviare un fraterno saluto ai Vescovi della Chiesa in
Cina. Con viva pena abbiamo sentito la mancanza dei loro rappresentanti. Voglio
tuttavia assicurare a tutti i Presuli cinesi che siamo vicini con la preghiera
a loro e ai loro sacerdoti e fedeli. Il sofferto cammino delle comunità,
affidate alla loro cura pastorale, è presente nel nostro cuore: esso non
rimarrà senza frutto, perché è una partecipazione al Mistero pasquale, a gloria
del Padre. I lavori sinodali ci hanno permesso di approfondire gli aspetti
salienti di questo mistero dato alla Chiesa fin dall’inizio. La contemplazione
dell’Eucaristia deve spingere tutti i membri della Chiesa, in primo luogo i
sacerdoti, ministri dell’Eucaristia, a ravvivare il loro impegno di fedeltà.
Sul mistero eucaristico, celebrato e adorato, si fonda il celibato che i
presbiteri hanno ricevuto quale dono prezioso e segno dell’amore indiviso verso
Dio e il prossimo. Anche per i laici la spiritualità eucaristica deve essere
l’interiore motore di ogni attività e nessuna dicotomia è ammissibile tra la
fede e la vita nella loro missione di animazione cristiana del mondo. Mentre si
conclude l’Anno dell’Eucaristia, come non rendere grazie a Dio per i tanti doni
concessi alla Chiesa in questo tempo? E come non riprendere l’invito dell’amato
Papa Giovanni Paolo II a “ripartire da Cristo”? Come i discepoli di Emmaus che,
riscaldati nel cuore dalla parola del Risorto e illuminati dalla sua viva
presenza riconosciuta nello spezzare il pane, senza indugio fecero ritorno a
Gerusalemme e diventarono annunciatori della risurrezione di Cristo, anche noi
riprendiamo il nostro cammino animati dal vivo desiderio di testimoniare il
mistero di questo amore che dà speranza al mondo.
In questa prospettiva eucaristica ben si colloca l’odierna Giornata Missionaria
Mondiale, alla quale il venerato Servo di Dio Giovanni Paolo II aveva dato come
tema di riflessione: “Missione: Pane spezzato per la vita del mondo”. La
Comunità ecclesiale quando celebra l’Eucaristia, specialmente nel giorno del
Signore, prende sempre più coscienza che il sacrificio di Cristo è “per tutti”
(Mt 26,28) e l’Eucaristia spinge il cristiano ad essere “pane spezzato” per gli
altri, a impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno. Ancor oggi, di fronte
alle folle, Cristo continua ad esortare i suoi discepoli: “Date loro voi stessi
da mangiare” (Mt 14,16) e, in suo nome, i missionari annunciano e testimoniano
il Vangelo, talvolta anche con il sacrifico della vita. Cari amici, dobbiamo
tutti ripartire dall’Eucaristia. Ci aiuti Maria, Donna eucaristica, ad esserne
innamorati; ci aiuti a “rimanere” nell’amore di Cristo, per essere da Lui
intimamente rinnovati. Docile all’azione dello Spirito e attenta alle necessità
degli uomini, la Chiesa sarà allora sempre più faro di luce, di vera gioia e di
speranza, realizzando appieno la sua missione di “segno e strumento di unità
dell’intero genere umano” (Lumen gentium, 1).
[00332-01.01] [NNNNN] [Testo originale: plurilingue]
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