-- INTERVENTI IN
AULA (CONTINUAZIONE)
Diamo qui di seguito i riassunti degli interventi:
- S.Em.R. Card. Eduardo
MARTÍNEZ SOMALO, Camerlengo di S. R. C. (CITTÀ DEL VATICANO)
Il Concilio Vaticano II ci ricorda, come ben si sa, che noi sacerdoti siamo
consacrati, innanzitutto, per celebrare il sacrificio eucaristico, in quanto
rappresentanti di Cristo, "in persona Christi agentes" (LG 28).
Il sacerdote, in quanto ministro di Cristo, è se stesso nella misura in cui,
nella Chiesa, non è presenza di se stesso, ma di Cristo; non agisce da se
stesso, ma come strumento di Cristo.
Tutto ciò determina la vita del sacerdote e la sua attività. In effetti, non
avrebbe proprio senso mettere a disposizione di Cristo, la propria
intelligenza, la volontà, la nostra stessa voce e poi non stabilire con Lui una
reale comunione di vita, di intenzioni, di sentimenti.
Non si può rendere storia umana il mistero della grazia, attraverso
l'amministrazione sacramentale, senza che questo illumini la vita, la ispiri e
la fecondi. Tutto ciò vale in modo particolare quando si tratta della
Celebrazione Eucaristica, nella quale anche l'esercizio del sacro ministero
raggiunge il suo culmine.
Agire "in persona Christi" senza che questo lasci il segno dentro di
noi sarebbe addirittura una contraddizione. Non si può essere strumenti e
mediatori di amore e di misericordia, senza divenire, anche noi misericordia e
amore: amoris officium (S. Agostino) .
Il sacerdote è l'uomo del "sacrificio", e non solo nel senso che
offre il sacrificio di Cristo, ma lo offre in "quanto Lui". Tutta la
vita sacerdotale è sacrificale, proprio perché essa deve essere continuamente
donata. Ed è il sacrificio eucaristico che di questo è il centro, il culmine e
la sorgente. E soprattutto qui che il sacerdote impara a fare della sua
esistenza una immolazione gioiosa. "Dal Signore Gesù Cristo, che ha
sacrificato se stesso... -diceva il Santo Padre nell’incontro con il Clero di
Roma il 13 maggio u.s.- impariamo inoltre l'arte dell'ascesi sacerdotale".
[00129-01.03] [IN121] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Manfred
SCHEUER, Vescovo di Innsbruck (AUSTRIA)
La difficile situazione in cui si trova l’Eucaristia è anche una conseguenza
della mancanza di orientamento teologico-dogmatico. Manca un nesso che
conferisca unità agli aspetti dell’Eucaristia: epiclesi, anamnesi, koinonia e
prosphora; reale presenza, sacrificio e comunione; forme della presenza di Gesù
Cristo nella Parola, nei doni sacramentali, nella comunità, nel sacerdote.
La Chiesa viene unita e costruita dalla parola del Dio vivente, che con diritto
si esige dai sacerdoti. Direzione e ufficio pastorale trovano il loro
compimento proprio nell’Eucaristia, da cui la Chiesa continuamente trae vita e
cresce (LG 26). La Comunità ecclesiale si deve incarnare in modo personale e
concreto dalla logica interna dell’Incarnazione e dell’Eucaristia. Comunità
parrocchiali, in cui l’Eucaristia si celebri solo raramente o mai, si separano
de facto dall’ufficio sacramentale. Come assolvere il nostro dovere di
proclamazione della Parola e di celebrazione dei sacramenti nei confronti del
popolo di Dio? In considerazione della carenza di sacerdoti in molti paesi,
tale problema riguarda anche la testimonianza, il modo di vivere il sevizio
sacerdotale e la possibilità di attenersi alle regole che tale servizio impone.
[00130-01.04] [IN122] [Testo originale: tedesco]
- S.E.R. Mons. Lucian
MUREŞAN, Arcivescovo Metropolita di Făgăraş e Alba Julia
dei Romeni, Presidente della Conferenza Episcopale, Presidente del Consiglio
della Chiesa Romena (ROMANIA)
Mi rifaccio al primo capitolo dell’Instrumentum Laboris, numero 3: fame del
Pane di Dio. "Il pane di Dio è colui che discende dal cielo e da la vita
al mondo" (Gv. 6, 33)
Nel nostro paese, Romania, i comunisti hanno cercato di dare all'uomo soltanto
il pane materiale, ed hanno voluto cacciare dalla società e dal cuore della
persona umana il "pane di Dio"'. Adesso ci rendiamo conto che,
mettendo fuori legge la nostra Chiesa greco-cattolica, avevano una grande paura
del Dio presente nell'Eucaristia.
Affinché i sacerdoti non potessero più celebrare e parlare di Dio furono messi
in carcere per la sola colpa di essere cattolici. La stessa sorte l’hanno avuta
i laici che partecipavano alle Sante Messe celebrate clandestinamente. Nel
famoso periodo della "rieducazione" e del "lavaggio del
cervello" nelle carceri della Romania, per compromettere i sacerdoti, per
ridicolizzare l'Eucaristia e per distruggere la dignità umana, i persecutori li
hanno obbligati a celebrare con degli escrementi, ma non sono riusciti a
togliere loro la fede.
Invece, quante Sante Messe celebrate clandestinamente in un cucchiaio a posto
del calice e con il vino fatto di qualche chicco d'uva trovato sulla strada;
quanti rosari confezionati su un filo con qualche pezzo di pane; quante
umiliazioni, quando durante l'inverno a meno 30 gradi erano svestiti a pelle
nuda per la perquisizione; quante giornate passate nella famosa stanza nera,
come pena perché furono scoperti nella preghiera. Mai, nessuno lo saprà. Questi
martiri moderni, del XX-mo secolo hanno offerto tutta la loro sofferenza al
Signore per la dignità e la libertà umana.
Viviamo oggi la libertà dei figli di Dio veramente "affamati del pane
eucaristico". Confermo questa affermazione con la partecipazione alla
Divina Liturgia dell’80 % dei nostri fedeli; con le vocazioni alla vita
sacerdotale e religiosa che non mancano; con tanta gente di gran spicco
intellettuale che è molto vicina alla Chiesa.
Purtroppo dopo la caduta del regime sono sorte nel nostro paese delle piaghe
molto pesanti: l'aborto, l'abbandono dei bambini, la corruzione,
l'immigrazione. Il comunismo ha promesso all'uomo il paradiso sulla terra, ed è
riuscito a distruggere la coscienza dei nostri popoli dell'Est europeo; adesso
per rifarla c'è bisogno di molto tempo. La chiesa Cattolica in Romania e
minoritaria (12%) ed insieme con i fratelli ortodossi cerchiamo di rimarginare
queste piaghe.
Le speranze non mancano, e penso prima di tutto al profondo senso religioso del
nostro popolo, alla profonda devozione con cui questo popolo si accosta alle
celebrazioni liturgiche ed all' eucaristia, al sangue dei nostri martiri che
pregano per noi davanti al Signore, e che per il loro sangue fanno nascere
nuove generazioni di fedeli.
[00126-01.03] [IN126] [Testo originale: italiano]
- S.Em.R. Card. Adrianus
Johannes SIMONIS, Arcivescovo di Utrecht, Presidente della Conferenza
Episcopale (PAESI BASSI)
I fedeli sono condizionati da influssi ed impulsi esterni di un mondo
secolarizzato ed individualista. Le problematiche complesse odierne sono in
grado di incidere sul fedele in misura diversa a secondo di quanto riesce a
vivere il mistero dell’Eucharestia.
Condiziona e per lo meno induce a rivedere il concetto di fede nel sacramento
la partecipazione ad esso ed i loro desideri riguardanti l’espressione
dell’unione eucaristica.
Nel giorno del Signore tanti danno la preferenza, certe volte costretti, ad
altre attività che diventano purtroppo prioritarie all’incontro col Signore.
Tutto questo corrode il significato centrale dell’Eucharestia. Corrode anche il
tessuto sociale della comunità della fede.
Generalmente parlando si delinea un quadro di svalorizzazione, di inflazione,
riguardo all’Eucharestia.
Per primo bisogna avere compassione tenendo conto di tutti i condizionamenti a
cui gli uomini e donne sono sottoposti.
La crisi arriva molto più in profondità. Essa va identificata nel sentire e nel
comprendere ciò che è dono, e ciò che è sacrificio. Una persona che riceve e
ringrazia, sa cosa significa il donare e ha una sensibilità per il sacrificio,
anche per l’oblazione sacrifica che è Cristo.
Non dobbiamo continuare a far memoria di questa fondamentale intuizione della
vita come dono e sacrificio (dimostrato)?
Cambiamenti strutturali come per esempio uomini sposati per accedere al
sacerdozio non sembrano una soluzione.
Non sono forse il sacerdozio celibatario, come la vita religiosa, una
testimonianza di questa fondamentale intuizione? Questo significa che
inizieremmo a vivere più eucaristicamente per preparare così “la strada per
ritrovare il valore dell’Eucharestia”.
[00062-01.04] [IN053] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Javier
ECHEVARRÍA RODRÍGUEZ, Vescovo titolare di Cilibia, Prelato della Prelatura
personale dell'Opus Dei (SPAGNA)
L' Instrumentum laboris, al n. 34, sottolinea l'importanza del senso della
sacralità nella celebrazione dell' Eucaristia. È utile studiare modi concreti
che aiutino i fedeli a percepire in un modo più netto il senso della sacralità
del Sacrificio eucaristico, affinché il Popolo di Dio venga irrobustito nella
sua fede e aiutato a vivere santamente. Sarebbe dunque utile, sulla base dell'
Istruzione Redemptionis sacramentum, adoperarsi per rimuovere gli abusi che
arrecano danno alla sacralità nelle celebrazioni eucaristiche, ed anche
ripensare alcune norme, la cui applicazione si presta ad una interpretazione
abusiva. A titolo di esempio, si suggerisce di ripensare l'opportunità di
cerimonie eucaristiche con un eccessivo numero di concelebranti, tale da non
rendere possibile uno svolgimento dignitoso dell'atto liturgico oppure valutare
la reale convenienza di distribuire la Comunione a tutti i partecipanti a una
Messa con un grandissimo numero di fedeli, quando la distribuzione generale
vada a detrimento della dignità del culto. Accordare importanza al mantenimento
del senso del sacro nelle liturgie eucaristiche, recherà un gran bene alla
Chiesa intera.
[00075-01.05] [IN058] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Arthur ROCHE,
Vescovo di Leeds (INGHILTERRA)
Gli sviluppi in alcuni approcci post-conciliari alla Catechesi Eucaristica
hanno cercato di fornire un punto d’accesso esperienziale utilizzando il
concetto di pasto come categoria prevalente della comprensione. Una teologia
dell’Eucaristia vista prevalentemente attraverso la lente del pasto è carente
del legame necessario e intrinseco tra l’Eucaristia e il Calvario e il
sacrificio di Cristo.
Uno dei risultati di una catechesi della presenza Eucaristica, ma non del
sacrificio, è la difficoltà a distinguere la superiorità della celebrazione
della Messa rispetto alla Celebrazione della Parola e della Santa Comunione.
L’elemento significativo diventa ricevere la Santa Comunione e non partecipare,
attraverso la Messa, al sacrificio di Cristo sul Calvario, una volta e per sempre.
Ritengo che ciò sia problematico, non ultimo per tutti coloro che per le
circostanze della loro vita si trovano nella condizione di non ricevere i
sacramenti.
L’ apprezzamento impoverito della natura insostituibile del sacrificio
Eucaristico ha anche delle implicazioni logiche sul modo d’intendere il
sacerdozio. Facilitare l’accesso alla Santa Comunione diventa tanto rilevante e
importante quanto essere presenti alla celebrazione della Messa. Dobbiamo
collegare nuovamente l’accesso alla Santa Comunione all’offerta della Messa,
attraverso la quale partecipiamo al sacrificio di Cristo sulla croce. La Santa
Comunione fa propriamente parte della Messa come frutto di un atto sacramentale
in cui incontriamo il sacrificio di Cristo sulla croce.
In questo dibattito, il valore del luogo dell’adorazione Eucaristica diviene
ancora più importante per la nostra preghiera e la nostra contemplazione. La
presenza di Cristo e il suo essere sacrificio sono uniti, derivando da e
muovendosi verso la Messa, ovvero nella celebrazione sacramentale in cui
l’offerta del sacrificio e la presenza di Cristo nella Santa Comunione sono
intimamente uniti.
[00078-01.04] [IN065] [Testo originale: inglese] -
S.Em.R. Card. Giovanni Battista RE,
Prefetto della Congregazione per i Vescovi (CITTÀ DEL VATICANO)
Parlo delle responsabilità del Vescovo verso l'Eucaristia.
1) Noi Vescovi non possiamo essere buoni Pastori, se l'Eucaristia non è il
centro e la radice della nostra vita, la forza. ispiratrice di tutto il nostro
lavoro apostolico. Illuminante è al riguardo la testimonianza di Papa Giovanni
Paolo II.
2) Il Vescovo è il custode dell'Eucaristia. Egli deve promuovere una pastorale
che aiuti i fedeli a ritrovare uno stile di vita che abbia l'Eucaristia come
centro. Lo stesso modo di celebrare la Messa da parte del Vescovo nutre la fede
dei sacerdoti e del popolo. E' importante in particolare dedicare ogni impegno
per la partecipazione dei fedeli alla Messa domenicale e vigilare che le
celebrazioni eucaristiche siano sempre degne e belle.
3) Noi Vescovi dobbiamo impegnarci per il recupero della pedagogia di
conversione che nasce dall'Eucaristia, come richiesto dal nesso intrinseco tra
l'Eucaristia e il Sacramento della Penitenza. Inoltre il Vescovo deve
prodigarsi per diffondere il ricorso frequente alla confessione individuale.
4) I doveri del Vescovo verso l'Eucaristia si estendono anche all'obbligo di
non permettere in diocesi il ricorso abusivo all'assoluzione generale o
collettiva, attenendosi in merito alle disposizioni del Motu proprio «Misericordia
Dei» del Papa Giovanni Paolo II.
Inserita cosi nell'autentico itinerario di fede da essa stessa stimolato,
l'Eucaristia diventa nella Chiesa sorgente di forza per vincere il peccato,
fonte di vita e di speranza, luce che trasforma le culture e diviene germe di
un mondo nuovo.
[00131-01.03] [IN076] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Edward
OZOROWSKI, Vescovo titolare di Bitetto, Ausiliare di Białystok (POLONIA)
L' Eucaristia come sacramento del Corpo e del Sangue di Gesù Cristo attualizza
il sacrificio della croce. Il sacrificio è il primum principium dell'
Eucaristia che ordina gerarchicamente tutte le verità ad essa legate. E'
inoltre la chiave per comprendere l'uomo e Dio. Per la definizione della
persona occorre l'amore, per definire l'amore occorre il sacrificio. Senza il
sacrificio non ci sono né l'amore né la persona. Ne consegue che il sacrificio
rischiara la vita intratrinitaria di Dio, la relazione di Dio con l'umanità e
la comunione tra le persone.
La globalizzazione economica e il mercato libero fanno in modo che nel mondo ci
sia sempre meno spazio per lo spirito di sacrificio. L'essere umano è trattato
spesso come una merce o come un materiale da esaminare, si cessa di vederlo
come un bene prezioso in se stesso con la conseguente disumanizzazione dei
rapporti interpersonali. A queste pressioni finiscono per cedere anche i
cristiani. Essi cercano una religione facile, comoda senza precetti e senza
croce.
Ultimamente queste tendenze si possono notare anche nell'insegnamento sull'
Eucaristia. Si sottolineano in essa molti temi importanti: il banchetto, la
comunione, l'ascolto della Parola di Dio, il sacramento e via dicendo. Tuttavia
esse non hanno una "chiave di volta". Ne deriva una determinata
protestantizzazione della teologia dell'Eucaristia che in tale insegnamento si
rivela essere un rito bello ma poco significativo per la vita.
Intanto il sacrificio della croce di Cristo, al quale l'uomo accede attraverso
l'Eucaristia, è ciò che di più importante vi è in questo mistero. Il sacrificio
di Cristo sulla croce ha portato agli uomini la salvezza. L'Eucaristia permette
all'uomo di prendervi realmente parte. Ricevendo il Corpo di Cristo, l'uomo
diventa con Lui un solo corpo, e bevendo il Suo Sangue diventa con Cristo
questo stesso sangue (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogica 4). Grazie
all'Eucaristia, ciò che è sacrificio nella vita umana, si trasforma nel
sacrificio di Cristo. Soltanto percorrendo la via della croce, si può giungere
alla gloria della risurrezione.
[00086-01.04] [IN80] [Testo originale: italiano]
- S.Em.R. Card. Joachim
MEISNER, Arcivescovo di Köln (REP. FEDERALE DI GERMANIA)
Faccio riferimento al mistero della Transustanziazione attraverso il quale
nostro Signore Gesù Cristo si fa presente in corpo e sangue nelle specie
eucaristiche. La presenza reale eucaristica si distingue dalle altre forme -
anche sacramentali - di presenza di Cristo perché nel pane e nel vino “Sono
contenuti in modo vero, reale e sostanziale il corpo e il sangue insieme con
l’anima e la divinità di nostro Signore Gesù Cristo, e conseguentemente tutto
il Cristo” (cf. Concilio di Trento, DH 1651). Questa fede eucaristica ha un
significato fondamentale per la Chiesa cattolica e dovrebbe perciò essere data
per scontata; eppure attualmente essa si sta affievolendo. A causa di una
interpretazione secolarizzata della Consacrazione, che ignora o perfino nega la
presenza sostanziale, corporea di Cristo, l’Eucaristia perde il suo ruolo
peculiare.
La consacrazione delle offerte eucaristiche in corpo e sangue del Signore è
chiamata “giustamente e in senso proprio conversione della natura
(Transustanziazione)” (cf. Concilio di Trento, DH 1651). Attualmente la gente
intende questo concetto in modo leggermente improprio, perché “sostanza” oggi
indica la materia, ovvero ciò che - cum grano salis - la Scolastica non
definiva “sostanza”, ma piuttosto “accidentiae”. Comunque si voglia giudicare
questo cambiamento di termine, la realtà alla base del concetto di
Transustanziazione, “quella mirabile e singolare conversione di tutta la
sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue” (cf.
Concilio di Trento, DH 1652), è stata dogmatizzata dal Concilio di Trento e
costituisce la base della fede cattolica.
[00088-01.05] [IN082] [Testo originale: tedesco]
- S.E.R. Mons. Gerhard
Ludwig MÜLLER, Vescovo di Regensburg (REP. FEDERALE DI GERMANIA)
Dice Lutero: Da un dono di Dio per noi (testamentum seu sacramentum) è stato
tratto per Dio un sacrificio degli uomini (sacrificium seu bonum opus)”, (cap.
babyl. WA 6,25).
Il Concilio di Trento, al contrario, afferma: “Nostro Signore Gesù Cristo
nell’Ultima Cena, ...ha lasciato alla sua amata Sposa, la Chiesa, un sacrificio
visibile, così come richiede la natura dell’uomo” (D 1740).
Che cos’è il sacrificio “sicut hominum natura exigit”?
Il sacrificio è il modo corrispondente alla natura umana in cui l’uomo accoglie
il dono di Dio.
La Parola di Dio si è fatta carne, ma “in carne peccati” in vista del peccato
(Rm 8,3). Il sacrificium del sommo sacerdote, che si offre in sacrificio,
diventa victima a causa della forza dei peccati.
Nella sala del Cenacolo Gesù rende grazie al Padre e ci dona il suo corpo e il
suo sangue che sono offerti in sacrificio per noi. Chi nell’Eucaristia accoglie
attraverso Cristo il dono di Dio, diventa anche in lui una creatura nuova.
Accolto in Cristo, il battezzato si offre a Dio. Il sacrificio della Chiesa
corrisponde dunque alla natura dell’uomo redenta. In Cristo c’è una co-operatio
con Dio autentica e necessaria per la salvezza. “Christus totus, caput et
membra”, è forza della “unio hypostatica”, l’unità del sacrificio di Cristo e
del sacrificio della Chiesa. L’uomo viene messo in grado, secondo la propria
natura e vocazione, “per la misericordia di Dio”, di offrire il suo corpo “come
sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rm 12,1).
[00091-01.07] [IN085] [Testo originale: tedesco]
- S.E.R. Mons. Arnold
OROWAE, Vescovo Coadiutore di Wabag (PAPUA NUOVA GUINEA)
a) Occorre dedicare ancora molta attenzione all’inculturazione. Nella liturgia
dell’Eucaristia, un significativo adattamento di elementi culturali che crei
un’atmosfera religiosa, con un linguaggio idoneo, simboli, inni, gesti, ecc.,
potrebbe essere accolto come parte della liturgia.
b) Mentre si sottolinea l’importanza dell’Eucaristia, le necessità pastorali
lasciano le persone in una situazione in cui opinioni diverse vengono credute
ed espresse. Alcuni ritengono che la comunione eucaristica sia importante.
L’Eucaristia è cibo per chi ha fame, non premio per chi è buono. Essi affermano
che l’Eucaristia non dovrebbe essere un sacramento elitario, piuttosto una
celebrazione della generosità di Dio. Altri dicono che l’Eucaristia può essere
data solo a quanti sono adeguatamente preparati. Come spiega la Chiesa tutte
queste opinioni così diverse? c) Il rapporto tra Eucaristia e vita va
integrato, in quanto il primo trasforma effettivamente e crea una comunione
reale tra le persone, che può essere caratterizzata da amore, pace, gioia,
giustizia, ecc. (cf Rm 14, 17). Ma manifestazioni quali le ingiustizie, la
violenza, la corruzione, la povertà ecc., mostrano che Eucaristia e vita sono
separate. Per questo motivo la presenza reale, salvifica e trasformatrice di
Gesù nell’Eucaristia non deve essere compresa in modo vago e presa alla
leggera, ma i cattolici dovrebbero essere fermi nella loro fede con il dovuto
rispetto, adorazione e rapporto personale.
d) La Chiesa crede e insegna che l’Eucaristia è sorgente e culmine della
propria vita. E’ importante inoltre per il suo nutrimento spirituale. Come può
essere vero questo per comunità che vivono in villaggi remoti e che non hanno
quindi la possibilità della celebrazione e dell’accesso frequente
all’Eucaristia? Questo fatto solleva un interrogativo: che tipo di sacerdote
occorre nella nostra situazione? Una persona ha forse bisogno di anni di
formazione in filosofia e teologia per offrire il necessario servizio alla
povera gente delle zone remote, che non potrà mai uguagliarlo sul piano
intellettuale? Il problema qui non è quello di avere un maggior numero di
vocazioni, ma è quello della giustizia e dell’uguaglianza di tutti i figli di
Dio che hanno il diritto di fare dell’Eucaristia il centro della propria vita
celebrandola e ricevendola il più spesso possibile. E’ quello di preparare ministri
in grado di celebrare l’Eucaristia per la gente. Un ministro per questo tipo di
servizio dovrebbe ricevere la formazione necessaria e quindi venire
ufficialmente ordinato solo a questo scopo, per semplificare le cose,
adattandosi alla situazione, come quella in cui ci troviamo, e per far sì che
si avveri per la gente ciò che la Chiesa crede riguardo all’Eucaristia. Da una
parte affermiamo l’importanza dell’Eucaristia come centro della vita cristiana,
e dall’altra abbiamo regole che impediscono alla gente di ricevere
l’Eucaristia. Non sarebbe il caso che la Chiesa consentisse a cristiani maturi,
saldi nella fede, molto impegnati e rispettosi degli altri, di ricevere una
formazione semplice per presiedere la celebrazione eucaristica, che faciliterà
la partecipazione del popolo all’Eucaristia, in modo che l’importanza e la
centralità della stessa diventino delle realtà per le persone?
[00107-01.04] [IN089] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Miguel Angel MORÁN AQUINO,
Vescovo di San Miguel (EL SALVADOR)
Il numero 36 dell’Instrumentum laboris, citando il Catechismo della Chiesa
cattolica, elenca i nomi con cui è stato chiamato questo sacramento:
Eucaristia, Cena del Signore, frazione del pane, memoriale, santo sacrificio,
santa e divina liturgia, santi misteri, comunione, Santa Messa. Da una
catechesi completa e da una comprensione del significato di questi termini
dipende la partecipazione veramente consapevole alla liturgia. Ma nel numero
37, citando il Catechismo, si dice che il termine che prevale e che comprende
gli altri è quello di Sacrificio sacramentale che aiuta a superare la
dialettica tra sacrificio e convivio.
Tenendo conto del richiamo che Papa Giovanni Paolo II fa nella Mane nobiscum
Domine, 14: “che nessuna dimensione di questo Sacramento venga trascurata” e
che “è un dono troppo grande per sopportare ambiguità e diminuzioni”, ritengo
che corriamo il rischio di non mantenere l’equilibrio fra le due dimensioni
dell’Eucaristia: Sacrificio e Cena del Signore.
Come ha ben esposto S.E. Mons. Nicola ETEROVIĆ nella prefazione
dell’Instrumentum laboris: nell’Eucaristia la Chiesa “trova l’anticipo della
sua gloria nel banchetto eterno delle Nozze dell’Agnello (cf. Ap. 19, 7-9).
(...) Tale inestimabile dono e grande mistero ebbe compimento nell’Ultima cena
(...). Si tratta di sacra Tradizione fedelmente pervenuta di generazione in
generazione fino ai nostri giorni”.
Il banchetto o la Cena del Signore non è sinonimo di convivio opposto a
sacrificio, perché è la Cena dell’Agnello immolato e inoltre è sinonimo di
comunione, che costituisce il fine e il culmine dell’Eucaristia.
I vangeli descrivono l’Eucaristia come ultima Cena di Gesù con i suoi discepoli
prima di morire sulla croce. Questo ci ricorda come Gesù ha voluto che
partecipassimo alla sua Pasqua: celebrando un banchetto, una cena con pane
(simbolo di vita) e vino (simbolo di gioia, amicizia e alleanza). Gesù prende
questi elementi, ma dà loro un nuovo significato: sono il suo corpo offerto e
il suo sangue sparso, ovvero Lui stesso si offre per gli uomini.
Offrire il suo corpo come cibo e il suo sangue come bevanda è stato motivo di
scandalo tra i suoi contemporanei, perché non si tratta di un alimento
metaforico: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” (Gv 6,55).
Ciò che riceviamo è il corpo e il sangue del Signore, vale a dire, Egli stesso
che si è immolato per noi. Per spiegarlo ai suoi ascoltatori, Gesù paragonò sé
stesso alla manna con cui Jahvè alimentò il popolo di Israele durante la
traversata del deserto: “Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno
mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal
cielo, perché chi ne mangia non muoia” (Gv 6, 48-50).
Gesù è il Pane della vita perché è nostra pasqua, ‘l’agnello di Dio che toglie
i peccati del mondo’ (Gv 1,29). L’ardente desiderio di mangiare questo pane con
noi (Lc 22, 15) manifesta il suo ardente desiderio di ‘comunione’ con noi.
L’Eucaristia è dunque cena e banchetto. Non è semplice segno, come una cena in
famiglia, ma una realtà. Gesù, presente nell’Eucaristia, si fa nostro alimento
spirituale.
Se ci soffermiamo sulle narrazioni dei banchetti di Gesù nel vangelo di san
Luca, possiamo comprendere in che senso l’Eucaristia crei comunione. Il primo
banchetto che egli ci narra è quello di Gesù con Levi (Lc 5, 27-32). Il secondo
è nella casa di Simone il fariseo, dove una peccatrice gli unse i piedi con un
prezioso profumo (Lc 7, 36-50). Il terzo banchetto ebbe luogo nella casa di
Marta, Maria e Lazzaro (Lc 10, 38-42). Il quarto nella casa di un altro
fariseo, dove Gesù ha curato un infermo nel giorno di sabato (Lc 14, 1-24).
L’ultimo banchetto ha avuto luogo prima dell’ultima cena con un altro
pubblicano, Zaccheo (Lc 19, 1-10). Tutti questi banchetti spiegano l’ultima
cena di Gesù con i suoi discepoli. Mandando esplicitamente Pietro e Giovanni a
preparare la cena di Pasqua: “direte al padrone di casa: il Maestro ti dice:
Dov’è la stanza in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?” (Lc 22,
7-23).
Già risorto, un giorno, al tramonto, cena con i discepoli di Emmaus ed essi lo
riconoscono al momento di ‘spezzare il pane’ (Lc 24, 13-35). Nell’Eucaristia
incontriamo Cristo risorto.
Gesù, nell’istituire l’Eucaristia, non si è limitato a dire: questo è il mio
corpo, questo è il sangue della nuova alleanza, ma ha aggiunto: “dato per voi”
e “versato per voi” (Lc 22, 19-20); Ecclesia de Eucharistia, 12) o, come dice
il Catechismo: “La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del
sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della Croce e il sacro banchetto
della comunione al corpo e al sangue del Signore” (1382).
La Congregazione per il Culto divino, quando presentò la prima redazione
dell’Istituzione Generale del Messale Romano il 18 novembre 1969, con previo
chiarimento che non doveva considerarsi documento dottrinale o dogmatico, bensì
istruzione pastorale o rituale che però teneva conto dei principi dottrinali
contenuti nei documenti del Magistero, divenne bersaglio di forti attacchi che
denunciavano che non vi era adeguatamente espressa la dottrina sacrificale
della Messa, né la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, né l’esistenza del
sacerdozio ministeriale; inoltre consideravano improprie alcune espressioni
come “Cena del Signore”.
Esaminata la questione dalla Congregazione, non vi trovarono nessun errore
dottrinale. Ma nella prima edizione del Messale romano (1970), la Congregazione
introdusse alcune modifiche al testo.
Se si trascura la dimensione banchetto, si indeboliscono le forze di unità e di
comunione tra quanti si cibano del Corpo e del Sangue di Cristo e non potranno
esservi “discepoli e missionari di Gesù Cristo perché in Lui i popoli abbiano
vita” (Tema della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano).
[00115-01.04] [IN098] [Testo originale: spagnolo]
- S.B.E.ma Card. Ignace
Moussa I DAOUD, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali (CITTÀ DEL
VATICANO)
In questo intervento mi soffermerò sulle dimensioni trinitaria, mariana ed
ecclesiologica dell’Eucaristia, con riferimento ai nn. 28 e 77 dell’Instrumentum
Laboris.
Ma desidero iniziare rendendo onore al Santo Vescovo Ignazio di Antiochia,
insigne maestro eucaristico di cui porto il nome come patriarca emerito, con
una citazione tratta dalla sua lettera agli Efesini. Con gioia l’ho veduta
anche nell’Instrumentum Laboris (n. 23 e nota n. 40). È breve ma molto famosa:
“Tutti e ciascuno - per la grazia cristiana, per l’unica fede, per Gesù Cristo
stirpe di Davide nella carne (cf. Rom 1,33), figlio dell’uomo e figlio di Dio
-, tutti voi, dunque, siate intimamente uniti nell’obbedire al vescovo e al
collegio presbiterale e nello spezzare l’unico pane che è farmaco
d’immortalità, antidoto contro la morte, alimento dell’eterna vita in Cristo”
(S. Ignazio agli Efesini 20,2).
Della dottrina eucaristica cattolica sottolineo prima di tutto la dimensione
trinitaria.
Riceviamo la santa Eucaristia dal Padre Celeste che ha mandato il Suo Figlio;
dal Figlio che si è incarnato e si è offerto in sacrificio sulla croce; dallo
Spirito Santo che è disceso su Maria e che santifica il pane e il vino nella
celebrazione eucaristica. Senza l’azione della Santissima Trinità non avremmo
Incarnazione, Redenzione, Eucaristia e Comunione.
Poi la dimensione mariana.
Anche dalle mani di Maria riceviamo il dono dell’Eucaristia. Dio ha disposto
che grazie a Lei l’incarnazione, la redenzione, l’eucaristia e la comunione
giungessero a noi. Maria fu la prima a ricevere nel suo grembo il Corpo e il
Sangue di Cristo. L’incarnazione fu la prima comunione della storia. Primo
tabernacolo fu il suo cuore immacolato. La liturgia siriaca invoca Maria, che
porta nel grembo il Bambino Gesù, chiamandola “secondo Cielo”. Prima di ogni
apostolo e sacerdote è Maria che ha donato Gesù al mondo. Maria e l’Eucaristia
non possono essere dissociate!
Infine, la dimensione ecclesiologica del mistero eucaristico.
Solo strettamente unita a Maria la Chiesa può rendere “presente il Signore Gesù
attraverso la celebrazione dell'Eucaristia per donarlo a tutti perché abbiano
la vita in abbondanza (cf. Gv 10,10)”. Anche dalla Chiesa riceviamo la santa
Eucaristia. L’Eucaristia fa la Chiesa, ma nello stesso tempo è la Chiesa che fa
l’Eucaristia attraverso i ministri a ciò ordinati. L’incontro eucaristico col
Signore fa crescere la comunione fraterna con coloro che compongono la comunità
cattolica raccolta attorno al Successore di Pietro e ai suoi fratelli
nell’episcopato, aprendo orizzonti di comunione anche con i pastori e i fedeli
delle altre Chiese e Comunità cristiane. La dimensione trinitaria, mariana ed
ecclesiologica della Santa Eucaristia sta tanto a cuore alle tradizioni
orientali, le quali vedono in essa la via più sicura alla sperata unità con
tutti i fratelli in Cristo.
Sono lieto e grato della condivisione del nostro itinerario sinodale da parte
dei delegati ecumenici e prego il Signore di compiere l’auspicio che apre
l’Instrumentum Laboris: “... se la Chiesa cattolica respira a due polmoni, e ne
ringrazia la Divina Provvidenza, attende anche il giorno beato, quando tale
ricchezza spirituale potrà essere ampliata e ravvivata da una completa e
visibile unità con quelle Chiese Orientali che, pur in assenza di una piena
comunione, in buona parte professano la stessa fede nel mistero di Gesù Cristo
Eucaristia” (cf. 1 L. V).
[00128-01.03] [IN117] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Paul Josef
CORDES, Arcivescovo titolare di Naisso, Presidente del Pontificio Consiglio
"Cor Unum" (CITTÀ DEL VATICANO)
In riferimento ai nn. 31, 33 e 37 dell'Instrumentum laboris è importante
sottolineare la dimensione della fede come condizione per accedere al Mistero
dell'Eucaristia. La fede quindi non è solo un aspetto marginale, ma centrale
per affrontare il tema di questo Sinodo.
In particolare va sottolineato il carattere sacrificale dell’Eucaristia.
Ponendosi nella tradizione dei profeti, che manifestavano con segni il proprio
messaggio, anche
Gesù anticipa nell'Ultima Cena, nel segno, quanto avviene nella sua persona nei
giorni del mistero pasquale.
Il termine stesso di anamnesis non indica solo il ricordo di un fatto storico,
ma implica che nel ricordo il fatto stesso si renda presente e diventi
efficace.
Il teologo Odo Casel ha sottolineato come il sacrificio di Cristo, storicamente
unico, trascenda in realtà i limiti delIo spazio e del tempo e raggiunga così
in ogni tempo ogni uomo che si apre alla fede.
Il dogma del carattere sacrificale dell'Eucaristia, sancito dal Concilio di
Trento, è stato ribadito dal Catechismo della Chiesa, che lo ha applicato anche
all'offerta della Chiesa stessa col suo Capo.
[00127-01.04] [IN119] [Testo originale: italiano]
- S.Em.R. Card. Camillo RUINI, Vicario
Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, Presidente della Conferenza
Episcopale (ITALIA)
Uno sviluppo significativo del modo di rapportarsi all'Eucaristia è la
riscoperta dell'Adorazione eucaristica, in particolare da parte dei giovani:
nel silenzio prolungato dell'Adorazione essi trovano una migliore opportunità
di rapporto personale con Cristo e con Dio Padre.
Un'esperienza che ho fatto personalmente, tenendo a molti giovani di Roma una
catechesi sul tema "Incontrare Cristo nell'Eucaristia" in occasione
della Giornata Mondiale della Gioventù, ha mostrato che questi giovani, pur
essendo sinceramente credenti e ben formati culturalmente, avevano forte
difficoltà a comprendere in senso proprio la presenza reale eucaristica. Era
infatti chiara per loro la differenza tra cambiamento reale e semplice
cambiamento di significato, ma era invece difficile comprendere come la
presenza eucaristica di Cristo possa essere propriamente reale, dato che ai
nostri sensi e ad eventuali esperimenti risultano sempre il pane e il vino.
Alla base della difficoltà vi era l'equazione, sia pure non del tutto
consapevole, tra ciò che è reale e ciò che è sperimentabile. L'unica strada che
ho trovato praticabile per far superare ai giovani questa equazione è stata
proporre loro la realtà di Dio, essere supremamente reale e però non
raggiungibile attraverso alcun esperimento fisico. In effetti il tipo di
razionalità e di cultura oggi prevalente pone alla comunicazione della fede il
problema di chiarire preliminarmente che la realtà autentica è ben più ampia di
quella che cade sotto la nostra esperienza: è questo un importante campo di
lavoro per la catechesi e la teologia.
[00125-01.03] [IN124] [Testo originale: italiano]
- S.E.R. Mons. Michel
Christian CARTATÉGUY, S.M.A., Vescovo di Niamey (NIGER)
Viviamo in una regione a maggioranza mussulmana. I cristiani rappresentano solo
l’1% della popolazione. La comunità cristiana non vive ripiegata su sé stessa e
sono numerosi i casi di matrimoni misti islamico-cristiani. Le donne cristiane
che vanno in matrimonio ai mussulmani sono spesso escluse sia dalla comunità
mussulmana, sia dalla comunità cristiana.
La donna cristiana non può ricevere il sacramento del matrimonio. Per un
mussulmano è difficile accettare il modo di fare cristiano. Essa è dunque
definitivamente esclusa dalla comunione sacramentale. Come cristiana sarà pure
esclusa dalla comunità mussulmana. Ci si attenderà che si converta all’Islam.
L’appartenenza religiosa è una questione d’identità molto forte. Qui,
l’appartenenza religiosa e l’appartenenza sociale vanno di pari passo.
Ci viene presentata la dottrina sulla comunione spirituale. Questo non basta
per integrare del tutto queste donne nella comunione ecclesiale. Per vivere la
comunione in pienezza, non è forse necessario comunicarsi? Qui non ci sono
mezze misure. L’Eucaristia è un incontro sensibile con Gesù Cristo.
Nelle situazioni di esclusione e di fragilità in cui si trovano le nostre donne
cristiane, siamo convinti che l’Eucaristia può alimentare e rendere
riconoscibile il vissuto e la testimonianza della vita cristiana.
Siamo i portavoce di quelle donne che soffrono e che si trovano in situazioni
stagnanti senza via d’uscita. Può un vescovo concedere a queste donne di
accedere all’Eucaristia? Sottometto la mia richiesta e la sofferenza di queste
donne che sono in terra d’Islam a voi, cari Padri Sinodali.
[00134-01.03] [IN007] [Testo originale: francese]
- S.E.R. Mons. Jacques PERRIER, Vescovo di
Tarbes et Lourdes (FRANCIA)
L’adorazione eucaristica è evocata, in particolare, ai numeri 41, 66, 67 e 75.
Nei nostri paesi, osserviamo che l’adorazione eucaristica è molto apprezzata
dalle giovani generazioni di cattolici. Per queste giovani generazioni non è
una riscoperta. È una pura e semplice scoperta.
1. Come si spiega la moda dell’adorazione eucaristica fra i giovani? Perché
queste generazioni non possono vivere senza immagini. Guardando l’Ostia,
certamente, non vediamo Cristo, né nella sua divinità né nella sua umanità, ma
fissiamo il nostro sguardo sul segno più diretto della sua presenza reale.
2. Qual è l’immenso vantaggio dell’adorazione eucaristica? È di sottrarre la
preghiera cristiana alla trappola dell’introspezione. L’adorazione eucaristica
si vive come un faccia a faccia.
3. L’adorazione eucaristica può forse presentare un pericolo? L’adorazione
eucaristica rischia di essere vissuta in un modo individualistico e poco
ecclesiale. Secondo pericolo: l’assenza di parole. Poiché i giovani hanno bisogno
di sentire esprimere e di esprimere essi stessi la fede. Terzo pericolo:
trascurare le altre modalità della presenza, reali anche se diverse, di Cristo
risorto.
4. L’adorazione eucaristica può condurre, e ricondurre, all’azione eucaristica.
[00132-01.04] [IN012] [Testo originale: francese]
- S.E.R. Mons. Jean-Pierre
RICARD, Arcivescovo di Bordeaux, Presidente della Conferenza Episcopale
(FRANCIA)
In Francia, come in tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale, ci troviamo
di fronte ad un approccio molto soggettivo alla partecipazione alla messa
domenicale: “Ci vado quando ne ho voglia; andrò quando ne sentirò il bisogno”.
Non è forse importante che si scopra che la nostra partecipazione
all’eucaristia domenicale è molto legata alla nostra professione di fede nel
Cristo Risorto? Non dimentichiamo che il Risorto non possiede altra mediazione
per rivelarsi al mondo e continuare la sua opera di salvezza che il corpo che
Lui ha oggi, la comunità dei suoi discepoli, la Chiesa. E’ nell’Eucaristia che
Cristo trasforma la comunità dei suoi discepoli che egli raduna nel suo corpo
ecclesiale. E ciascuno è chiamato ad essere un membro vivente di questo corpo.
Al centro della liturgia della Messa, la preghiera eucaristica ci invita a
ricevere il corpo eucaristico del Signore e a diventare il suo corpo ecclesiale
nel mondo. Sant’Agostino diceva a neo-battezzati: Tu ascolti ‘Il corpo di
Cristo’ e rispondi ‘Amen’. Sii un membro del corpo di Cristo affinché il tuo
‘amen’ sia vero (Sermone 272). È necessario approfondire la dinamica della
preghiera eucaristica per entrare maggiormente nei grandi atteggiamenti
spirituali che ci chiama a vivere.
[00133-01.04] [IN015] [Testo originale: francese]
- S.E.R. Mons. José
Guadalupe MARTÍN RÁBAGO, Vescovo di León, Presidente della Conferenza
Episcopale (MESSICO)
Voglio esprimere la mia riconoscenza alla benefica e non sempre apprezzata
opera spirituale svolta in molte parti del mondo dall’ “Adorazione Notturna”,
un’associazione nata nel secolo XIX da un esiguo gruppo di persone semplici e
che presto si è estesa ai cinque continenti. Oggi l’Adorazione Notturna esiste
ancora, ma con molte difficoltà, a causa della secolarizzazione dei costumi e
della scarsa considerazione da parte di alcuni operatori pastorali che la
ritengono antiquata e priva di effetto nell’opera trasformatrice del mondo.
In Messico l’Adorazione Notturna conta su oltre quattro milioni di adoratori;
il loro obiettivo è di vegliare in preghiera Gesù sacramentato di notte, in
atteggiamento di adorazione, riparazione e di espiazione. In questo modo si
richiamano allo spirito delle prime comunità cristiane che tenevano veglie di
preghiera alla vigilia delle grandi feste liturgiche.
Tra noi, nei tragici periodi della persecuzione religiosa, agli inizi del sec.
XX, l’Adorazione Notturna e l’Azione Cattolica annoverarono un gran numero di
martiri che offrirono il loro sangue a testimonianza dell’autenticità della
loro fede in Cristo.
Oggi c’è assoluta necessità di un rinnovamento dell’Adorazione Notturna che,
nel rispetto del suo stile, permetta di inserire schemi di preghiera più adatti
alla sensibilità spirituale dei nostri tempi e che rispondano alle esigenze
delle nuove generazioni e alla loro sensibilità.
È importante ottenerlo, tra l’altro, perché le famiglie degli adoratori sono
state tradizionalmente sorgenti di vocazioni alla vita sacerdotale e alla vita
consacrata, tanto necessarie ai nostri giorni.
[00093-01.04] [IN018] [Testo originale: spagnolo]
- S.E.R. Mons. Anthony
Sablan APURON, O.F.M. CAP., Arcivescovo di Agaña, Presidente della Conferenza
Episcopale (GUAM - OCEANIA)
Nel Pacifico, la scarsità di sacerdoti e l’aggressività delle sette evangeliche
rappresentano una sfida alla stessa sopravvivenza della fede cattolica. In base
alla mia esperienza, l’unica risposta a questo duplice ostacolo è la formazione
di “comunità basate sulla fede”, come ha detto ai giovani di Colonia Papa
Benedetto. Il Santo Padre inoltre ha detto ai giovani che “il potere del
Vangelo è intensamente percepito” nelle piccole comunità di fede. Occorre che
la Chiesa di oggi renda chiaramente visibili i simboli eucaristici: forse
occorre che la Chiesa ricorra al “pane vero” per il pane che diventerà il Corpo
di Cristo che tutti dovranno mangiare e per il vino che diventerà il sangue di
Cristo e verrà bevuto da tutti. Questi simboli rappresentano pienamente e con
forza la realtà che esprimono, non semplicemente un’approssimazione. Inoltre,
se l’Eucaristia è un banchetto, la postura più adatta di quanti ricevono il
Corpo e il Sangue di Cristo è quella seduta, non in piedi! (Instrumentum
Laboris, n.ri 13, 37, 50, 65)
Il “segno di pace” dovrebbe essere scambiato subito prima della preparazione
delle offerte e prima che inizi l’Anafora a conclusione della Liturgia della
Parola, invece che immediatamente prima della fractio panis. Altrimenti, sia il
perdono rappresentato dal Segno di Pace che la venerazione dovuta alla fractio
panis perdono il loro impatto quando le persone si scambiano il segno della
pace. Tutto ciò può essere compiuto in modo significativo e rispettoso con
un’adeguata catechesi.
Nella mia esperienza con comunità del Cammino Neo-catecumenale, ho osservato un
notevole incremento della fede nelle vite di migliaia di persone, di famiglie,
compresi i giovani, che amano la Chiesa e manifestano rispetto e amore verso il
Sacramento dell’Eucaristia.
Faccio appello a quanti oggi guidano la Chiesa perché facciano tutto il
possibile per aiutare le persone a conoscere veramente Gesù Cristo attraverso i
simboli dell’Eucaristia e la realtà che rappresentano.
[00094-01.05] [IN020] [Testo originale: inglese]
- S.E.R. Mons. Pierre-Antoine PAULO,
O.M.I., Arcivescovo Coadiutore di Port-de-Paix (HAITI)
Ministro straordinario dell’Eucaristia o della santa Comunione?
L’Instrumentum Laboris ai numeri 55 e 56 parla di “ministri straordinari
dell’Eucaristia”, mentre nell’Istruzione “Redemptoris Sacramentum” della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ai numeri 158
e 159 si usa l’espressione: “ministro straordinario della santa Comunione”.
Esiste dunque in questi documenti del magistero un disaccordo terminologico.
Quale dei due termini è il migliore sul piano dottrinale?
Considerando che l’Eucaristia è il sacramento e che la comunione è un rito
insito al sacramento;
considerando che i ministri straordinari di cui si parla non intervengono a
livello della celebrazione del sacramento, ma piuttosto nel compimento del
rito, all’occorrenza, della distribuzione della comunione;
di conseguenza, a nostro parere, sarebbe più esatto , per quello che riguarda
la terminologia e più corretto dal punto di vista teologico, utilizzare per
questo genere di ministeri l’espressione “ministro straordinario della santa
Comunione”
[00096-01.04] [IN025] [Testo originale: francese]
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