LXI
«In conclusione ve ne sono tanti di fiumi d'ogni specie e molto grandi e
tra questi, soprattutto quattro, di cui il più grande e quello che scorre più
esternamente, e quindi più lontano dal centro, vien
chiamato Oceano. Dalla parte opposta, e con un corso contrario, c'è l'Acheronte
che attraversa regioni desertiche e poi prosegue sotto terra per giungere alla
palude acherusiade dove si raccolgono le infinite
anime dei morti che dopo quel certo tempo a loro destinato, più o meno lungo, vengono restituite alla luce per incarnarsi in esseri
viventi. Il terzo fiume sgorga tra questi due e, dopo un breve percorso, si
riversa in una grande pianura arsa tutta da un fuoco
violento e forma una palude più grande del nostro mare, tutta ribollente
d'acqua e di fango; da qui scorre circolarmente, torbido e fangoso e, sempre
sotto terra, volge a spirale il suo corso e giunge, dopo aver attraversato
diverse zone, alle estreme rive della palude acherusiade
ma senza mescolarsi alle sue acque; e dopo molti altri giri sotterranei, si
getta in un punto del Tartaro che è più in basso. Questo è il fiume che
chiamano Periflegetonte e che riversa sulla terra
torrenti di lava dovunque trovi uno sbocco. Di fronte gli scaturisce il quarto
fiume che dilaga, a quanto si dice, in una regione spaventosa e selvaggia, dal
colore blu cupo, che chiamano Stigia e Stige la palude che esso forma con le sue acque. Qui
riversandosi, da quelle acque acquista terribile violenza, poi s'inabissa e
scorre a spirale, in senso contrario al Periflegetonte,
fino a toccare, dalla parte opposta, le sponde della palude acherusiade;
ma nemmeno que-sto fiume vi mescola le sue correnti e, dopo aver compiuto un
largo giro, si getta nel Tartaro dalla parte opposta al Periflegetonte.
Il suo nome, così almeno lo chiamano i poeti, è Cocito.
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